Roberto Corsetti, cardiologo che per anni ha lavorato come medico della Fassa Bortolo, della Liquigas e della Quick Step e oggi presta la sua opera al Centro Medico B&B di Imola, è uno di quelli che è sempre stato molto attento all’alimentazione dei propri corridori. E per sua stessa ammissione è uno di quelli che si metteva vicino al tavolo dei corridori durante i pasti. Per cui sentire che cosa abbia da dire sul complesso rapporto fra corridori e cibo risulterà alla fine interessante.
«Gli atleti professionisti – dice – ma più in generale tutto ciò che ruota attorno al professionismo hanno come unico metro il risultato. Se partiamo da questo presupposto, per ottenerlo bisogna arrivare al massimo livello di performance. I sacri testi di fisiologia dicono che i due fattori su cui si può migliorare sono la potenza e il peso. I corridori possono non accettarlo, possiamo discuterne, ma i soli due punti sono quelli».
Fin qui ci siamo, ma la magrezza assoluta intacca la potenza. Per cui non è affatto detto che scendere di peso sia la sola garanzia di prestazione.
Mi arrabbio, infatti, e divento nervoso se l’obiettivo della riduzione del peso viene raggiunto con l’oppressione o metodi non corretti. Penso invece che se un operatore del ciclismo trasmette in modo amichevole, gentile e competente il modo in cui ridurre il peso, le cose funzionano. Se si verificano degli eccessi, chi doveva trasmettere lo ha fatto male. Oppure il corridore può aver recepito male e allora va aiutato.
Corsetti in che posizione si colloca?
Vengo dalla scuola di grandi maestri e ho sempre cercato di trasmettere questi concetti nel modo più corretto possibile. Non credo di aver messo in difficoltà dei miei atleti per il loro peso. Né nella mia esperienza ho mai visto imposizioni o forzature. Ma se qualcuno dice che Corsetti ci tiene che l’atleta sappia che i suoi risultati dipendono dal peso, allora dico sì.
Sei al corrente che per gli atleti il cibo è un tema delicato e alcuni hanno disordini alimentari? Secondo psicologi e medici che abbiamo sentito, un medico se ne accorge.
Non ne ho mai avuti, ma ho avuto atleti molto magri. Senza fare nomi, con Ferretti in un ritiro ci accorgemmo di un ragazzo troppo magro per quel periodo dell’anno. Lo portammo con noi in una stanza e gli spiegammo che era troppo.
Pare che i giovani siano quelli più esposti al rischio di caderci…
Il messaggio dall’alto, se non arriva chiaro e documentato o non viene presentato in tutte le sue valenze, in una persona fragile può creare scompensi. Di sicuro se ci sono disordini alimentari, la responsabilità va cercata in più parti.
A Corsetti è mai capitato di stare vicino al tavolo dei corridori a guardare come mangiano?
Io ritengo che un direttore sportivo o un medico che voglia stare vicino al tavolo dei corridori per aiutarli sia positivo. Può aiutare perché il pasto, spesso la cena, si svolga nel modo migliore. Se però l’atleta si sente in difetto per il cibo e vive male questa presenza, si crea l’ambiguità. Se sei accanto al tavolo e a me capitava spesso, devi saper leggere nello sguardo degli atleti se c’è qualcosa che non va. Servono colloquio e presenza, servono staff competenti e appassionati. Piuttosto a volte mi guardo alle spalle…
E cosa vedi?
Penso ad atleti che non hanno mai ricevuto un’educazione alimentare e hanno buttato via la carriera. Non parlo di obbligo o costrizione, di semplice educazione. Penso a chi aveva potenzialità incredibili, al punto di intimorire gli avversari più forti, che però ha preferito lasciarsi andare.
Da questo punto di vista credi che l’avvento del nutrizionista sia opportuno nei team?
Tutte le figure professionali più competenti sono utili in questo percorso formativo. Ma serve che tutti parlino la stessa lingua, altrimenti viste le tante figure che si incontrano oggi in una squadra, si rischia che agli atleti arrivino messaggi che creano confusione.
I messaggi chiari sono la chiave di volta, così come la trasparenza. La raccolta di voci e pareri continua. Ci hanno raccontato di un personaggio che a inizio stagione pretendeva dai suoi atleti lo stesso peso dell’ultima corsa: cosa c’è di documentato in questo?
La nostra inchiesta, in cui abbiamo coinvolto il dottor Corsetti, vuole consegnare ai corridori più giovani la consapevolezza che il peso e la potenza sono certo due fattori determinanti, ma la salute viene prima. Rileggere le parole di Bongiorno, quelle disarmanti di Brajkovic e tutte le altre che abbiamo raccontato nelle ultime settimane dovrebbe far capire che la magrezza ossessiva porta diritta alla fine della carriera.
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