Brambilla lancia la seconda (ambiziosa) stagione della Q36.5

20.01.2024
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La Q36.5 Pro Cycling Team si affaccia al suo secondo anno di vita. Il team svizzero, nato dalle ceneri della Qhubeka ha messo alle spalle la sua prima stagione da professional. Un anno zero, condito da qualche successo e da una crescita continua. In questa squadra c’è una buona rappresentanza italiana, guidata da Gianluca Brambilla (in apertura foto SprintCycling).

Il corridore vicentino inizierà, a 36 anni, la sua quindicesima stagione da professionista. La sua figura nella Q36.5 Pro Cycling Team è fondamentale e di grande rilievo, un mentore e un consulente, sempre pronto a dare supporto. Senza rinunciare, tuttavia a qualche ambizione personale. 

Brambilla e la Q36.5 stanno preparando l’esordio stagionale allenandosi sulle strade di Calpe (foto Luis Eder)
Brambilla sta preparando l’esordio stagionale pedalando sulle strade di Calpe (foto Luis Eder)

Dalla Spagna al deserto

Brambilla, insieme ai suoi compagni, si trova a Calpe a preparare i primi appuntamenti del 2024. La scorsa stagione ha visto il brutto infortunio alla clavicola, rientrato per tempo e prontamente messo alle spalle.

«Sto bene – ci racconta Brambilla – ho passato un buon inverno. Quest’anno la stagione inizierà dall’AlUla Tour (ex Saudi Tour), mi sento a buon punto. L’inverno per me è un periodo fondamentale, soprattutto a 36 anni. Per il momento non ho avuto intoppi, a differenza dello scorso anno e questo mi fa stare sereno».

Brambilla nel 2023 è passato alla Q36.5 dopo cinque anni alla Trek
Brambilla nel 2023 è passato alla Q36.5 dopo cinque anni alla Trek
La squadra come sta?

Rispetto al 2023 sento che siamo tutti più avanti, test e dati dicono questo. La passata stagione abbiamo iniziato in ritardo e ci siamo trovati a rincorrere. Il primo ritiro lo avevamo fatto a gennaio e come bici e materiale eravamo un po’ in svantaggio. E’ normale sia così, quando nasce una squadra da zero c’è da fare tutto e non è facile. Anche i tecnici si sono trovati a mettere insieme 20 corridori nuovi. 

Che bilancio trai dal 2023?

E’ stato un anno zero, ma che ci ha fatto fare tanta esperienza. I tecnici hanno imparato a conoscerci e anche tra corridori siamo diventati sempre più gruppo. Ora i diesse sanno che tipologia di corridori hanno a disposizione ed è stato importante per costruire bene questo inverno. 

E Brambilla che cosa ha imparato?

A dare più aiuto e un maggior supporto. Mi sono accorto che la mia esperienza può essere fondamentale. Nel 2023 non ero il più vecchio, mentre quest’anno lo sono. Ho cercato di essere di supporto a tecnici e compagni. La cosa che mi ha fatto maggiormente piacere è aver visto come la mia opinione venga presa in considerazione. Scelte, idee, confronto e tanto aiuto ai giovani, soprattutto agli italiani. 

La Q36.5 nel 2024 conterà 27 corridori di 14 nazionalità differenti
La Q36.5 nel 2024 conterà 27 corridori di 14 nazionalità differenti
Che cosa ti pare dei giovani?

Questa squadra mi piace perché i ragazzi ascoltano maggiormente rispetto ad altri team dove sono stato in passato. L’organico è ampio, ci sono 27 corridori. Sembrano tanti, ma con doppia e a volte tripla attività, ci si trova contati.

La tua è stata una stagione senza grandi Giri come è andata?

Non ho sentito una grande differenza, ho corso tanto e con un calendario di buona qualità. Anche per il 2024 non abbiamo ancora la certezza di fare grandi Giri, ma questo non mi spaventa. Notizia di questi giorni, saremo al Giro del Delfinato e al Giro di Svizzera. Nel mese di giugno avremo tre attività: due WorldTour (Delfinato e Svizzera, ndr) e Giro di Slovenia. E poi c’è da dire una cosa.

Quale?

Che nel 2023 siamo stati al via delle cinque Classiche Monumento, cosa importantissima. E nel 2024 dovremmo aggiungere al programma le corse nelle Ardenne, alle quali dovrei partecipare. Non ci manca un grande Giro per fare una bella figura. 

Siete stati una delle migliori professional del 2023, ed era solo il vostro primo anno di vita…

Eravamo quinti nel ranking, dietro a Lotto Dstny, Israel, Uno-X e Total Energies. Siamo nel pieno della lotta per essere tra le migliori professional e per conquistare la licenza WorldTour. 

Che ci dici dei giovani italiani?

Spero che per Calzoni possa essere l’anno della prima vittoria. So quanto è importante e mi auguro che arrivi subito, sarebbe un bel modo per far scattare la molla e sentirsi più sicuro. Ha imparato dagli errori, come al Tour of Norway dove ha attaccato controvento e si è piantato. Io lì ero a casa ma gliel’ho detto: «Ma dove vai?». Se si fosse fermato a respirare un attimo avrebbe vinto. 

E dei nuovi?

Ho avuto come compagno di stanza Fancellu. Lui deve ritrovarsi, ho visto che una stagione (il 2021, ndr) è stata difficile. Una nuova squadra può dargli una nuova motivazione e chissà che ritrovi la brillantezza dei giorni migliori.

Per Brambilla che 2024 vedi?

L’obiettivo è essere nella mischia e fare da supporto ai compagni di squadra. Non avrò paura di tirare per loro, ma sono sicuro che troverò le mie occasioni. Si parte dall’AlUla Tour, l’ambizione è arrivare alla primavera più pronto rispetto al 2023.

Calzoni, impresa sfiorata a Capo Nord. E intanto cresce bene

24.08.2023
7 min
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Gli ordini d’arrivo talvolta non dicono tutto. Anche dietro ad un piazzamento lontano dal podio può esserci una storia che regala soddisfazioni. Lo sa bene Walter Calzoni che ha sfiorato il colpaccio a Capo Nord nell’ultima frazione dell’Arctic Race of Norway. Gli sono mancati solo duecento metri per mettere a segno il suo primo successo da pro’ nel contesto più estremo e surreale del ciclismo moderno.

Il trentunesimo posto di tappa (a 43” dal vincitore Champoussin) non deve trarre in inganno perché il 22enne della Q36.5 Pro Cycling Team è stato protagonista assoluto della giornata, tanto da meritarsi il premio di “più combattivo” di giornata dopo ottanta chilometri di fuga. Calzoni nel finale ha inscenato un intenso braccio di ferro col gruppo sul filo dei secondi e di quelle lingue d’asfalto che si stagliano nell’orizzonte delle colline del Circolo Polare Artico. Un’azione che è stata lo spunto per sentire il bresciano di Sellero e farci aggiornare sull’andamento della sua stagione.

Walter ci racconti questa tappa lassù dove finisce il mondo?

E’ una giornata dura ma in quei giorni ho sentito di aver ritrovato una buona condizione. Così sono sempre stato nel vivo della corsa entrando subito in una fuga assieme a due miei compagni di squadra. Ci hanno ripresi ma sono ripartito poco dopo e il gruppetto di testa era di quindici uomini. A trenta chilometri dalla fine ho attaccato e siamo rimasti in 4-5. Avevamo un minuto e mezzo di vantaggio però abbiamo collaborato poco e siamo stati ripresi ancora una volta. Sull’ultimo gpm, ai meno 5, ci ho provato nuovamente.

E cosa è successo?

Era una salita corta e difficile, resa ancor più dura dal vento contrario. Dallo scollinamento all’arrivo c’erano ancora tanti “mangia e bevi” nei quali ho patito, riuscendo tuttavia ad avere fino a 20 secondi di vantaggio a meno di due chilometri dalla fine. Ho spinto più forte che potevo, senza rendermi conto del paesaggio attorno a me. Forse lo avrei fatto dopo ma quando sei così a tutta non vedi niente a parte la strada o gli eventuali inseguitori (sorride, ndr). Ci ho creduto finché non mi hanno ripreso ai 200 metri. Credo che avrei potuto vincere se Arkea e Cofidis non avessero tirato così forte per la sprint finale. Erano le squadre più interessate alla tappa. Ma è andata così…

Nell’arco di pochi istanti hai vissuto emozioni diametralmente opposte. Come l’hai presa?

Inizialmente ero molto deluso. Quando sono stato ripreso ho praticamente smesso di pedalare e ho chiuso sconsolato. Poi a mente fredda, quando ero sul bus della squadra, ho analizzato tutto e ha avevo motivo di essere contento della mia prestazione e della mia forma. Ho un po’ di rammarico perché è la seconda volta che mi capita una situazione simile. A marzo alla Per Sempre Alfredo c’era bagnato ed ero scivolato a cinque chilometri dalla fine quando avevo un bel vantaggio (chiuderà poi ottavo, ndr). Diciamo che forse sto prendendo le misure per la prima vittoria.

Potresti raccoglierla nelle prossime gare. Il tuo programma cosa prevede?

Adesso continuerò ad allenarmi a fondo senza correre. Rientro il 13 settembre al Giro di Toscana, quindi Sabatini, Memorial Pantani, Trofeo Matteotti e così via. Insomma il calendario italiano lo farò tutto. Avrò tante occasioni per farmi vedere e per fare bene ancora.

Calzoni dopo un bell’avvio di stagione, ad aprile ha rinnovato con la Q36.5 fino al 2026
Calzoni dopo un bell’avvio di stagione, ad aprile ha rinnovato con la Q36.5 fino al 2026
Tracciamo il bilancio della stagione di Walter Calzoni. Com’è andata finora?

Sono contento. Ho avuto un calo di condizione tra maggio e giugno, tra Giro di Norvegia e Tour de Suisse ma credo che fosse normale visto che avevo fatto un buon inizio. Sono migliorato nell’alimentazione in corsa e ho notato i benefici di aspetti che l’anno scorso tralasciavo un po’. Uno dei miei obiettivi principali era quello di non subire troppo il passaggio di categoria da U23 a pro’. Direi di esserci riuscito. Il mio 2023 è andato molto bene, sicuramente oltre le aspettative. Questo però è merito della mia squadra. In Q36.5 ho fatto un bel salto di qualità, crescendo molto tra palestra, chilometri e motivazione.

In generale come ti stai trovando con la loro realtà?

Mi trovo talmente tanto bene che ad aprile ho prolungato il contratto fino al 2026. Qui c’è un progetto importante dove si punta ad entrare nel WorldTour nel prossimo triennio. In questo senso hanno preso Nizzolo proprio per raccogliere risultati e punti importanti. Nel 2024 forse potremmo correre il Giro d’Italia, sarebbe un traguardo importante anche quello. In squadra ho legato con tutti, a cominciare dal gruppo italiano che è bello folto (Brambilla, Fedeli, Moschetti, Puppio, Conca e Parisini,ndr). Poi abbiamo una figura come Nibali che malgrado abbia tanti impegni ci è sempre vicino. Ad esempio è venuto allo Svizzera e mi ha dato alcuni consigli sul riscaldamento prima di una crono. Sono dettagli che talvolta non consideri ma che sommati a tanti altri fanno la differenza.

Con la nazionale invece come sei messo? Non hai corso il mondiale e magari potevi essere utile ma c’è ancora l’europeo. D’altronde sei ancora un U23 e volendo il percorso ti si addice…

Col cittì Amadori ci eravamo visti alla Coppi e Bartali. Mi aveva chiesto disponibilità ed eravamo rimasti in contatto ma alla fine gli impegni che avevo con la squadra non combaciavano col cammino da fare con la nazionale. Ad esempio, al Giro NextGen avrei potuto correre nel nostro Devo Team ma ero già stato convocato per il Tour de Suisse. Forse era difficile farsi notare, se penso che oltretutto in quel periodo non ero al top. Di sicuro so che per eventi come mondiali ed europei bisogna creare un gruppo coeso. Non lo puoi costruire solo in base ai risultati. In ogni caso adesso io non ci penso e punto a preparare bene le gare con la squadra ma se, in accordo con tutti, si dovesse aprire uno spiraglio per una maglia azzurra, io sono a disposizione.

Nizzolo voleva tornare, Ryder lo ha ripreso a braccia aperte

19.08.2023
5 min
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In questo ciclomercato attivo e sorprendente come non era da tempo, ci sono anche ritorni al passato, corridori che vogliono ritrovare il proprio miglior feeling riabbracciando team e formule che si erano rivelate fortunate. E’ il caso di Giacomo Nizzolo, che a 34 anni si rimette in gioco tornando a casa Ryder, alla Q36.5.

Per il ligure la formazione diretta discendente della Qhubeka è la squadra dove ha vissuto le stagioni più belle, dal 2019 al 2021, arrivando a conquistare le maglie di campione italiano ed europeo. Ryder lo accoglie nuovamente nella sua famiglia e senza la retorica del “figliol prodigo”, perché con Nizzolo i contatti sono sempre rimasti, sulla base di un’amicizia che va oltre il ciclismo.

Nizzolo in maglia Dimension Data: è il 2019 e il milanese approda al team sudafricano
Nizzolo in maglia Dimension Data: è il 2019 e il milanese approda al team sudafricano

«Nel 2018 Giacomo stava andando molto bene alla Trek – racconta il manager sudafricano – era molto felice lì, ma cercava anche un cambiamento. Sentiva che stava crescendo e voleva più opportunità per essere un leader nelle classiche. Giacomo è un campione che sente sempre il bisogno della sfida. Da noi ha visto quest’opportunità ed è stato un bene per lui. E’ cresciuto come corridore, ha avuto tante opportunità. Ha vinto una tappa al Giro, cosa che non aveva mai fatto prima. E’ stato campione italiano ed europeo. Giacomo non vince molte gare, ma fa tanti punti ed è sempre lassù a lottare per il risultato. Ci ha dato l’attenzione di cui avevamo bisogno e può farlo ancora».

Nizzolo è rimasto nel tuo team 3 anni: com’erano i rapporti con lui, che persona era?

Giacomo è un combattente, che è quello che mi piace. Mi piace qualcuno che si alza ogni giorno e lotta per un risultato e per la prestazione. E’ un leader e un grande mentore per i corridori più giovani. Il nostro rapporto è sempre stato molto buono e rispecchia la nostra cultura, lottando sempre per ogni posizione. Abbiamo davvero avuto conversazioni molto oneste e aperte su come essere migliori. Quindi, avendo un pilota delle sue capacità come guida, anche alla sua età di 34 anni, lo vediamo ancora in grado di offrire prestazioni al top e guidare la nostra squadra attraverso le classiche e le grandi gare.

Il successo più importante per Nizzolo, nel 2020, il titolo europeo, perla dei 3 anni alla Qhubeka
Il successo più importante per Nizzolo, nel 2020, il titolo europeo, perla dei 3 anni alla Qhubeka
Perché gli hai chiesto di tornare?

In realtà è stata una cosa piuttosto divertente, è quasi successo nello stesso momento in cui lui me l’ha chiesto e io l’ho chiesto a lui, ci siamo incontrati a una gara e lui è venuto da me e mi ha detto «Ehi Doug, mi piace l’aspetto della tua squadra. E’ bello vedere che sei tornato nel nostro sport. Hai ottimi sponsor, buona attrezzatura, una bici davvero di qualità. Ho davvero tante cose che voglio ancora fare. Mi sono divertito quando abbiamo lavorato bene insieme, penso che possiamo fare ancora grandi cose. Cosa ne pensi?». E io ero al settimo cielo: «Accidenti Giacomo, riaverti in squadra sarebbe fantastico». Per noi averlo nella nostra squadra è perfetto e anche per lui evidentemente è così.

Tu lo conosci bene: in questi ultimi anni Giacomo ha avuto problemi fisici e meno risultati rispetto agli anni con te, hai trovato un uomo cambiato?

Alcune squadre non si concentrano sui dettagli dell’individuo. Noi non prendiamo i ciclisti per metterli in funzioni come velocista, scalatore, ecc.. Osserviamo i loro obiettivi, i loro sogni e come possiamo avere successo insieme. Giacomo ha avuto qualche infortunio in passato. Quando è entrato a far parte del nostro team nel 2019, ci siamo seduti e abbiamo detto: «Okay, andiamo alla causa principale degli infortuni e proviamo a risolvere il problema di fondo». Quindi abbiamo passato alcuni mesi a capire cosa stava causando il suo dolore al ginocchio e i suoi problemi e poi l’abbiamo risolto. Da quel punto, abbiamo iniziato ad andare avanti. Da allora non ha avuto gli infortuni che aveva avuto in passato. Quindi siamo molto ottimisti riguardo al futuro insieme, ma come squadra ci concentriamo sull’individuo e sulle sue sfide.

Lo sprint vittorioso di Nizzolo alla Tro-Bro Leon 2023, più recente successo della sua lunga carriera
Lo sprint vittorioso di Nizzolo alla Tro-Bro Leon 2023, più recente successo della sua lunga carriera
Pensi sia ancora un vincente a 34 anni?

Decisamente. Vince gare ogni anno. Ha segnato più di mille punti UCI negli anni con noi, il che è davvero buono. E questo prima che il sistema a punti fosse migliore per le tappe nei grandi Giri. Speriamo davvero di poter avere insieme la motivazione e l’attenzione per riportarlo a quello che era due, tre anni fa.

Conti di mettere qualche giovane al suo fianco, per imparare il mestiere di velocista?

Abbiamo avuto Antonio Puppio, che è tornato con noi dopo un anno alla Israel. Abbiamo appena annunciato l’arrivo di Frederik Frison, che si è unito a noi da Lotto-Dstiny. E’ un corridore belga molto forte. Abbiamo dei corridori davvero forti intorno a Giacomo che possono supportarlo, ma lui può aiutare a crescerne altri come Walter Calzoni, che potrà imparare molto da Giacomo, o lo stesso Puppio o Parisini. Sono entusiasta di avere l’impegno e la passione di Giacomo nella squadra, la sua leadership. E poi, ovviamente, la sua opportunità di aiutare i corridori più giovani a capire meglio lo sport, allenarsi meglio ed essere migliori.

Ryder Hagen 2018
Ryder con Edvard Boasson Hagen, uno dei corridori già confermati per il 2024 (foto Getty Images)
Ryder Hagen 2018
Ryder con Edvard Boasson Hagen, uno dei corridori già confermati per il 2024 (foto Getty Images)
Per ora come giudichi la vostra stagione?

Abbiamo vinto cinque gare. Speravamo di vincere di più, ma se pensi a quando abbiamo messo insieme la nostra squadra a settembre dello scorso anno, tutti i migliori ciclisti avevano già firmato contratti con altre squadre. Abbiamo riunito 24 corridori che non avevano mai corso insieme ed è stata davvero una sfida davvero difficile. Ma sono contento di quello che siamo riusciti a ottenere. Siamo stati invitati ad alcune delle grandi gare classiche e non vediamo l’ora di finire bene e forte alla fine di quest’anno e poi crescere sulla base che abbiamo costruito. Perché penso che stiamo iniziando a vedere davvero il potenziale della squadra che avevamo sulla carta all’inizio dell’anno. Sappiamo che il nostro grande obiettivo è essere ammessi al Giro d’Italia l’anno prossimo. Questo è un grande traguardo per noi.

Immagini dal Rwanda: vince Henok, con l’aiuto di Tolio

02.03.2023
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E’ appena tornato a casa, Alex Tolio, dopo quella che più che una gara è stata un’avventura che per certi versi ha cambiato la sua percezione del mestiere. Il Tour du Rwanda gli resterà nel cuore, per le sensazioni vissute, le immagini viste, per tutto quel che ha rappresentato. Era la sua prima avventura fuori dall’Europa e ora, pochi giorni di riposo e poi un viaggio ancor più lungo, verso Taiwan, perché ormai il corridore di Bassano del Grappa è un ciclista a tutti gli effetti.

Tolio è stato fondamentale nella vittoria finale di Henok Mulubrhan, suo compagno alla Green Project Bardiani CSF Faizané al termine di una corsa a tappe come nella storia se ne sono viste davvero poche se si pensa che l’eritreo ha trionfato a parità di tempo con Walter Calzoni (Q36.5) e con un solo secondo sul belga William Lecerf (Soudal-QuickStep). Ma la vittoria di Mulubrhan non è una sorpresa.

Il podio del Tour du Rwanda a Kigali, da sinistra Calzoni, Mulubrhan e Lecerf, racchiusi in un secondo (foto Sonoko Tanaka)
Il podio di Kigali, da sinistra Calzoni, Mulubrhan e Lecerf, racchiusi in un secondo (foto Sonoko Tanaka)

«Henok va davvero forte, ve lo posso assicurare – afferma Tolio – veniva dalla conquista del suo secondo titolo africano e non era una vittoria da poco. Quando lo abbiamo saputo, in squadra abbiamo festeggiato perché avere un campione continentale fa sempre un certo effetto. Lui ci teneva particolarmente e quando siamo partiti, conoscendo la sua grande condizione, sapevamo che dovevamo correre per lui».

Avevi già corso con Henok?

Lo conoscevo, ci eravamo già affrontati da under 23. Ricordo in particolare al Giro U23 del 2021, io ero alla Zalf, lui correva con Bike Aid, un team tedesco e mi era rimasto impresso perché quando arrivavano le salite lui era sempre lì, non solo tra i primi ma pronto a dare battaglia. Chi l’avrebbe mai detto che ci saremmo trovati a correre insieme…

Henok e Tolio: il veneto è stato decisivo per l’eritreo, soprattutto nel finale
Henok e Tolio: il veneto è stato decisivo per l’eritreo, soprattutto nel finale
Tornando a casa che cosa ti è rimasto di questa esperienza?

Tantissimo, ho ancora tutte le immagini davanti agli occhi. Non ho mai incontrato un calore popolare così forte e sì che vengo dal Veneto, dove viviamo di pane e ciclismo… Ma quello che vedevamo ogni giorno era un entusiasmo incredibile, non c’erano 10 metri di strada senza gente ai bordi, a incitare e non dico solo quando passavamo nelle città, ma anche nei piccoli villaggi. Abbiamo vissuto in un clima di vera festa e non nascondo che mi ha fatto molto pensare.

Perché?

Perché a quell’entusiasmo faceva da contraltare un modo di vita che noi non conosciamo più. Vedi sempre gente indaffarata, che lavora con le mani. Ad esempio nei campi: noi siamo abituati alle macchine, lì vedi gente che per ore e ore si adopera perché la terra dia frutti, com’è sempre stato. Noi col nostro passaggio portavamo qualcosa di nuovo, diverso e questo dava alla gente un sorriso. Mi sono sentito orgoglioso per questo.

Sempre tantissima gente ai bordi delle strade. Il Rwanda è ormai dedito al ciclismo
Sempre tantissima gente ai bordi delle strade. Il Rwanda è ormai dedito al ciclismo
In Rwanda si correranno i mondiali fra due anni. Che strade hai trovato?

Bellissime davvero, con un asfalto pressoché perfetto. Dico la verità: di strade così non ce ne sono tantissime, le città sono molto diverse dai villaggi e anche dalle strade di collegamento fra questi, dove sono ancora di terra battuta, ma noi siamo sempre passati su strade ampie e asfaltate. Solo nelle due tappe finali a Kigali abbiamo trovati alcuni tratti in pavé, sembrava di essere “precipitati al Nord”…

Veniamo alla corsa, avevi mai vissuto una settimana intera sul filo del rasoio?

No, anche questo ha reso il Giro del Rwanda un’esperienza elettrizzante. Eravamo in 5 tutti votati alla causa di Henok. Le prime due tappe erano quelle più pianeggianti e infatti si sono concluse in volata, noi puntavamo su Fiorelli, ma l’eritreo era in una forma così avanzata che ha fatto comunque terzo e secondo. Il terzo giorno ha vinto e si è preso la maglia. Da lì è stata quasi una corsa a eliminazione, con salite ogni giorno dove si faticava tanto.

Il successo di Mulubrhan nella terza tappa. Per lui già 4 vittorie in questa stagione
Il successo di Mulubrhan nella terza tappa. Per lui già 4 vittorie in questa stagione
Il giorno dopo però l’ha persa…

Abbiamo sbagliato qualcosa nel finale, si è creato un buco del quale la Soudal-QuickStep ha approfittato, ma loro puntavano forte a questa corsa. Paradossalmente però quell’errore ci ha un po’ favorito, perché nelle tappe successive abbiamo lasciato fare alle altre squadre. Non dovevamo più controllare la corsa e potevamo risparmiare energie preziose.

La classifica è andata costruendosi in quella maniera stranissima già alla penultima tappa. Tu a quel punto sei diventato fondamentale per le ambizioni della Green Project-Bardiani.

Io ero deputato a essere il luogotenente di Henok, dovevo stargli vicino in ogni frangente e questo mi ha permesso di affinare la condizione, andavo sempre meglio, tanto è vero che mi sono ritrovato nella Top 10 prima del finale. Non dovevo però guardare alle mie ambizioni, correvo per lui, era fondamentale che nell’ultima tappa finisse davanti a Calzoni. Quando siamo arrivati al traguardo la mia gioia è stata vedere il diesse Amoriello avvicinarsi a me e abbracciarmi, ringraziandomi per il lavoro svolto, dicendo che era merito mio se avevamo vinto. Non nascondo che quelle parole hanno un grande valore per me in questo momento della carriera.

Foto di gruppo in casa Green Project Bardiani, da sinistra Tarozzi (vincitore di tappa), Gabburo e Mulubrhan
Foto di gruppo in casa Green Project Bardiani, da sinistra Tarozzi (vincitore di tappa), Gabburo e Mulubrhan
Calzoni vi aveva spaventato?

Diciamo che andava talmente forte che aveva un po’ messo in dubbio le nostre sicurezze. Con Badilatti nella terzultima tappa avevano fatto davvero un grande lavoro. Walter è come Henok, va forte in salita ma è anche veloce e molto. Poi dava sempre battaglia. E’ stata dura…

E ora?

Ora si riparte verso Taiwan. Io non avevo mai girato così tanto. Vedremo che cosa ci troveremo di fronte, anche che impostazione daremo alla squadra. Io comunque sono in forma e con tanta voglia di fare, se sarà una corsa dura mi farò trovare pronto.

Obiettivo 10 vittorie. Per Missaglia la Q36.5 è lanciata

24.02.2023
6 min
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C’è grande entusiasmo in casa Q36.5, la nuova squadra professional nata sulle ceneri della Qhubeka. La vittoria di Matteo Moschetti è stata un’iniezione di fiducia per il team, impegnato in una missione, quella di riannodare il filo che si era interrotto improvvisamente nel 2021. Douglas Ryder, il mentore del progetto come lo era della squadra sudafricana, ha sempre tenuto un profilo molto attento nelle sue parole, sin dall’inizio, ma ora che il manager si è un po’ fatto da parte, emerge dal gruppo grande entusiasmo e concentrazione.

Normalmente Gabriele Missaglia, uno dei diesse del team, è abbastanza restio a prestarsi a taccuini e microfoni, ma questa volta lascia trasparire senza alcun freno tutta la voglia di fare che anima lui e ogni altro componente della Q36.5.

«Mi riviene in mente – dice – quando tutto è partito, c’è una data specifica: il 21 luglio dello scorso anno quando Douglas, io e pochissimi altri reduci da quella bellissima quanto sfortunata avventura ci siamo decisi a rimetterci all’opera. Siamo partiti da zero, ma a novembre avevamo già completato tutto l’organigramma».

La volata vincente di Moschetti alla Clasica de Almeria, primo centro per la Q36.5
La volata vincente di Moschetti alla Clasica de Almeria, primo centro per la Q36.5
E’ stato un lavoro difficile?

Penso come nessun altro nella mia esperienza vissuta a vario titolo nel ciclismo. Abbiamo rifatto tutto di sana pianta e ancora l’opera non è completata, diciamo che siamo un work in progress con obiettivi molto in là nel tempo, ma intanto i mattoni per la casa sono stati messi tutti e abbiamo tempo per sistemarla e arredarla come si deve. Intanto abbiamo già vinto e questo è importante, abbiamo messo fieno in cascina.

Un problema che Ryder sottolineava alla vigilia era la costruzione del calendario…

Le cose sono andate anche oltre le nostre più rosee previsioni. Essendo una squadra nuova non sapevamo chi ci avrebbe invitato, abbiamo mandato richieste un po’ ovunque e ci sono arrivate indietro tantissime proposte, quante non ne avremmo mai sperate. Parteciperemo a tutte le gare del calendario italiano ma anche a tutte le classiche del Nord comprese le monumento. Francia, Belgio, Spagna, ma anche molto più lontano.

Calzoni ha iniziato bene: 11° alla Jaen Paraiso e sempre nella top 10 al Giro del Rwanda
Calzoni ha iniziato bene: 11° alla Jaen Paraiso e sempre nella top 10 al Giro del Rwanda
Un calendario da squadra WorldTour…

Esatto e questo legittima la nostra scelta di avere un roster molto largo con 24 corridori, come solo le squadre retrocesse dal massimo circuito o associate ad esso hanno. D’altronde era fondamentale per la Q36.5 avere un calendario d’altissimo profilo, anche per dare risposte agli sponsor di grande livello che ci hanno dato fiducia. Noi siamo al chilometro zero di un cammino che ha un obiettivo condiviso con tutti coloro che hanno investito in quest’idea: tornare nel WorldTour, dov’era la Qhubeka.

Siete presenti anche al Giro del Rwanda.

Per noi quella partecipazione era quasi doverosa viste le nostre radici e il nostro passato. Non nascondo che, quando è arrivato l’invito, fra noi diesse ci siamo contesi la presenza, alla fine è toccato ad Alexandre Sans Vega e va bene così, sarà per il prossimo anno. Ce la siamo cavata abbastanza bene nelle prime tappe, anche se non è una corsa semplice, ad esempio la nostra punta Hagen è caduto ed è stato costretto al ritiro. Ma in una gara d’inizio stagione ci sta.

Missaglia ha seguito Ryder Douglas nel percorso dal Team Qhubeka alla Q36.5
Missaglia ha seguito Ryder Douglas nel percorso dal Team Qhubeka alla Q36.5
Ora che la macchina è lanciata, è stato difficile costruirla, nel senso di portare i corridori nel team?

Molto, perché quando parti da zero che cosa puoi offrire a manager e corridori? Possiamo dire che chi ha creduto nel nostro progetto ora è sempre più invogliato a lavorare, allenarsi, correre e lo verifico ogni giorno, mentre chi ha rifiutato si mangia le mani, e ci sono i casi…

La squadra ha uno zoccolo duro italiano…

La metà dei tesserati. Avevamo deciso sin dall’inizio che serviva una base di una stessa nazione, pur considerando che fra 24 corridori ci sono ben 13 Paesi rappresentati. E’ l’Italia e questo mi fa piacere, ma poteva essere qualsiasi altro Paese. Noi abbiamo scelto corridori giovani, che devono farsi le ossa ma anche gente d’esperienza. Corridori che facessero gruppo. La nostra è come una famiglia, nella quale tutti lavorano per uno stesso scopo. Chi ne fa parte ha capito che è qualcosa di diverso da ogni altro team, innanzitutto nello spirito.

Parisini, proveniente dal team Devo della Qhubeka, già protagonista nella nazionale U23 (foto Q36.5)
Parisini, proveniente dal team Devo della Qhubeka, già protagonista nella nazionale U23 (foto Q36.5)
Un team che però non ha vere e proprie punte.

Ne siamo coscienti, non abbiamo il vero corridore da WorldTour, ma non era possibile prenderne, erano tutti sotto contratto. Se facciamo tutto per bene, credo che il prossimo anno verranno a bussare alla porta della Q36.5.

Che cosa ha rappresentato il successo di Moschetti?

E’ stato diverso da qualsiasi altro che ho seguito, aveva un sapore particolare. Su Matteo confidiamo molto, io lo vedo diverso dal passato, più volitivo, lavora con molta più passione. Dà morale a se stesso ma anche a noi. Brambilla invece lo abbiamo voluto fortemente perché sappiamo che cosa ci può dare in gara ma anche fuori. Purtroppo quest’inverno è stato operato di appendicite e ha perso tre settimane di allenamento, è indietro nella preparazione ma contiamo che in queste gare d’inizio anno riprenda il terreno perduto.

Per Fedeli un buon inizio tra Saudi Tour e Tour des Alpes Maritimes
Per Fedeli un buon inizio tra Saudi Tour e Tour des Alpes Maritimes
Degli altri italiani cosa ci sai dire?

Su Conca credo molto, anche per lui la trasferta in Rwanda non è stata fortunatissima ma mi aspetto una sua crescita. Parisini viene dal nostro team Devo, ha acquisito esperienza anche in nazionale, deve solo progredire, come anche Puppio: ricordo che aveva fatto uno stage alla Qhubeka, lo portai alla Bernocchi e lui per tutta risposta fece 6° nell’edizione dominata da Evenepoel. Calzoni è un mio pallino, l’ho voluto fortemente nel team e devo dire che ha iniziato subito forte, anche oltre le mie aspettative. Lo stesso dicasi per Fedeli, che la Saudi Tour ha iniziato davvero in maniera promettente. Poi tra gli italiani possiamo considerare anche Badilatti, ticinese del confine, che in Ruanda sta facendo bene.

Ryder ha detto che l’obiettivo per questo primo anno sono le 10 vittorie: sarà più facile ottenerne nella prima o seconda parte di stagione?

La doppia cifra è il target che ci siamo tutti posti in questo 2022. La prima parte di stagione sarà obiettivamente più dura, con le classiche e le tante sfide che ci attendono, ma io sono molto ottimista. I conti li faremo a fine anno, tireremo una riga e vedremo com’è andata, pensando anche ai punti Uci. Le vittorie in questo caso non sono tutto, l’obiettivo vero è fra tre anni…

Calzoni, scalpita. I primi approcci alla Q36.5

02.01.2023
4 min
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Con cinque vittorie, un sacco di piazzamenti e una crescita importante, Walter Calzoni si appresta ad iniziare la sua prima stagione da professionista. E lo farà nelle fila della Q36.5 Pro Cycling Team.

L’ormai ex atleta della Delio Gallina Ecotek Lucchini, è stato uno degli atleti più costanti alle dipendenze di patron Cesare Turchetti. Il duro lavoro ha pagato e alla fine per Calzoni sono arrivate anche le convocazioni in azzurro. E solo uno strepitoso Lorenzo Germani gli ha tolto la gioia della maglia tricolore.

Per Calzoni anche una vittoria all’estero, nella prima tappa del Tour of Malopolska
Per Calzoni anche una vittoria all’estero, nella prima tappa del Tour of Malopolska
Walter un 2022 e ti ritrovi professionista con una squadra che sembra avere solide basi. Come sono stati questi primi approcci? 

Per adesso ci siamo trovati solo ad ottobre per fare qualche riunione, per provare le misure delle bici e dell’abbigliamento. A dicembre non siamo andati in ritiro, ma andremo adesso a gennaio. E quindi conoscerò bene tutti. Però il mio direttore sportivo (Missaglia, ndr), il mio preparatore e un po’ di dirigenti li ho già incontrati. Il progetto sembra buono, quindi vedremo!

Dove vi siete trovati la prima volta?

Eravamo in un hotel, di cui adesso mi sfugge il nome, comunque in Italia vicino a Malpensa. Sono stati quattro giorni in cui le impressioni a freddo sono state positive. Ricordo che appena sono arrivato il primo che ho visto è stato Gianluca Brambilla. Lui era arrivato in anticipo. Sono andato da lui, mi sono presentato. Ero un po’ in soggezione perché comunque ero con un corridore che ha vestito la maglia rosa.

Ma “Brambi” è buono!

Un po’ di ansia ce l’avevo! Però presto ho capito che sono tutte persone normali. Anche se sono lì da anni e hanno vinto già tanto. Lo stesso Brambilla in quei giorni mi ha subito dato qualche consiglio. Ho trovato tutte persone più che disponibili. E si è notata subito la differenza con le squadre precedenti. Ma credo sia normale. E’ un grosso step.

Q36.5, brand di abbigliamento tecnico, presenterà la maglia del team il prossimo 10 gennaio a Zurigo
Q36.5, brand di abbigliamento tecnico, presenterà la maglia del team il prossimo 10 gennaio a Zurigo
Quando e dove andrete in ritiro?

Andremo a Calpe dal 9 al 22 gennaio.

Conosci già il tuo programma?

Non ancora. Ci diranno tutto lì. Da quello che so intanto ci daranno il calendario per i primi sei mesi di stagione e poi vedremo strada facendo. La cosa più importante sarà quella di allenarsi bene e fare gruppo. So che faremo delle riunioni singolarmente con i direttori sportivi e gli altri dello staff.

La bici già ce l’avete? Perché la vostra sembra essere misteriosa!

Sì, sì! E’ arrivata proprio poco prima della fine dell’anno e l’ho provata subito. E’ strepitosa. Nei dilettanti hai una bella bici, però qua hai il top! Più di così non si può e questo è anche uno stimolo in più.

Scott vi fa scegliere o avrete un modello unico?

Sarà una bici unica in quanto il modello nuovo di Scott è sia aero che per la salita.

Walter Calzoni (classe 2001) ha corso il Valle d’Aosta con la maglia della nazionale U23
Walter Calzoni (classe 2001) ha corso il Valle d’Aosta con la maglia della nazionale U23
Prima ci hai detto di Brambilla, che consigli ti ha dato Gianluca?

Visto che eravamo ad ottobre mi ha ribadito l’importanza di staccare bene a fine stagione. Di non fare l’errore proprio perché si è dei neopro’ di voler cominciare subito l’anno nuovo senza riposare. Altrimenti la preparazione ne avrebbe risentito più in là: comunque la stagione è lunga. In più so che i ritiri con la squadra avranno carichi di lavoro un po’ più pesanti rispetto ai ritiri che si facevano nelle altre categorie.

E ti spaventa questa cosa?

No, no, anzi… Alla fine meglio fare più lavoro in allenamento e meno fatica in gara poi. Già adesso ho fatto qualcosina in più rispetto agli altri anni. Ma la differenza non è tanto in quello. Più che altro in questo periodo dell’anno decidevo io come allenarmi, facevo da me. Adesso invece c’è il preparatore, Mattia Michelusi, che mi dà il programma con tutti i lavori specifici e le intensità da rispettare. Semmai ho introdotto un po’ di  palestra: gli altri anni ne facevo poca, quasi niente. E più pesante, però va bene così: è il mio lavoro adesso.

Nibali si vede?

Poco. Poi lui ha un ruolo più dirigenziale. Quando eravamo a Malpensa in quei giorni era sempre in riunione. Ricordo che non veniva mai a cena prima delle 21,30.

Una vittoria per cambiare registro, ora Calzoni diventa grande

17.10.2022
5 min
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E’ un periodo davvero brillante quello che Walter Calzoni sta vivendo. Il portacolori della Gallina Ecotek Lucchini ha onorato nella maniera migliore il suo team, aggiudicandosi il Giro di Franciacorta che è “la gara”, passando davanti alla sede industriale dello sponsor Ecotek. Un modo per salutare il team in vista della sua nuova avventura all’interno del rinnovato Team Qhubeka, la nuova squadra che sta prendendo forma in queste ore anche con l’interesse di Vincenzo Nibali.

Il 21enne è già pronto per la nuova avventura, ma prima ci sono da onorare gli impegni con la squadra continental che gli ha consentito di mettersi in mostra: «Al Giro di Franciacorta tenevano molto, ma anch’io. Tanti amici erano venuti per assistere all’arrivo, sperando in una mia vittoria e volevo accontentarli. Poi io sono bresciano, questa è davvero la gara di casa. E pensare che al mattino le cose non si erano messe bene…».

Il bresciano, nato l’8 agosto 2001, è stato il più vincente del team, dove ha trovato molta collaborazione
Il bresciano, nato l’8 agosto 2001, è stato il più vincente del team, dove ha trovato molta collaborazione
Che cosa era successo?

La gara iniziava con un tratto di trasferimento e ho sentito subito che la bici aveva un problema, così ho perso qualche minuto per rimetterla a posto, con il cuore che mi batteva in gola. Non era il modo migliore per iniziare, ma per fortuna non era il via ufficiale e ho fatto in tempo a rimettere tutto a posto, perché poi la gara è partita subito a tutta.

Come si è sviluppata?

Io ho cercato subito la fuga e l’ho trovata, portando via un gruppetto di meno di 10 uomini, a un certo punto però i ragazzi della Hopplà non hanno più tirato e gli altri si sono uniformati. Avevamo ancora un buon vantaggio, così ho deciso di andar via e un paio mi hanno seguito. A 40 chilometri dal traguardo eravamo rimasti in due, a 25 sono rientrati in 4 dal gruppo. Nel finale quando si faceva su e giù vicino allo stabilimento Ecotek, Belleri ha tirato dritto e io gli sono andato dietro per poi saltarlo e andare a vincere. Se aspettavo rientravano da dietro e rischiavo di vanificare tutta la giornata.

L’arrivo solitario al Giro di Franciacorta, onorando la maglia nella gara in casa dello sponsor
L’arrivo solitario al Giro di Franciacorta, onorando la maglia nella gara in casa dello sponsor
Una vittoria che è il suggello a una bella stagione.

Sinceramente non credevo che sarebbe andata così bene, avevo chiuso bene il 2021, ma questa è stata ancora meglio. Ho portato a casa belle vittorie in Italia e all’estero, ho chiuso secondo al campionato italiano, poi è arrivato questo successo, è stato un crescendo.

Tutti risultati che hanno contribuito a spalancarti le porte della professional. Com’è nato il contatto?

Grazie al mio allenatore Raimondi, che è stato professionista e ha mantenuto molti contatti nell’ambiente. Quest’estate ha sondato il terreno con molti team e quello che è sembrato più interessato è stato Missaglia, che ha detto di mettermi nella lista dei papabili per la nuova squadra. Poi, dopo la vittoria a Montegrappa, Noè che lavora per il gruppo Carera mi ha contattato per affidarmi alla loro agenzia: neanche un’ora dopo la firma, mi ha richiamato dicendo di inviargli i dati dei miei allenamenti perché il contatto stava prendendo corpo. Mi hanno chiamato per dei test e alla fine mi hanno sottoposto il contratto per il nuovo team.

Per Calzoni anche una vittoria all’estero, nella prima tappa del Tour of Malopolska
Per Calzoni anche una vittoria all’estero, nella prima tappa del Tour of Malopolska
Che impressione ti fa essere nel team di Nibali?

E’ un grandissimo onore. So che è coinvolto nel progetto, non so bene in che veste, ma mi reputo fortunato di avere quest’opportunità di poter lavorare in sinergia con un campione simile.

Di te si dice che sei uno dei pochi scalatori puri delle nuove generazioni e per questo il tuo nome faceva gola…

Effettivamente nelle salite lunghe vado sempre meglio, ma anche sui percorsi misti mi difendo. Inoltre se la gara diventa davvero dura posso far valere buone doti di velocità. Chiaramente non sono uno sprinter, ma posso giocarmela in arrivi ristretti e credo di averlo dimostrato proprio a casa mia…

Il bresciano ha già vestito la maglia della nazionale, ma punta a farlo in gare titolate
Il bresciano ha già vestito la maglia della nazionale, ma punta a farlo in gare titolate
Nelle gare a tappe come ti trovi? Passando fra le professional diventeranno un po’ il tuo pane quotidiano…

Non ne ho fatte tante. Al Giro Under 23 non sono arrivato nella forma migliore e infatti ho sofferto, perdendo presto ogni obiettivo di classifica, ma notavo che nelle tappe finali mi sentivo meglio e anche al Giro della Val d’Aosta sono andato in crescendo fino alla piazza d’onore a Cervinia. Penso che per gare fino a una settimana di lunghezza posso far bene.

Che cosa ti aspetti dal 2023?

Sarà il mio primo anno e voglio passarlo a imparare tutto quel che serve. Magari in qualche gara minore potrei anche ritagliarmi uno spazio, ma quel che conta sarà apprendere il più possibile. Io ad esempio sono uno che finora si è allenato a sensazione, senza gli orpelli tecnologici ma ora non sarà più possibile. Quel che mi aspetto è capire che corridore posso essere, perché solamente ora si comincia a far sul serio…

Dalla Delio Gallina ecco uno scalatore: è Walter Calzoni

11.05.2022
5 min
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Quando Fabio Aru vinse a Montecampione, nel Giro d’Italia del 2014, ai 2 chilometri dall’arrivo c’era anche un ragazzino a fare il tifo. Era Walter Calzoni. Come per molti ragazzi, la sua storia con il ciclismo nasce da bambino. In famiglia nessuno andava in bici, ma un amichetto sì.

Un giorno se ne andò a vedere la corsa rosa lassù. Una stradina di montagna dalla cui cima s’intravede il lembo settentrionale del Lago d’Iseo.

Il Giro arrivava sopra a casa sua, Walter è di Sellero, in piena Val Camonica, e di certo non poteva mancare.

«Come tanti altri ragazzini – racconta Calzoni – ero più interessato alle borracce che alla corsa vera e propria. L’idea era quella che poi le avremmo usate in allenamento». Con la sua biciclettina, Walter si è arrampicato fin quasi all’arrivo. Era andato con lo zio di quel suo amico e con il suo gruppo di cicloamatori.

Calzoni (a destra) prima dell’ultima gara a Monte Urano, nelle Marche, chiusa al 7° posto
Calzoni (a destra) prima dell’ultima gara a Monte Urano, nelle Marche, chiusa al 7° posto

Ecco l’exploit

Da quel giorno il bresciano ne ha fatta di strada, ha persino indossato la maglia azzurra nel Memorial Pantani dello scorso anno (foto in apertura). Oggi Calzoni è uno dei corridori della Delio Gallina – Ecotek Lucchini Colosio, una delle continental italiane. Al terzo anno da under 23, sembra finalmente la stagione della svolta, quella del salto di qualità.

Ha vinto una gara ed è salito sul podio in un’altra e viaggia costantemente nelle posizioni di vertice.

«Sì, un terzo anno, ma è quasi come fossi al secondo. Nel primo, tra Covid e qualche problema personale, ho corso pochissimo: non sarò arrivato neanche a dieci corse e quasi tutte erano “il circuitino”. L’anno scorso ho faticato un po’ ad inizio stagione, ma poi sono uscito bene dal Giro d’Italia under 23 e da lì ho raccolto qualche risultato».

«Quest’anno un po’ me lo aspettavo di andare forte – spiega Calzoni – Nelle prime corse non ero proprio in condizione. La cercavo andando fuga e aiutando squadra. Poi dopo la corsa a tappe Belgrade Banjluka le cose sono migliorate. Quella gara mi ha dato qualcosa in più e si sono visti i risultati».

In Serbia Calzoni si è portato a casa la maglia bianca di miglior giovane.

Il bresciano (classe 2001) con la coppa in mano al fianco di Turchetti
Il bresciano (classe 2001) al fianco di Turchetti

Alla Delio Gallina

La Delio Gallina, diretta dal diesse Cesare Turchetti, è un ambiente ideale per crescere. C’è la giusta dose di pressione e il fatto che quest’anno abbiano deciso di diventare continental ha ampliato le prospettive.

«Siamo seguiti bene dalla squadra – dice Calzoni – Qui non ci mettono pressione, semmai siamo un po’ noi stessi che lo facciamo. Andiamo alle gare per vincere. A 20 anni non serve l’allenatore che ti deve mettere pressione. Sei tu che vuoi e devi andare forte».

«La mia motivazione è forte. Adesso gli avversari sanno che posso arrivare davanti, questa cosa mi fa piacere, anche se sono più marcato. Però vincere da marcato vale di più. Se vinci in questo non è perché hai fortuna, non è perché sei riuscito a scappare così “tanto per”, ma perché te la sei meritata. Ed è più soddisfacente insomma».

«Fin da juniores non avevo mai fatto tanti chilometri e quindi anche per questo nelle prime gare ho faticato un bel po’. Poi a forza di uscire tutti giorni e con le gare subisco un po’ meno il ritmo. Per me sono soprattutto i chilometri in allenamento che ti fanno andare meglio in gara. Ne ho fatti sempre di più e l’anno scorso ho chiuso intorno ai 25.000. Quest’anno sono sui 9.000 per adesso».

L’equilibrio però è importante e adesso che si viaggia nel pieno della stagione quegli allenamenti a casa di cui parla Calzoni non sono molto intensi. La condizione si mantiene e si migliora con le corse.

«Prima e dopo le gare faccio un’ora e mezza di scarico, al massimo due. E visto che si corre sia il sabato che domenica faccio una distanza a settimana, non di più. Lo stesso vale per i lavori intensi: in questa fase della stagione sono pochi».

Calzoni vince (in salita) alla Volta Provincia de Valencia lo scorso settembre e coglie il primo successo da U23
Calzoni vince (in salita) alla Volta Provincia de Valencia lo scorso settembre e coglie il primo successo da U23

Scalatore dentro

Di solito chi vince tra gli under 23 è sempre un atleta veloce. La maggior parte di quelli che abbiamo intervistato ci hanno detto di essere corridori dallo spunto veloce, ma che tengono bene sulle salite brevi.

Calzoni no: lui, con i suoi 64 chili spalmati su 172 centimetri di altezza si definisce uno scalatore. Le “misure” da grimpeur ce le ha quindi.

«Mi trovo a mio agio sui percorsi duri e selettivi. L’anno scorso ho fatto bene nella tappa di Piancavallo al Giro del Friuli. Lì ho capito che posso tenere anche sulle salite abbastanza lunghe e per questo spero di fare bene al Giro d’Italia U23. Lo scorso anno ho faticato un po’, però vediamo cosa riserverà questa corsa. Io vado per vincere una tappa, o almeno mi piacerebbe. Ma vediamo come passeranno le giornate e vedremo eventualmente se si potrà tenere duro anche per la classifica».

«Per quanto riguarda il peso qualcosa posso perdere ancora. Un po’ perché lo voglio e un po’ perché col caldo ci si asciuga un filino. E poi serve per andare forte in salita! Oggi se non sei al top è difficile stare davanti… anche tra gli under 23».