Derby siciliano. Nibali e Visconti: ricordi, “botte” e pareri

09.01.2022
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Un derby tutto siciliano. In rigoroso ordine alfabetico, ecco i protagonisti del confronto nella mitica formula dell’intervista doppia: Vincenzo Nibali e Giovanni Visconti. Amici, qualche volta anche “nemici”, compagni di squadra, corridori di classe ed entrambi con una tifoseria ben definita.

Le loro sfide sono iniziate da bambini, quando forse neanche sapevano cosa fosse il professionismo. Oggi sono due dei veterani del gruppo.

Corridori internazionali, ma restano sempre un messinese, Nibali, e un palermitano, Visconti. Come dire un pisano e un livornese, un laziale e un romanista. Ecco quindi una lunga serie di domande, alcune anche extraciclistiche, rivolte al corridore dell’Astana Qazaqstan e a quello della Bardiani Csf Faizanè.

Si presenti…

NIBALI: Vincenzo Nibali, nickname Squalo.

VISCONTI: Giovanni Visconti.

Professione?

NIBALI: Ciclista professionista

VISCONTI: Ciclista.

E se non fossi stato un ciclista cosa avresti voluto fare?

NIBALI: Domanda da un milione di dollari! Non lo so neanch’io. Forse meccanico o forse sarei entrato in un Corpo di Stato. A Messina, città di mare, c’è il nautico e mi ispirava. Mio cugino si era iscritto lì. Magari sarei entrato in marina.

VISCONTI: Non ne ho idea. Da bambino quello che mi passava per la testa: fruttivendolo, camionista. Ma dagli otto anni in poi c’è stata la bici e sin da subito sono cresciuto con questa convinzione.

Il primo ricordo che ti lega alla bici?

NIBALI: Ho l’immagine di mio papà che ancora correva. Mi ricordo che stava lavorando su una Colnago, in particolare stava montando i famosissimi freni Campagnolo Delta. Teneva la bici ferma su uno di quei rulli con le ventoline piccole.

VISCONTI: Ho il ricordo della prima gara. Arrivai ultimo, fui battuto persino da una bimba. Mio papà mi prese di nascosto durante la Comunione di mia sorella. Di fatto scappammo da casa! Ricordo che andai a correre con questa biciclettina, una Olmo bianca e azzurra.

Il primo ricordo che hai di Vincenzo/Giovanni?

NIBALI: Me lo indicarono in una gara in Sicilia. Fu il mio compagno di allora Carmelo Materia. Noi eravamo allievi di primo anno e Giovanni di secondo. Carmelo mi disse: vedi, quelli sono i cugini Visconti e vanno fortissimo.

VISCONTI: Io ero junior di primo anno, lui era allievo di secondo e si iniziava a parlare di questo Nibali. Lo andai a vedere al campionato italiano a Palermo. Vincenzo era in fuga da solo. Fu ripreso e poi scattò ancora.

Preferisci una donna in leggins o in minigonna?

NIBALI: Minigonna.

VISCONTI: Jeans! Leggins dai…

Dopo le battaglie nelle categorie giovanili, specie in Sicilia, eccoli protagonisti anche tra i pro’ (qui il Giro 2008)
Dopo le battaglie nelle categorie giovanili, specie in Sicilia, eccoli protagonisti anche tra i pro’ (qui il Giro 2008)
Piatto preferito…

NIBALI: Pizza ma non non so quale, dipende dal menu. Difficilmente prendo la stessa.

VISCONTI: Pizza, in questo momento crudo e gorgonzola.

Il tuo allenamento preferito

NIBALI: La modalità esploratore c’è?! Magari in Mtb.

VISCONTI: Sono i 20”-40”. E’ un esercizio che mi fa fare sempre i miei migliori 10′. E li miglioro durante l’anno. Diventano un po’ il metro per la condizione in base ai watt finali che faccio. I test non mi piacciono, ma approfitto proprio di questi 10′ per ricavarne una Ftp, soprattutto nei primi mesi dell’anno. Tolgo il 10% e viene fuori un dato valido.

Ancora donne: more o bionde?

NIBALI: Non bionde…

VISCONTI: More!

Il giorno in cui hai fatto più fatica?

NIBALI: Vuelta del 2018: avevo un fortissimo mal di schiena. Mi sentivo il Van der Poel della situazione! Non volevo abbandonare la Vuelta per cercare di arrivare bene al mondiale.

VISCONTI: Volta Catalunya 2006. Quel giorno stavo malissimo. Arrivai ultimo, al limite del tempo massimo, staccato quasi di un’ora. Si arrivava ad Andorra. Ero già indietro e vidi il cartello d’inizio salita, pensai: adesso smetto.

La volta che avresti tirato una borraccia a Vincenzo/Giovanni?

NIBALI: Io non ho mai tirato la borraccia a lui, era Giovanni che la tirava a me! Io lascio fare. In questi casi sorrido e faccio arrabbiare ancora di più chi è di fronte a me. Una volta Giovanni era arrabbiato e io gli ridevo in faccia.

VISCONTI: Mondiale di Melbourne. A due giri dalla fine eravamo in fuga in quattro: Boonen, lui, io e un altro che non ricordo chi fosse. Io stavo mangiando, Vincenzo mi chiedeva il cambio ma io non glielo davo. E lui insisteva. Gli avrei tirato il panino più che la borraccia! Ma nei primi anni c’era più competizione tra noi, lui pensava che io mi stessi risparmiando.

La volta che invece vi siete aiutati?

NIBALI: Al mondiale di Firenze. Lui andò in fuga e fu un gran bell’aiuto.

VISCONTI: Al Trofeo Pantani in cui si fece vincere Ulissi. Facemmo 50-60 chilometri in tre e andammo davvero d’accordo. Diego stava attraversando un brutto momento personale e senza neanche troppo accordarci gli lasciammo la vittoria.

Cenetta elegante romantica o avventura wild?

NIBALI: Avventura dai…

VISCONTI: Avventura.

Quel famoso Memorial Pantani 2015, Ulissi tra Visconti e Nibali
Quel famoso Memorial Pantani 2015, Ulissi tra Visconti e Nibali
Cosa pensi del grande volume di attività di Van der Poel e Van Aert?

NIBALI: Van der Poel ha finito l’anno oltre i 30.000 chilometri mi sembra, lo ha messo su Strava. Anche io ne ho fatti 32.000: non mi stupisce. Sicuramente lui fa più gare di me col fatto della Mtb e del cross, ma in quanto a giornate di allenamento siamo lì. Piuttosto mi colpisce il fatto che alla sua età io non facevo quel volume di lavoro. Mi allenavo molto poco. Spesso restavo a dormire quando gli altri si allenavano e vincevo lo stesso. E non lo dico io…

VISCONTI: Inizialmente mi piaceva tantissimo vederli sempre attivi, adesso meno. Con certi ritmi così elevati mi chiedo quanto possano durare. Non so se sia giusto. Magari si bruciano qualche anno di carriera.

Come hai vissuto la sconfitta di Roglic nella famosa crono del Tour di due anni fa? Ti sei immedesimato?

NIBALI: Non mi ha fatto molta impressione. Anche al Giro io l’avevo battuto nella crono finale quando lui invece era dato per favorito a Verona e tutti si preoccupavano. Come non andò fortissimo l’anno precedente sempre nell’ultima a crono del Tour: fu quarto. In pochi ricordano questi numeri.

VISCONTI: Sì, un po’ mi sono immedesimato. Roglic mi è simpatico. E’ un corridore presente da gennaio ad ottobre e non va alle corse per fare numero. In quel Tour ha avuto una giornata storta, che poi storta non è stata visto che non è sprofondato. Il problema è che la sua giornata di “crisi” ha coinciso con quella di gloria di Pogacar.

Dumoulin che lascia e che torna: cosa ne pensi?

NIBALI: È stato tanto assurdo l’abbandono improvviso quanto il suo ritorno. Ma entrambi ci potevano stare.

VISCONTI: Ci può stare. A questi livelli ci vuole la segretaria per fare il corridore con tutti gli impegni che ci sono e tutte le cose che si hanno in testa. Quindi ci sta che abbia avuto un momento di crisi. Beato lui che ha avuto la fortuna di poter mollare e riprendere, mentre altri restano soli.

La squadra del cuore…

NIBALI: Non sono un super tifoso di calcio, un fedelissimo, ma comunque Milan.

VISCONTI: Milan.

Il corridore che ti ha colpito di più tra quelli con cui hai corso?

NIBALI: L’ultimo è Pogacar, ma quello che ho visto e rivisto è stato Alberto Contador.

VISCONTI: Valverde! Sarà che sono stato suo compagno di squadra e di stanza, che è in gruppo da anni… Ma tu vedi che Alejandro è fatto per la bici. Si migliora ogni anno. Gli dicevo che aveva il cervello a forma di bici! Se gli dai un pallone fa ridere, mentre vincerebbe anche con una bici in acciaio che pesa 3 chili di più.

Che differenza c’è tra i neopro’ di adesso e quelli dei vostri tempi?

NIBALI: Si sono accorciati i tempi di crescita dell’atleta. Si può avere il talento che raccoglie subito, ma si rischia anche di perdere quello che ha bisogno di più tempo per emergere. Si rischia di perderlo involontariamente. Gli dicono: aspettiamolo, ma intanto passano gli anni e finisce nel dimenticatoio.

VISCONTI: Io dico che non sono più neopro’. Sono neoprofessionisti da juniores. E quando passano hanno subito le carte in regola per battagliare in testa.

A casa sei ordinato? Katy (moglie di Giovanni)/Rachele (moglie di Vincenzo) vi sgridano!

NIBALI: Mi piace essere ordinato. Se c’è qualcosa voglio trovarla dove penso che sia. A casa ho delle “zone off limits” tutte mie. Come lo spazio per la bici o, soprattutto, la mia officina. Tutti i miei ferri sono molto ordinati.

VISCONTI: Mi sgrida! Non sono proprio disordinato, ma non piace mettere a posto.

Cosa altro ti piace oltre la bici?

NIBALI: Le auto, le moto ma un po’ di meno, in generale i motori. Mi piace viaggiare, anche se di questi tempi è una roba assurda. E mi piace il cibo!

VISCONTI: Ho delle passioni semplici: camminare nel bosco, andare a funghi e la pesca. Tutte cose tranquille che vanno contro il mio carattere focoso da “terrone”. (Mi raccomando scrivi terrone!)

Dinamiche in gruppo: cosa ti piace oggi e cosa ti fa arrabbiare rispetto a 15 anni fa?

NIBALI: Cosa mi piace di oggi: niente! Quello che manca è che non c’è più un senso di rispetto. Un po’ quello che diceva Dario Cataldo nel vostro articolo. Non esiste più la sosta parenti, per esempio. La gara è gara dal primo all’ultimo chilometro. A volte vedi dei leader che scattano a 120 chilometri dalla fine, ma poi il gregario non serve più a nulla. Sono energie buttate al vento. E per quanto puoi fare queste azioni? Non per 10 anni.

VISCONTI: Mi piace che livello si sia alzato e che ci sia questa cura dei particolari grazie ai team WorldTour e anche a qualche professional. Oggi un corridore è un professionista a tutti gli effetti. Non mi piace invece il modo di correre. Per me è troppo schematico e riflette allo stesso tempo la ricerca di questa perfezione. Sembra un ciclismo telecomandato.

La sconfitta più bruciante?

NIBALI: La Liegi (2012, ndr).

VISCONTI: Ho vinto tre campionati italiani, ma ne ho anche persi due. Poteva essere una cinquina storica. Il primo è quello perso quando vinse Simeoni, che andò via nel finale e non era tra i favoriti. Il secondo italiano è quello vinto da Viviani. L’ho perso per un errore di squadra, un’incomprensione con Pozzovivo.

E la vittoria più bella?

NIBALI: Se penso ad un giorno secco: la Sanremo. Il giorno in cui sono andato più forte in assoluto invece è stato il secondo Lombardia che ho conquistato.

VISCONTI: Il primo italiano non lo potrò mai scordare. Fu programmato al dettaglio e tutto andò secondo i piani. Ma l’azione più bella fu nella vittoria della tappa di Vicenza al Giro del 2013.

L’allenamento più lungo che hai mai fatto?

NIBALI: Emirati Arabi, ero con Lars Boom. Dopo la gara, che era di quasi 200 chilometri, ne abbiamo aggiunti altri 120-130 e abbiamo finito a circa 320 chilometri. Lui mi diceva: allenamento buono per Sanremo!

VISCONTI: Fu nei primi mesi dopo il Covid quando ci liberarono. Feci una lunghissima distanza con Lorenzo Fortunato: 270 chilometri. Andammo verso l’Appennino, il Passo della Colla… Sì finì talmente tardi che gli dissi: vado a prendere il sushi e poi torni a casa. Si era fatta ora di cena! Facemmo nove ore.

Ti passa mai qualche canzone per la testa mentre sei in bici? Magari anche in gara…

NIBALI: Una volta capitava anche in corsa, ora no. In gara devi essere attivo tutto il tempo. In allenamento invece può succedere.

VISCONTI: Sì, canto sempre ma non mi viene in mente quale canzone. Cambiano sempre un po’ in base al momento.

L’obiettivo principale di questa stagione?

NIBALI: Non mi sono prefissato un singolo obiettivo.

VISCONTI: Sentirmi bene e godermela, penso di meritarmelo… Non voglio vivere un anno con la nausea come quello appena passato. Voglio divertirmi, poi tutto viene da sé. Adesso sono tornato a fare la fatica quella bella.

Ti è mai passato per la mente di smettere?

NIBALI: Qualche volta sì, ma era dettato più da un momento di rabbia che da una voglia di lasciare tutto vera e propria. Ero stanco dell’ambiente.

VISCONTI: L’anno scorso sicuramente. Ho passato momenti duri e non so come ho fatto a continuare. Ho pensato davvero che non sarei più stato a certi livelli. Alla Settimana Internazionale Italiana in Sardegna durante la terza tappa rimasi staccato dal gruppo. Mi fermai su una salita, non c’era più nessuno e chiesi a un massaggiatore di portarmi via. In quel momento ho pensato davvero di smettere. La squadra mi è stata vicino, mi ha fatto fermare del tutto per un lungo periodo e ho potuto “rimentalizzarmi”. Adesso sto rinascendo.

E infine la domanda delle domande: ma è arancino o arancina?

NIBALI: Per par condicio dico entrambi. La Sicilia è divisa a metà in tal senso. Anzi, in tre quarti di regione si dice arancino e in un quarto dice arancina. A Messina, e più giù a Catania, si dice arancino al ragù. A Palermo arancina con la carne, ma il prodotto è uguale.

VISCONTI: Si dice arancina, punto! Perché sono a forma di arancia, il frutto, non di arancio, l’albero.