Corno alle Scale

Ritorno a Corno alle Scale: la salita e il duello Cunego-Simoni

10.12.2025
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Il Giro d’Italia torna a Corno alle Scale e, come spesso accade, è l’occasione non solo per rivedere l’arrivo, in questo caso la salita, da un punto di vista tecnico, ma anche per riaprire l’album dei ricordi. E l’album dei ricordi ci riporta immediatamente al primo scontro tutto “made in Saeco” fra Damiano Cunego, poi vincitore di quel Giro d’Italia (era il 2004), e Gilberto Simoni, che quella tappa la vinse.

E il tutto lo rivediamo con Claudio Corti, che all’epoca era il team manager di quella Saeco dalle maglie rosso fiamma, piena zeppa di campioni. Una Saeco che proprio quel giorno a Corno alle Scale visse forse il momento più bello di quell’edizione della corsa rosa, come vedremo.

Corno alle Scale
Claudio Corti (classe 1955) era il general manager della Saeco che dominava in salita, ma anche in volata con Cipollini
Corno alle Scale
Claudio Corti (classe 1955) era il general manager della Saeco che dominava in salita, ma anche in volata con Cipollini
Claudio, partiamo dalla salita: che scalata è Corno alle Scale?

Non è una salita impossibile e arriva dopo una tappa abbastanza veloce, però resta impegnativa nel finale, soprattutto dopo il paese di Gaggio Montano e ancora di più dopo l’ultimo borgo (Madonna dell’Acero, ndr). Comunque si arriva oltre i 1.400 metri, è una località sciistica, e si parte dal basso. E’ una montagna vera. Per noi quel giorno fu una festa.

Perché?

Perché Gaggio Montano è il paese della Saeco. E’ lì che ci sono parte degli stabilimenti, almeno una persona per famiglia ci lavora e quindi vedere i nostri due ragazzi vincere fu una grande festa, una gioia per tutti. La tappa la volle proprio il nostro patron Sergio Zappella. Simoni era maglia rosa uscente… Cunego aveva vinto il giorno prima a Pontremoli, dunque l’entusiasmo era alle stelle.

Ma in quella tappa cosa successe? Primo Simoni, secondo Cunego: furono i primi screzi tra i due?

No, quel giorno forse no. Ripeto: c’era un clima bellissimo. Noi correvamo in casa. Cunego aveva vinto il giorno prima e Simoni conquistò tappa e maglia. Semmai, col senno di poi, ci fu un primo “segnalino” della condizione di Simoni. Gilberto infatti scattò e prese un certo vantaggio, ma non fece il vuoto. Anzi, nel finale Cunego gli rosicchiò del terreno. Era Gilberto ad essere calato o Cunego ad andare forte? Ma sul momento non demmo troppa importanza a questo dettaglio, con tutta l’euforia che c’era.

Quando cambiarono le cose?

Chiaramente nella tappa di Falzes. Ma anche quel giorno bisogna raccontare bene come andarono le cose. Sul Furcia ci si marcava con Yaroslav Popovych, ma l’ucraino non partiva, i due si guardavano. Scattò Cunego e Simoni fu addirittura contento di quell’attacco. Lui stava a ruota, faceva lavorare Popovych e andava bene così. Semmai forse si aspettava di perdere un minuto in meno a fine tappa. O anche che nelle ultime tappe Cunego calasse un po’.

Cosa che si aspettavano tutti: era un giovane al primo grande Giro…

Invece Damiano fu bravissimo e fortissimo per tutto il Giro.

Corno alle Scale
L’arrivo di Simoni a Corno alle Scale. Il trentino vinse con 15″ su Cunego e andò a prendersi la maglia rosa
Corno alle Scale
L’arrivo di Simoni a Corno alle Scale. Il trentino vinse con 15″ su Cunego e andò a prendersi la maglia rosa
Il problema dunque quando avvenne, se a Corno alle Scale e a Falzes erano ancora uniti?

Dopo la tappa di Bormio 2000. Gilberto attaccò da sotto, ma di nuovo, come a Corno alle Scale, non guadagnò molto. Nel finale, se ben ricordo ai due chilometri, lo riacciuffarono. Fu Gontchar che spingeva forte. Cunego andò poi a vincere la volata e quindi la tappa, rafforzando la sua maglia rosa. Lì Simoni si rese conto che non avrebbe vinto il Giro e chiaramente era arrabbiato per aver perso la tappa.

Per di più da un compagno di squadra…

Simoni dopo l’arrivo andò via da solo. Era arrabbiato. Per fortuna quella sera in hotel c’era il patron Zappella. Parlammo io, lui, i ragazzi… e tutto sommato la cosa rientrò. Poi chiaramente ognuno in cuor suo aveva il proprio stato d’animo. Il giorno dopo c’era ancora una tappa tosta.

Quella della Presolana…

Ormai si era deciso: bisognava correre in difesa e portare la maglia a casa. Alla fine noi in Saeco eravamo messi bene. E invece succede che attacca presto Garzelli e Simoni gli piomba sopra. I due scappano. Magari era ferito nell’orgoglio, era il campione uscente. Per fortuna per noi si mise a tirare la squadra di Gontchar.

Corno alle Scale
Cunego, Simoni e nel mezzo patron Zappella, sul podio finale di quel Giro 2004
Corno alle Scale
Cunego, Simoni e nel mezzo patron Zappella, sul podio finale di quel Giro 2004
Perché per fortuna?

Perché così facendo non ci ha posto nell’antipatica situazione di dover scegliere su chi puntare. Lasciare andare Simoni o chiudere su di lui per salvare Cunego? Non sono belle scelte. Poi non ci siamo ritrovati davvero in quella situazione anche perché il vantaggio di Cunego era ampio. Però ci terrei a dire che, tolti alcuni momenti più tesi, per noi della Saeco quello fu un bel Giro. A rivederli quei tempi! Avevamo vinto tanto, avevamo la maglia rosa dell’anno prima e quella di quell’edizione. Fu un Giro piacevole, ecco…

Oggi, Claudio, come si gestirebbe una situazione simile? Come si gestirebbero due capitani, uno dei quali così giovane? Pensiamo, per esempio, ad Almeida e Del Toro…

Quella che si verificò nel nostro caso in quel Giro è stata una particolarità. Quando si era mai visto un ragazzo giovanissimo andare così forte, crescere in quel modo e soprattutto vincere il Giro? Poi mettiamoci anche che forse l’altro non era nella super forma dell’anno prima. E c’è anche un altro elemento: quello non fu un Giro d’Italia con grandissimi nomi… Insomma, è difficile dire cosa accadrebbe oggi. Ma anche se un Del Toro o un Almeida dovessero trovarsi a contendersi la leadership, sarebbe più un’occasione dettata dal momento che una superiorità netta dell’uno sull’altro.

La lettura dei newton migliora l'analisi della performance?

La lettura dei newton migliora l’analisi della performance?

09.12.2025
4 min
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Scriviamo di newton, l’unità di misura della forza, dopo il lancio del power meter Garmin (e del quale uscirà a breve un test dedicato). Si parla di un dato che ha prima di tutto l’obiettivo di aggiungere qualità ed analisi alla lettura della performance. Già in passato avevamo approfondito questo fattore, legandolo però al training indoor.

Torniamo dal Michele Dalla Piazza e puntiamo la lente su un fattore tecnico che assume i contorni di un gamechanger vero e proprio, in un ciclismo sempre più fatto di numeri, ma che a tratti torna a metodologie del passato. La grande differenza è che oggi come oggi ci sono competenze più ampie e un numero infinito di strumenti di analisi.

Cosa rappresentano i newton durante la pedalata?

Sono la forza tangenziale che si applica sul pedale e sono quella forza efficace e necessaria per far avanzare la bicicletta.

Quantificarli ed averli davanti su uno schermo è utile al ciclista?

Assolutamente. Non è un valore o meglio un campo fondamentale per chi si allena in modo sommario. Non è fondamentale per chi fa training considerando esclusivamente, o quasi, i watt. Può essere un valore che aumenta la qualità per l’atleta che non lascia nulla al caso. I newton dicono al ciclista quanto stress muscolare si sostiene ad ogni colpo di pedale. I newton aiutano l’allenatore a distinguere la fatica metabolica dalla fatica meccanica.

Fatica metabolica e fatica meccanica, cosa significa?

La fatica metabolica è quella del sistema cardiovascolare e respiratorio. Quella meccanica è maggiormente legata ai muscoli ed incide sul generare la forza efficace. Troppa fatica meccanica, significa un decadimento della qualità della forza efficace.

La lettura dei newton migliora l'analisi della performance?
Michele Dalla Piazza con il padre Alfiero, un vero punto di riferimento
La lettura dei newton migliora l'analisi della performance?
Michele Dalla Piazza con il padre Alfiero, un vero punto di riferimento
Per capire meglio, c’è una relazione tra newton e forza espressa dalle gambe?

La relazione c’è, ma va sempre capita. Quando si pedala si generano diverse componenti di forza. Quella tangenziale, quella menzionata in precedenza, quella davvero efficace e perpendicolare alla pedivella è quella misurata dal power meter. Le altre forze generate non rientrano nella misurazione. Una gamba può generare, ad esempio, 500 newton in totale, ma solo 300 sono tangenziali e quindi il power meter rileva e comunica 300.

Newton e grafici della pedalata sono connessi tra loro?

Sì. Anche in questo caso si parla di strumenti che, una volta appreso come funzionano e come devono essere letti, permettono di capire come viene generata la forza e quanta ne viene prodotta.

Puoi fare un esempio?

Mettiamo a confronto due ciclisti a 250 watt. La differenza è come vengono erogati questi 250 watt. Il primo atleta genera i 250 a 60 rpm medie, mentre il seconda a 100 rpm medie. Il primo ciclista produrrà una fatica meccanica più accentuata, il secondo è portato ad una fatica metabolica maggiore, ma con minore forza ad ogni giro di pedale.

I Newton applicati alla pedalata, un nuovo gamechanger?
Un primo approccio per capire come funzionano i newton allenandosi all’aperto
I Newton applicati alla pedalata, un nuovo gamechanger?
Un primo approccio per capire come funzionano i newton allenandosi all’aperto
Uno strumento per definire l’atleta?

Conoscere i newton, legando il dato al range di efficienza del corridore è uno strumento che permette ad un allenatore di profilare il ciclista.

Un dato utile per capire quale sia il range ottimale di pedalata?

Certamente. Nella letteratura scientifica esistono due concetti, la cadenza preferita e quella più efficiente. Non coincidono quasi mai.

Perché?

Per l’aspetto metabolico una cadenza più bassa che richiede maggiore forza per giro è di solito la più efficiente. Percependo una sorta di sovraccarico, non di rado il ciclista sceglie una cadenza più alta. Questa richiede meno forza e potremmo dire che è una specie di compromesso tra lo stress muscolare e quello metabolico.

I Newton applicati alla pedalata, un nuovo gamechanger?
Il grafico cartesiano menzionato da Dalla Piazza
I Newton applicati alla pedalata, un nuovo gamechanger?
Il grafico cartesiano menzionato da Dalla Piazza
E’ possibile capire realmente quali sono le rpm di un individuo/ciclista?

E’ possibile creando un modello prestativo, basato su gare ed allenamenti, un vero e proprio piano cartesiano. Da una parte i Newton medi, dall’altra le rpm. Incrociando i dati si capisce molto bene a quali range di forza pedala in modo ottimale, delta più efficiente di pedalata, combinazioni naturali di forza/velocità. Ovviamente da qui si parte per la costruzione di un training specifico, creato sul profilo del corridore.

Per concludere, quale è il ciclista più efficiente?

Quello che converte più forza totale in forza tangenziale, perché produce più watt a parità di sforzo.

Veneto Classic 2025, VF Group Bardiani

EDITORIALE / Riforma dei punti, qualcosa si muove

09.12.2025
5 min
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Il sistema dei punti, che ha già modificato il mercato e il modo di correre, cambierà la storia del ciclismo. Si tratta di un tentativo già visto, che in passato non produceva promozioni o retrocessioni, ma determinava la partecipazione delle squadre alle grandi corse e alimentò indirettamente lo sconquasso del doping. L’UCI di certo proseguirà su questa strada: raramente l’abbiamo vista tornare sui suoi passi, se non a seguito di sentenze inappellabili. Tuttavia l’ambiente ha preso coscienza che il sistema così non funziona e avrebbe prodotto una richiesta di riforma, di cui è venuto in possesso il quotidiano spagnolo Marca.

Cristian Scaroni, XDS Astana, Giro di Romagna 2025
Cristian Scaroni ha vinto il Giro di Romagna conquistando 125 punti. La sua vittoria di tappa al Tour des Alpes Maritimes è valsa 14 punti
Cristian Scaroni, XDS Astana, Giro di Romagna 2025
Cristian Scaroni ha vinto il Giro di Romagna conquistando 125 punti. La sua vittoria di tappa al Tour des Alpes Maritimes è valsa 14 punti

Classiche contro tappe

Il ragionamento è semplice e parte da una considerazione matematica. Le corse di un giorno, anche le minori, assegnano più punti di quelle a tappe. Ed è vero che vincere resta l’anima dello sport, ma per quale motivo il vincitore di una semiclassica deve valere meno di chi porta a casa una classifica generale?

Il calcolo è presto fatto. Una classica di categoria 1.1 assegna 125 punti in un solo giorno, la tappa di una corsa di cinque giorni della stessa categoria ne assegna 14. Salendo di livello, una corsa di categoria 1.Pro assegna 200 punti, la tappa di una corsa di cinque giorni nella stessa categoria ne vale solo 20. Con questi dati alla mano, le squadre pianificano la stagione e il mercato, in barba a ogni logica sportiva. La conquista dei punti è prioritaria rispetto alla costruzione di un progetto solido. Roberto Reverberi (in apertura con la sua VF Group-Bardiani che ha chiuso il ranking UCI in 30ª posizione evitando la retrocessione) ha più volte ammesso di non aver corso come sarebbe stato giusto fare, ma come era necessario.

VF Group Bardiani, ranking UCI, punti
Giro del Veneto, cinque corridori della VF Group appaiati per la volata. Hanno ottenuto 55 punti, ma non hanno corso per vincere
VF Group Bardiani, ranking UCI, punti
Giro del Veneto, cinque corridori della VF Group appaiati per la volata. Hanno ottenuto 55 punti, ma non hanno corso per vincere

Corridori da punti

Le squadre stanno ingaggiando corridori capaci di fare punti nelle classiche minori. Chiaramente si tratta di una problematica inversamente proporzionale al valore tecnico dei team: le grandi squadre fanno punti con i grandi corridori e anche i loro gregari corrono a un livello impensabile per i leader dei team minori. Dai livelli medi e a scendere, abbondano i corridori che sprintano senza essere velocisti, solo per entrare tra i primi venti e accumulare i punti utili per negoziare il contratto. Così facendo, il risultato modesto in una classica vale più di una vittoria di tappa e questo svilisce lo sforzo collettivo e svaluta il patrimonio storico del calendario. Quasi che non abbiano più importanza la fatica accumulata, la strategia, la difesa del leader, le cronometro e alla narrazione sportiva costruita sul cumulo dei giorni. Non c’è da stupirsi che l’istanza così ragionata nasca dalla Spagna, il cui calendario è storicamente imperniato sulle corse a tappe.

Il nesso fra punti e contratto è sempre stato diabolico. Nel ciclismo degli anni 80-90 si pagava un milione (di lire) a punto e ci trovammo di colpo davanti a gregari che smisero di essere tali per guadagnare di più, ricorrendo al doping. Per ora il rischio sembra remoto, ma non è passato inosservato l’improvviso risveglio di anomalie nei passaporti biologici che da agosto a oggi hanno determinato lo stop di quattro atleti, dopo anni di silenzio.

Il Tour of the Alps, che fu prima Giro del Trentino, è una delle corse che trarrebbe vantaggio dal riequilibrio dei punti
Il Tour of the Alps, che fu prima Giro del Trentino, è una delle corse che trarrebbe vantaggio dal riequilibrio dei punti

Proposta di riequilibrio

Per riequilibrare la situazione nasce la proposta cha sarebbe arrivata fra le mani del giornale spagnolo e che porterebbe, con il contributo di tutti gli attori coinvolti (ovviamente ad eccezione dell’UCI che dovrà valutarla) a una ridistribuzione più logica dei punti. 

Non si tratta di svalutare le classiche, ma di impedire che le corse a tappe vengano penalizzate oltre il lecito. La proposta è chiara: le corse a tappe dovrebbero assegnare il 70 per cento dei punti giornalieri assegnati da una classica della stessa categoria. Non si arriverà parità completa, ma organizzare cinque classiche smetterà di essere più vantaggioso del mantenere in vita una corsa a tappe storica.

E proprio sul fronte delle corse a tappe, si è pensato a una ridistribuzione dei punti. Il 50 per cento spetterebbe alla classifica generale, il 40 alle tappe e il 10 a maglie e classifiche secondarie. Così facendo, una corsa a tappe più lunga apporterebbe più valore di una più breve, cosa che incredibilmente oggi non accade.

Javier Guillen, patron della Vuelta, è il presidente internazionale degli organizzatori e sarà chiamato a ragionare sulla nuova proposta
Javier Guillen, patron della Vuelta, è il presidente internazionale degli organizzatori e sarà chiamato a ragionare sulla nuova proposta

Rinnovare e non rinnegare

Le principali corse WorldTour sono protette dal calendario e dal loro prestigio, ma i livelli inferiori ne stanno già risentendo. Corse che un tempo erano simboli di identità regionale ora faticano ad attrarre squadre, che rispondono ad algoritmi di punteggio piuttosto che a esigenze sportive. Il ciclismo si trova davanti a un bivio. Può smantellare la struttura che lo ha sostenuto per oltre un secolo o rinnovarsi seguendo criteri più ampi e non solo numerici.

«Le corse a tappe – scrive Marca – sono molto più che semplici gare: collegano regioni, creano tifosi, creano ricordi e hanno costruito la narrazione emotiva del ciclismo moderno. Se il sistema continua a spingerle verso l’irrilevanza, non solo le competizioni andranno perse, ma anche un modo di comprendere questo sport. Trovare un equilibrio non significa sottrarre, ma proteggere ciò che dà significato all’insieme».

La riforma sarà presentata al Consiglio dei Ciclisti Professionisti (CCP) e all’Associazione Spagnola degli Organizzatori di Corse Ciclistiche (AEOCC) all’organismo internazionale ora presieduto da Javier Guillén. L’UCI dovrà studiarla e prendere una decisione. Il futuro del ciclismo è in gioco.

4 salite Giro 2026

Pozzovivo: le quattro salite più dure (e decisive) del Giro

09.12.2025
7 min
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Con Domenico Pozzovivo torniamo a parlare di Giro d’Italia e, in particolare, con lui non possiamo non tirare in ballo le salite. Le scalate della corsa rosa che si profila per il prossimo anno non sembrano impossibili, tuttavia qualche asperità più impegnativa c’è e appunto con Domenico abbiamo cercato di individuarne quattro. Le quattro salite più difficili, quelle che secondo lui segneranno la classifica.

E’ ormai appurato, e lo abbiamo già sentito dalle parole di Vincenzo Nibali: non è un Giro d’Italia durissimo. Lo stesso Squalo ci aveva parlato di una corsa equilibrata, ma proprio per questo c’è da capire dove questo equilibrio potrà rompersi, dove gli scalatori potranno infliggere distacchi ai cronomen, che dalla loro avranno la lunga tappa a cronometro di Viareggio.

Venti stagioni da pro’, tre lauree e un’immensa attitudine per la salita: Domenico Pozzovivo elenca le 4 salite più dure del prossimo Giro
Venti stagioni da pro’, tre lauree e un’immensa attitudine per la salita: Domenico Pozzovivo elenca le 4 salite più dure del prossimo Giro
Domenico, quindi, il Blockhaus è la salita più dura di questo Giro d’Italia?

Il rischio c’è, però devo dire che secondo me la scalata più dura, anche ai fini della tappa e della classifica, possa essere il Giau. Lo è sia per le sue pendenze sia per il dislivello e la quota.

Ma non è lontano dall’arrivo?

In una tappa del genere chi vuole attaccare da lontano può farlo anche dal Giau, ma deve avere dei compagni o un punto di riferimento, perché la salita successiva è il Falzarego che, da quel lato, è piuttosto facile. Se dietro si organizzano, chi prova l’azione rischia di restare “con una gamba di qua e una di là”. Una volta avrei detto che il Giau è troppo lontano dall’arrivo; in questo ciclismo dico di “ni”, perché gli attacchi da lontano sono più frequenti, specie con l’aiuto della squadra. E poi c’è un altro aspetto che riguarda il Giau

Quale?

Le sue pendenze e la sua durezza possono influire sulla salita finale di Pian di Pezzè, che ricordiamo essere molto impegnativa, però è una scalata che durerà al massimo 15 minuti.

4 salite Giro 2026
Blockhaus 2022, tra i big guardate chi c’è? E’ Pozzovivo (col casco giallo)
4 salite Giro 2026
Blockhaus 2022, tra i big guardate chi c’è? E’ Pozzovivo (col casco giallo)
Del Blockhaus invece cosa ci dici?

Resta una salita estremamente impegnativa. Rispetto alle altre volte si attacca un po’ più in quota, non proprio dal fondo, dove ci sono quei 5-6 chilometri in più interlocutori che non sono difficili ma, alla fine, contano. Tuttavia è una salita che potrebbe fare meno sfracelli di quanto si pensi.

Perché?

Perché non ci sono grandi salite prima e il rischio è che, essendo una tappa molto lunga, una tappa old style in un Giro definito moderno, i big si controllino fino alla fine. Un’altra salita, la terza nel mio ordine di durezza, che potrà incidere è quella di Carì, in Svizzera. E’ simile a Pila, ma un po’ più dura: a Pila si sale intorno al 7 per cento, a Carì le pendenze sono tra l’8 e il 9 per cento. La strada in entrambi i casi è larga e regolare, quasi da Tour de France. Però dico che alla fine Carì sarà più incisiva perché, rispetto a Pila, è molto più corta: Pila sono quasi 20 chilometri, Carì sono 8-9. Entrambe le frazioni sono corte, ma quella di Carì è più facile prima, quindi rischia di essere una scalata molto più esplosiva. Questa la segno di sicuro.

4 salite Giro 2026
Carì, si trova in Svizzera, nel Canton Ticino. Si affronterà alla 16ª tappa e aprirà la terza settimana
4 salite Giro 2026
Carì, si trova in Svizzera, nel Canton Ticino. Si affronterà alla 16ª tappa e aprirà la terza settimana
E la quarta salita?

Non può che essere Piancavallo. Va menzionata: è l’ultimo tappone e l’ultima scalata del Giro d’Italia. Non vanta numeri impossibili, ma è una salita impegnativa. La doppia scalata vuole ricordare quella del doppio Grappa di un paio d’anni fa, ma è meno dura. Di contro qui si arriva in cima. Piancavallo, se si prende forte da sotto, può fare danni: la parte più dura è quella iniziale, poi addirittura c’è una microdiscesa ai meno sei chilometri.

Quindi Domenico, facci la tua classifica di durezza…

Giau, Blockhaus, Carì e Piancavallo.

Andiamo nell’ordine di come arriveranno queste salite nel corso del Giro. Che scenari ci possiamo aspettare su ognuna?

Come accennavo, il Blockhaus rischia di essere una tappa di attesa, una frazione in cui arriva la fuga. Non mi aspetto che i big lottino per prendere la maglia già alla settima tappa: la corsa diventerebbe dura da controllare. I chilometri sono tanti e senza salite impegnative prima, Roccaraso è facile, quindi sarà una tappa per attaccanti. Del Giau ho già detto: chi vuole attaccare deve avere per forza un punto d’appoggio in vista del Falzarego. Questa nel complesso è una tappa molto dura: prima del Giau ci sono già altre salite e siamo nel pieno della terza settimana, quando la fatica si fa sentire.

Andiamo avanti. Da Carì cosa ti aspetti?

Può incidere molto sull’economia del Giro d’Italia. Salita esplosiva che arriva dopo il giorno di riposo: può creare scompiglio. E’ quasi una tappa da Vuelta. Può esserci spettacolo, possono esserci distacchi, anche perché su quelle pendenze se si attaccano presto si può fare una gran differenza. Senza contare che arriva dopo il giorno di riposo, un’incognita ulteriore.

4 salite Giro 2026
Il Giro ha affrontato il Giau l’ultima volta nel 2023, ma memorabile fu l’impresa di Bernal sotto la neve due anni prima
4 salite Giro 2026
Il Giro ha affrontato il Giau l’ultima volta nel 2023, ma memorabile fu l’impresa di Bernal sotto la neve due anni prima
L’ultima è Piancavallo…

La resa dei conti. Bisogna fare i conti con le energie rimaste. Va presa di petto, soprattutto nel secondo passaggio. Si può fare forte anche al primo, ma lì serve un punto d’appoggio, perché tra la prima e la seconda scalata ci sono 25 chilometri di pianura. Dipenderà tanto anche dal tipo di fuga che ci sarà… ammesso che ci sarà. E’ una salita che, arrivando a fine Giro, può incidere molto se affrontata forte.

Quali sono le tue salite preferite tra queste? E che ricordi hai?

Faccio fatica a scegliere, perché ce ne sono due tra le mie preferite in assoluto: Blockhaus e Giau. Vado sul ricordo più recente, legato alla mia “carriera 2.0”, quella dopo l’incidente del 2019. Sul Blockhaus nel 2022 ebbi una delle poche possibilità di giocarmi veramente la vittoria: non mi capitava più tanto spesso. Ricordo che andai forte e fui soddisfatto della mia prestazione. In più ero contento anche per Valentino Sciotti perché, in qualche modo, correvo a casa sua e la sua azienda era sponsor. Ma anche del Giau ho ricordi speciali.

4 salite Giro 2026
Nel 2020 la Sunweb di Hindley e Kelderman prese a tutta Piancavallo per mettere in crisi Almeida
4 salite Giro 2026
Nel 2020 la Sunweb di Hindley e Kelderman prese a tutta Piancavallo per mettere in crisi Almeida
Raccontaci di questa scalata dolomitica…

Giro 2012, ricordo che ci scambiammo dei “colpi di fioretto” con Michele Scarponi. La tappa arrivava a Cortina, se ricordo bene vinse Purito, io feci sesto. L’ultimo chilometro e mezzo del Giau mi misi a tirare, anche perché ero un po’ indietro in classifica: eravamo rimasti in pochi e a me andava bene così. Infatti transitai in testa. Di entrambe queste salite ho un bel ricordo. Però, se devo dirla tutta, c’è un’altra salita che bisognerebbe aggiungere.

Prego…

Secondo me, come numeri la salita più difficile di questo Giro è la Montagna Grande di Viggiano (nella quinta tappa, ndr), tra l’altro nelle mie zone d’origine e ancora di più in quelle di Alessandro Verre. Le salite menzionate prima saranno le più incisive, ma come pendenza media la Montagna Grande di Viggiano è l’unica superiore al 10 per cento di tutta la corsa rosa. E chissà che non ci faccia un salto prima del Giro… magari fisso anche un KOM!

Girmay e la “nuova” NSN. Un contratto fatto per durare

Girmay e la “nuova” NSN. Un contratto fatto per durare

09.12.2025
4 min
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L’approdo di Biniam Girmay alla NSN Cycling è uno dei principale colpi di mercato, certamente dopo il passaggio di Evenepoel alla Red Bull-Bora e quello di Ayuso alla Lidl-Trek. Non solo per il grande peso specifico del corridore eritreo, reduce da un’ultima stagione difficile, ma anche per i cambiamenti in essere nel suo nuovo team, che ha cambiato nome e licenza allontanandosi dalla realtà israeliana che ha creato tanti problemi, vedi l’ultima Vuelta.

Alex Carera con suo fratello Johny è uno dei soci fondatori della A&J, società che rappresenta un ampio numero di atleti
Alex Carera con suo fratello Johny è uno dei soci fondatori della A&J, società che rappresenta un ampio numero di atleti

Una trattativa che Alex Carera ha curato e seguito in prima persona e che racconta senza veli: «Di cambiare squadra – spiega – si era parlato e deciso anche prima dell’annuncio che Intermarché e Lotto si sarebbero unite. Oltre a quella scelta avevamo altre quattro possibilità, di squadre WorldTour in primis e ovviamente Lotto-Intermarché aveva fatto la sua proposta perché Biniam restasse. Prima di tutto abbiamo capito se volevamo continuare o meno e nel momento in cui abbiamo rescisso il contratto, comunque i contatti con le altre squadre erano già avviati. Noi abbiamo scelto principalmente in base alle possibilità di calendario, del progetto sportivo che ci hanno sottoposto».

Avendo avuto contatti con loro, quanto è cambiata la NSN Cycling rispetto alla Israel della passata stagione?

Il problema della Israel non era sportivo, la struttura c’era, era efficiente, ma purtroppo era schiacciata dal problema politico, anche se non dovrebbe mai essere così. Il problema per la Israel Premier Tech erano che i fondi arrivavano da un Paese in una situazione politica difficile. Ma a livello sportivo non è cambiato nulla: il manager finlandese era e finlandese rimane, per dirne una. A livello di fondi, invece, è cambiato tutto, perché ora i soldi arrivano da società che non hanno gli stessi contatti con Israele.

L'eritreo è uno dei ciclisti più amati e richiesti dai tifosi. Anche su questo conta la NSN Cycling
L’eritreo è uno dei ciclisti più amati e richiesti dai tifosi. Anche su questo conta la NSN Cycling
L'eritreo è uno dei ciclisti più amati e richiesti dai tifosi. Anche su questo conta la NSN Cycling
L’eritreo è uno dei ciclisti più amati e richiesti dai tifosi. Anche su questo conta la NSN Cycling
Biniam come arriva al nuovo team, in che momento della carriera è?

Abbiamo avuto una crescita costante nei primi quattro anni alla Intermarché, mentre nel 2025 ha avuto un anno con una miriade di secondi posti, ma con una situazione di squadra difficile. Già prima di metà anno, i dirigenti erano concentrati sul progetto fusione e questo pesava sulle scelte di campo, sui materiali, sull’evoluzione dell’annata. Nel ciclismo di oggi sono molto importanti i materiali e purtroppo alcune scelte non erano all’altezza dell’anno precedente. Di conseguenza hanno influito sulle prestazioni sportive di moltissimi atleti che hanno reso meno delle potenzialità. Biniam è comunque atleta giovane e in crescita, che ha fame di successi e io credo che nel prossimo triennio tornerà a essere il corridore che nel 2024 era tra i primi 10 al mondo.

La squadra ha detto di voler investire molto su di lui, soprattutto di voler lavorare molto sul costruirgli un treno adatto per vari tipi di corse, sia classiche di un giorno che grandi giri…

E’ normale, è anche per questo che abbiamo scelto il team, perché è nel loro progetto costruire una squadra forte intorno a lui. Un velocista ha ancora più bisogno di una struttura adeguata intorno rispetto a uno scalatore, di un treno che lo metta nelle condizioni per poter aspettare il momento giusto nella posizione migliore. Il fatto che sia arrivato 6 volte secondo e 2 terzo quest’anno, di cui quattro volte con un corridore in fuga vincendo la volata degli inseguitori, dice che la qualità è lì, è mancata solo la vittoria. Speriamo che la nuova struttura gli dia quel quid in più per riassaporare il successo.

Uno dei tanti secondi posti di Girmay nel 2025, dietro Philipsen a Lille, seconda tappa del Tour
Uno dei tanti secondi posti di Girmay nel 2025, dietro Philipsen a Lille, seconda tappa del Tour
Uno dei tanti secondi posti di Girmay nel 2025, dietro Philipsen a Lille, seconda tappa del Tour
Uno dei tanti secondi posti di Girmay nel 2025, dietro Philipsen a Lille, seconda tappa del Tour
Il fatto di aver firmato un contratto triennale è anche in quest’ottica, nel senso di lavorare a un progetto intorno a Biniam per portarlo a vincere sempre di più?

Certamente. Oggi il ciclismo crea progetti a lunga scadenza, cosa che fino all’anno 2020 non avveniva. Un atleta come Girmay, con il suo carico di storia, garantisce visibilità, marketing e sta a noi agenti farlo capire. Il team di Kjell Calstrom aveva tutto l’interesse di creare un progetto a lunga scadenza, altrimenti si corre il rischio di una separazione prima di vedere il compimento dei propri propositi, possono arrivare sirene da altri team. Ormai si devono creare dei progetti a lunga scadenza.

Il domani di Viviani è partito… dalla Ducati

Il domani di Viviani è partito… dalla Ducati

08.12.2025
5 min
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Il domani per Elia Viviani è già oggi. Tanti progetti in cantiere, dal ruolo in federazione all’impegno come diesse della Ineos, ma intanto qualcosa è già parte del presente ed è il suo impegno nella Ducati, bandiera azzurra degli sport motoristici quanto la Ferrari, che ha lanciato la sua nuova alta gamma di bici affidando all’olimpionico, a Vincenzo Nibali e all’ex campione di downhill Lorenzo Suding non solo il ruolo di testimonial, ma coinvolgendoli direttamente in tutta la fase di realizzazione di ogni singolo modello, dalla progettazione fino ai test sul campo.

Il podio finale della 6 Giorni di Gand con Viviani a destra. Ultima gara, ultimo alloro...
Il podio finale della 6 Giorni di Gand con Viviani a destra. Ultima gara, ultimo alloro…
Il podio finale della 6 Giorni di Gand con Viviani a destra. Ultima gara, ultimo alloro...
Il podio finale della 6 Giorni di Gand con Viviani a destra. Ultima gara, ultimo alloro…

Viviani è entusiasta di questa iniziativa, ritrovando per strada anche vecchie conoscenze: «Tutto è partito dal rapporto che ho con la famiglia Zecchetto, proprietaria della Diamant Srl coinvolta nel progetto al pari di Alé Cycling e DMT. Li conosco da quando avevo 15 anni, Federico Zecchetto mi dava le scarpe già da ragazzino, negli anni ho testato scarpe nuove, prototipi, dato feedback. La parte tecnica mi è sempre piaciuta. Qualche mese fa hanno avuto questa opportunità e mi hanno reso partecipe di questo. Ovviamente è un progetto che mi ha subito preso. Combaciava anche con il fatto che avrei chiuso la mia carriera a fine stagione. Ed era una sfida su cui mi sono voluto buttare subito, con delle idee. Prima il design poi i primi prototipi, la prova, i primi prototipi degli studi sulle laminazioni, su tutto quello che si fa dietro le quinte per fare una bici di alta gamma, con montaggi moderni e di super qualità».

Quanto c’è di Ducati in tutto ciò?

Molto. Ducati è coinvolta al 100 per cento, non è una delega a occhi bendati al gruppo Zecchetto. Il brand Ducati è coinvolto nelle scelte e nell’approvazione di tutto, dal design alle colorazioni di tutto insomma, quindi è una cosa che è partita bene. E’ un primo passo e chissà cosa potrà riservare il futuro.

Il ringraziamento ai tifosi. Ora Viviani è coinvolto dai suoi impegni in FCI, Ineos e Ducati
Il ringraziamento ai tifosi. Ora Viviani è coinvolto dai suoi impegni in FCI, Ineos e Ducati
Il ringraziamento ai tifosi. Ora Viviani è coinvolto dai suoi impegni in FCI, Ineos e Ducati
Il ringraziamento ai tifosi. Ora Viviani è coinvolto dai suoi impegni in FCI, Ineos e Ducati
Che tipo di mercato potranno avere, solo per la vendita o potrebbero avere anche uno sbocco nel ciclismo agonistico?

Ovviamente in azienda se ne parla, ma il primo step è quello di fare delle bici che abbiano mercato e che siano comunque di qualità. Vediamo come andranno i prossimi anni, è una visione a lungo termine. Diciamo però che per la mentalità con cui Ducati approccia lo sport, quella è un’opzione importante. Ma bisogna avere i giusti tempi perché il mondo del professionismo è molto esigente e non richiede una bici da strada punto e basta, ma anche la bici da cronometro, quella aerodinamica, quella super light e quindi siamo ancora lontani.

Quando tu hai iniziato a correre, le aziende produttrici italiane erano quasi un monopolio nel mondo del ciclismo professionistico. Poi sono emerse tante altre realtà da tante nazioni. Questo restituisce anche un’immagine tricolore, considerando anche il peso specifico che la Ducati ha nel mondo del motociclismo?

Sì, assolutamente. Già il fatto che loro abbiano visto nel ciclismo un grande potenziale è una grande notizia. Questa è la parte che a me ha subito entusiasmato, perché se un grande gruppo così ha visto qualcosa vuol dire che il ciclismo ha qualcosa da dare. Questa è la parte su cui ovviamente dobbiamo lavorare. Ducati ha il pieno controllo di quello che viene prodotto in termini di qualità e di progetto. La bici da strada arriverà probabilmente intorno a marzo 2026, poi ci sarà un’e-mtb e la gravel è già avanti nella progettazione, queste saranno diciamo le tre bici che vedremo nel 2026, con ovviamente la volontà di ampliare la gamma.

Il veronese non si è fermato dopo lo stop alla carriera, continua anzi a mantenersi in esercizio compatibilmente con il lavoro
Il veronese non si è fermato dopo lo stop alla carriera, continua anzi a mantenersi in esercizio compatibilmente con il lavoro
Il veronese non si è fermato dopo lo stop alla carriera, continua anzi a mantenersi in esercizio compatibilmente con il lavoro
Il veronese non si è fermato dopo lo stop alla carriera, continua anzi a mantenersi in esercizio compatibilmente con il lavoro
Si dice sempre che mancano i grandi sponsor, le grandi aziende italiane al mondo del ciclismo tricolore. Potrebbe essere un primo passo questo per coinvolgere grandi nomi?

Perché no? Se aspettiamo che lo sponsor arrivi, che cada dal cielo, possiamo aspettare all’infinito… Secondo me il ciclismo è un ottimo mondo che può dare tanto in termini di visibilità ma che deve sapersi vendere. Se Ducati si è avvicinato significa che c’è qualcosa di interessante e noi dobbiamo lavorare su questo, saper vendere questo qualcosa per far sì che grandi aziende si avvicinino. E’ un importante brand che può fare da trascinatore, visto che stiamo soffrendo da anni e anni senza squadre nel WorldTour. Ci vorrà qualche anno, c’è da lavorarci dietro bene perché poi il sogno si avveri.

Come stai vivendo queste prime giornate extra bicicletta?

La gran differenza è che ti alzi al mattino e la priorità non è prendere la bici e chiedersi “che allenamento devo fare?”. La colazione è più libera, l’approccio alla giornata è molto più rilassante. Ovvio che cerco sempre di ritagliarmi uno spazio per fare sport e questa cosa qua da una parte mi piace perché alla fine vuol dire che non starò lì seduto al computer o sul divano tutto il giorno, dall’altra stempero l’impegno fra meeting, email e tutto il resto di una giornata lavorativa da costruire. Sai la cosa che mi piace di più?

Elia con sua moglie Elena Cecchini, che nel 2026 affronterà la sua ultima stagione agonistica (foto Vanity Fair)
Elia con sua moglie Elena Cecchini, che nel 2026 affronterà la sua ultima stagione agonistica (foto Vanity Fair)
Elia con sua moglie Elena Cecchini, che nel 2026 affronterà la sua ultima stagione agonistica (foto Vanity Fair)
Elia con sua moglie Elena Cecchini, che nel 2026 affronterà la sua ultima stagione agonistica (foto Vanity Fair)
Cosa?

Mangiare diversamente da quello mangiavi da atleta, quindi tipo la mattina mi sveglio e mi faccio una fetta di pane con la nocciolata invece dell’omelette… Vedo che i pasti nella vita normale sono un po’ meno “importanti” della vita da atleta.

A prescindere dagli impegni, avrai comunque qualche possibilità in più anche per uscire in bicicletta con tua moglie, accompagnarla nei suoi allenamenti…

E’ una delle cose che amo di più. L’altra mia priorità era non fermarmi, non sentivo la necessità di “staccare” 3-4 mesi per poi ripartire, il mio obiettivo era comunque rimanere all’ambiente e cercare di fare il meglio possibile in vari rami. Ma gran parte del tempo restante è dedicato a mia moglie, agli allenamenti insieme a lei, quindi diciamo che avrò delle tabelle di allenamento basate su quello che farà Elena per passare il tempo insieme. E ovviamente sarò più presente anche nella sua ultima stagione alle gare che a cui potrò esserci.

Julian Alaphilippe, Marc Hirschi, Tudor Pro Cycling 2025

Che impatto hanno avuto Hirschi e Alaphilippe alla Tudor?

08.12.2025
5 min
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La Tudor Pro Cycling sta vivendo quel momento in cui si guarda alla stagione conclusa con la curiosità di capire cosa ne sarà del futuro. Per gli atleti e lo staff della formazione professional svizzera la grande novità è rappresentata dalla certezza di avere le wildcard per tutte le grandi corse del prossimo anno. Un traguardo raggiunto grazie al duro lavoro fatto in queste stagioni, con la ciliegina sulla torta del 2025, anno in cui si sono tolti molte soddisfazioni. 

Il team ha visto entrare due corridori di spessore, dai quali ci si aspettava un impatto importante: Marc Hirschi e Julian Alaphilippe. In qualche modo l’impatto c’è stato, e se non è arrivato con i risultati è questione di dettagli. Ma alla prima stagione in una nuova squadra si deve anche lasciare lo spazio per ambientarsi e capire come cambia tutto. 

Da comprimario a leader

Hirschi e Alaphilippe sono stati in grado di dimostrare le loro capacità, lo sa bene Matteo Tosatto, diesse della Tudor Pro Cycling. Il tecnico veneto è consapevole anche che da due figure di questo spessore ci si aspetti sempre qualcosa in più, soprattutto se i risultati non sono stati sempre all’altezza delle aspettative. 

«Partiamo da Marc Hirschi – ci dice Tosatto una volta intercettato al telefono – per lui è stato un anno di grandi cambiamenti. Arrivava dal UAE Team Emirates dove era un corridore di riferimento, ma sicuramente non era leader unico. In Tudor si è trovato a ricoprire questo ruolo e magari si è sentito un po’ sotto pressione. Noi non gliene abbiamo mai messa, però è un segnale importante: vuole essere leader. Hirschi ha fatto registrare grandi valori, che non sempre sono andati di pari passo con i risultati come nel 2024. Quando in gara sei l’uomo di riferimento di una squadra gli avversari non ti lasciano così tanto spazio». 

Marc Hirschi, Tour de France 2025, Tudor Pro Cycling
Hirschi è tornato a correre in un Grande Giro tre anni dopo l’ultima volta
Marc Hirschi, Tour de France 2025, Tudor Pro Cycling
Hirschi è tornato a correre in un Grande Giro tre anni dopo l’ultima volta

Qualche cambiamento

Matteo Tosatto lo sa che se si guarda alla casella delle vittorie il bilancio della stagione per Hirschi può essere considerato fin troppo negativamente. Per questo nel parlare sottolinea i diversi piazzamenti portati a casa dal corridore svizzero

«Una prima stagione del genere può essere considerata discreta – continua il diesse – perché Hirschi è giovane e sappiamo quanto vale. E’ uno a cui piace correre e a volte forse sarebbe stato meglio fermarsi un attimo, come dopo San Sebastian. Arrivava da un Tour de France tosto, nel quale si è anche ammalato. A proposito, la Grande Boucle ha rappresentato il suo ritorno in un Grande Giro dopo due anni, anche questo va considerato. Aveva in programma il Giro d’Italia ma le due cadute di inizio stagione lo hanno rallentato e abbiamo preferito preservarlo. Con due o tre vittorie in più sarebbe stata una stagione ottima. Diciamo che nel 2025 sono state prese le misure, ora sappiamo come muoverci».

Grand Prix Cycliste Quebec 2025, Julian Alaphilippe vince
La stagione di Alaphilippe è stato un crescendo, fino alla vittoria ll GP Québec
Grand Prix Cycliste Quebec 2025, Julian Alaphilippe vince
La stagione di Alaphilippe è stato un crescendo, fino alla vittoria ll GP Québec

“LouLou”

L’arrivo di Julian Alaphilippe era avvolto da alcuni dubbi sul corridore francese, le cui qualità non sono mai state in discussione ma dal quale ci si sarebbe aspettato di più nelle passate stagioni. Il passaggio alla Tudor ha dato nuova linfa al francese, capace di tornare al successo in una corsa WorldTour

«La cosa che più mi ha impressionato – analizza Tosatto – è che nonostante la sfortuna e i diversi stop Alaphilippe è arrivato al Tour con una fame e una voglia incredibile. Al settanta per cento delle sue potenzialità, durante la prima settimana, ha dimostrato di poter stare con i primi. Nei momenti in cui stava bene ha fatto quello che ci si aspetta da un corridore del suo calibro. Al Tour of Britain, alla Tre Valli e in altre gare era gomito a gomito con i più forti. Sono convito sia ancora a quel livello, la classe certamente non gli manca».

Riferimento

Il due volte campione del mondo ha portato all’interno della Tudor un palmarès invidiabile, con Classiche Monumento, tappe nei Grandi Giri, per un totale di quarantacinque vittorie. 

«La sua caratteristica che colpisce è l’umiltà – ci racconta Matteo Tosatto – e la voglia di mettersi a disposizione degli altri. A inizio stagione all’Algarve ha dato una mano a Dainese per le volate, alla Sanremo ha dato un contributo ottimo a Trentin (poi nono al traguardo, ndr). Per non parlare del supporto dato a Storer sia alla Parigi-Nizza, nei ventagli e in salita, che al Lombardia nel restare sempre davanti.

«Sapevamo che Alaphilippe fosse un personaggio mediatico incredibile – conclude Tosatto – ma il suo impatto sportivo sul team è stato unico. I giovani si sono trovati davanti un modello e un esempio da seguire, sempre propositivo e gentile. E poi vede la corsa in maniera incredibile, parla tanto per radio e ti dice cosa sta accadendo in gruppo e ti dà una lettura del momento perfetta. Avere un corridore così in squadra ci rende tranquilli anche in ammiraglia». 

Bahrain Victorious

La Bahrain e il 2026: giovani, programmi, materiali. Pellizotti a te

08.12.2025
7 min
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E’ tempo di voltare pagina in casa Bahrain Victorious. Il 2026 si avvicina e la squadra è pronta a inaugurare una nuova fase, costruita su un mix di giovani talenti e guide esperte. Se da una parte salutano figure di riferimento come Andrea Pasqualon e Torstein Traen, dall’altra il team continua a puntare con decisione su un vivaio che negli ultimi anni ha iniziato a dare frutti importanti.

Per capire come si sta preparando il gruppo e quali saranno i punti chiave della prossima stagione, abbiamo parlato con Franco Pellizotti, direttore sportivo e figura centrale nella costruzione di questo nuovo corso. Con lui abbiamo provato a stendere un primo velo sui programmi, sulle ambizioni e sull’identità tecnica che la Bahrain vuole consolidare nel 2026.

Franco Pellizotti (classe 1978) è uno dei direttori sportivi della Bahrain-Victorious
Franco Pellizotti (classe 1978) è uno dei direttori sportivi della Bahrain-Victorious
Dicevamo, Franco, una Bahrain un po’ diversa, quella 2026: è così?

Arrivano un po’ di giovani. Negli ultimi anni stiamo investendo tanto su di loro perché andare a prendere corridori esperti costa molto. Abbiamo un bel vivaio dagli juniores al devo team ed è giusto attingere da lì. Secondo me questi ragazzi sono ottimi atleti e li inseriamo accanto agli esperti. E’ chiaro che magari a fine anno le vittorie non sono tantissime, ma se guardiamo al futuro abbiamo giovani molto promettenti. Non bisogna avere fretta: vanno fatti crescere bene, affiancandoli ai nostri “vecchi”, tra virgolette.

Anche perché ormai di vecchi ne avete pochi, tolto il “super vecchio”!

Alla fine abbiamo Damiano Caruso, che è un vecchio per davvero… ma solo anagraficamente. Potremmo dire che anche Matej Mohoric sia vecchio, ma ha 31-32 anni: è un vecchio relativo.

Quando arrivano questi giovanissimi di 18-20 anni, vale ancora la pena affiancarli ai “vecchi”, o magari dialogano meglio con pro’ di 23-24 anni?

E’ vero che molti giovani quando passano pro’ pensano già di sapere tutto, ma ce ne sono altri che sanno cosa vogliono, si fidano e ascoltano. E’ difficile trovare giovani che abbiano voglia di imparare davvero: è la vera sfida di questo periodo storico.

Antonio Tiberi e Damiano Caruso: una coppia consolidata. Stessi programmi anche nel 2026?
Antonio Tiberi e Damiano Caruso: una coppia consolidata. Stessi programmi anche nel 2026?
Togliamo Caruso, che ben conosciamo come corridore e come persona, chi è un ragazzo che invece vedi particolarmente sensibile con i nuovi giovani arrivati?

Direi Mohoric. Matej dispensa consigli a destra e a manca, soprattutto nelle gare in Belgio o nelle corse a tappe. Se fossi un giovane mi fiderei ciecamente di lui. Mohoric dà il 100 per cento per la squadra e per i giovani. Damiano è un altro che non ha problemi: basta vedere quel che sta facendo con Antonio Tiberi.

Che poi ormai Tiberi non è nemmeno più un giovanissimo…

Vero. Dieci anni fa sarebbe stato giovanissimo, oggi col ciclismo diverso che stiamo vivendo è uno pronto. E’ già al terzo anno con noi, il quarto da pro’. Di Damiano si è fidato molto: senza di lui non dico sia perso, ma sicuramente trova una guida importante. Ci sono giovani che vogliono ascoltare e altri che pensano di sapere già tutto, ma…

Ma?

Ma dopo un po’ di gare si accorgono che il ciclismo vero inizia lì, quando passi. Tutto quello che hai fatto prima ti è servito per il passaggio, ma poi si può azzerare. E’ da professionista che devi dimostrare quello che vali.

Bahrain Victorious
Uno dei cinque rinforzi 2026 della Bahrain è Alec Segaert, cronoman belga classe 2003
Bahrain Victorious
Uno dei cinque rinforzi 2026 della Bahrain è Alec Segaert, cronoman belga classe 2003
Questo è il periodo in cui s’inizia a parlare di programmi. Alcuni rumors dicono che Tiberi vorrebbe fare il Tour de France. E’ così?

Chiaro che ripetere sempre le stesse cose non dà stimoli. Il 2024 per lui è stato molto buono, al Giro d’Italia soprattutto, mentre il 2025 è stato sotto le aspettative. Magari un po’ di spirito di rivalsa in più ce l’ha. Prima di decidere attendevamo di vedere com’era strutturato anche il nuovo Giro. Sapete, a ottobre dire: tu fai il Giro e tu fai il Tour è spesso prematuro se non conosci i percorsi.

Appunto te lo abbiamo chiesto: dopo aver visto il Giro, qualcosa è cambiato? C’è una crono lunghissima e nessuna salita stile Mortirolo o Zoncolan…

Con una crono così lunga cambia tutto, per uno come Tiberi. Adesso staremo due settimane in Spagna e studieremo Giro e Tour in modo approfondito. In base ai percorsi e alle volontà degli atleti decideremo. E’ giusto ascoltare cosa vuole il corridore: alla fine in bici ci sale lui.

Tra i nuovi innesti c’è anche Jakob Omrzel: cosa possiamo aspettarci da lui?

Jakob vorrebbe già fare corse importanti. E’ talentuoso e ha dimostrato cose non comuni. La Bahrain, giustamente lo ha blindato per anni e per questo dobbiamo farlo crescere senza fare passi più lunghi della gamba. Alla fine ha fatto solo un anno da under 23: il ciclismo vero ancora non l’ha assaggiato. Lo inseriremo in qualche corsa importante, magari vicino a un leader altrettanto importante. Ma di certo lo schiereremo anche in gare meno dure, non WorldTour.

Bahrain
Jakob Omrzel vincitore del Giro Next Gen 2025 è la nuova stella della Bahrain – Victorious (foto La Presse)
Bahrain
Jakob Omrzel vincitore del Giro Next Gen 2025 è la nuova stella della Bahrain – Victorious (foto La Presse)
Perché?

Perché possa togliersi soddisfazioni e per non fargli perdere l’attitudine a vincere. Quest’anno ha dimostrato al Giro di Slovenia, con un quarto posto nella generale, e in Croazia che è un corridore affidabile per questo livello di gare.

Franco, l’hai detto tu prima: la stagione della Bahrain-Victorious non è stata super. Visto che dall’anno prossimo si riparte da zero con i punti WorldTour come correrete? Stile “stile Astana” oppure in modo classico cercando di vincere?

Nel tradizionale management meeting che facciamo dopo il Lombardia, lo abbiamo ripetuto: il nostro modo di competere è questo, cercare di vincere. Poi è chiaro che devi guardare anche ai punti perché comunque è importante, però non stravolgeremo il nostro modo di correre. Correremo come abbiamo sempre fatto… da squadra. Cercheremo di ben figurare nelle corse importanti. Se vai a guardare il numero di vittorie è chiaro che non è altissimo, ma chi ha vinto tanto? La sola UAE Emirates ne ha colte quasi 100, altre 50 e passa la Soudal-Quick Step che ha velocisti esperti e fortissimi. La Red Bull – Bora che ha un budget enorme, anche se non ha fatto una super stagione, ha mostrato di avere corridori di assoluto valore che sono stati costanti.

Mettiamoci anche che qualche vostro leader ha avuto varie sfortune…

Mohoric sono un paio d’anni che fatica a trovare continuità per vari motivi fisici, ma conosciamo il suo valore. Tiberi viene da una stagione sottotono. Martinez secondo me ha fatto molto bene, a parte il finale. Però il suo discorso è diverso.

In che senso?

Un ragazzo francese che lascia una squadra francese: per un transalpino spostarsi all’estero non è semplice. Per i francesi è più difficile lasciare la loro Nazione: storicamente è così. Parliamo di un ragazzo che è letteralmente uscito dal suo nido. Sono convinto che il prossimo anno farà ancora meglio.

Bahrain Victorious
La Oltre RC è il modello aero del Reparto Corse Bianchi: qui la livrea Bahrain presentata qualche giorno fa
Bahrain Victorious
La Oltre RC è il modello aero del Reparto Corse Bianchi: qui la livrea Bahrain presentata qualche giorno fa
In cosa deve migliorare Martinez?

Un po’ nella costanza, sulla performance più o meno ci siamo, ma credo che questa arriverà da sola. Lui più di altri ha dovuto adattarsi: ha trovato una lingua diversa. L’inglese lo parla, ma non come il francese che usava alla Groupama-FDJ. E per uno timido come lui può essere un ostacolo ulteriore. Anche noi dovevamo capire com’era il ragazzo. Vedere come si muoveva, come la pensava, com ‘era coi compagni. Lenny è un patrimonio che va tutelato senza fretta.

Domanda che rivolgiamo più al Pellizotti ex corridore che diesse: avete cambiato bici, da Merida a Bianchi. Com’è stato l’approccio?

Quando cambi un’azienda partner così importante dopo nove anni non puoi non essere titubante: sai cosa avevi, ma non cosa troverai. E invece abbiamo trovato un’azienda ambiziosa, con una grande voglia di migliorarsi. Bianchi non ha problemi ad investire, oltre a fornirci i materiali è disposta anche a lavorare in prima persona per migliorarsi, per sviluppare i prodotti. E’ ambiziosa.

I ragazzi hanno già entrambe le bici?

No, solo quella da strada. Ma torneranno dal training camp anche con quella da crono e la seconda bici da strada. Comunque tornando su Bianchi l’ho detto ai ragazzi: «E’ un marchio storico, io ci ho corso tanto e vinto anche un campionato italiano. Nel ciclismo, che è passione ed è uno sport che più di altri si lega alla sua storia, per me è un valore aggiunto. Insomma Bianchi è stata la bici di Coppi, Gimondi e Pantani».

Coppa del mondo ciclocross, Marceddì, Terralba, Sardegna, dicembre 2025, Filippo Agostinacchio

Nell’ombra di Vanthourenhout brilla un grande Agostinacchio

07.12.2025
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MARCEDDI’ – Ad avere l’occhio un po’ allenato si era visto da ieri che Michael Vanthourenhout fosse quello più in palla, il candidato più convincente per la vittoria. Soltanto Sweek alle sue spalle, avendo in palio la testa della Coppa del mondo, ha provato a impensierirlo, ma alla fine si è fatto infilare anche da Nieuwenhuis, che ha colto il secondo posto. In questo tripudio nordico, non poteva passare inosservato l’ottavo posto di Filippo Agostinacchio: seconda gara di stagione e prima top 10 in Coppa del mondo. Nonostante sia una maschera di fango nero, il valdostano ha gli occhi che sfavillano per la soddisfazione e un po’ di sorpresa.

La corsa ha avuto ritmi frenetici. A differenza delle donne, gli uomini hanno pestato sui pedali con una potenza spaventosa: anche per questo le loro facce alla fine sono più sudice. Passavano così forte da sollevare l’acqua come motoscafi: un’acqua copiosa, come neanche ieri, che ha reso il percorso meno veloce e piuttosto impegnativo.

«Sinceramente non mi aspettavo di andare così bene – dice Agostinacchio – anche se sapevo di avere una discreta condizione. Già a Torino, che avevo preso la bici da 20 giorni, sentivo la gamba buona. Sono passate due settimane, ho rifinito un po’ la condizione e diciamo che oggi è andata sopra le aspettative. Ho fatto un errore il secondo giro per la foga di ritrovarmi davanti. Ho provato a recuperare un po’ di posizioni in un punto un po’ critico e sono caduto. Però per il resto penso di aver fatto pochissimi errori».

Qualche errore tecnico

Indossa la maglia della EF Education. La sua vicenda contrattuale ve l’abbiamo già raccontata, per cui conclusa la stagione del cross, Agostinacchio tornerà nelle file della Biesse-Carrera in attesa di passare nel WorldTour dal 2027. E se le strette di mano possono non bastare, questo suo pedalare selvaggio e potente si trasformerà di certo nel miglior biglietto da visita.

«Ovviamente è la seconda gara – prosegue dalla sua maschera nera – quindi qualche errore di più a livello tecnico l’ho fatto. Infatti dovevo recuperare ogni volta dopo i pezzi di sabbia. Diciamo che giro dopo giro mi sono sentito sempre meglio, anche nei pezzi tecnici. Ho preso un po’ di confidenza e alla fine negli ultimi due giri, quando ho visto che mi stavo giocando la top 10, ho dato tutto. Sinceramente è incredibile ottenere la mia prima top 10 di Coppa in Italia, con il pubblico che mi gasava un botto».

Dopo Agostinacchio, per gli italiani si sono piazzati al 14° posto Ceolin e 16° il tricolore Bertolini (foto A. Di Donato)
Dopo Agostinacchio, per gli italiani si sono piazzati al 14° posto Ceolin e 16° il tricolore Bertolini (foto A. Di Donato)
Dopo Agostinacchio, per gli italiani si sono piazzati al 14° posto Ceolin e 16° il tricolore Bertolini (foto A. Di Donato)
Dopo Agostinacchio, per gli italiani si sono piazzati al 14° posto Ceolin e 16° il tricolore Bertolini (foto A. Di Donato)

La campagna del Belgio

A lui il percorso è piaciuto. E forse per un atleta ancora in cerca della miglior condizione il fatto che non ci fosse un grande dislivello è stato un fattore positivo. La gamba ora verrà e gli permetterà di affrontare i percorsi in arrivo con altra solidità. A partire da Namur la prossima settimana.

«Un percorso divertente – dice Agostinacchio – è un peccato che ci fossero quelle pozze d’acqua che hanno un po’ infangato il tutto, però è stato divertente. La prossima settimana sarò a Namur e poi c’è tutta la campagna di Natale in Belgio. Pontoni lo sento abbastanza spesso, è anche il mio CT del gravel, quindi siamo sempre in contatto. Diciamo che il bello potenzialmente sta per cominciare».

Un giorno indimenticabile

Fa per allontanarsi e dalla transenna gli passano una borraccia così bianca che rende la sua faccia nera ancora più nera. Poi un bambino gliela chiede e lui dice di sì. E quando fa per allontanarsi, i tifosi lo circondano e gli chiedono di fare un po’ di selfie. Vi aspettereste che dopo una gara così faticosa e di rincorsa sia poco lucido, invece è lui a valutare la situazione e dire al ragazzino: «Metti il grandangolo, così ci stiamo tutti».

La foto viene scattata e immortala una giornata indimenticabile per il grande dei fratelli Agostinacchio. Anche in sala stampa volano gli apprezzamenti. Ci chiedono se lo vedranno ancora al Nord, gli diamo appuntamento a Namur. A noi non resta che scrivere.