Il Tour de France fa sempre parlare di sé in un modo o l’altro. Le tante cadute dei primi giorni (nell’apertura quella occorsa a Chris Froome) e la relativa protesta dei corridori ad inizio della quarta tappa sono stati l’argomento principale quasi più delle vittorie di big come Alaphilippe, Van der Poel e Cavendish. Il finale disegnato della terza tappa che ha creato non pochi problemi e provocato un bollettino di guerra – corridori incerottati a mo’ di mummia o ritirati con fratture – fa discutere anche chi una gara la supervisiona e poi la dirige: abbiamo chiesto a Raffaele Babini, direttore di corsa del Giro U23, per tanti anni delle gare Rcs Sport ed ora direttore tecnico degli Europei di Trento (a settembre), di darci un suo parere sulla sicurezza su ciò che abbiamo visto finora alla Grande Boucle.
Raffaele hai visto che caos al Tour?
La prima settimana è sempre così. Ci sono situazioni aperte, nulla di delineato e quindi tutti possono sfruttare un ventaglio di soluzioni per vincere una tappa. Ora c’è molta competitività con medie orarie altissime nelle prime ore di gara o addirittura per tutto il giorno.
La velocità può essere una delle cause di tutta questa frenesia?
Certamente ma non l’unica. Ora si viaggia a velocità folli e la minima sbandata non è più recuperabile. Di conseguenza si vola sull’asfalto, con un indice di fratture altissimo. In passato non era così.
Gli altri aspetti quali possono essere?
I freni a disco, se pinzati in maniera istintiva, ti bloccano quasi in modo istantaneo. Poi credo che ci sia un po’ di anarchia in gruppo, manca una figura veramente carismatica che possa trasmettere calma e rispetto. Ora ci sono tanti giovani, con poca esperienza generale, che vogliono essere già dei leader e talvolta non riescono a gestire il nervosismo.
Continua pure…
Aggiungerei che ogni squadra ormai si vuole ritagliare il proprio ruolo per qualche classifica. Adesso le formazioni sono composte da almeno due capitani. I cosiddetti gregari sono delle mezze punte, che potrebbero essere dei capitani a loro volta in altre squadre. Poi c’è da considerare anche l’aspetto televisivo. Una volta la gara iniziava quando arrivavano le telecamere delle moto o si alzava l’elicottero, adesso ci sono dirette integrali e tutti vogliono essere sempre in prima linea per farsi vedere. Tutto viene esasperato.
Dal punto di vista organizzativo sembra che manchi qualcosa?
In Francia hanno deciso di adottare la segnaletica passiva, quella bianco-rossa nei punti delicati per intenderci, e di non utilizzare più le scorte tecniche, che invece in Italia sono previste dalla legislazione sportiva. Loro hanno la gendarmeria che però non basta. Ad esempio nella terza tappa, ai -8 km dalla fine dove c’era quel restringimento in curva e dove sono caduti in tanti, tra cui Haig, un paio di segnalatori avrebbero fatto molto comodo perché avrebbero richiamato l’attenzione dei corridori, lanciati a forte velocità, e avrebbero potuto indicare al gruppo l’angolo di curvatura della strada facendone capire la traiettoria da prendere. Non voglio essere campanilista, ma in Italia abbiamo un modello più sicuro anche se poi le cadute capitano sempre e ovunque.
A questo punto non si potrebbe davvero pensare ad arrivi più periferici o ad una distribuzione diversa di certe tappe?
Non è facile disegnare un grande Giro, ci sono tanti interessi dietro. Però in effetti alcune tappe di inizio Giro o Tour potrebbero essere pensate o posizionate meglio. Visto che il ciclismo attuale vive di velocità pazzesche, talvolta anche fini a se stesse, bisognerebbe essere più accorti. E scegliere strade più conformi a certi finali di tappa.
Raffaele, dall’alto della tua esperienza, anche a te chiediamo se la neutralizzazione andrebbe spostata più indietro degli attuali 3 chilometri?
Alla luce di questo ciclismo che cambia, nel quale ogni tappa fa scuola, occorre trovare una giusta formula per non penalizzare lo spettacolo. Forse i 10 chilometri di cui sento parlare sono troppi per me ma proverei a fissare la neutralizzazione ai -5/7. Quantomeno si potrebbe provare in qualche gara. L’UCI ci ha abituato a tante regole stravaganti e repentine applicazioni. Forse potrebbe cambiare queste regole anche in corso d’opera durante la stagione o, ripeto, solo per le gare più importanti. Per me ci sono delle vie di mezzo valide che si possono attuare.
Per chiudere, sei reduce dal sopralluogo sul circuito di Trento dell’Europeo, come siamo messi?
E’ un lavoro che avevo iniziato già durante il lockdown dell’anno scorso, ultimamente ho ricontrollato tutta la documentazione cartacea, planimetrie e altimetrie. Dovevo verificare che tutto fosse a posto ed ora tutto è pronto. Sarà un percorso cittadino non proibitivo a livello altimetrico ma sarà molto tecnico e nervoso. Se, dal punto organizzativo e di sicurezza, tutto andrà come abbiamo preparato, pensato e previsto, quel giorno farò solo un giro in auto.