I campionati europei su pista di Plovdiv si sono conclusi da poco, ma le emozioni della spedizione azzurra sono ancora forti. I protagonisti di questa avventura non sono stati solo gli atleti, ma anche lo staff che li ha supportati. Meccanici e massaggiatori che correvano di qua e di là in pista, in albergo, tra albergo e pista. Tra loro c’era anche Federico “Fred” Morini, il massaggiatore e fisioterapista della Fci. Mani esperte e veloci quelle dell’umbro che è anche un asso nella psicologia, per questo “capitan” Marco Villa lo ha voluto a Plovdiv.
Ciao Fred, allora come è andata in Bulgaria?
La spedizione azzurra non è partita nel migliore dei modi. Prima Ganna che salta e poi a ridosso del via che si fermano anche Michele Scartezzini e Liam Bertazzo, sempre per covid. Poi però è andata fin troppo bene, non ci aspettavamo così tanto.
Tu come hai vissuto questa esperienza?
A trattare gli atleti eravamo io e Mariano Gambaretto. Ne avevamo cinque a testa. Io seguivo più la parte fisioterapica, lui quella del massaggio. Abbiamo dedicato molto tempo ai ragazzi tra hotel e pista e siamo riusciti a rimetterli in sesto in corso d’opera. Bisognava mantenere muscoli e serenità al top.
Pista e hotel? Come vi organizzavate con i tempi così serrati?
Un bell’intrigo. Tra velodromo e albergo c’erano 5 chilometri spaccati di distanza. Capitava anche di fare avanti e indietro più volte durante il giorno. La sera e il pomeriggio, l’organizzazione diramava il programma di gare, qualificazioni, prove e noi ci sedevamo per buttare giù la nostra “tabella oraria” per ogni singolo atleta. C’è chi gira, chi deve mangiare, chi gareggia, chi ha una qualificazione, chi fa i rulli…
In questo tran tran dovevi essere concentrato. Com’è il muscolo del pistard?
Quello dello stradista è più morbido e allungato. In quello del pistard si avverte più la densità del tessuto. Lo stradista è impiegato in uno sforzo di ore, il muscolo è più facile da palpare. Chi corre in pista invece ha un muscolo che lavora in acidosi ed è chiamato a sforzi intensi e di pochi minuti, per questo è più duro e meno mobile. Insomma è bello tosto!
I corridori cosa ti chiedevano?
Non solo un massaggio. Un trattamento più generale, a partire dalla schiena.
Perché dalla schiena?
Perché è un punto cardine. Pensiamo solo alla fase di partenza con quei rapportoni. Si tirano su, si spostano indietro e scaricato tutta la forza sui pedali tirando anche con braccia e e busto. E la prima pedalata conta più di tutte, pertanto ci sono grosse rotazioni di busto e alla lunga queste differenze si sentono. Quindi chiedevano un qualcosa di più viscerale…
Cosa intendi per viscerale?
In giornata c’erano da fare più competizioni, che si alternavano a rulli, a momenti in cui mangiare, a prove… pertanto era giusto lavorare sulla mobilità degli organi, come il trattamento diaframmatico. E bisognava lavorare chiaramente sui distretti muscolari come lo psoas o sui muscoli traversi. Per esempio nell’ultimo giorno Jonathan Milan aveva una qualificazione alle 12 e la finale alle 14, in quelle due ore ho lavorato sulle gambe, ma anche sul sistema respiratorio, sugli organi addominali. E ancora di più con Stefano Moro.
Raccontaci?
Moro ha fatto l’Omnium ed è stato impegnato da mattina sera, l’ho trattato almeno due volte in modo completo. Completo nel limite delle possibilità: mezz’ora per volta. E’ capitato che me lo sono portato in hotel perché lì c’era un ambiente più tranquillo. Nel velodromo regna più stress. L’atleta vede i tempi di quello, il riscaldamento di quell’altro, il via vai di corridori e tecnici. Mentre in stanza sono riuscito anche a fargli un bendaggio per drenare l’acido lattico. Dettagli che fanno la differenza.
Chi hai visto più tesi, gli uomini o le donne?
Forse gli uomini, questo gruppo era davvero giovane. Loro hanno sofferto un po’ di più. In confronto le donne a Plovdiv erano più navigate. Tra gli uomini a parte Francesco Lamon erano tutti inesperti.
Chi era quello con più fisse?
Milan!
Forse senza Ganna sentiva il peso della squadra e del quartetto addosso?
No, quello semmai più Lamon. Francesco non ci è arrivato al top, nonostante tutto si è preso il quartetto sulle spalle. L’ho sentito quando parlava ai ragazzi: facciamo così, tu fai questo, tu quest’altro… E poi magari pensava dentro di lui: e se salto io? Ma come dice Ganna, il “Conte Lamon” non tradisce. Prima della madison era preoccupato di un riuscire a dare tutto: mi dispiacerebbe per Moro, mi ha detto. Poi in pista è stato un grande. E infatti… Il Conte non ha tradito!
Torniamo alle fisse di Milan…
Jonathan è giovane ma sa che quel che vuole. Era teso, ma chiedeva, stava attento a tutto. Nell’ultima giornata ha fatto anche il chilometro, cosa che non era in programma. Si è qualificato con il secondo tempo. Al termine della qualifica era euforico. Poi a 30′ dalla finale ha rimesso tutto in discussione. «Ho le gambe dure» mi diceva. Era sui rulli e gli ho detto: «Okay, scendi. Fammi sentire il diaframma, la cervicale…». Andava giusto un po’ tranquillizzato. Poi è andato in pista e senza aver mai fatto il chilometro ha chiuso al terzo posto. Sono le cose belle della gioventù.