La Trevigiani di De Candido, vecchi sistemi per crescere bene

12.11.2025
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Se per un allenatore di calcio entrare a stagione in corso è sempre un impegno gravoso e complicato, figurarsi quando si parla di ciclismo, a maggior ragione di quello giovanile. Ma Rino De Candido (a sinistra nella foto d’apertura) a oltre 70 anni, ne ha viste di tutti i colori e non si spaventa certo per questo. L’ex cittì della nazionale juniores è stato chiamato in fretta e furia all’UC Trevigiani Energiapura Marchiol quando la frattura fra società e il diesse Rocchetti è diventata insanabile.

Il quartetto che ha preso parte al campionato italiano della cronosquadre, finendo 6° a 2'54" dalla #Technipes Emiliaromagna
Il quartetto che ha preso parte al campionato italiano della cronosquadre, finendo 6° a 2’54” dalla #Technipes Emiliaromagna
Il quartetto che ha preso parte al campionato italiano della cronosquadre, finendo 6° a 2'54" dalla #Technipes Emiliaromagna
Il quartetto che ha preso parte al campionato italiano della cronosquadre, finendo 6° a 2’54” dalla #Technipes Emiliaromagna

Il suo lavoro non poteva che essere parziale in questo 2025, chiuso con una doppia vittoria (i primi successi della stagione) grazie a Riccardo Perani che poi ha lasciato la squadra al pari di altri e su questo torneremo. Il bilancio di De Candido è comunque abbastanza positivo: «La Trevigiani è una delle società più vecchie d’Italia, ha una storia che rappresenta anche una responsabilità. Io non mi aspettavo questa opportunità – ricorda – un giorno è squillato il cellulare e dall’altra parte mi hanno chiesto se ero disponibile ad affrontare una situazione che era diventata difficile. “Tu saresti la persona giusta per riuscire a risolverla”, mi hanno detto e così d’improvviso mi sono ritrovato a lavorare per ricostruire un po’ il gruppo e ripartire. Proprio come l’allenatore di calcio, quando entra in una squadra a metà campionato crea sempre un po’ di scompenso, perché i corridori erano abituati diversamente».

Come ti sei posto di fronte a questo impegno?

Io voglio portare in società qualcosa di innovativo, che ha a che fare davvero con una società continental su tutti i punti di vista. il presidente mi ha dato l’incarico ed è favorevole a questa situazione e pertanto io mi sto muovendo in questa direzione.

Un momento della riunione d'inizio mese, prima presa di contatto per i tanti nuovi elementi della Trevigiani con De Candido e lo staff
Un momento della prima presa di contatto per i tanti nuovi elementi della Trevigiani con De Candido e lo staff
Un momento della riunione d'inizio mese, prima presa di contatto per i tanti nuovi elementi della Trevigiani con De Candido e lo staff
Un momento della prima presa di contatto per i tanti nuovi elementi della Trevigiani con De Candido e lo staff
Sono tutti ragazzi molto giovani, tra i 18 e i 22 anni. Tu che hai lavorato sempre con i giovani li trovi diversi rispetto a come erano un po’ di tempo fa?

Tantissimo, ma è cambiata tutta la mentalità a livello ciclistico di tutto l’ambiente. Oggi i ragazzini sanno tutto su tutto, partono con un bagaglio di informazioni che in passato non era neanche pensabile. Pertanto devi essere molto schietto con loro, veritiero, concreto nel dirgli le cose come stanno esattamente e come dovrebbero essere per fargli raggiungere gli obiettivi che loro vogliono. Viviamo con questa mentalità sfrenata di voler arrivare subito all’ambito professionistico, col paradosso che a 22 anni si sentono già vecchi, trascurati.

Un sistema che a te non è mai piaciuto molto…

Io dico sempre che le cose vanno un po’ ponderate, magari ci sono dei ragazzini che a 17-18 anni sono già fisicamente formati, ma mentalmente non sono ancora maturi per fare quel salto e sappiamo bene che bisogna saper tenere con la testa prima ancora che con le gambe… Certi non riescono a sopportare questi stress, queste situazioni lontani da casa. Io dico che ci vuole pazienza, magari un annetto o due ancora che facciano le cose con più passione e tranquillità e non buttarli dentro subito in un vortice che ti tritura e consuma.

Riccardo Perani e Roberto Fabbro, i due elementi che si sono messi più in luce nella stagione
A destra Riccardo Perani e Roberto Fabbro, i due elementi che si sono messi più in luce nella stagione
Riccardo Perani e Roberto Fabbro, i due elementi che si sono messi più in luce nella stagione
Riccardo Perani e Roberto Fabbro, i due elementi che si sono messi più in luce nella stagione
L’unica vittoria è arrivata proprio in extremis alla fine della stagione, con Perani che tra l’altro l’anno prossimo non ci sarà. E’ una stagione da giudicare negativamente o secondo te è anche normale, considerando anche che c’è stato un cambio in corso d’opera?

Io non la trovo del tutto negativa. Abbiamo fatto due vittorie con Perani, poi abbiam fatto sei secondi posti con Fabbro, un bel velocista giovane e questo mi rinfranca perché onestamente non avevo la squadra per riuscire a tirar le volate o fare altre cose di un certo livello. Dovevamo arrivare a fine anno e devo dire che verso la fine hanno cominciato a muoversi come team. Se guardiamo la Trevigiani di alcuni anni fa, capisco anch’io che sono mancate le vittorie, ma dobbiamo anche capire che io l’ho presa a metà anno e secondo me c’era qualche ragazzino che non aveva quelle potenzialità per poter ambire a un livello elevato.

Tu hai sempre lavorato con i giovanissimi, c’è tra questi ragazzi qualcuno che ha colpito la tua attenzione e ha delle potenzialità?

Del gruppo di quest’anno ne sono rimasti solo due: Cafueri che sta facendo ciclocross e Fabbro. Abbiamo già preso altri quattro bei ragazzini juniores che possono dare molto se gestiti con calma, anche perché hanno la scuola. I più grandi sono passati, ora c’è un livellamento abbastanza generale tra quelli che sono rimasti. Non c’è il Finn o l’Agostinacchio, ma credo che gestendoli in un modo corretto e giusto come intendo io riusciremo a  tirarne fuori qualcosa di buono a livello di risultati.

Samuele Massolin è uno dei tanti elementi della Trevigiani che non è stato confermato per il 2026
Samuele Massolin è uno dei tanti elementi della Trevigiani che non è stato confermato per il 2026
Samuele Massolin è uno dei tanti elementi della Trevigiani che non è stato confermato per il 2026
Con la riunione che avete fatto a inizio mese, inizia da lì il tuo vero lavoro?

Esattamente, abbiamo dei ragazzini che sono appena passati e poi altri corridori che ho preso da altre squadre. Voglio dare una mia impostazione a tutto quello che è la preparazione, che vengano coinvolti tutti in maniera molto forte, che ci sia un bel gruppo anche con lo staff, come chi curerà l’alimentazione. Poi avremo un mental coach per come riuscire a cogliere gli obiettivi e tutta una serie di tecnici.

Parlando con alcuni dei ragazzi che venivano dalla Trevigiani che hanno fatto la stagione quest’anno, dicevano che sono rimasti colpiti dal rapporto che avevano con te, estremamente professionale e meno amicale. Secondo te è il sistema giusto per introdurli verso il mondo del ciclismo di oggi?

Ma tu pensi che uno junior che va in un devo team venga trattato in maniera amichevole? Lì sono professionali al massimo, ti danno tutte le opportunità per emergere, ma hai due anni di tempo, se ci sei bene, altrimenti torni indietro. Non ci sono sconti e non credo che questo sia un sistema “amichevole”. Io presumevo che con ragazzi di 21-23 anni ci fosse più professionalità, invece ho visto che qualcosa non andava. Se ambiscono a passare professionisti, serve quella professionalità giusta per farlo. Mi auguro che cambiando squadra ci riescano, ma ci vuole un’altra mentalità sicuramente.

Cronoscalata dell'Uva, Palù di Giovo 2025, Andrea Cobalchini (photors.it)

Cobalchini (figlio d’arte), i passi giusti per arrivare in cima

12.11.2025
6 min
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E’ notizia di questi giorni il passaggio di Andrea Cobalchini dalla Gottardo Giochi Caneva alla General Store. Di lui ci aveva parlato Ivan Ravaioli, raccontando il viaggio della sua squadra alla Philippe Gilbert Juniors. In quel momento sembrava che il giovane veneto classe 2007 dovesse approdare direttamente alla MBH Ballan. Ma le cose in questa fase dell’anno cambiano come le nuvole quando c’è vento. Nel team di Valoti e Bevilacqua sono arrivati Buratti e Zoccarato, l’UCI ha cambiato i regolamenti per i pro’ U23 e così l’approdo nella continental veronese è parso il passo giusto (in apertura la vittoria nella cronoscalata di Palù di Giovo a fine settembre / photors.it).

Leggere il suo nome ha acceso un ricordo di tanti anni fa, di quando un altro Cobalchini – suo padre Carlo – era uno dei dilettanti più in evidenza. Un podio nella cronosquadre ai mondiali militari, una ventina di vittorie. Incrociò le ruote con giovani talentuosi come Simoni, di cui fu compagno di squadra ed è ancora amico, Pantani e quelli che nei primi anni Novanta si giocavano i traguardi migliori. Poi decise con coraggio di scendere da quel treno che andava troppo forte. Smise circa dieci anni prima che nascesse suo figlio e tutti i cimeli – le bici, i caschi, gli album fotografici e i nastri VHS – li lasciò nella casa di famiglia. Fu andando da suo nonno infatti, che Andrea iniziò a incuriosirsi vedendo quel materiale nel garage.

Andrea Cobalchini, Gottardo Giochi Caneva 2025
Andrea Cobalchini, classe 2007 – 60 chili per 178 – ha corso con la Gottardo Giochi Caneva
Andrea Cobalchini, Gottardo Giochi Caneva 2025
Andrea Cobalchini, classe 2007 – 60 chili per 178 – ha corso con la Gottardo Giochi Caneva

Testa a testa con Rosato

Dopo un ottimo 2025 con tre vittorie e sei podi, il ragazzo ha ricominciato ad allenarsi da poco, ma in modo ancora blando. Quest’anno oltre alla prima stagione da U23 lo aspetta la maturità in un Istituto Tecnico Economico con indirizzo internazionale, per cui studia economia aziendale più tre lingue: spagnolo, tedesco e inglese. Dice sorridendo che in certe materie fa più fatica che in altre e che di base preferisce pedalare. A volte lo fa anche con suo padre, che un paio di uscite a settimana se le concede ancora. Ricorda che la prima volta che riuscì a batterlo fu da giovanissimo, quando lo precedette in volata. Poi si ferma, ci pensa, sorride e conclude che probabilmente Carlo lo lasciò vincere.

«Sono molto contento della stagione che ho fatto – dice – soprattutto della mia crescita. Anno dopo anno sono riuscito a migliorare e a raggiungere un livello molto alto. Sono quasi più contento delle prestazioni che dei risultati. Ho fatto anche tanti secondi posti dopo aver dettato il ritmo in salita. Poi purtroppo, non essendo abbastanza veloce, sono stato battuto. Me la sono giocata spesso con Rosato, un cliente parecchio scomodo. Negli anni scorsi non riuscivo proprio a stargli a ruota, quest’anno sono riuscito anche a batterlo. Sono contento di essere riuscito ad arrivare al suo livello. Ora per fare la differenza devo cercare di crescere ancora un po’ in salita. Siamo amici, è una bella rivalità, ma la vedo dura di poterlo battere in volata, perché ancora sono abbastanza fermo».

Impegno, disciplina e poca pressione

Basta uno sguardo per rendersi conto che il suo fisico ha ancora tanto da sviluppare e di conseguenza i margini potrebbero essere notevoli. Sessanta chili per 178 centimetri, le vittorie e i risultati migliori sono venuti negli arrivi in salita più impegnativi. Sul Monte Grappa, come pure a Sestriere e a Monte Campione. Quel giorno gli è caduta la catena a inizio salita e ha perso parecchio tempo per rimetterla a posto. La rimonta è stata potentissima, ma alla fine gli sono sfuggiti soltanto Rosato e Proietti, che ha vinto.

«Visto come si allenano e come sono seguiti tanti miei coetanei – ragiona – penso di avere ancora margini. Ho iniziato da G1 e sin dagli esordienti ero un po’ indietro come maturazione fisica. I miei hanno voluto che facessi sport perché da ragazzino ero un po’ sovrappeso e avevo bisogno di fare attività. Ancora adesso mi manca una fisicità da uomo fatto, per questo con il mio vecchio preparatore Dario Giovine abbiamo sempre lavorato in prospettiva futura, anche se ormai devi dimostrare tutto il tuo valore da junior, altrimenti fai fatica a trovare una squadra per continuare a correre in bici. Io ho sempre cercato di viverla con passione, con impegno, con costanza e disciplina, dandomi però gli spazi giusti. Perché magari dai il meglio da junior e più avanti ti perdi».

Collegno-Sestriere 2025, 104,5 chilometri, Andrea Cobalchini, Gottardo Giochi Caneva
A Sestriere il 24 agosto una delle vittorie più belle di Cobalchini
Collegno-Sestriere 2025, 104,5 chilometri, Andrea Cobalchini, Gottardo Giochi Caneva
A Sestriere il 24 agosto una delle vittorie più belle di Cobalchini

La famiglia di Caneva

A Caneva c’è arrivato nel 2025, dopo aver fatto il primo anno nel Team Tiepolo di Udine. E probabilmente l’incontro con Ivan Ravaioli è stato decisivo per il salto di qualità.

«Ivan è stato un riferimento – dice – perché sa tenere tutto a bada. Se c’erano dei problemi, delle insicurezze o anche dei punti su cui magari avevamo idee diverse, anche solo per le gare da fare, cercava sempre di darmi la sua motivazione. Però ascoltava anche quello che gli dicevo e alla fine ha sempre cercato di venirmi incontro. Mi ha dato sempre una grande mano anche su cose banali, come vestirmi per la gara, cosa mangiare. Era sempre pronto ad aiutarmi, è stato veramente un gran direttore sportivo. Abbiamo creato una bella famiglia, tra tutti i compagni non ci sono mai stati momenti di conflitto, è stato un bell’anno».

Andrea Cobalchini, Gottardo Giochi Caneva 2025 (foto Bolgan)
Il posizionamento in sella è una delle differenze più evidente fra il ciclismo di Andrea e quello di Carlo Cobalchini (foto Bolgan)
Andrea Cobalchini, Gottardo Giochi Caneva 2025 (foto Bolgan)
Il posizionamento in sella è una delle differenze più evidente fra il ciclismo di Andrea e quello di Carlo Cobalchini (foto Bolgan)

I consigli di papà Carlo

Che cosa significa avere un padre corridore, sia pure di un’epoca lontana e soprattutto tanto diversa? Di cosa parlano quando ragionano di ciclismo? E quali consigli ha dato Carlo Cobalchini a questo figlio così promettente?

«Nel nostro scoprire entrambi come si sta evolvendo il ciclismo – racconta – mio padre cerca di aggiornarsi, però racconta spesso come funzionava nei suoi anni. I dilettanti di prima e seconda serie, il servizio militare. E poi mi racconta che al tempo dovevi fare almeno 3-4 anni da dilettante prima di passare professionista, mentre qua se non passi subito, sei già da buttare. Ogni tanto mi fa notare come sia cambiato il ciclismo, sotto tutti i punti di vista. Mi parla spesso delle gare o anche semplicemente delle bici, di come venivano messi in sella: un’altra cosa che adesso è cambiata molto. Ha cercato di farmi vivere il ciclismo come se non fosse l’unica soluzione, anche se mi ha sempre appoggiato perché sa che è la strada che voglio provare a intraprendere. Mi è stato vicino con i fatti più che con le parole, dandomi tutti i mezzi possibili per riuscire a emergere. E’ sempre stato un mio sostenitore».

La General Store gli è piaciuta al primo sguardo. Finora ha avuto a che fare con il team manager Beghini, con il diesse Calosso e con il nuovo preparatore che gli ha dato le basi per ripartire. Ha notato la grande organizzazione e preso nota dei prossimi appuntamenti. Nel weekend sarà in ritiro con la squadra per un team building, in cui avrà modo di conoscere tutto il resto dello staff. A dicembre andranno in ritiro a Benidorm. E’ un altro passo verso il grande gruppo, con la sensazione che in futuro sentiremo parlare di lui.

Tour Femmes, Elisa Longo Borghini

Tour Femmes, Elisa: «La generale? Tutto in tre tappe»

12.11.2025
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E’ passato qualche giorno ed è già tempo di tornare a parlare di Tour de France Femmes e lo facciamo con una delle protagoniste più attese. Di certo la più attesa dagli italiani: Elisa Longo Borghini. Il percorso, lo ricordiamo, va da Losanna a Nizza: nove tappe molto interessanti, su tutte quella del Mont Ventoux.

Dopo il classico periodo di stop invernale, la portacolori della UAE-ADQ ci racconta di aver ripreso gli allenamenti. La corsa al 2026 è dunque partita. E in questa corsa speriamo, e lo spera Elisa stessa, che ci sia anche il Tour Femmes per lei.

Una montagna davvero suggestiva il Ventoux. Visto l’appeal del Tour Femmes ci sarà di nuovo tanta gente a bordo strada
Una montagna davvero suggestiva il Ventoux. Visto l’appeal del Tour Femmes ci sarà di nuovo tanta gente a bordo strada
Elisa, che te ne sembra in generale di questo Tour Femmes?

Sembra un percorso duro, perché non si può dire che sia semplice, ma a differenza di quello dell’anno scorso, sembra più aperto. O meglio, ci sono molte tappe aperte a più ragazze, più da fughe, da attaccanti a caccia di tappe. Tuttavia, non ci sono salite molto lunghe fino al Ventoux. C’è solo una salita vera in avvio, nella seconda tappa: il Col de la Faucille, 11 chilometri al 6,3 per cento. Però è all’inizio di tappa, prima di entrare in Francia.

Avevamo fatto un articolo sul Tour Femmes con Giada Borgato e si diceva: ok il Mont Ventoux, però effettivamente c’è spazio per attaccare. E’ una Grande Boucle in cui forse la squadra conta tantissimo. E’ così anche per te?

Sì, se qualcuno vuole tentare le famose imboscate o comunque un attacco da lontano, ci può stare. In generale, secondo me, può arrivare qualche fuga. Fughe che possono incidere sulla classifica? Credo che l’ago della bilancia sarà il Mont Ventoux. Ma per il resto il percorso è molto nervoso, un su e giù continuo. La squadra ormai conta sempre. E per me non sono frazioni per fughe da atlete di classifica. Puoi anche perdere qualche secondo, ma credo che le tre tappe cruciali siano: la cronometro, la tappa del Ventoux e l’ultima. E’ lì che si deciderà tutto.

E quanto inciderà questo Ventoux? Cosa ne sai?

Non molto, a dire il vero. L’ho sempre visto in televisione. E’ chiaramente una salita mitica che secondo me scolpirà la classifica generale dopo la cronometro e lo farà in modo quasi definitivo. Il Ventoux arriva dopo la crono e una tappa lunga. La fatica inizierà a sentirsi. Sarà una salita lunghissima, un’ora di scalata circa.

Paolo Slongo, il tuo coach, sarà già al lavoro!

Ah, non lo so: quando stacchiamo, stacchiamo! Di certo questa è una di quelle tappe che vai a vedere. Una ricognizione, quasi sicuramente, si farà.

E Nizza? Anche quella è tosta.

E’ l’ultima tappa, Nizza-Nizza. Poi uno dice: ok, sono solo 99 chilometri, ma è un continuo sali e scendi sul Col d’Eze. Tuttavia non la vedo come una tappa utile per le primissime posizioni, ma più per definire la top 10.

Della cronometro di Digione invece cosa ci dici?

E’ abbastanza lunga, con i suoi 21 chilometri e una salitella nel mezzo. Mi ricorda molto la crono del Tour Femmes 2023, che poi era la stessa del Tour maschile del 2019. Per me è una prova per specialiste, che potranno trarne un bel vantaggio.

Vista questa crono e il miglioramento che ha mostrato in salita, potrebbe essere il tracciato giusto per Marlen Reusser?

Sicuramente Reusser ha dimostrato di essere forte nelle corse a tappe quest’anno. A Burgos, alla Vuelta, al Giro: è sempre stata tra le favorite. Certamente è un Tour Femmes che ben si adatta alle sue caratteristiche, ma come dicevo prima lo è proprio perché è aperto a diversi tipi di atlete.

Il podio di Oropa e dell’ultimo Giro Women: Longo Borghini davanti a Reusser. Sarà sfida anche al Tour Femmes?
Il podio di Oropa e dell’ultimo Giro Women: Longo Borghini davanti a Reusser. Sarà sfida anche al Tour Femmes?
Quindi quali sono le favorite?

Direi i soliti nomi. Demi Vollering, occhio a Anna van der Breggen e alla stessa Pauline Ferrand-Prevot. Magari ci sono meno salite per lei, che è più scalatrice, ma ha dimostrato che quando si mette in testa un obiettivo lo raggiunge quasi sempre.

C’è qualche zona del percorso che conosci meglio?

Direi la parte svizzera. Primo perché non è poi così lontana da casa mia, e secondo perché sono le strade del Romandia. Sono strade belle, ampie, tutto sommato non difficilissime. Anche se poi, andando a vedere bene, la prima tappa è data come “flat”, piatta, ma nel finale c’è uno strappo di 2,5 chilometri. Mi sembra perfetta per Lotte Kopecky.

E questo arrivo potrebbe già far male? Potrebbe esserci qualche sorpresa proprio perché all’inizio?

Potrebbe, ma sarebbe comunque una questione di secondi. Può anche succedere che qualcuna arrivi un po’ troppo fresca, vada fuorigiri nei primi cavalcavia e paghi nel finale. Ma insomma… siamo nel WorldTour e ormai certe cose non succedono più.

Ultima domanda, Elisa: c’è qualche tappa che ti piace di più?

Guardate, non fatemi dire niente sul Tour Femmes riguardo a me. Non mi pongo e non mi ponete obiettivi, classifica generale, tappe, ambizioni varie. Per come mi è andata sin qui questa corsa, la mia corsa stregata, voglio solo finirlo.

Gemelli Bessega, Biesse Carrera Premac 2025

I gemelli Bessega un anno dopo: ora pro’ con Basso e Zanatta

12.11.2025
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Al momento Stefano Zanatta ha già a che fare con dei giovani, ma questa volta nel ruolo di nonno. Gli impegni ciclistici non finiscono mai, tuttavia al momento basta un computer per iniziare a pensare ai prossimi impegni. Si partirà con il classico ritiro di dicembre, anche se l’hotel di Oliva, in Spagna, che solitamente ospitava i corridori della Polti VisitMalta quest’anno è stato prenotato da altri team. 

«Ivan Basso e Alberto Contador stanno cercando la soluzione alternativa – dice Zanatta – di certo non mancano le strutture in Spagna, quindi troveremo sicuramente qualcosa che fa al caso nostro. Per il resto la formazione per il 2026 è pronta, siamo pronti a partire. Rispetto alla stagione appena conclusa avremo quattro atleti in più, ci sarebbe stata la possibilità di prenderne altri ma dobbiamo fare i conti con calendari e inviti».

Calendari e regole

Il roster della Polti VisitMalta per la stagione che verrà è al completo e la cosa che risalta all’occhio è la presenza di tanti giovani che potrebbero ancora rientrare nella categoria under 23. 

«Sarebbero sei in totale – continua il diesse trevigiano – e per un momento abbiamo anche pensato di fare attività under 23 con loro, ma con la nuova regola UCI non sarà possibile. Per fortuna il calendario italiano vede qualche nuova corsa in più indetta dalla Lega Ciclismo Professionistico. Questo per squadre come la nostra è un bell’aiuto nel fare attività e nel programmarla, anche perché c’è l’accordo che le squadre iscritte alla Lega potranno correre tutti gli appuntamenti. Per il resto aspettiamo le solite wild card di RCS, con la speranza di avere risposte in tempi più brevi rispetto allo scorso anno».

Gabriele Bessega insieme a Marco Milesi, Biesse Carrera 2025
Nel 2025 Gabriele Bessega ha vinto diverse corse, qui alla Milano-Busseto (Photors.it)
Gabriele Bessega insieme a Marco Milesi, Biesse Carrera 2025
Nel 2025 Gabriele Bessega ha vinto diverse corse, qui alla Milano-Busseto (Photors.it)
Tra questi sei giovani ci sono i gemelli Bessega: Tommaso e Gabriele…

Li seguiamo da quando erano al secondo anno juniores ed erano entrati nell’orbita della Fundacion Contador (il team U23 dov’è cresciuto anche Piganzoli, chiuso lo scorso anno, ndr). Ricordo di averli conosciuti al primo ritiro a Oliva tra fine 2022 e inizio 2023, mi hanno subito colpito per il fisico e le potenzialità dimostrate. Si sono dimostrati fin da subito anche due ragazzi di carattere, non avevano paura di nulla.

Con voi hanno fatto un percorso di due anni da under 23, com’è andato?

Tommaso ha dimostrato di essere un corridore in grado di esprimere grande potenza, per me potrebbe diventare un buon velocista. Gabriele allo stesso modo ha ottime doti di forza ma è più scalatore. Di sicuro sono due corridori che non si risparmiano in gara, hanno tanta ambizione e una grande determinazione. 

Gabriele Bessega, Biesse Carrera 2025
Gabriele Bessega, qui in azione, ha mostrato di avere doti più da scalatore
Gabriele Bessega, Biesse Carrera 2025
Gabriele Bessega, qui in azione, ha mostrato di avere doti più da scalatore
Il loro cammino con voi si è interrotto per una stagione, visto che nel 2025 hanno corso in Biesse Carrera Premac…

Vero e credo che l’anno in più da under 23 abbia fatto bene a entrambi. Si sono messi alla prova in gare con i professionisti e allo stesso modo hanno avuto la possibilità di correre per vincere, aspetto non secondario. A mio avviso sarebbero stati pronti per passare pro’ anche a fine 2024 ma l’attesa ha dato modo di vederli maturare ulteriormente.

Sotto quali aspetti?

La gestione della corsa. Poi hanno avuto modo di formarsi ancora per quanto riguarda le loro potenzialità. Insomma, sfruttare le occasioni. In questo 2025 hanno corso creandosi le chance di vittoria e non correndo con attendismo

Tommaso Bessega, Biesse Carrera 2025 (foto Camilla Santaromita Villa)
Secondo Zanatta Tommaso Bessega ha doti da velocista (foto Camilla Santaromita Villa)
Tommaso Bessega, Biesse Carrera 2025 (foto Camilla Santaromita Villa)
Secondo Zanatta Tommaso Bessega ha doti da velocista (foto Camilla Santaromita Villa)
Vincere aiuta a vincere…

Certamente, per un giovane il passaggio prematuro può essere un’arma a doppio taglio. Se si perde l’abitudine a lottare e cercare la vittoria poi è difficile riallacciare il filo. Vero che il ciclismo moderno offre tante occasioni con calendari sempre più ricchi, ma serve continuità. Non basta farlo una volta all’anno. 

Si sono avvicinati ancora di più al mondo dei professionisti?

Hanno fatto vedere di poter fare un passo ulteriore, tocca a loro andare dal 99 per cento al 100 per cento. A ventuno anni corri inseguendo i sogni, ed è giusto che sia così. Quando passi professionista diventa un lavoro e ci sono da fare dei passaggi piccoli ma determinanti. Servono metodo, disciplina e attenzione ai dettagli. I gemelli Bessega sono ragazzi intelligenti, sanno cosa fare (i due sono insieme nella foto Instagram di apertura, ndr).

Gemelli Bessega, Biesse Carrera Premac 2025
Gemelli Bessega hanno un legame forte ma allo stesso tempo amano sfidarsi e migliorarsi a vicenda (foto Rodella)
Gemelli Bessega, Biesse Carrera Premac 2025
Gemelli Bessega hanno un legame forte ma allo stesso tempo amano sfidarsi e migliorarsi a vicenda (foto Rodella)
E’ il momento anche di smetterla di essere “i gemelli Bessega” e diventare Gabriele e Tommaso?

Ora serve capire che strada possono intraprendere singolarmente. Le differenze tecniche ci sono e le abbiamo già intraviste, anche loro se ne sono resi conto. Entrambi sanno anche che non potranno più correre insieme tutte le volte.

Tour de France 2025, Parigi, Montmartre, Wout Van Aert attacca, alle spalle c'è Tadej Pogacar

Parigi riapre ai velocisti? Bennati, Montmartre e la volata

11.11.2025
4 min
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«Se parliamo di Jonathan Milan – dice Bennati sicuro – secondo me c’è tutto il tempo per riorganizzare un inseguimento. Sicuramente qualcuno a Montmartre attaccherà, qualcuno farà anche la differenza. Il Van Der Poel della situazione, Van Aert (in apertura il suo forcing del 2025, ndr), Pogacar, Evenepoel, questi corridori qua. Però secondo me c’è il terreno per recuperare e per pensare a fare la volata. O comunque impostare la tappa per arrivare in volata».

C’è poco da fare: l’inserimento di Montmartre nel finale della tappa dei Campi Elisi fa storcere il naso ai velocisti, privati della ciliegina sulla torta dopo tre settimane sulle montagne del Tour. Quest’anno poi, le tre tappe precedenti hanno l’arrivo in salita in un crescendo rossiniano che sarebbe insopportabile senza la prospettiva di un’ultima chance. Forse per questo i tracciatori della Grande Boucle hanno rimescolato le carte del mazzo: Montmartre si farà, ma a 15 chilometri dal traguardo. Ben altra cosa rispetto ai tre passaggi del 2025, l’ultima a 6 chilometri dall’arrivo.

«E’ chiaro che dopo tre settimane – prosegue Bennati – le energie sono quelle che sono. Però in condizioni di asciutto sicuramente i velocisti possono pensare di giocarsi la volata».

Tour de France 2007, Parigi, Campi Elisi, podio, Daniele Bennati
Bennati ha vinto la tappa di Parigi al Tour del 2007, battendo in volata Hushovd e Zabel
Tour de France 2007, Parigi, Campi Elisi, podio, Daniele Bennati
Bennati ha vinto la tappa di Parigi al Tour del 2007, battendo in volata Hushovd e Zabel

Parigi 2025, fu vero spettacolo?

La precisazione sulla strada asciutta vale certamente un passaggio in più. L’anno scorso lo spettacolo fu incandescente, ma la neutralizzazione dei tempi nel circuito finale svilì parecchio la corsa alle spalle dei primi. Alla fine vinse Van Aert, che aggiunse i Campi Elisi all’iconica tappa delle strade bianche di Siena al Giro.

«Io non penso che pioverà anche l’anno prossimo – precisa Bennati – però questo non lo possiamo sapere. La strada bagnata da un certo punto di vista penalizza lo spettacolo, perché lo scorso anno alla prima accelerazione rimasero in sei e non fu bello per la tappa di chiusura in un palcoscenico così bello. Devo dire che da velocista, non è stato bello vedere i corridori da tutte le parti e gruppetti che si rilassavano per arrivare al traguardo. Obiettivamente se dovesse essere nuovamente così, preferirei il circuito classico. Non perché ero velocista e ho vinto su quell’arrivo, ma perché secondo me rendeva l’ultima tappa molto più adrenalinica».

Bastò un’accelerazione perché lo scorso anno a Parigi rimanessero in sei: dietro la tappa fu neutralizzata
Bastò un’accelerazione perché lo scorso anno a Parigi rimanessero in sei: dietro la tappa fu neutralizzata

Da zero a 100 in un attimo

L’ultima tappa del prossimo Tour misura 130 chilometri, che si porteranno a termine senza un dislivello di rilievo, fatta salva la salita di Montmartre. Ciò significa che i corridori, soprattutto i velocisti, avranno nelle gambe i circa 54.450 metri di dislivello delle tre settimane precedenti. Questo significa che l’ultima tappa piatta sarà una passeggiata di salute? No, sarà esattamente il contrario.

«La salita in sé non è durissima – annuisce Bennati – se la paragoni a qualsiasi muro del Fiandre è molto più leggera. Anche il pavé è abbastanza sconnesso, ma non troppo, quindi è abbastanza leggero. Però arrivi con tre settimane nelle gambe, per cui se il Pogacar della situazione vuole vincere l’ultima tappa, per i velocisti si fa comunque dura. Quelli di classifica hanno doti superiori di recupero rispetto a un velocista, quindi potenzialmente sono avvantaggiati.

«Tornando al discorso della tappa breve, per esperienza personale l’ultima tappa del Tour, del Giro o della Vuelta non è mai una passeggiata. Vieni da tre settimane molto impegnative e nei primi chilometri ci sono i festeggiamenti e un’andatura super blanda. Di conseguenza il ricordo che è sempre stato quello di una fatica tremenda quando si inizia ad accelerare sul circuito. Su un percorso del genere, sono sempre avvantaggiati corridori come Van Aert e Van Der Poel, anche se non sono scalatori. Perché il velocista ha provato a fare le volate e magari ha lottato per la maglia verde, quindi ha speso più di loro. Quindi per assurdo una tappa così corta potrebbe trasformare quella salitella in un bel problema. I velocisti dovranno mettere davanti tutti i compagni rimasti».

L’ultima tappa del Tour inizia con brindisi e saluti, ma questa volta Milan avrà la chance di giocarsi la volata
L’ultima tappa del Tour inizia con brindisi e saluti, ma questa volta Milan avrà la chance di giocarsi la volata

I velocisti ringalluzziti

Il senso però è che questa volta i velocisti potrebbero avere lo spazio per ricucire e giocarsi la volata. Magari non tutti, perché non tutti avranno le gambe per reggere quel tipo di accelerazione e il successivo inseguimento.

«Il Bennati che vinse a Parigi – dice il toscano, ricordando – negli ultimi giorni stava meglio rispetto alla maggior parte dei velocisti, perché probabilmente aveva un recupero migliore. C’è da capire se, correndo oggi, avrei messo davanti la squadra per fare Montmartre al mio ritmo, perché probabilmente il peso della corsa se lo prenderebbe Pogacar, soprattutto se vuole attaccare e provare a vincere. Magari per uno come lui 15 chilometri non sono una gran cosa, ma questo sarà un altro bel motivo per aspettare la corsa con grande curiosità».

Il bilancio di Pontoni e l’equilibrio con i devo team

Il bilancio di Pontoni e l’equilibrio con i devo team

11.11.2025
5 min
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In sede di presentazione degli europei di Middelkerke, il cittì Daniele Pontoni non aveva nascosto le sue ambizioni, parlando di almeno 4 carte da podio in altrettante categorie. Le sue previsioni si sono rivelate esatte. 4 medaglie in tre prove con il rammarico del quarto posto della Casasola scaturito da una caduta, ma con due ori che portano l’Italia al secondo posto nel medagliere.

Grigolini al traguardo. Il titolo europeo arriva dopo il bronzo mondiale d'inizio febbraio
Grigolini al traguardo. Il titolo europeo arriva dopo il bronzo mondiale d’inizio febbraio
Grigolini al traguardo. Il titolo europeo arriva dopo il bronzo mondiale d'inizio febbraio
Grigolini al traguardo. Il titolo europeo arriva dopo il bronzo mondiale d’inizio febbraio

Il Re Mida dell’offroad italiano

Pontoni sta diventando un po’ come il Re Mida dell’offroad italiano, seguendo le orme di Villa su pista. Come il suo collega non è solito esaltarsi di fronte alle vittorie come anche abbattersi nei momenti difficili, ma è chiaro che il bottino di Middelkerke rappresenta per certi versi uno spartiacque per il movimento nazionale del ciclocross che aveva preso nelle sue mani con ben poche certezze e un livello internazionale molto inferiore.

«La gara di un giorno poi vive su tanti fattori, in principal modo serve sempre la fortuna – afferma Pontoni al suo rientro in Italia – Dispiace per Sara, però le gare vanno così. Usciamo consapevoli che adesso ci guardano tutti in un’altra maniera. Abbiamo alzato il nostro livello, i nostri atleti hanno preso tanta consapevolezza con risultati importanti che ci fanno guardare al proseguo della stagione con le prove di Coppa del mondo, ma soprattutto adesso il nostro obiettivo saranno i mondiali. In Coppa ci saranno delle rotazioni tra gli atleti che aspirano a buoni risultati, questo ed il prossimo anno perché voglio vedere tanti atleti fare esperienza a questi livelli».

Grigolini e Pezzo Rosola, autori di una straordinaria doppietta fra gli juniores
Grigolini e Pezzo Rosola, autori di una straordinaria doppietta fra gli juniores che ha esaltato Pontoni
Grigolini e Pezzo Rosola, autori di una straordinaria doppietta fra gli juniores
Grigolini e Pezzo Rosola, autori di una straordinaria doppietta fra gli juniores che ha esaltato Pontoni
Quando avevi iniziato il lavoro avevi detto che per i giovani c’era un po’ da ispirarsi all’esempio francese. Adesso però è il tuo l’esempio che è d’ispirazione anche per gli altri Paesi…

All’inizio avevo bisogno innanzitutto di conoscere l’ambiente, di capire come le società e gli atleti agivano e si poteva trovare un equilibrio anche con il mio gruppo di lavoro. Ritengo di avere uno staff fondamentale durante le fasi di preparazione, la programmazione di tutto l’anno, la valutazione degli atleti con il team performance. E’ tutto un qualcosa in più che ci ha portato ad ottenere anche questi risultati.

Agostinacchio diceva che adesso lo aspetta il primo ritiro con la sua squadra, col suo devo team e lo stesso toccherà a Grigolini. Quanto è importante aver trovato un giusto equilibrio per i ragazzi anche con i loro team di appartenenza del WorldTour?

E’ un passaggio fondamentale – sentenzia Pontoni – Devi trovare un giusto compromesso anche con loro. Adesso Mattia andrà a farsi il primo ritiro e non farà la prima prova di Coppa. Questo l’abbiamo concordato assieme anche dopo il risultato di sabato, quindi è giusto che lui segua anche le indicazioni del team. Noi lo avremo per tutte le altre 5 prove e poi per il mondiale, quindi è giusto trovare anche dei compromessi programmando assieme. Questo, soprattutto sull’onda lunga, è importante.

Dopo il titolo europeo, Agostinacchio ora andrà al ritiro con la EF Education EasyPost, saltando la prima di Coppa
Dopo il titolo europeo, Agostinacchio ora andrà al ritiro con la EF Education EasyPost, saltando la prima di Coppa
Dopo il titolo europeo, Agostinacchio ora andrà al ritiro con la EF Education EasyPost, saltando la prima di Coppa
Dopo il titolo europeo, Agostinacchio ora andrà al ritiro con la EF Education EasyPost, saltando la prima di Coppa
C’è concorrenza tra i ragazzi, ad esempio tra Agostinacchio che ha vinto il titolo e Viezzi che ha chiuso dodicesimo? come vivono questo rapporto, questa concorrenza interna nelle varie categorie?

Io direi una sana concorrenza che deve esserci, dove però ognuno si mette a disposizione dell’altro e in questo weekend ne abbiamo avuto la dimostrazione totale. Tutti si sono messi a disposizione di tutti e tutti i team hanno lavorato per tutti. L’obiettivo è comune e può portare anche a sorprese non pronosticate, come il bronzo di Nicole Azzetti che alza ancora il nostro livello nella categoria juniores aggiungendo un’altra freccia a Pellizotti e Bianchi, ora c’è anche lei che può competere ad alto livello. Come son sicuro che arriveranno a breve altri juniores che metteranno in difficoltà anche i due atleti di punta  che hanno alle spalle già un anno di esperienza, con Grigolini campione e Pezzo Rosola che ha fatto una super gara nelle condizioni in cui si è trovato, ha preso l’argento, ma un argento che vale un altro oro.

Le juniores al lavoro. A livello giovanile il bilancio azzurro è il migliore della rassegna continentale
Le juniores al lavoro. A livello giovanile il bilancio azzurro è il migliore della rassegna continentale
Le juniores al lavoro. A livello giovanile il bilancio azzurro è il migliore della rassegna continentale
Le juniores al lavoro. A livello giovanile il bilancio azzurro è il migliore della rassegna continentale
Era la stessa competitività che c’era tra te e Luca Bramati?

Erano altri tempi. Questi ragazzi sono ancora alle fasi iniziali, si divertono. La cosa importante è che tutti si son messi a disposizione della nazionale a 360°. Il plauso mio va a tutti i ragazzi, ma tutti, dal primo all’ultimo, per quello che hanno fatto in questi giorni e soprattutto per come si sono comportati, perché quella è la cosa per cui vado più orgoglioso, il nostro comportamento, il nostro decoro, la nostra educazione e il nostro modo di essere. Sai cos’è la differenza più grande rispetto a prima?

Quale?

Quando siamo arrivati in questo ambiente, fuori dalla nostra area c’era qualche fotografo e nulla più. Nel weekend c’era il pienone, eravamo completamente circondati dal pubblico e dalla gente e questo sicuramente fa molto piacere per i ragazzi, ma soprattutto per noi e per il nostro movimento.

Tanta gente intorno al box azzurro, a conferma del completo rilancio d'immagine della nostra nazionale
Tanta gente intorno al box azzurro, a conferma del completo rilancio d’immagine della nostra nazionale
Tanta gente intorno al box azzurro, a conferma del completo rilancio d'immagine della nostra nazionale
Tanta gente intorno al box azzurro, a conferma del completo rilancio d’immagine della nostra nazionale
Quando vedremo questo stesso livello anche fra gli elite?

Tre cose secondo me saranno fondamentali perché ciò avvenga. La prima è la crescita naturale dei ragazzi. La seconda è mantenere con i team un rapporto che permetta a loro di continuare questa specialità, e perché ciò avvenga sarà fondamentale dal 2027 l’introduzione dei punti UCI anche in questa specialità come anche in tutte le altre. La terza la sapremo fra qualche mese, se questo sport avrà l’ufficialità di diventare olimpico. A quel punto anche per noi diventerà più facile mantenere i Viezzi, gli Agostinacchio, i Pezzo e i Grigolini. E non è detto che si avvicini qualcun altro di quelli che “abbiamo perso”, mi riferisco ai Paletti di turno. Adesso a livello elite lo sappiamo, siamo in difficoltà, ma credo che alla fine di questo quadriennio non saremo più molto lontani dal vertice.

Alari: il pensiero di smettere e il rilancio in Padovani

11.11.2025
5 min
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Samuele Alari è ripartito ieri, con una prima sessione di palestra seguita da una pedalata sui rulli. Test e una sgambata per iniziare a lavorare in vista della terza stagione da Under 23, che lo vedrà correre in  maglia SC Padovani Polo Cherry Bank. La sua esperienza con il devo team della Tudor Pro Cycling si è conclusa senza tanti rumori, una stretta di mano e ognuno per la sua strada. Il corridore bergamasco è tornato in Italia a correre, scegliendo una realtà in evoluzione e capace di raccogliere ottimi consensi già al suo primo anno nella categoria. 

«Oggi (ieri per chi legge, ndr) ho fatto dei test massimali in palestra – racconta Alari – per capire come programmare i lavori di forza. Una volta terminati sono salito sui rulli per una sgambata, tra tutto è stata una prima sessione di lavoro della durata di due ore e trenta minuti. E’ un tipo di lavoro che ho già fatto in passato, dopo la palestra si sale in bici per assimilare i lavori di forza fatti. Siccome deve essere una cosa abbastanza immediata ho preferito fare spinning per non perdere troppo tempo».

Samuele Alari, Tudor Pro Cycling Development
Alari ha corso i primi due anni da under 23 con la Tudor Pro Cycling Development
Samuele Alari, Tudor Pro Cycling Development
Alari ha corso i primi due anni da under 23 con la Tudor Pro Cycling Development

La voglia di riprendere

L’entusiasmo nel tono di Alari lo si percepisce, la voce è allegra, sintomo che le vacanze hanno fatto il loro effetto ed era arrivato il momento giusto per ripartire in vista del 2026. 

«Mi sono riposato bene – racconta ancora Samuele Alari – insieme al mio preparatore abbiamo deciso di fare due settimane di stacco. Sono andato prima in Sicilia con la mia fidanzata e poi a Londra con gli amici, siamo tornati domenica e da ieri mi sono rimesso al lavoro. Devo dire che mi mancava fare attività, allenarmi. Nel 2026 voglio riscattarmi dopo due anni in sordina, lo devo a me stesso e alla S.C. Padovani che ha creduto in me fin da subito».

Samuele Alari, Tudor Pro Cycling Development
Samuele Alari ha preso parte a diverse gare anche con i professionisti
Samuele Alari, Tudor Pro Cycling Development
Samuele Alari ha preso parte a diverse gare anche con i professionisti
Cosa senti di dover dare a te stesso?

Diciamo che vorrei riallacciare il filo con le sensazioni che avevo nei due anni da junior, dove le cose sono andate abbastanza bene. Ho corso tanto con la nazionale e ho raccolto qualche vittoria. A fine 2023 purtroppo ho rotto il bacino e sento che tutto si è un po’ fermato lì. Nei due anni da under 23 alla Tudor ho avuto qualche problemino, il prossimo anno voglio mostrare il mio reale valore. 

Alla Padovani cosa vorresti dare?

Vorrei ricambiare la fiducia mostrata nei miei confronti fin da subito. Mi hanno detto che avrei avuto il mio spazio e ancora prima di firmare Alessandro Petacchi mi ha dato una mano per risolvere il problema al ginocchio che ha condizionato il mio 2025 (in apertura Alari insieme ad Alessandro Petacchi e al vice presidente della SC Padovani Martino Scarso, Photors.it). 

Al termine del suo percorso in Tudor Alari era arrivato a un passo dallo smettere (foto DirectVelo)
Al termine del suo percorso in Tudor Alari era arrivato a un passo dallo smettere (foto DirectVelo)
Esci da un devo team, che esperienza è stata?

Il lato positivo è legato alle cose che sento di aver imparato alla Tudor, padroneggio meglio la lingua inglese e ho corso gare di alto livello, anche con i professionisti. 

Nonostante tu abbia corso poco tutto sommato?

E’ il loro modus operandi, tutti i corridori hanno pochi giorni di gara all’attivo. Si punta molto sulla crescita in allenamento, d’altro canto io sento di essere un atleta che ha bisogno di gareggiare per avere determinati progressi. Ho anche provato a parlarne con il team, ma la loro filosofia rimane tale.

Tornando indietro rifaresti questa scelta?

Quando ho firmato con la Tudor era il periodo in cui gli juniores iniziavano a uscire dall’Italia per correre, sono stato uno dei primi a farlo. Non c’erano tanti riscontri o esperienze di altri corridori alle quali affidarsi. Alla fine non sapevo benissimo a cosa sarei andato incontro, la Tudor mi ha proposto un cammino di crescita più lungo di due anni, inizialmente. 

Prima di passare under 23 alla Tudor Alari ha corso i due anni da junior alla SC Romanese
Prima di passare under 23 alla Tudor Alari ha corso i due anni da junior alla SC Romanese
Poi cosa è successo?

Quando ho firmato non ero legato a dei risultati, ma solamente a un processo di crescita e maturazione. Al termine della scorsa stagione, quando si è trattato di capire cosa fare mi hanno detto di non essere sicuri di volermi tenere. Mi hanno detto che senza tanti risultati era difficile pensare di continuare. Il discorso è che non mi hanno lasciato spazio per provare a fare quello che avrei voluto, per mettermi alla prova. Devo ammettere di essere arrivato molto vicino al voler smettere.

Perché?

In due anni ho investito tempo, energie e tanto altro per poi non avere un ritorno. Mi sono chiesto se ne valesse davvero la pena, per un mese l’idea di smettere ha prevalso su quella di continuare. Mi ero detto: «Basta mi dedico alla scuola, ho anche altri interessi oltre al ciclismo e questa evidentemente non è la mia strada». Poi ho parlato con il mio procuratore, Mori, e mi sono dato ancora un anno. 

Alari rimane un profilo interessante per la nazionale di Amadori, soprattutto per le prove contro il tempo
Alari rimane un profilo interessante per la nazionale di Amadori, soprattutto per le prove contro il tempo
Hai avuto la forza di rimetterti in gioco, non tutti però ce l’hanno, la scelta di un devo team può bruciare alcuni?

Nel mio caso, con il senno di poi, direi che andare subito alla Tudor sia stato un errore. Tuttavia capisco che per uno junior la chiamata faccia gola, magari tornassi indietro lo rifarei. Se si va all’estero bisogna fare i conti con il fatto che i devo team sono l’anticamera del professionismo, è vero, ma se poi non si entra il rischio è che la batosta sia tanto grande. Alcuni smettono, altri no. 

Serve il coraggio di ripartire…

Gli errori si fanno, nel ciclismo come a scuola o sul lavoro. Serve la forza mentale di ammettere che si è fatto un passaggio a vuoto e di voler riprovare, di dire: «Non è finita qui». Io mi sono affidato alla S.C. Padovani perché ho visto in loro il riflesso del mio voler cambiare mentalità. In squadra cambieranno alcune cose e la voglia di migliorare non mancherà, sia a me che tanto meno a loro.

Vittoria Guazzini, Roubaix

Guazzini e la crescita su strada? Bragato l’aspetta a Roubaix

11.11.2025
6 min
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«Dopo il quartetto ho detto che la pista è la mia passione, però mi piacerebbe fare un salto di qualità anche su strada. Sicuramente devo continuare a lavorarci e a prenderlo come un obiettivo, però è anche difficile avere come obiettivo un mondiale, se il percorso è proibitivo». Parole di Vittoria Guazzini, atleta della FDJ-Suez, raccolte pochi giorni fa.

Si parlava soprattutto di cronometro, ma non solo. La “Guaz” sembra avere un potenziale enorme su più fronti, a partire dalla pista. E qui, tra parquet e preparazione, entra in gioco Diego Bragato, responsabile della performance della Federazione Ciclistica Italiana e tecnico delle donne su pista.

Diego Bragato, tecnico e preparatore della Federciclismo
Diego Bragato, tecnico e preparatore della Federciclismo
Diego, partiamo innanzitutto da cosa può fare. Cosa significa per lei fare un salto di qualità su strada? Che tipo di corridora è e cosa intende?

In realtà, glielo auguro anche io un salto di qualità su strada, perché secondo me ha le sue corde. Ha già vinto alcune gare interessanti, quindi le sue caratteristiche in qualche modo le ha già tirate fuori. Però secondo me può riuscirci anche in gare di un altro livello.

Cosa intendi per gare di un altro livello?

Secondo me può iniziare a essere competitiva anche su qualche classica. La Parigi-Roubaix Femmes è la prima che mi viene in mente, viste le sue caratteristiche. Può essere una gran finisher, vista la sua accelerazione e la sua potenza. Lei è una che in gare dure, non altimetricamente sia chiaro, alla fine può fare la differenza. Può fare attacchi importanti. Se penso alle sue caratteristiche, le rivedo anche semplicemente a Parigi, nella Madison, quando dopo una corsa tiratissima, a 40 giri dalla fine, ha fatto un attacco che ci ha portato alla medaglia. Quello ti fa capire chi è Vittoria Guazzini: una che ha un motore in grado di fare la differenza su gare molto dure. Ripeto, non dure per salite o dislivelli, ma per richiesta fisica e mentale a 360 gradi.

Andiamo un po’ più sul tecnico, Diego. Come può raggiungere questo obiettivo senza però perdere in pista?

Diciamo che è stata un po’ sfortunata, perché da qualche anno non riesce ad avere una grande continuità tra infortuni e cadute. Se penso alla Roubaix, quando si è distrutta piede o caviglia, o quest’anno al campionato italiano dove è caduta… Per emergere in quel tipo di gare servono volume e continuità e secondo me è proprio quello che le è mancato su strada. Mi auguro che riesca ad avere qualche stagione piena per poter fare quel salto di qualità. Le manca solo quello… e magari anche il prendersi un po’ di responsabilità in più con la squadra.

La crescita di Guazzini su strada passa anche dall’avere più spazi per sé stessa. In squadra spesso invece è chiamata ad aiutare
La crescita di Guazzini su strada passa anche dall’avere più spazi per sé stessa. In squadra spesso invece è chiamata ad aiutare
Cioè?

Vittoria la seguo, la vedo, la sento. E’ in una squadra importante e spesso ha ruoli di supporto, da gregaria. Si occupa soprattutto della prima parte di gara, dove fa il suo. Però bisogna saper cogliere le occasioni per far vedere che si è pronti a prendersi qualche responsabilità in più.

Quindi, da un punto di vista della preparazione, non deve cambiare molto secondo te?

Di base no. Guazzini sta lavorando bene con la sua squadra. Sono in contatto spesso col team e con il preparatore, perché monitoriamo insieme il lavoro che fa su strada e su pista. E devo dire che stanno lavorando con grande responsabilità. Secondo me è mancata solo la continuità, per i troppi infortuni.

Perciò, quando parli di salto di qualità su strada, non pensiamo a una rivoluzione tecnica o di preparazione o addirittura interventi che la vedrebbero perdere massa?

No, almeno per il tipo di gare di cui parlavamo prima non è necessario. Se poi un domani vorrà puntare di più su corse a tappe o su un profilo diverso di gara, allora sì. Ma quello è un altro discorso. In questo momento, in cui sta mettendo giustamente assieme strada e pista, quella non è la priorità.

Guazzini è molto forte a crono, tanto che ha vinto il titolo nazionale. Ma per quelle più lunghe in campo internazionale serve un altro lavoro secondo Bragato
Guazzini è molto forte a crono, tanto che ha vinto il titolo nazionale. Ma per quelle più lunghe in campo internazionale serve un altro lavoro secondo Bragato
Guazzini ha un grande motore, leve lunghe e la crono le piace. Dove può arrivare in questa disciplina? In soldoni: quanto è lontana da Marlen Reusser?

Le manca ancora qualcosina in termini di volume di lavoro. Finora abbiamo lavorato di più sull’inseguimento e sui quartetti. Sulle vere e proprie crono lunghe, secondo me non ha ancora un lavoro completamente definito. Bisognerebbe costruirlo in modo mirato. Perché anche lì, sia mentalmente che fisicamente, bisogna abituarsi a quel tipo di sforzo. E per ora, anche per le richieste che arrivano dalla pista, ci concentriamo su lavori più brevi.

Un giudizio spassionato su di lei: che “corridora” è Guazzini? E che margini ha?

Deve credere un po’ di più in se stessa. E’ forte, in pista lo sa, ma si sta un po’ perdendo la responsabilità di essere un’atleta forte anche su strada. Deve fare i passaggi giusti per acquisire questa mentalità da atleta consapevole. Secondo me è tutto lì il punto.

C’è una gara in particolare che ti ha fatto capire dove manca qualcosa?

Non proprio una gara, ma quando ci confrontiamo tra strada e pista noto due mentalità diverse. E ci sta, va bene, è ancora giovane e sta maturando. Però, se parliamo di un salto di qualità, quello mentale è l’aspetto più importante.

Potenza, accelerazione: Guazzini ha tutte le carte in regola per essere un’ottima finisseur
Potenza, accelerazione: Guazzini ha tutte le carte in regola per essere un’ottima finisseur
Domanda apparentemente banale: tutti voi preparatori parlate spesso di continuità. E basta vedere i corridori che fanno fatica a rientrare anche dopo un semplice malanno. Perché dunque oggi è così fondamentale la continuità?

Perché le prove su strada ormai richiedono espressioni di qualità e gesti di intensità molto elevati, ma dopo un determinato volume. Alcuni lo misurano in ore di lavoro, altri in watt, ma il concetto è lo stesso: serve accumulare tanto nel tempo. Fare tutto assieme è impossibile. Il volume di lavoro per la pista lo spalmiamo su tre o quattro anni, per dire. E anche sulla strada il percorso è pluriennale. Le richieste del ciclismo moderno, sia femminile che maschile, sono altissime, le gare sono tutte di livello e non ci si può improvvisare.

Non ci sono più gare “di preparazione”, insomma…

Si va sempre più forte. Le richieste specifiche oggi sono quelle di fare gesti di alta qualità dopo ore intense, dopo parecchi kilojoule. E questo si ottiene solo lavorando con continuità.

Chiarissimo. Chiudiamo con uno slogan, Diego: dove l’aspetti la Guaz dopo questa crescita?

L’aspettiamo al velodromo… quello della Roubaix! Direi che quel velodromo è il punto di congiunzione ideale tra strada e pista.

Vendrame, passaggio Jayco-Alula, manubrio

Materiali nuovi? Il manubrio fa la differenza: la scelta di Vendrame

10.11.2025
6 min
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Questo è il periodo dell’anno in cui gli atleti cambiano materiali o l’intera bici. Di conseguenza inizia una fase molto delicata, ma altrettanto affascinante: ritrovare la posizione giusta. Adattarsi. Scegliere le specifiche migliori. Un vero pianeta della tecnica, in cui però oltre ai numeri contano anche le sensazioni dell’atleta, soprattutto per quel che concerne la sella… ma ultimamente anche il manubrio.

Come “sentono” e individuano quello giusto? E anche gli altri componenti? Ne abbiamo parlato con Andrea Vendrame, uno degli atleti con “l’orecchio fine” e anche uno di quelli che sta passando da Van Rysel, la cui componentistica era Deda Elementi, a Giant con componenti Cadex. E proprio “Vendramix”, in questi giorni, ha un gran bel da fare… che ci racconta.

Dall’Alanera di Deda Elementi al Cadex Aero Integrated: due gran bei manubri per Vendrame
Dall’Alanera di Deda Elementi al Cadex Aero Integrated: due gran bei manubri per Vendrame
E quindi Andrea, come ti adatti ai nuovi componenti? Partiamo dal manubrio…

Venivo da una curva Deda Elementi e ora quella del manubrio Cadex che andrò a utilizzare è più ampia rispetto a quella che usavo in Decathlon-AG2R. Ha un reach più ampio, quindi con le mani sotto nella curva ti sembra di avere una posizione più alta, nonostante sulla bici sia abbassato totalmente come spessori. Proprio in questi giorni mi è arrivato a casa un nuovo manubrio che sto andando a far montare. Da come ho capito in quei giorni di visite a Torino, tutti i corridori avranno il manubrio integrato, quindi mi hanno inizialmente montato un classico set attacco + piega per farmi prendere confidenza, e ora arriva quello definitivo.

Perché allora provare un set classico se poi userete un manubrio integrato?

Perché la curva dovrebbe essere un facsimile del nuovo Cadex che uscirà con la nuova versione della bici. Quindi diciamo che al momento l’adattamento è dato soprattutto dall’altezza della curva. La differenza che ho trovato è questo discorso di curva più ampia nel Cadex rispetto al Deda Van Rysel. Per ora mi dà sensazioni diverse.

Immaginiamo sia differente proprio il disegno della curva, no?

Sì, il raggio della curva “stringe” diversamente rispetto al Deda.

Facendo spesso le volate (ma non solo per quelle) Vendrame ha voluto anche i comandi all’interno della curva manubrio (foto Getty)
Facendo spesso le volate (ma non solo per quelle) Vendrame ha voluto anche i comandi all’interno della curva manubrio (foto Getty)
Però una cosa ci è poco chiara. Tu dici che la curva è più ampia, quindi in teoria in presa bassa dovresti stare più basso, invece dici che ti senti più alto…

Vero, è strano. Ne parlavo anche con Baronti, che oltre a essere il mio preparatore il prossimo anno sarà anche il mio biomeccanico: non si capiva questa situazione. Anche perché sulla nuova Giant sono messo più basso rispetto alla bici precedente. Lui mi spiegava che il Cadex rispetto al Deda ha 3 millimetri in meno di reach e 5 millimetri in più di drop.

Okay, quindi il drop è maggiore… E invece hai operato altri cambiamenti, Andrea?

Cambiando squadra ho cambiato le pedivelle: da 170 millimetri a 165. E anche i pedali: da Look sono passato a Shimano, quindi ci sono più cose che dovrò valutare nel tempo. Tanti cambiamenti tutti insieme rischiano di fare caos se giudicati all’improvviso.

Restando sempre sul manubrio, in presa alta invece cambia qualcosa? Che sensazioni hai?

Fortunatamente già sul Deda non avevo problemi di angolazioni proibite per l’UCI, quindi ho mantenuto la posizione che avevo quest’anno. Al 90 per cento i corridori oggi vanno con le mani sui comandi, che è la parte dove viene regolata di più la bici per stare in una posizione comoda, efficace e anche aerodinamica. Abbiamo fatto anche degli studi con Van Rysel a inizio stagione su diverse posizioni di presa manubrio.

La Giant TCR che userà Vendrame. Ricordiamo che hanno a disposizione anche la bici aero Propel (foto Instagram)
La Giant TCR che userà Vendrame. Ricordiamo che hanno a disposizione anche la bici aero Propel (foto Instagram)
Come si svolgevano questi test?

Praticamente avevamo preso un chilometro di strada e si faceva avanti e indietro, avendo le stesse caratteristiche di vento e watt, per vedere cosa cambiava: quanto tempo impiegavamo. Un’altra particolarità: ho chiesto subito che il manubrio fosse integrato perché ha una guidabilità diversa. Lo sento più a contatto con il mio fisico, lo guido meglio in discesa, magari su tratti più tecnici dove devi guidare bene la bici. E poi ho chiesto anche gli shifter interni, soprattutto per le volate.

Beh, tu sei uno scattista e sei anche veloce: in effetti il doppio comando ci sta bene.

Esatto, proprio per questo motivo. E poi perché si va sempre più forte ed è un modo più rapido per cambiare in bagarre.

Quando un pro’ prova i nuovi materiali, le prime cose che va a cercare, restando sul manubrio, quali sono?

Se ti sei trovato bene vorresti avere le stesse sensazioni. Non pretendo di passare da Deda a Cadex e trovarmi lo stesso prodotto. Parto già con l’idea che ci sia una piccola differenza, però cerco di andare a riprodurre il più possibile le caratteristiche che ho utilizzato quest’anno. Poi se c’è qualche miglioria da fare, ben venga. Come per esempio i comandi interni.

Anche quando si va forte, oggi la presa prediletta è quella sulle leve. Lo dimostrano anche i numeri dell’aerodinamica
Anche quando si va forte, oggi la presa prediletta è quella sulle leve. Lo dimostrano anche i numeri dell’aerodinamica
Ti piace avere tutto vicino, a portata di mano nel vero senso della parola…

Dal mio punto di vista voglio che quando sono con le mani sotto nella curva abbia subito a contatto i freni, avendo mani non enormi. Preferisco avere subito le leve che riesco a toccare con due dita, soprattutto l’indice, che dà la possibilità di regolare la frenata. Con il freno a disco bastano due dita. La seconda cosa è il comando del cambio nella parte bassa del manubrio. Immaginiamoci una discesa tecnica piena di tornanti, dove devi rilanciare ogni curva e frenare: quindi freno e cambio sono le cose principali. Per il resto, per quanto riguarda la posizione sempre di manubrio e zona anteriore, la posizione in presa sulle leve deve essere più comoda possibile, non deve creare fastidi di formicolio nelle mani. Anche perché oggi i corridori sono molto avanzati in sella e caricano di più il peso nella zona frontale sulle leve. Braccia, mani e polsi vengono caricati di più, con tutti i nervi del palmo che risentono di buche, asfalto e tensione in gruppo.

Invece, per quanto riguarda la sella, come sta andando? Una volta era il vero cruccio del corridore che cambiava materiale…

Ci hanno aiutato molto in Jayco-AlUla: siamo partiti da un fac-simile della Fizik 3D, che utilizzavo in Decathlon. Non è la stessa e non è 3D, ma bene o male ha la stessa forma, specie nella zona perineale di scarico, che fa bene ed è importante. Devo essere sincero: sinora l’ho utilizzata poco, giusto per prendere confidenza e dare dei feedback al bike fitter. Ora che riprenderò con gli allenamenti più seriamente avrò un quadro più preciso. Come sella non ho mai avuto grandi problemi, quindi mi trovo abbastanza bene con tutto.

Vendrame è stato tra i primi professionisti ad usare una sella 3D
Vendrame è stato tra i primi professionisti ad usare una sella 3D
Negli anni abbiamo visto che una volta la sella era in bolla, poi si è abbassata sempre di più la punta. Anche per te vale questa regola?

Sì, sono più basso, appena di un grado, giusto per dare una leggera piegatura in avanti. Perché quando sei sotto sforzo tendi a rannicchiarti fisicamente e quindi ad avanzare in punta di sella. Questo mi permette di restare in una posizione comoda e performante, perché se spingi e ti raccogli in avanti tendi a portare tutto il peso davanti e sei più efficace rispetto a stare un po’ più alto.

E invece altezza di sella e distanza punta sella-manubrio?

E’ rimasto pressoché tutto uguale.