L’anima della Vuelta, secondo Vincenzo Nibali

20.08.2025
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Tra pochi giorni, sabato 23 agosto, prenderà il via da Torino l’80^ edizione della Vuelta a España. L’ultimo grande giro della stagione è spesso difficile da decifrare. Ci sono corridori che ci puntano dall’inizio della stagione, altri che ci arrivano per cercare di raddrizzare un’annata storta. Si scontrano campioni affermati contro giovani in rampa di lancio che vanno a farsi le ossa (non a caso è alla Vuelta che Pogacar si rivelò al mondo).

Insomma, una corsa un po’ anarchica, e per questo spesso anche molto spettacolare. Per capire un po’ meglio l’anima della gara spagnola abbiamo raggiunto al telefono Vincenzo Nibali, l’ultimo italiano ad aver vinto Giro d’Italia, Tour de France e, appunto, Vuelta a España.

Nibali sulle durissime rampe della Bola del Mundo, durante la sua vittoriosa Vuelta 2010
Nibali sulle durissime rampe della Bola del Mundo, durante la sua vittoriosa Vuelta 2010
Vincenzo, cos’ha di particolare la Vuelta rispetto a Giro e Tour?

E’ una gara molto più difficile da interpretare. C’è meno controllo, è nervosa, si presta ai ribaltoni e alle fughe. Questo perché ci sono corridori che cercano riscatto dopo un’annata difficile, altri che sono in scadenza di contratto e vogliono mettersi in mostra per trovare una nuova squadra. Poi c’è la stanchezza di una stagione sulle gambe che si fa sentire, per tutti. 

Per quanto riguarda il percorso invece?

Anche in questo senso è molto particolare, per esempio rispetto alle salite. In Spagna sono di solito più brevi ma più aspre, con pendenze che in Italia e in Francia non si trovano. Come la Bola del Mundo (l’arrivo della penultima tappa, ndr), che darà certamente spettacolo. Dipenderà anche da come sarà la classifica generale a quel punto, ma potrebbe fare molto.

Nibali conosce molto bene Tiberi, i due sono stati compagni di squadra nella Trek-Segafredo
Nibali conosce molto bene Tiberi, i due sono stati compagni di squadra nella Trek-Segafredo
Ci racconti com’è questa salita? 

Sono passati tanti anni, l’ho affrontata nel 2010, l’anno in cui ho vinto la classifica. La prima parte è abbastanza più facile con la strada larga. Poi c’è un bivio a destra e iniziano gli ultimi tre-quattro chilometri tutti in cemento, con la strada molto stretta e pendenze terribili, fino al 20%. Forse non è dura come l’Angliru, ma quasi. 

Il fatto di correre in Spagna a fine agosto è una difficoltà in più?

Sì, anche perché in realtà si trova un po’ di tutto. Può essere molto caldo quando si passa per il sud, ma si possono trovare anche giornate fredde al nord e in montagna.  Mi ricordo che una volta alla partenza di una tappa a Malaga c’erano 40 gradi, ma ricordo anche il ritiro di Ivan Basso nel 2013 per ipotermia sui Pirenei. Certo oggi gli atleti hanno a disposizione materiali di altissimo livello, però una giornata difficile può succedere comunque, e quindi rimettere in discussione tutta la classifica.

Ayuso e Almeida alla Vuelta 2023. Quest’anno partiranno come co-capitani, e c’è molta curiosità su come gestiranno gli equilibri
Ayuso e Almeida alla Vuelta 2023. Quest’anno partiranno come co-capitani, e c’è molta curiosità su come gestiranno gli equilibri
Alla Vuelta vediamo spesso i corridori spagnoli particolarmente battaglieri, confermi? 

E’ normale che ci tengano particolarmente. Molti si preparano apposta per quell’appuntamento. Le squadre spagnole vogliono mettersi in mostra a tutti i costi, per loro vincere una tappa è importantissimo, un po’ come per le italiane al Giro, e in passato non hanno mai sfigurato. Tutto poi dipende, e sarà così anche quest’anno, anche dalle altre squadre, quelle dei big, a come sapranno gestire la corsa.

Allora veniamo ai big. Chi sono i favoriti secondo te? C’è qualcuno che può impensierire Vingegaard?

Lui è uscito molto bene dal Tour, è fortissimo e ha una grande squadra tutta per lui. Credo che sarà un po’ il faro della Vuelta. Poi anche la UAE porta corridori molto forti, Ayuso e Almeida, vedremo come gestiranno questa convivenza. Lo spagnolo è ancora giovane e dovrà stare tranquillo, perchè una corsa a tappe non si vince in un giorno, ci vuole tanta, tanta pazienza. Un giorno difficile può capitare, ma la strada per Madrid è lunga, in questo l’esperienza conta molto.

Un altro corridore italiano molto atteso è Ganna, che cerca riscatto dopo il ritiro nella prima tappa del Tour
Un altro corridore italiano molto atteso è Ganna, che cerca riscatto dopo il ritiro nella prima tappa del Tour
Pensi che loro due, Almeida ed Ayuso, partiranno davvero alla pari?

Sicuramente, perché nessuno vuole lasciare nulla all’altro. Poi come sempre sarà la strada a decidere e a quel punto chi ne ha meno dovrà essere bravo a mettersi a disposizione. Ma non è sempre facile, come abbiamo visto anche al Giro di quest’anno. Quindi dovrà essere anche brava l’ammiraglia a gestire eventualmente  la situazione, parlare chiaro. Quello che abbiamo visto nella tappa delle Strade Bianche tra Del Toro e Ayuso è stato un po’ borderline secondo me. Poi bisogna sempre ricordare che noi non sappiamo mai davvero cosa succede in una squadra, com’è il clima nel bus, se ci sono screzi o è solo normale competizione.

Come vedi gli italiani invece? 

Ho visto molto bene Caruso. Si è  allenato in montagna tra fine luglio e agosto, e ha fatto già vedere che lui c’è. Non so se farà classifica o punterà alle tappe, ma sicuramente potrebbe regalarci qualcosa di bello. Come anche Ganna che cercherà riscatto dopo la caduta al Tour. 

Le speranze italiane sono riposte soprattutto in Giulio Ciccone che ha dimostrato di essere in gran forma, vincendo la Classica di San
Le speranze italiane sono riposte soprattutto in Giulio Ciccone che ha dimostrato di essere in gran forma, vincendo la Classica di San
E Ciccone e Tiberi?

Ciccone è in gran forma, l’ha dimostrato con la bellissima vittoria a San Sebastian, in cui ha battuto una UAE fortissima. Se devo dire la mia la Vuelta si adatta molto a lui che è un corridore esplosivo, quindi perfetto per il tipo di salite di cui abbiamo parlato prima. Tiberi invece è un punto di domanda.

Perché?

Non vorrei fosse entrato in un loop negativo. Sta facendo una stagione un po’ altalenante dopo l’ottimo Giro nel 2024. Il carattere ce l’ha, so che si è allenato bene con Damiano (Caruso, ndr), ora dovrà dimostrare lui in prima persona a che punto è. La mia sensazione è che debba ancora fare degli step per la piena maturazione, che gli manchi ancora qualcosina. Lo dico sperando di vederlo bene a questa Vuelta, perché siamo anche amici, ma anche sapendo che quando si hanno tante pressioni non è mai facile.

Vingegaard sul podio della Vuelta nel 2023. Quest’anno però la squadra sarà tutta per lui
Vingegaard sul podio della Vuelta nel 2023. Quest’anno però la squadra sarà tutta per lui
Vincenzo, ultima domanda. Ci hai parlato dell’anima un po’ anarchica della Vuelta. La corazzata Visma-Lease a Bike riuscirà a renderla più prevedibile?

Potrebbe, appunto perché hanno uno squadrone, ma non è detto. Una fuga che scappa con uomini pericolosi può capitare sempre, è nella storia di questa corsa. Detto questo Vingegaard rimane il favorito, il team è tutto per lui e ha la grande opportunità di fare un passo fondamentale verso la tripla corona. Così poi potrà pensare a fare un passaggio al Giro D’Italia, dove lo aspettiamo a braccia aperte.

Si rivede Lucca, in Ungheria per riavere una chance

20.08.2025
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Al Tour of Szeklerland in Romania si è rivisto a buoni livelli Riccardo Lucca, quinto in classifica e risultato il migliore fra gli scalatori. E’ chiaro, parliamo di una corsa livello 2.2 con squadre per lo più Continental, ma rappresenta sempre un segnale da parte di un corridore di cui si erano un po’ perse le tracce, dopo la chiusura del rapporto con la VF Group Bardiani.

Per continuare la sua attività, Lucca è emigrato fino in Ungheria, entrando a far parte del Karcag Cycling Epkar Team e il suo approdo in terra magiara è una storia nella storia, per un corridore che da lì vuole ritrovare uno spazio e dimostrare che ha ancora da dare a questo mondo.

Il Karcag Cycling Epkar Team ha 13 tesserati, fra cui il trentino e Andrea Colnaghi (foto Karancsi-Albert)
Il Karcag Cycling Epkar Team ha 13 tesserati, fra cui il trentino e Andrea Colnaghi (foto Karancsi-Albert)

«Sono arrivato al team in maniera un po’ fortunosa. Qui milita Andrea Colnaghi che è il fratello di Luca, con cui correvo alla VF Group. Io, da inizio stagione pur non avendo squadra avevo continuato ad allenarmi, continuavo fortemente a credere che qualcosa potesse ancora saltar fuori e un giorno il telefono ha squillato. Era Luca che mi chiedeva notizie, mi ha detto che al team di suo fratello c’era un posto e se ero disponibile. Chiaramente ho detto subito sì, abbiamo fatto tutto di corsa per il tesseramento e il 10 di maggio, dopo una settimana, ero già in gara».

Come ti sei trovato?

Il team mi ha fatto subito una buona impressione. Oltre a Andrea c’è Samuele Marini nello staff, inoltre il team manager è Ferenc Stuban che è da una vita nel ciclismo, aveva collaborato con la Beltrami qualche anno fa e parla benissimo italiano. E’ quello che tiene le redini di tutta la squadra. Non nascondo che a gennaio, quando ho visto che non c’erano prospettive mi ero un po’ buttato giù, ma poi mi sono detto che non avevo niente da perdere. Ho ricominciato ad allenarmi seriamente, senza niente in mano proprio per dire io mi alleno, metti che salta fuori un posto da qualche parte io ci sono.

Riccardo con la sua famiglia, con suo fratello Simone oggi al Gragnano Sport Club
Riccardo con la sua famiglia, con suo fratello Simone oggi al Gragnano Sport Club
E quando la prospettiva si è concretizzata?

Mi hanno gettato nella mischia quasi subito, una gara di preparazione e poi il Giro d’Ungheria. Non nego che ho fatto fatica, tanta, trovandomi con gente che correva già da gennaio. Sono andato sempre all’inseguimento, perché la condizione era inferiore agli altri ma ultimamente le cose sono andate meglio e ora sento di essere al pari dei compagni e degli avversari.

Nel rapporto con la Bardiani, che dicevi essersi chiuso in maniera repentina, pensi ci siano state anche delle tue responsabilità per la sua conclusione?

Sì, la colpa non è mai da una parte sola, a me però è mancato il confronto tra entrambe le parti. La chiusura ci stava, i risultati sono mancati, ma si poteva chiudere il rapporto in altra maniera. Non sono l’unico che è stato mandato via così.

Per Lucca due anni alla VF Group Bardiani, con qualche piazzamento e tanto lavoro per i compagni
Per Lucca due anni alla VF Group Bardiani, con qualche piazzamento e tanto lavoro per i compagni
L’esperienza nel complesso come la giudichi? Avresti potuto fare di più?

Sicuramente e mi dispiace perché dopo gli anni da dilettante che erano stati molto buoni non avevo avuto offerte e la Bardiani è stata l’unica squadra che mi ha offerto una possibilità e per questo sono grato. Guardavo i risultati di altri ragazzi quando passavano professionisti e mi dicevo che io che avevo vinto 7 corse non trovavo spazio, avevo l’impressione di faticare sempre più degli altri per guadagnarmi qualcosa. L’esperienza con loro è stata comunque bella perché il calendario il primo anno non è mancato sicuramente. Io però non avevo ruoli che mi consentivano di mettermi in mostra, men che meno portare risultati. Questo va un po’ a discapito di quando si tirano le somme per poter rinnovare, perché non hai niente in mano alla fine.

Lucca comincia a mettersi in mostra in salita, il suo terreno prediletto
Lucca comincia a mettersi in mostra in salita, il suo terreno prediletto
Com’è la squadra ungherese?

E’ una continental piccola ma organizzata, con cui è bello andare a correre. Almeno qui vai a correre col sorriso e sai che lo staff ci mette tutto il possibile, non sta lì a guardare orologio, compiti o responsabilità, il corridore è messo così nelle condizioni migliori. E nelle ultime corse, anche in Romania dove pure le salite erano davvero minime, mi sono giocato spesso vittorie e piazzamenti con Chesini della MBH Bank, come al GP di Slovacchia, lui primo e io secondo. Era un buon segnale visto il suo rendimento generale. Allo Szeklerland il secondo giorno ho provato sulla salita che c’era nel finale ad attaccare. Poi in discesa mi hanno ripreso, ma con i punti che avevo accumulato il giorno prima nella fuga e quelli presi lì ho vinto la maglia dei GPM.

Ora il calendario vi mantiene nell’Est Europa?

Sì, saremo in Polonia e Romania. Ora che mi sono ritrovato un po’ spero di fare qualche risultato soprattutto se troveremo corse con qualche salita degna di questo nome. Io mi farò trovare pronto per l’occasione…

Ciclismo, cadute, densità ossea: Pallini e un discorso complesso

20.08.2025
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Un tema che sta emergendo parlando di sport di alto livello è quello della densità ossea. Nei ciclisti questo parametro risulta leggermente inferiore rispetto ad altre discipline, in quanto la bici, come il nuoto, è uno sport antigravitazionale. Tennisti, calciatori e soprattutto runner hanno invece ossa più robuste e massicce, per dirla in modo semplice. Chiaramente parliamo di differenze minime.

Viene quindi da chiedersi se alla base delle fratture dei ciclisti quando cadono ci sia anche questo aspetto da valutare. Per tale motivo abbiamo coinvolto Michele Pallini, massaggiatore esperto oggi in forza alla XDS-Asana e anche osteopata e fisioterapista.

Da circa 30 anni Michele Pallini è un massaggiatore del ciclismo professionistico. E’ stato un riferimento per tutta la carriera di Nibali
Da circa 30 anni Michele Pallini è un massaggiatore del ciclismo professionistico. E’ stato un riferimento per tutta la carriera di Nibali
Michele, è vero che i ciclisti hanno ossa meno dense?

E’ vero, ma bisogna fare dei chiarimenti. La produzione di osteoblasti nell’attività sportiva c’è sempre, indipendentemente dal fatto che si faccia ciclismo o running. Nel running c’è una quantità maggiore perché lo stimolo gravitazionale, cioè l’impatto del piede sull’asfalto, favorisce questa produzione. Però considera che nello sport, aumentando il metabolismo basale, qualsiasi disciplina si pratichi, il metabolismo osseo non va incontro a osteopenia: questo è un assioma. Poi è vero che sport come la corsa generano più osteoblasti e quindi più cellule ossee, mentre altri ne stimolano meno.

E nel ciclismo?

Non è che nel ciclista sia più facile andare incontro a osteoporosi rispetto al runner. Il problema fondamentale del corridore in bici è che manca essenzialmente la protezione del tessuto adiposo, insomma sono super magri. Ed essendo molto magri, le ossa sono meno protette e quindi con l’impatto il rischio di frattura aumenta. Inoltre oggi le cadute sono più rovinose rispetto al passato: le frenate sono più brevi, le posizioni più estreme, la fatica mentale e lo stress maggiori. Tutto ciò porta a incidenti più violenti.

Dal punto di vista fisiologico, che differenze ci sono per le ossa tra sport gravitazionali e antigravitazionali nel corso degli anni?

Secondo me queste differenze sono minime, se non nulle, di certo trascurabili… parlando di sport a livello professionistico. Nel runner, come detto, ci può essere una produzione leggermente maggiore di cellule ossee, ma non è che nel ciclismo si sviluppi osteopenia e nel running no. In entrambi i casi il metabolismo basale aumenta e protegge l’osso. La corsa, essendo gravitazionale, stimola di più strutturalmente, ma non cambia il quadro generale.

Wout Van Aert, corsa a piedi 2020
A prescindere dal cross, Wout Van Aert ricorre spesso alla corsa nei suoi allenamenti. E lo stesso fanno Roglic, Velasco…
Wout Van Aert, corsa a piedi 2020
A prescindere dal cross, Wout Van Aert ricorre spesso alla corsa nei suoi allenamenti. E lo stesso fanno Roglic, Velasco…
In età giovanile è importante praticare più attività per rinforzare l’ossatura?

E’ proprio questo che manca nel ciclismo, specie in Italia. Negli ultimi dieci anni qualcosa è migliorato, c’è più trasversalità a livello sportivo. All’estero i ragazzi molto spesso arrivano da altre discipline e quindi hanno una mentalità più aperta verso lavori complementari a secco. In questi miei trent’anni di carriera ho notato che la fatica maggiore emerge nei muscoli non deputati alla propulsione.

In pratica i ciclisti allenano solo i muscoli della pedalata?

Esatto. Mentre avrebbero bisogno di stabilizzare il fisico per produrre meglio la propulsione. Muscoli come medio gluteo, ileopsoas, retto femorale, grande adduttore… non vengono allenati correttamente a secco. Questo porta a problematiche della colonna lombare, quindi lombalgie, e anche a una minore efficienza della pedalata: il ginocchio tende ad andare in valgo verso l’interno invece di restare perpendicolare.

A proposito di trasversalità, Lipowitz viene spesso citato per la sua forza nel core, frutto del biathlon…

Nasce biatleta e quindi cambia la concezione del lavoro. Un atleta che viene dal pattinaggio, ad esempio, sicuramente sa che dovrà rinforzare muscoli diversi per rendere in bici. Il ciclista invece pensa che terminate le sue tre ore di allenamento in bici abbia fatto tutto. Non è così. Oggi si fanno richiami di forza a secco una volta a settimana anche in stagione, a meno che non si stia correndo un Grande Giro. Il lavoro parallelo è diventato fondamentale.

Si dice che uno dei punti di forza di Lipowitz sia la sua core zone e quindi tutti i muscoli stabilizzatori che renderebbero più efficiente la sua pedalata
Si dice che uno dei punti di forza di Lipowitz sia la sua core zone e quindi tutti i muscoli stabilizzatori che renderebbero più efficiente la sua pedalata
Prima accennavi alle posizioni estreme. Puoi spiegare meglio?

La posizione in bici è cambiata molto. Nei corsi che tengo ai fisioterapisti porto spesso l’esempio: una volta si stava più distesi, oggi si utilizzano molto di più i flessori. Per questo i corridori spesso fanno anche corsa a piedi: questo lavoro parallelo riduce la fatica nel generare potenza. Oggi non si vieta più di correre a piedi: una muscolatura posteriore forte stabilizza meglio e rende più efficienti.

A volte però in bici si perde “stabilità muscolare”…

Un esempio: guardando la posizione di Tadej Pogacar, notai una foto frontale di qualche anno fa. Lui attaccava e dietro un corridore della Soudal-Quick Step rispondeva con il ginocchio in valgo, fuori asse. Perché? Perché sotto sforzo si recluta una muscolatura che normalmente stabilizza, come gli adduttori, e questo può causare crampi.

Quindi non sempre è disidratazione…

Esatto. L’adduttore è antagonista del medio gluteo, che è il principale stabilizzatore dell’anca. Quando il medio gluteo è molto sollecitato in bici, in catena cinetica chiusa, può portare al crampo dell’adduttore. Un tempo i corridori con questi problemi facevano esami ematici e biochimici che risultavano normali: si pensava ai sali, ma raramente si valutava la componente biomeccanica.

Torniamo alla densità ossea: avere ossa più dense serve davvero al ciclista?

Serve, ma non in modo esagerato. Anche perché nel ciclismo si presta sempre molta attenzione al peso. Ci può essere una penuria ossea legata al maggiore consumo di calcio, ma parliamo di atleti di altissimo livello e differenze minime. La causa principale delle fratture non va cercata nell’osteopenia, ma nell’estremizzazione della gara e delle condizioni di corsa.

Le juniores e poi le grandi: i mondiali chiamano le azzurre

19.08.2025
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I mondiali juniores da domattina e quelli delle grandi dal 16 ottobre: la stagione da tecnico di Diego Bragato entra nel vivo. Stamattina l’allenamento si è svolto dalle 9 alle 10,30 nell’Omnisport di Apeldoorn. L’impianto è una delle mete abituali del circus, che dal 2011 ad oggi vi ha disputato due mondiali e tre europei.

La pista delle azzurre vive la stagione post olimpica con molte delle protagoniste impegnate su strada. Eppure nelle rare occasioni in cui le campionesse olimpiche e mondiali sono spuntate a Montichiari, l’effetto sulle più giovani è stato ogni volta un tornado di emozioni e voglia di fare.

«Quando ci sono fanno la differenza – osserva Bragato – perché comunque per i titoli, per il carisma e per l’esperienza, le più giovani sono ben contente di dividere gli spazi e il lavoro con loro. Si nota quando ci sono, anche se sono venute a spot, organizzandosi fra loro, anche in base ai calendari di ciascuna».

Da quest’anno Diego Bragato è il tecnico della pista donne (foto FCI)
Da quest’anno Diego Bragato è il tecnico della pista donne (foto FCI)
E quando loro non ci sono, sta venendo fuori qualche nuova figura di riferimento?

Si sta consolidando Venturelli, che è giovane ma ormai va considerata tra le big, perché ne ha tutte le potenzialità. Nel gruppo under 23 lei è il riferimento. Con le juniores invece stiamo facendo un bel lavoro di costruzione. Abbiamo un bel vivaio di ragazze sia di secondo che di primo anno. E alla luce dei primi test che ho visto, anche nel 2026 ci sarà un bel gruppo di ragazze su cui vale la pena investire per costruire un futuro importante. Credo che i numeri ci siano e un paio di atlete come Sanarini e Pegolo si stanno dimostrando due figure di riferimento.

Il loro tecnico è Salvoldi, ma anche fra gli juniores uomini si sta lavorando bene…

Anche secondo me stiamo facendo un buon lavoro. Magagnotti è il riferimento e in questi mondiali può dare un segno di maturità e far vedere che può essere il riferimento di questa categoria. Dimostrando di avere i numeri per essere ammesso alla categoria superiore.

A proposito di questo aspetto, c’è la volontà che il travaso avvenga oppure si cerca di non bruciare le tappe?

Io credo che nel maschile si sia creata una filiera abbastanza… densa per poter lavorare senza bruciare le tappe. Perché dietro ai ragazzi più grandi, quelli delle medaglie per intenderci, ci sono già Manlio Moro e tutto il resto del gruppo. Boscaro, Favero, Giaimi e atleti di annate con cui continuiamo a fare risultati a livello internazionale. Quindi c’è il gruppo che ti permette di fare un travaso moderato.

La vittoria nell’inseguimento U23 agli europei ha ridato fiducia a Venturelli, diventata un riferimento
La vittoria nell’inseguimento U23 agli europei ha ridato fiducia a Venturelli, diventata un riferimento
Invece con le ragazze?

E’ un po’ più difficile. Tolte le big e Venturelli, non abbiamo un gruppo molto omogeneo e ricco, quindi dobbiamo richiedere alle giovani di entrare subito in scena, come è successo con la Baima. Dalle juniores l’abbiamo catapultata subito tra le grandi perché c’è stata e c’è ancora la necessità di accelerare un po’ i processi di crescita.

Il gruppo è meno ricco perché di fatto non esiste una categoria U23 delle ragazze?

Esatto. Le nostre ragazze sono forti da juniores, ma quando diventano under 23, vengono già catapultate in gare impegnative. Per cui diventa difficile metterci dentro un calendario della pista e stentiamo, come è successo agli europei di Anadia. Abbiamo fatto fatica a creare un quartetto di under 23 perché c’era il Giro d’Italia, perché fanno mille gare e per me è veramente difficile adesso lavorare con questa fascia di età.

Alla luce di questo, in che modo preparerete il mondiale in Cile dal 16 al 20 ottobre?

Partiamo dal presupposto di aver detto alle ragazze che nell’anno post olimpico non avremmo chiesto grossi impegni, se non appunto il mondiale a fine stagione. In ogni caso sono venute spesso in pista, si sono ritrovate, si sono organizzate tra di loro per esserci anche insieme. Questo mi fa piacere perché vedo un bel gruppo. Per i mondiali inizieremo a lavorare da settembre, con un calendario condiviso e dei lavori mirati. Fino ad ora non l’abbiamo fatto, lasciandole libere ai loro impegni con le squadre, quindi sarà un mondiale preparato nell’ultimo mese e mezzo.

Assorbita la delusione dei Giochi di Parigi, Elisa Balsamo ha intensificato la presenza in pista
Assorbita la delusione dei Giochi di Parigi, Elisa Balsamo ha intensificato la presenza in pista
Ci saranno anche le prime della classe?

Le avremo, non per una preparazione top, ma ci saranno perché il loro apporto mentale sarà prezioso. Sull’aspetto fisico avremo il tempo di lavorarci, però le sto vedendo bene. Sono più serene e le abbiamo scaricate un po’ come volumi di lavoro. Sto vedendo bene Guazzini, Consonni, Fidanza e Alzini. Anche Elisa Balsamo è venuta regolarmente in pista e ci tiene a far parte del gruppo. Se anche non facesse il mondiale, perché ha i suoi impegni su strada, probabilmente la vedremo nelle Coppe del mondo.

In teoria a ottobre a quel punto il grosso della stagione su strada sarà andato…

Fino a un certo punto. Avremo meno di un mese, per lavorare con ragazze che dovranno correre in Cina. Alcune hanno dei raduni per la nuova stagione poco prima del mondiale, altre hanno ancora gare vicino casa, che portano via solo una giornata. Quindi la strada ci sarà ancora, ma per quest’anno va bene così e secondo me arriveremo comunque bene perché stiamo facendo un lavoro sul gruppo.

In che modo?

Stiamo affiatando le ragazze. Abbiamo già iniziato con l’europeo, proseguendo il lavoro già fatto con le Olimpiadi e gli scorsi mondiali. Stiamo parlando tanto con Elisabetta Borgia (la psicologa della nazionale, ndr) perché siano affiatate tra loro e mature per gestire la pressione. Il mio intento è quello di costruire un gruppo solido, non solo fisicamente ma anche mentalmente, per Los Angeles. Affinché arrivino lì pronte a gestire lo stress, la gara, i riscaldamenti, le routine. Passo dopo passo voglio vederle più solide, anche mentalmente.

Agli europei di Anadia, Linda Rapporti ha realizzato il record del mondo dell’inseguimento, poi battuto dalla danese Fiale (foto FCI)
Agli europei di Anadia, Linda Rapporti ha realizzato il record del mondo dell’inseguimento, poi battuto dalla danese Fiale (foto FCI)
Tornando alle juniores: l’obiettivo è la medaglia o la prestazione?

Guardo alla prestazione, anche se si corre sempre per vincere. Voglio vedere i tempi e come corrono, devono imparare a gestire tutti gli aspetti. Sarei contento se migliorassimo qualcosa rispetto agli europei, perché già ero contento dei tempi degli europei.

Quali ad esempio?

Linda Rapporti ha fatto il record del mondo nell’inseguimento individuale e poi ha trovato la danese Ida Fialla che gliel’ha battuto subito. Anche il quartetto è andato forte, ma in finale le inglesi hanno fatto il record del mondo. Finché per batterci devono fare il record del mondo, vuol dire che stiamo bene. La medaglia sarà pure d’argento, però guardo i tempi e sono contento. Qui vorrei vedere uno scalino in più sia come tempo, ma soprattutto nelle prove di gruppo, come maturità e come gestione della gara. Se abbiamo quello, poi abbiamo gli anni per costruire la prestazione.

Frigo fissa gli obiettivi: Vuelta per le tappe e per una maglia azzurra

19.08.2025
4 min
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Se sarà quella della svolta lo sapremo solo più avanti, ma di sicuro il 2025 di Marco Frigo è una stagione che gli sta dando risposte e certezze nel suo percorso di crescita, oltre ad avergli regalato la gioia della prima vittoria da pro’. Ancora pochi giorni di rifinitura, poi sabato sarà al via de La Vuelta dimostrando il suo profondo feeling con le gare a tappe.

Fatta eccezione per la Milano-Sanremo e il campionato italiano a crono, il 25enne di Bassano del Grappa quest’anno ne ha disputate sei accumulando più di 50 giorni di corsa. E l’annata paradossalmente sta entrando nel vivo adesso per il ragazzo della Israel-Premier Tech. Dopo averlo visto in azione dal vivo al Tour de Pologne, siamo tornati a sentire che ulteriori mire si sia posto Frigo per le prossime settimane.

In Polonia nella crono conclusiva, Frigo ha guadagnato posizioni nella generale, chiudendo settimo
In Polonia nella crono conclusiva, Frigo ha guadagnato posizioni nella generale, chiudendo settimo
Marco in Polonia sei stato uno dei protagonisti e con la crono finale hai rafforzato una bella top 10. Te lo aspettavi?

Arrivavo da un buon Baloise Belgium Tour (quinto in generale a 11” da Baroncini, ndr) e quindi ero abbastanza fiducioso di quel buon momento. Il Tour de Pologne mi ha dato la consapevolezza che lavorare duramente paga sempre e che un mese di altura a Livigno fatta bene ha dato i frutti sperati. In realtà avevo qualche punto di domanda perché quando si scende è sempre così, nonostante le sensazioni fossero positive.

Avendo chiuso a poco più di 10” dal podio, col senno di poi senti che avresti potuto osare di più?

Bisogna fare un discorso equilibrato. Di base sono contento e soddisfatto perché ho preso una bella iniezione di fiducia. Non dico che torno dal Pologne come un nuovo corridore, però adesso so che in certe corse posso stare davanti con i migliori. Però sì, riguardando ora certe tappe, forse avrei potuto agire diversamente.

Frigo al Baloise Belgium Tour ha conquistato un secondo posto di tappa e il quinto nella generale
Frigo al Baloise Belgium Tour ha conquistato un secondo posto di tappa e il quinto nella generale
In che modo?

Diciamo che per inesperienza non ho giocato i finali di tappa al meglio. Penso a Zakopane in cui ci ho provato forse troppo presto. Avevo paura di sbagliare. Tuttavia non lo vedo come rimorso, quanto più come un prezioso insegnamento per il futuro. La seconda tappa, quella di Karpacz, è stata però quella che mi ha fatto scattare la molla.

Spiegaci pure.

Ero partito per la Polonia con l’intento di curare la generale e sapevo che già al secondo giorno ci si poteva giocare qualcosa di importante con l’ultimo chilometro all’insù. Nel finale quando hanno lanciato lo sprint, sono rimasto troppo indietro. Le gambe c’erano e ne ho superati tanti verso il traguardo, ma ho chiuso più staccato di quello che speravo (tredicesimo a 9” da Lapeira, ndr). Quella frazione è stata spartiacque almeno per me. L’ho chiusa con tanta rabbia e altrettanta convinzione che avrei potuto fare molto meglio da lì alla fine.

Frigo sarà al via della Vuelta per puntare alle tappe, grazie alla consapevolezza ottenuta al Pologne
Frigo sarà al via della Vuelta per puntare alle tappe, grazie alla consapevolezza ottenuta al Pologne
Ora c’è La Vuelta. Marco Frigo ha già fissato gli obiettivi?

Sì, certo. Come squadra partiamo per puntare ai successi parziali senza guardare alla classifica generale. Anche io parto con questo intento. Per me ogni tappa sarà una buona occasione per tentare l’azione giusta, ovviamente cercando di sfruttare i momenti di libertà per gli attaccanti. Non faccio programmi particolari, vedremo solo che piega prenderà la corsa.

Conosci già che calendario avrai dopo?

Ci saranno le classiche italiane, saprò più avanti quali correrò. Ho però un altro obiettivo da centrare, che volendo potrebbe passare dalle mie prestazioni alla Vuelta.

Frigo ha vestito l’azzurro l’ultima volta al Memorial Pantani 2023. Vorrebbe indossarlo ancora per l’europeo in Ardeche
Frigo ha vestito l’azzurro l’ultima volta al Memorial Pantani 2023. Vorrebbe indossarlo ancora per l’europeo in Ardeche
Qual è?

Mi piacerebbe correre l’europeo in Ardeche e vorrei conquistarmi una maglia azzurra. Penso di essere adatto al percorso e di poter essere un uomo importante per la nazionale in appoggio a chi sarà il capitano. Anche tirare tutto il giorno o quando sarà il mio turno. Mi ero già sentito col cittì e gli avevo dato la mia disponibilità ad una chiamata se fossi arrivato con una buona forma. So che Marco (Villa, ndr) verrà a vedere le prime tappe che si correranno in Piemonte e già lì vorrei dargli qualche segnale positivo.

Simmons non solo gambe. Idee innovative. E sulle interviste…

19.08.2025
5 min
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Al Tour de France i suoi colleghi in gruppo lo avevano ribattezzato Captain America e in effetti con la sua scenografica maglia a stelle e strisce di campione degli Stati Uniti un po’ Quinn Simmons lo ricordava. Tanto più se pensiamo che era sempre all’attacco, sempre davanti al gruppo e a disposizione dei compagni. Ricordiamoci, per esempio, quando in occasione della seconda vittoria di Jonathan Milan il friulano era rimasto dietro: Simmons ricucì il divario (quasi un minuto) praticamente da solo.

Ma l’atleta della Lidl-Trek ci ha colpito anche per delle dichiarazioni affatto banali. Aveva detto che il ciclismo, stando così le cose, è poco attraente per un adolescente. Rischia di diventare noioso e che alla fine nelle interviste al vincitore si sentono sempre le stesse cose: «Sono felice per la vittoria, oggi avevo gambe fortissime», questo il succo. E tutto sommato per alcuni aspetti la sua visione è anche giusta.

Simmons (classe 2001) viene dal Colorado, Stati Uniti. Ad oggi vanta 7 vittorie da pro’
Simmons (classe 2001) viene dal Colorado, Stati Uniti. Ad oggi vanta 7 vittorie da pro’

Ecco Simmons

Abbiamo così cercato di coinvolgerlo per capire davvero quale fosse il suo pensiero e cosa si potrebbe fare per riaccendere un po’ l’entusiasmo tra i giovani.

“Il ciclismo non è molto divertente per un adolescente”. Partiamo da qui. «In verità – spiega Simmons – ho detto che non guardo la bici per divertimento, la guardo perché mi piace la competizione, mi piace il lavoro, mi piace cercare di essere il migliore in qualcosa. Non vedo una bici da strada come qualcosa di molto divertente e per me ci sono altri sport che mi piacerebbe fare per divertimento o come hobby. La mia opinione è che per me la bici è più importante della felicità».

Una volta c’erano i miti. I campioni che ti attiravano verso quello sport e magari anche a praticarlo. Baggio nel calcio, il bomber della tua squadra del cuore. Pantani. Senna. Schumacher, Federer, la Pellegrini o una nazionale che vince, pensiamo alla pallavolo alle Olimpiadi. L’idolo di Simmons è stato Peter Sagan.

«Sono cresciuto guardando Sagan. Mi piaceva molto il suo stile sulla bici, la gara aggressiva, il modo in cui vinceva e la maniera in cui si presentava. Era divertente, è sempre stato molto bello, diverso, soprattutto quando ero piccolo. E poi era bello perché lo vedevo alle classiche, ma anche ai mondiali… che ha vinto tre volte. Era una grande ispirazione per me e uno dei corridori che mi hanno fatto amare la bici».

Arrivato nel professionismo che conta nel 2010, Peter Sagan è stato un vero ciclone per il ciclismo
Arrivato nel professionismo che conta nel 2010, Peter Sagan è stato un vero ciclone per il ciclismo

La “cura”…

E cosa si dovrebbe fare? Abbiamo chiesto a Simmons, per esempio, se gli arrivi di tappa in circuito aiuterebbero lo show.

«Sì – dice Simmons – mi piace molto la gara in circuito. Lo stile del campionato mondiale, la gara a piena velocità, rende bella la competizione. Ed è meglio anche per gli spettatori. Non solo, ma è anche molto più sicuro per noi corridori».

Il tema dei circuiti non è nuovo in questo ciclismo in continua evoluzione, che cerca di essere sempre più “televisivo”, come si suol dire oggi. Un “essere televisivo” che passa inevitabilmente attraverso frazioni più brevi e appunto i circuiti per coinvolgere di più la gente a bordo strada. I ritmi sono sempre più serrati, le soglie d’attenzione da parte del pubblico sono sempre più ridotte: si cerca (lo spettatore) e si propone (l’organizzatore) qualcosa di adrenalinico. Basta pensare che nell’atletica leggera un must come i 10.000 metri è sparito dai meeting internazionali. Ci sono delle riunioni apposite. E anche i 5.000 rischiano sempre di più.

Grinta, gambe e idee innovative per Simmons
Grinta, gambe e idee innovative per Simmons

Verso il futuro

Ma Simmons si è mostrato intelligente anche su questo fronte e se da una parte si è detto favorevole ai circuiti, dall’altra è stato realista: «Ho capito che c’è la storia e che qualcuno potrebbe storcere il naso, ci sarebbero molte gare che non funzionerebbero come circuiti, ma penso che se lo sport si spostasse in questo senso sarebbe buono. E ripeto, lo sarebbe sia da un punto di vista di divertimento che di sicurezza. A tal proposito la discussione sulle radio non la capisco, non capisco perché le persone pensano che sia negativa. Parlando della sicurezza, sarebbe davvero pericoloso toglierle. Per me non è un’opzione correre senza radio. Se il direttore non può informarci di un avvenimento pericoloso o se c’è una caduta, sia se sei in piedi, sia se sei rimasto in piedi… è un grande problema. Non devono nemmeno essere considerate per essere tolte».

Un altro tassello per aumentare lo show e l’attenzione – ma da giornalisti diremmo anche il racconto – è stata l’introduzione dei team radio resi pubblici a turno. Qualcosa che si vede in Formula 1. Ma anche su questo aspetto l’opinione pubblica è parsa spaccata. In America lo show regna sovrano e in qualche occasione ha persino prevalicato i cardini dello sport, ma se non vengono alterate le regole perché non prevederlo? Bisogna ammettere che sanno come catturare l’attenzione. Pensiamo alle grandi cerimonie prima del Super Bowl o agli intrattenimenti per il pubblico durante le pause nelle partite di basket. Ma anche a tutta una serie di dati che vengono proposti in tempo reale ai telespettatori.

Divertimento, show… ma anche sostanza. Che guida Simmons (foto Instagram)!
Divertimento, show… ma anche sostanza. Che guida Simmons (foto Instagram)!

L’importanza del racconto

Però è anche vero che un savoir faire mediatico, come quello del Tour de France, riesce ad esaltare in modo esponenziale l’evento. Quanta gente c’era lungo le strade? E la controprova si è avuta anche al Tour de France Femmes. Nel ciclismo non è facile intervenire. La radice dello sport, i cardini tecnici sono molto forti, ma è certo che qualcosa aiuterebbe. Non tutte le corse sono il Tour insomma.

Simmons ha parlato anche delle interviste post gara. A lui stesso abbiamo chiesto quali domande gli piacerebbe ricevere.

«Riguardo alle interviste post gara – spiega Simmons – non mi riferisco tanto alle domande che ci pongono, come giornalisti potete chiedere qualsiasi cosa, ma penso che è più la maniera in cui i corridori rispondono. Se c’è una battaglia in una gara, se c’è qualcosa che è andato male o qualcosa che non è stato giusto, non bisogna sempre dare la risposta perfettamente politicamente corretta. Penso che possiamo essere più onesti come corridori. Penso che se tutti iniziano a fare questo, chi lo fa non avrà tanto problema se diventa normale e ci si comporta come persone. Penso che in altri sport si comportano così. Noi dobbiamo sempre avere un filtro e quando lo rimuovi inizia a essere un problema».

Torniamo al VC Mendrisio, ripartito da un grande dolore

19.08.2025
5 min
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E’ un anno importante per il Velo Club Mendrisio. Delicato. A inizio giugno è venuto a mancare Alfredo Maranesi, vera anima del team sin dalla sua rifondazione nel 1971. Anche se per l’età aveva già lasciato da tempo la presidenza era rimasto vicino al team, sempre prodigo di consigli, sempre a disposizione. Ed è fatale che ogni risultato ottenuto dai ragazzi del team elvetico abbia un pensiero rivolto a lui.

Alfredo Maranesi, storico tecnico e dirigente del Vc Mendrisio, scomparso lo scorso giugno
Alfredo Maranesi, storico tecnico e dirigente del Vc Mendrisio, scomparso lo scorso giugno

Lo stesso diesse Davide Botta, gettato nella mischia giovanissimo a farsi le ossa, accompagnato dalla fiducia del grande Alfredo, tiene che tutto il racconto di questa annata piena di gioie e dolori sia sempre con sullo sfondo la figura del suo mentore, al quale è rimasto profondamente legato. La squadra juniores, certamente un Davide di fronte a tanti Golia nelle occasioni internazionali, si sta disimpegnando bene e la vittoria di Nicola Zumsteg a Monte Cengio è stata la perla di una collezione di risultati comunque importante.

«Quella è stata una bella vittoria – sentenzia Botta – ma altri buoni risultati li ha fatti Nicholas Travella quarto alla Coppa della Pace, che comunque è una corsa internazionale, e secondo in una tappa al Tour de Bousolet in Francia. E’ chiaro che vincere sul Monte Cengio ha un certo peso, in particolare per uno scalatore come Zumsteg capace di battere gente come Cretti, un autentico specialista, perché parliamo di un ragazzo al primo anno. E’ stata una sorpresa un po’ per tutti».

Il diesse Davide Botta insieme a Zumsteg. Pur molto giovane, Botta si sta dimostrando abile nella sua gestione
Il diesse Davide Botta insieme a Zumsteg. Pur molto giovane, Botta si sta dimostrando abile nella sua gestione
La vostra è una squadra con una doppia anima, italiana e svizzera. Rispetto agli scorsi anni la componente elvetica è predominante o c’è sempre un equilibrio?

Le regole nazionali svizzere ci impongono di avere in formazione il 50 per cento più uno di atleti nazionali. Quindi noi quest’anno abbiamo 13 corridori, sono 7 svizzeri e 6 italiani. Io sono al quarto anno da direttore sportivo, più o meno è sempre stato così. La differenza è che i corridori di casa solitamente finiscono in Tudor, anche se c’è un’altra squadra di club molto forte e ben organizzata in Svizzera. In Ticino ci sono pochi corridori nelle categorie giovanili, quelli degli altri cantoni hanno squadre loro. Quest’anno ho avuto la fortuna di riuscire a prendere in squadra questo Zumsteg, ma poi ho anche un buon gruppo di corridori che fan parte della nazionale di pista come Poot e Buhlmann, il primo è stato bronzo col quartetto agli europei. Quindi abbiamo in squadra dei buoni corridori, soprattutto quest’anno dei buoni corridori svizzeri.

Il Velo Club Mendrisio, composto quasi equamente da corridori svizzeri e italiani
Il Velo Club Mendrisio, composto quasi equamente da corridori svizzeri e italiani
Sottolineavi come i ragazzi locali hanno un naturale approdo nella Tudor. E’ una differenza, anche di prospettive, fra i due gruppi e secondo te questo penalizza i nostri?

Noi come Mendrisio siamo una piccolissima formazione sia per struttura sia per budget, neanche paragonabile anche a tante realtà italiane. E’ chiaro che in Svizzera, a parte che c’è un bacino di corridori più limitato rispetto all’Italia, ci sono anche molti meno team. Quindi è un po’ più facile magari trovare il corridore buono in casa e più difficile andare a pescare il corridore italiano veramente forte, perché avrà trovato casa in team più strutturati. Quest’anno posso dire però che avere un corridore come Travella la reputo una fortuna.

Perché una fortuna?

Quando ci parlavo lo scorso anno non mi capacitavo di come fosse possibile che un corridore con quei risultati e soprattutto con quell’atteggiamento, quella maturità fosse rimasto fuori dai giochi. Come detto, una fortuna per noi… Infatti sia lui che Zumsteg il prossimo anno saranno alla Biesse Carrera.

La vittoria di Zumsteg alla Zané-Monte Cengio. L’elvetico è il prototipo del corridore-lavoratore (Photors)
La vittoria di Zumsteg alla Zané-Monte Cengio. L’elvetico è il prototipo del corridore-lavoratore (Photors)
Trovi una differenza anche di mentalità fra elvetici e italiani?

Diciamo che di base il sistema scolastico svizzero è molto diverso rispetto a quello italiano. Zumsteg ad esempio ha vinto la Zané-Monte Cengio facendo il percorso professionale: in Svizzera il ragazzo deve avere un contratto di lavoro con una ditta, quindi va a lavorare e allo stesso tempo c’è una formazione scolastica. Lui ha scelto la formazione professionale da muratore. Lavorava in cantiere 40 ore alla settimana portando avanti l’attività da ciclista la sera dopo il lavoro. Ha fatto la maturità a metà maggio, poi ha potuto iniziare a fare un po’ di più la vita da corridore, è andato ad allenarsi quasi un mese in altura, è tornato per i campionati nazionali svizzeri e al ritorno si vedeva già che era un corridore diverso.

E gli italiani?

La mentalità è un po’ diversa, perché il cammino verso la maturità è un po’ più semplice. In sintesi, in Svizzera la maggior parte dei corridori (a meno che non trovi un contratto da professionista) finita la scuola difficilmente si dedicano solo al ciclismo, portano avanti attività lavorative almeno al 50 per cento. In Italia è un po’ più difficile trovare il ciclista che lavora…

Nicholas Travella secondo in Francia. A soli 19 anni si è già fatto valere con una vittoria e 6 top 10 (foto Berjot)
Nicholas Travella secondo in Francia. A soli 19 anni si è già fatto valere con una vittoria e 6 top 10 (foto Berjot)
Prossimi appuntamenti ai quali tenete particolarmente?

Già Travella ha chiuso nella top 10 a Capodarco, poi ci aspettiamo molto domani dalla Milano-Rapallo, intanto mi è giunta notizia che Zumsteg è stato selezionato dalla nazionale svizzera per andare a fare il Tour de l’Avenir, poi Carnago, Freccia dei Vini, quindi un calendario molto intenso e spero che i ragazzi riescano a mettersi in mostra anche in queste corse.

Continuerete con questa divisione comunque tra italiani e svizzeri?

Per la Federazione Svizzera è importante che noi cerchiamo di dare spazio ai corridori elvetici, per fortuna molti svizzeri sono attratti dal mio club. Correremo tanto in Italia, perché il calendario italiano propone delle ottime corse, veramente valide. In Svizzera ci sono in un anno forse 10 corse di livello nazionale, non c’è confronto. Noi siamo una squadra piccolina, non abbiamo una sede di ritiro. Per questo i corridori italiani presi in considerazione sono quelli della zona di Como e Varese, geograficamente vicini.

Torino, la “fiesta roja” sta per cominciare

19.08.2025
5 min
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Torino capitale del ciclismo. Nessuna città prima d’ora aveva ospitato in appena 476 giorni tutti i tre Grandi Giri. E la Gran Salida della oramai imminente Vuelta di Spagna segnerà un record difficile da battere. La tappa inaugurale del Giro d’Italia 2024, terminata di fronte alla Gran Madre e vinta da Narvaez, poteva sembrare abituale visto il legame tra Rcs Sport e il capoluogo piemontese. Mentre la storica vittoria di Biniam Girmay nella terza frazione del Tour de France di poco più di un mese dopo ha regalato un’istantanea difficile da ripetere.

Nel 2024, Girmay ha vinto la terza tappa del Tour a Torino e poi altre due
Nel 2024, Girmay ha vinto la terza tappa del Tour a Torino e poi altre due

Si inizia giovedì

Dall’amore infinito rosa alla marea gialla, fino ad arrivare alla passione rossa che sta cominciando a travolgere Torino nei giorni delle ferie d’agosto. I richiami alla Vuelta cominciano a far capolino soprattutto in centro, dove sono comparse diverse biciclette rosse con la scritta Torino. Così come i lanci sui social network per la grande festa che comincerà giovedì sera con la presentazione delle squadre nella cornice di Piazzetta Reale. Se per la sfilata di Vingegaard, Almeida, Ciccone e le altre stelle al via bisognerà aspettare le 19,30, lo spettacolo si aprirà alle 17. Prima con una lezione di spinning collettiva, seguita dal dj set (17,45) che farà crescere l’aspettativa per l’uscita delle 22 squadre insieme all’esibizione del cantante spagnolo Antonio Orozco.

«Il fatto che Torino abbia fatto questa scelta – commenta l’assessore allo Sport e ai Grandi Eventi, Mimmo Carretta – insieme a Regione Piemonte e a tutte le istituzioni come la Camera di Commercio e il Governo, fa parte di una strategia che vede la bicicletta al centro. Non si tratta soltanto di un appuntamento dal punto di vista sportivo. Attraverso i grandi eventi sportivi vogliamo favorire un certo tipo di mobilità, sottolineato anche dallo sforzo che si sta facendo per ampliare le piste ciclabili e le campagne che stiamo facendo su Torino. Dietro questi tre Grandi Giri nella nostra città, c’è uno sforzo organizzativo enorme. Tra l’altro la Vuelta arriva in un periodo anomalo, ma che regalerà tanto sport. A fine mese sono in programma anche i Mondiali di twirling e il torneo internazionale di volley maschile in un palazzetto di solito abituato alle manifestazioni del ghiaccio come il Palavela».

L’anno scorso sul traguardo di Torino, Narvaez ha battuto Pogacar
L’anno scorso sul traguardo di Torino, Narvaez ha battuto Pogacar

Sabato da Venaria Reale

Tornando in sella, sabato 24 agosto tutti gli occhi saranno puntati sulla Reggia di Venaria Reale. Essa fu già teatro dello start del Giro dello scorso anno, così come della cronosquadre del 2011 vinta dalla Htc-Hirghroad di Pinotti che si vestì di rosa nel cuore di Torino. Stavolta si arriverà a Novara (183 km), ma il percorso iniziale celebrerà il capoluogo piemontese, con il km 0 posto di fronte al monumento celebrativo di Fausto Coppi, dinnanzi al Motovelodromo intitolato al Campionissimo.

«Si taglierà in lungo e largo Torino – aggiunge Carretta – partendo da Venaria. La scelta di collocare il km 0 al Motovelodromo, ovvero un luogo di rinascita e rigenerazione urbana sociale e sportiva, vuole segnare la prima tappa in modo forte e iconico. L’appetito vien mangiando e vedremo cosa ha in serbo il futuro».

Davanti al Motovelodromo di Torino campeggia il monumento a Fausto Coppi
Davanti al Motovelodromo di Torino campeggia il monumento a Fausto Coppi

Libri, musica e gara di biglie

Programma fittissimo nella rinnovatissima ultracentenaria casa del ciclismo torinese di corso Casale, con la possibilità di fermarsi a seguire la tappa sul maxi schermo allestito per l’occasione. Il sabato si aprirà con la presentazione del nuovo libro di Beppe Conti “C’era una Vuelta” e si chiuderà alle 21 con il concerto dei Cane Vecchio Sa-Und, la pazza band creata dai telecronisti di Eurosport Luca Gregorio e Riccardo Magrini.

Sarà un continuo di eventi dal raduno della tribù di appassionati di Fantacycling (con tanto di gara di biglie) ad ospiti speciali come il “padrone di casa” Fabio Felline. Il vincitore della classifica della maglia verde nel 2016 e di recente tornato in gruppo, aveva annunciato il ritiro proprio al Motovelodromo nel dicembre dello scorso anno.

Lo scorso anno Felline annunciò nel Motovelodromo di Torino il ritiro, che poi è… rientrato
Lo scorso anno Felline annunciò nel Motovelodromo di Torino il ritiro, che poi è… rientrato

Una spesa di 4,5 milioni

Non solo Torino però, la festa per tutto il Piemonte durerà fino al 26 agosto. Domenica 24, infatti, la corsa spagnola proseguirà con una tappa che potrebbe già smuovere la classifica, visti gli insidiosi 157 km che da Alba portano a Limone Piemonte. Poi ancora le frazioni di lunedì 25 con la partenza da San Maurizio Canavese e il traguardo posto a Ceres (139 km). E martedì 26 con il via da Susa prima dello sconfinamento in Francia verso Voiron (192 km).

Già da diversi anni la Regione Piemonte ha puntato fortissimo sul ciclismo. Per portare questo bel pezzo di Vuelta in Italia ha investito 4,5 milioni di euro, forte del successo di pubblico del 2024, stimato in 300 mila persone per la Corsa Rosa e 75 mila per la Grande Boucle. Ricadute che, come ha dichiarato il presidente Cirio, hanno portato a un impatto economico di oltre 34 milioni (27,5 per il Giro e 6,88 per il Tour). Di fatto, sottraendo la spesa sostenuta dalle istituzioni, si è calcolato che ogni euro investito ne ha generati circa 8.

In meno di due anni, Torino ha ospitato il via del Giro, una tappa iniziale del Tour e da sabato la Vuelta
In meno di due anni, Torino ha ospitato il via del Giro, una tappa iniziale del Tour e da sabato la Vuelta

Sport, cultura e turismo

Lo scorso anno erano stati celebrati scorci come l’Alessandrino, il Monferrato o l’Astigiano. Questa volta la Regione ha voluto valorizzare terre come il Canavese, le Valli di Lanzo, il Novarese e la parte di “Provincia Granda” del Cuneese non coinvolta nel 2024.

«Ospitare la partenza ufficiale della Vuelta di Spagna 2025 – dichiara Cirio – rappresenta per il Piemonte un’occasione straordinaria di visibilità globale. E‘ anche un riconoscimento al nostro impegno nel promuovere lo sport e il territorio. Dopo il Giro e il Tour, con questa tappa completiamo un percorso che conferma la nostra regione come polo internazionale di eccellenza ciclistica. Sarà un evento che unirà sport, cultura e turismo. Capace di valorizzare le nostre bellezze naturali, storiche ed enogastronomiche. E offrendo a milioni di telespettatori nel mondo la possibilità di scoprire il Piemonte in tutta la sua unicità». La fiesta roja è appena cominciata.

Tre anni con la Groupama: il giovane Milan si mette in proprio

18.08.2025
5 min
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La notizia che Matteo Milan lascerà l’ambiente Lidl-Trek per un contratto triennale nel WorldTour con la Groupama-FDJ è stata fra quelle che è passata nei giorni alla vigilia di Ferragosto. Il cambiamento è importante e fa capire che il giovane friulano, 22 anni e ottimi numeri, abbia scelto di investire su se stesso (in apertura, l’immagine ufficiale della vittoria a Jons nell’Alpes Isere Tour).

Nella Lidl-Trek che ha già Mads Pedersen e suo fratello Jonathan, l’unico spazio possibile sarebbe stato probabilmente il treno di uno dei due. E forse prima di mettersi a tirare le volate per altri, Matteo vorrà provare a farle per sé. Non è un mistero che la Groupama, chiuso il capitolo Demare, volesse rifondare il settore velocità, per questo lo scorso anno era stato sondato anche Daniele Bennati. Investire sul giovane friulano è il segnale che l’obiettivo rimane.

La scelta della Groupama è stata di Matteo, dopo aver consultato la famiglia: il fratello Jonathan, la madre Elena e il padre Flavio
Insomma Matteo, dopo l’inglese, ti toccherà imparare anche il francese?

Eh sì, ci sto provando (ride, ndr), ho già iniziato a studiarlo. Sarà un’esperienza nuova, una lingua nuova, un obiettivo che mi sono posto per i prossimi anni.

Come è andata? Tre anni di WorldTour sono un bel margine di sicurezza…

Era una mia piccola richiesta. Qualunque fosse la squadra, avrei voluto un contratto lungo. Non si tratta di avere meno pressioni, perché quelle ci saranno in ogni caso, piuttosto si tratta di non avere troppa fretta nel fare le cose. Due anni nel WorldTour passano facilmente. Il primo serve per ambientarsi e scoprire nuove corse. L’anno dopo sei già lì a dover fare risultato perché devi rinnovare il contratto. Non volevo ritrovarmi con l’acqua alla gola già dal secondo anno e la mia visione ha coinciso con quella della squadra. Cioè fare un nuovo step con un velocista giovane, in un gruppo di corridori giovani.

Si vuole ricreare il gruppo degli uomini veloci?

Vogliono riassortire il reparto. Io nel frattempo ho un po’ rivisto il mio identikit di corridore, dopo qualche mese in cui facevo fatica a trovare una dimensione precisa. Dall’anno scorso ho un po’ cambiato me stesso e ho preso la direzione di diventare velocista, anche perché i risultati portavano a quello. Le mie sensazioni erano migliori nelle volate e quindi mi sono detto di puntare su questo, sapendo che però tengo un po’ meglio in salita. Riesco ad arrivare con gruppi più selezionati, in cui le volate posso essere diverse da quelle di gruppo compatto. Credo di poter diventare un velocista completo.

Lasci la Lidl-Trek in cui sei cresciuto: una scelta difficile?

Il mio obiettivo era trovare la strada e la Groupama mi ha offerto l’opportunità di cercarla, assecondando e condividendo l’idea di percorso che ho sulla mia carriera. Hanno visto in me del buono, sono arrivati veramente in piena. Hanno spinto per avermi, forse perché hanno visto che in Francia ho fatto dei buoni risultati. La squadra punta alle corse di casa, hanno forte l’appartenenza al ciclismo francese e hanno voluto un corridore che possa fare bene anche sui loro percorsi.

Tre anni di WorldTour sono un bel contratto, ma anche un bell’impegno. Dove credi di dover crescere per sopportare bene l’impatto?

Secondo me sarà importante avere un buon feeling con la squadra e con i corridori: alla fine, è tutto quel che serve. Ci sono velocisti e velocisti. Qualcuno ha bisogno di meno supporto, qualcuno di più. Io devo ancora capire quello che sono. Per i prossimi anni cercherò di essere supportato il più possibile dalla squadra. E se trovi corridori affiatati che come te vogliono fare il meglio in volata e si crea un bell’ambiente, sicuramente si fa uno step in più e magari si diventa anche più veloci.

Jonathan ti ha aiutato nella scelta? Ne avete parlato?

Certo che mi ha aiutato. Mi ha aiutato lui, come tutta la famiglia, anche se poi la scelta finale ovviamente l’ho fatta io. Un punto di vista esterno ci sta sempre bene e mio fratello mi ha aiutato anche in questo. Vedevo che la Groupama è una delle squadre più solide, che esiste da tanto e negli anni ha avuto dei buonissimi velocisti come Demare. Io da parte mia ho questa attitudine per le volate e anche per le classiche e i nostri progetti si sono sposati.

Il 2025 si concluderà con la Parigi-Tours U23: lo scorso anno ci fu la coda degli europei gravel di Asiago (foto Paris Tours Espoirs)
Il 2025 si concluderà con la Parigi-Tours U23: lo scorso anno ci fu la coda degli europei gravel di Asiago (foto Paris Tours Espoirs)
Hai parlato direttamente con Madiot o con Philippe Mauduit?

Con Philippe, si occupa lui della gestione sportiva. Mi sono tanto affidato a lui, anche perché parla bene anche l’italiano, e al fratello di Pinot che segue la preparazione.

Come proseguirà ora la tua stagione?

Ho il mio programma con la Lidl-Trek. La prossima corsa sarà il Tour Poitou Charentes dal 26 agosto. Poi farò il Giro del Friuli e tutta la parte finale con le classiche italiane, il Piccolo Lombardia, la Coppa Città di San Daniele e la Paris-Tours U23.

In allenamento vi capiterà di sfidarvi di certo, immagini che il prossimo anno potresti ritrovarti in volata contro Jonathan il grande?

Spero magari di non trovarmici da subito (ride, ndr). Magari sarebbe meglio all’inizio fare un paio di corse differenti, giusto per avere il tempo di ambientarmi e prendere le misure. Però sarà divertente. Lo sto studiando negli allenamenti che ogni tanto facciamo insieme. Sto studiando la tattica per battere mio fratello…