Jasper Philipsen, Vuelta 2020

Philipsen spegne il sogno di Cattaneo

05.11.2020
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A un certo punto, dopo la fuga sull’Angliru, Mattia Cattaneo ci la creduto, poi il grande sogno si è infranto a 3,5 chilometri dall’arrivo di Puebla de Sanabria e la tappa l’ha vinta Philipsen. Quando il vento si è messo contro e dietro i rivali si sono messi a tirare. E’ partito a circa 30 chilometri dall’arrivo, mollando la compagnia della grande fuga nata dopo appena 40 chilometri nella tappa più lunga della Vuelta (230,8 chilometri), corsa con il freddo più freddo. Il percorso era tutto un su e giù, con sei salite come colline, dal nome magari poco minaccioso ma capaci di sommare un dislivello di quasi 4.000 metri.

La fuga giusta

Colpetti di tosse frammentano il discorso. Dopo la tappa c’è stato il controllo, poi s’è trattato di tornare al pullman e fare la doccia. A quel punto, con l’acqua calda che riportava la voglia di parlare, la sua ricostruzione comincia.

«Alla fine non c’era tanto freddo – dice – mentre all’inizio ci ha fatto battere i denti. Io ho l’abitudine di partire sempre davanti e dopo 40 chilometri ho cominciato a vedere scatti e controscatti e una fuga che partiva con gente come Luis Leon Sanchez, Guillaume Martin e Rojas. C’erano due Sunweb, due Mitchelton. Era una bella fuga e io comincio a sentire le sensazioni giuste. Servirebbe la quarta settimana…».

Mattia Cattaneo, Vuelta 2020
Mattia Cattaneo, una Vuelta in crescita
Mattia Cattaneo, Vuelta 2020
Mattia Cattaneo, Vuelta in crescita

Contro il vento

Lo scatto è stato giusto. La salita è il suo terreno e l’ha gestita, senza che dietro guadagnassero chissà quanto. Poi quando la discesa si è addolcita e la strada si è allargata, sono iniziati i guai.

«Era dura con quel vento in faccia – dice – sarebbe bastato quel pizzico di fortuna di non trovarlo. Ho capito di avere i minuti contati quando sono arrivato con circa un minuto a 10 chilometri dall’arrivo. La strada si è allargata, la discesa è diminuita fino a un 2-3 per cento e il vento era teso. Dietro tiri cinquanta metri e ti sposti, davanti tiri sempre e non hai scampo. Il rammarico c’è, come ogni volta che vedi la vittoria e poi ti scappa. Ma so di aver dato tutto, per cui non c’è rimpianto…».

Urlo Philipsen

Sul traguardo Philipsen, che ha 22 anni e veste la maglia della Uae Team Emirates, ha cacciato un urlo animalesco, festeggiando per la prima tappa vinta in un grande Giro. Alle sue spalle, ugualmente sollevati ma certo meno euforici, gli uomini di classifica hanno apprezzato la neutralizzazione della tappa ai meno tre dall’arrivo: scelta della Giuria che ha permesso agli atleti di vertice di andare a letto con la stessa classifica di ieri.

«E’ fantastico – dice Philipsen – non posso descrivere quanto io sia felice per questa vittoria. Significa tanto per me. Ho aspettato il momento giusto per tutta la Vuelta e oggi è arrivato in modo proprio inatteso. Ci sono state tante squadre a controllare la corsa. La fuga era forte e ben assortita, ma ho visto il vento e posso dire che stare davanti era davvero duro. Ho cominciato a crederci chilometro dopo chilometro, ma stamattina non mi sarei mai aspettato una volata di gruppo. A me piacciono gli arrivi in leggera salita, questo era perfetto per me».

Con il passare dei giorni sembra sempre più chiaro che la Vuelta si deciderà sabato sulla Covatilla. A meno che Carapaz, non fidandosi di poter recuperare 39 secondi nel testa a testa, decida di inventarsi qualcosa.

Primoz Roglic, cronometro Mirador de Ezaro, Vuelta 2020

Roglic alza la voce. Carapaz cosa farà?

03.11.2020
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Quest’anno va così: salite ovunque, anche nelle crono. E così, dopo la tappa a La Planche des Belles Filles del Tour e le prove tutto sommato normali del Giro, la Vuelta tira fuori dal cilindro la cronometro del Mirador de Ezaro: 33,7 chilometri con 1,8 chilometri al 14,8 per cento nel finale. Cambio di bici, quindi, e scene già viste. Ma la crono non dovrebbe essere un esercizio fondato sulla velocità?

Comunque, a conferma del gran momento di forma, la vittoria è andata a Primoz Roglic, che avrà pure sofferto sull’Angliru, ma prima di allora in salita (soprattutto quelle esplosive) le aveva suonate a tutti.

Lo sloveno della Jumbo-Visma, che ha così ripreso la maglia rossa con 39” su Carapaz, ha vinto per un solo secondo su Jan Barta (Ccc Team) e 10 su Oliveira. Sesto Mattia Cattaneo, che conferma così il ritorno a un buono stato di forma e a qualità importanti anche nella crono. E’ così (e anche meglio) che vogliamo vederlo. Ma non glielo diciamo, sai mai…

Richard Carapaz, cronometro Mirador de Ezaro, Vuelta 2020
Carapaz ha fatto una buona crono, ma ha chiuso a 49″ da Roglic
Richard Carapaz, cronometro Mirador de Ezaro, Vuelta 2020
Carapaz ha chiuso a 49″ da Roglic

Barta affranto

«E’ stato tutto il giorno un su e giù – ha detto Barta con lo sguardo triste, alzandosi dalla hot-seat su cui sedeva da più di un’ora – ho provato a scavalcare le salitelle, a recuperare in discesa e risparmiare un po’ per il finale perché era una salita davvero dura. Eravamo venuti a ricontrollare ieri il percorso. La cronometro era l’obiettivo più grande di questa Vuelta. Non vedevo l’ora di fare la migliore performance. Sarebbe stato fantastico vincere. Nonostante tutto, sono abbastanza soddisfatto della mia prestazione oggi».

Roglic sorpreso

Roglic, a sentire lui, non se lo aspettava. Anche se le sue performance a crono son ben note, l’ultima vittoria contro il tempo risale proprio alla Vuelta dello scorso anno, con la vittoria nella tappa di Pau, disputata in territorio francese.

«E’ bellissimo – ha detto lo sloveno dopo l’arrivo – è passato molto tempo da quando ho vinto una cronometro, quindi è una giornata super bella. Mi sento forte, sorprendentemente. Pensavo che avrei sofferto molto di più, ma sono andato bene e anche il risultato è buono. Tutti dicevano che avrei guadagnato su Carapaz, ma si parte tutti alla pari. Fare una crono non è un esercizio divertente, però ho scoperto di avere ancora buone gambe e il risultato mi ha premiato. E in ogni caso è meglio stare 39 secondi avanti che 39 secondi indietro».

Carapaz cocciuto

Carapaz, spogliato della maglia rossa dopo aver assaporato il sangue dell’avversario sull’Angliru, se ne è fatto presto una ragione, confidando nel possibile (e da lui atteso) calo di Roglic nell’ultima settimana e in qualche tappa che ancora gli strizza l’occhio.

«E’ stata una cronometro davvero difficile – dice l’ecuadoriano – ma sono molto contento del risultato. Siamo venuti per vincere la Vuelta ed è ancora un obiettivo possibile. Penso che la corsa sia ancora aperta, ci sono molte possibilità. Ci saranno molte giornate molto difficili, dove tutto può cambiare. Questa mattina ci siamo preparati a lottare, semplicemente continueremo a farlo».

Ecco il menù

Che cosa li aspetta ancora? Domani tappa vallonata ad Ourense. Poi salite a non finire per Puerta de Sanabria. Altra tappa impegnativa con due salite a Ciudad Rodrigo. E prima del carosello finale di Madrid, l’arrivo in salita all’Alto de la Covatilla. La crono di solito riporta gli effettivi valori in campo. Ma se il Roglic dell’Angliru dovesse ripresentarsi, allora davvero Carapaz non sarebbe spacciato.

Mattia Cattaneo, Alto de Angliru, Vuelta 2020

Lo Zoncolan è più duro, parola di Cattaneo…

01.11.2020
2 min
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Questa volta Cattaneo in fuga c’è andato per arrivare e aveva trovato anche la compagnia giusta. Perché oltre al drappello degli stranieri, stando al vento si riusciva anche a fare quattro chiacchiere con Formolo e Gasparotto. Anche loro fra gli ultimi superstiti della pattuglia tricolore. Al traguardo il corridore della Deceuninck-Quick Step è arrivato infine 21° a 6’12” eppure segnali positivi se ne sono visti.

Si poteva arrivare, ma…

Ma non ci hanno lasciato tanto spazio. Sembrerà una frase fatta, però si va forte davvero.

Mattia Cattaneo, Enrico Gasparotto, Alto de Angliru, Vuelta 2020
Cattaneo e Gasparotto, tocca a loro tirare
Mattia Cattaneo, Enrico Gasparotto, Alto de Angliru, Vuelta 2020
Turno in testa alla fuga per Cattaneo e Gasparotto
Avevi già fatto l’Angliru?

No, prima volta assoluta. E’ duro, ma secondo me lo Zoncolan è peggio. Oggi ho visto un chilometro davvero terrificante, quel tratto dritto al 23 per cento. Per il resto è una salita dura con dei tratti in cui respirare. Lo Zoncolan invece molla un po’ solo nella galleria e poi è di nuovo cattivo.

Che effetto fa una salita così dura senza pubblico?

Altro effetto spettrale. Il pubblico fa differenza, non senti niente, ti passa meglio. Oggi si sentivano i rumori del gruppo e quelli delle moto e delle macchine, di cui normalmente non ci accorgiamo. L’Angliru così è solo sofferenza.

Non si sono viste grandi differenze, come li vedi i primi?

Sono allo stesso livello ed è un gran bel livello. Togliendo la giornata forse non brillantissima, Roglic mi sembra il più determinato.

Il fatto che si corra di novembre abbassa le prestazioni?

Non credo, magari fosse vero. Vanno fortissimo e anche io non sto andando male. Sono venuto con tre settimane di allenamento dopo tutto il lavoro del Giro. Mi manca qualcosa, ma va sempre meglio. Noto che le salite lunghe smascherano la mancanza di fondo, ma sto crescendo e ci riprovo di certo. Domani si riposa. Veniamo da tre giorni durissimi in una Vuelta strana e durissima. Le prime tappe sono state folli, senza giorni di rodaggio. Dovendo ridurre il numero delle tappe, hanno tolto proprio i giorni di avvio. Vogliono il sangue questi spagnoli…

Richard Carapaz, Alto de Angliru, Vuelta 2020

Angliru spettrale, distacchi minimi

01.11.2020
4 min
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Angliru, tanto tuonò, che alla fine non piovve. E non perché nello scenario spettrale e vuoto di pubblico, i corridori si siano risparmiati, ma perché quando il livello dei contendenti è pressoché simile, su certe pendenze è difficile scavare grandi differenze se non si verificano crolli. In qualche modo il duello di oggi ha ricordato un rigido battibecco televisivo fra Simoni e Pantani nel giorno del primo Zoncolan. Simoni disse appunto che su pendenze troppo elevate non si producono grossi distacchi, Pantani rispose che per uno scalatore le pendenze elevate dovrebbero essere un invito a nozze. Troppo diversi quei due per volersi bene.

Robert Gesink, Sepp Juss, Primoz Roglic, Alto de Angliru, Vuelta 2020
Gesink, Kuss e Roglic, ritmo alto sull’Angliru
Robert Gesink, Sepp Juss, Primoz Roglic, Alto de Angliru, Vuelta 2020
Gesink, Kuss e Roglic, ritmo alto sull’Angliru

Roglic si salva

Ripresa la fuga, Roglic ha alzato la voce e messo prima Gesink e poi Kuss a tirare, ma dopo un po’ Primoz ha scoperto che la coperta era troppo corta. E quando si è reso conto del rischio che correva, ha preso il suo passo ed è arrivato in cima perdendo la maglia per soli 10 secondi

«Era una salita troppo dura per un velocista – ha scherzato il capitano nella Jumbo-Visma – e io non ho avuto la mia giornata migliore, così alla fine sono soddisfatto del risultato. Ho ancora una buona classifica e sono molto contento. Ovviamente mi sarebbe piaciuto guadagnare tempo piuttosto che perderlo, ma è andata così. La squadra è stata ancora una volta molto forte e molto impressionante. Mi dispiace per Kuss, perché sicuramente avrebbe potuto vincere la tappa. Voglio ringraziarlo per il supporto negli ultimi chilometri, senza di lui avrei perso più tempo. Ora ci godremo il giorno di riposo e poi ci concentreremo sulla crono. Darò tutto per vincere la Vuelta e nella terza settimana è tutto possibile».

Carapaz fa festa

Carapaz è partito a testa bassa a circa due chilometri dall’arrivo, ma si è capito che non sarebbe riuscito a guadagnare quel che sperava. Per sua fortuna, è riuscito ad agganciarsi al trenino Vlasov-Mas e a mettere in cascina i 10 secondi che gli sono valsi la maglia rossa.

«Questa salita ha fatto una selezione naturale – ha detto – abbiamo già speso molte energie ieri e anche oggi è stata una tappa molto dura. Mi ricordavo questa salita dal 2017, ma è stato incredibile farla in mezzo a tanto silenzio. Alla fine ci ho provato, anche Mas, Vlasov e Carthy ci hanno provato. E io ho continuato con il mio ritmo, mettendo insieme un vantaggio di 10 secondi. Per noi è fantastico, andiamo verso la cronometro con l’idea di dare il massimo e difendere la leadership. Sono molto felice di indossare di nuovo la maglia. E’ una buona cosa per me, per la Ineos-Grenadiers e per tutto quello che abbiamo fatto».

Carthy non ci crede

La voglia di andarsene dalle corse minacciate dal Covid, deve essere un segno distintivo della Ef Pro Cycling del 2020. Dopo averci provato al Giro, ci hanno riprovato anche alla Vuelta. Ma evidentemente è una tecnica che porta bene. Con due tappe vinte in Italia, ecco la seconda della Vuelta con Hugh Carthy dopo Michael Woods a Villanueva de Valdegovia.

«E’ un sogno – ha detto Carthy stravolto dopo l’arrivo – in ogni gara professionistica vincere è un sogno che si avvera. Ma vincere in un grande Giro, sua una salita mitica come questa… non c’è niente meglio di così. E’ difficile da esprimere a parole. La prossima settimana sarà eccitante. Soprattutto per il pubblico da casa, perché ne vediamo poco lungo le strade. E’ una corsa serrata e manca ancora la cronometro. E’ ancora tutto da giocare».

Promoz Roglic, Richard Carapaz, Alto del Moncalvillo, Vuelta 2020

Il russo riaccende i motori, Roglic risale

28.10.2020
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Roglic che vince, Carapaz che si difende, Daniel Martin che fa terzo per la terza volta (una per fortuna l’ha anche vinta) e quarto il nome che non ti aspetti: quello di Alexander Vlasov, il russo.

Lo avevamo lasciato al Giro d’Italia, senza neanche poterlo salutare, per il ritiro nella seconda tappa. Per l’Astana che il giorno prima aveva perso Lopez nella caduta della crono, era stata una mazzata peggiore della precedente. Ma il russo stava male sul serio e quando si è presentato alla Vuelta, avendo recuperato le forze, si è visto che la qualità non è sparita. E che al Giro si sarebbe magari aggiunto alla banda dei ragazzini che ha sbaragliato le strade d’Italia.

Alexander Vlasov, Alto del Moncalvillo, Vuelta 2020
Alexander Vlasov, russo di 24 anni: attacco a 1,5 chilometri dall’arrivo che fa ben sperare
Alexander Vlasov, Alto del Moncalvillo, Vuelta 2020
Il russo Vlasov, attacco che fa ben sperare

Roglic, il ritorno

Di Primoz avevamo detto in avvio di corsa: non doveva neanche farla la Vuelta. Poi, uscito infastidito dal Tour e vincitore della Liegi, si è ricordato che in Spagna sarebbe partito con il numero uno e si è presentato al via da Irun e ha vinto. Di come invece abbia perso la maglia ad Aramon Formigal, pasticciando come Hindley sullo Stelvio nel mettere la mantellina, abbiamo pure raccontato. Ma la vendetta è un piatto da consumarsi freddo e pensando al weekend in arrivo (con i Lagos de Somiedo di sabato e l’Angliru di domenica), Carapaz che conduce ancora la Vuelta con 13 secondi di vantaggio potrebbe non essere poi così tranquillo.

«Il ritmo è decollato dopo la penultima salita – ha detto Roglic – conoscevo solo l’ultima salita dal road book e si è rivelata molto difficile. Avevo buone gambe e ho colto l’occasione per recuperare secondi importanti sui miei avversari. Vincere è bello. Le prossime due tappe sono relativamente piatte, ma il weekend sarà duro. Procediamo giorno per giorno e cerchiamo di restare concentrati».

Vlasov cresce

Altro che stringere i denti al Giro. Vlasov stava male e lo conferma, ma conferma anche che la forma sta tornando e magari l’idea di un piazzamento nei dieci non è peregrina.

«E’ dispiaciuto anche a me andare via dal Giro – racconta dopo 130 chilometri di trasferimento, i massaggi e il trattamento dall’osteopata – ma ero un cencio. Devo aver preso un virus intestinale, perché sono stato male per una settimana, senza poter neppure mangiare. Ho perso peso. A chi dice che avrei potuto stringere i denti, rispondo che non andavo avanti. Peccato solo che il primo giorno ho perso 4’31”. Non stavo bene. Era la prima corsa dopo la malattia e ho trovato subito percorso duro e ritmo alto. Sull’ultima salita, ad Arrate, sono andato in crisi, altrimenti ora sarebbe diverso.

«Non sto andando male però, la condizione torna e spero di arrivare ai livelli dell’estate in cui ho vinto l’Emilia e prima sul Ventoux. Oggi però ho attaccato a un chilometro e mezzo dall’arrivo. E sebbene salissi bene, quando Roglic e Carapaz sono partiti, mi hanno passato forte. Voglio recuperare le forze, perché vedendo che al Giro hanno vinto ragazzi della mia età, ho tanto rammarico. Ho pensato che li conosco e spesso ho duellato con loro. Sarei stato di appoggio per Fuglsang, ma avrei avuto libertà. Qui alla Vuelta sono capitano, speriamo che fra sabato e domenica possa tornare in una posizione migliore».

E sulle voci per cui potrebbe lasciare l’Astana?

«Ho il contratto – risponde – sto bene qua».

Primoz Roglic, Alto del Moncalvillo, Vuelta 2020
Roglic riallaccia il filo con la vittoria e si avvicina alla testa della corsa
Primoz Roglic, Alto del Moncalvillo, Vuelta 2020
Roglic conquista l’Alto del Moncalvillo

E Martin cosa fa?

Un altro terzo posto, per l’irlandese che ha detto di essere entusiasta all’idea che il prossimo anno con la sua maglia correrà Chris Froome, che a sua volta tira, fatica e migliora.

«Un’altra tappa davvero impegnativa – dice prendendo fiato – quando la fuga è andata non mi aspettavo di lottare per la vittoria di tappa, ma ovviamente Ineos-Grenadiers e Movistar hanno idee diverse e il ritmo è stato alto per tutto il giorno. Sull’ultima salita mi sentivo bene e ho deciso di mettere alla prova gli altri. Ho pagato un po’ lo sforzo alla fine e quando Roglic ha attaccato nell’ultimo chilometro non ho avuto gambe per rispondere. Ho dato tutto quello che avevo…».

Ion Izagirre, Vuelta 2020

Pioggia e gelo esaltano Izagirre

25.10.2020
3 min
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Maltempo sulla Vuelta, tappa dura e fuga che arriva e Ion Izagirre, basco di 31 anni, scrive il suo nome in cima alla salita di Aramón Formigal. Il corridore dell’Astana Pro Team ha attaccato dal gruppo in fuga a circa 3 chilometri dall’arrivo, guadagnando il margine che gli è bastato per vincere e diventare il centesimo corridore ad aver vinto tappe nei tre grandi Giri.

A Izagirre queste giornate piacciono molto. Nel 2016, infatti, fu il solo ad opporsi a Vincenzo Nibali nella tappa di Morzine al Tour de France, privando il siciliano della vittoria pochi giorni prima delle Olimpiadi di Rio.

Una giornata dura e gelida che ha riportato alla mente quanto successo di recente al Giro d’Italia.

«Tanto freddo – ha confermato Andrea Bagioli – veramente tanto e soprattutto in discesa, perché era molto veloce. Con la pioggia poi. Per fortuna non ha cominciato subito, ma solo dopo 50 chilometri…».

Nella tappa che avrebbe dovuto scalare il Tourmalet (cancellato come pure l’Agnello al Giro d’Italia), dopo la partenza a Biescas un gruppo di 23 corridori ha attaccato senza che il gruppo organizzasse una reazione troppo convinta, così da permettere agli attaccanti di arrivare all’attacco della salita finale con quasi 4 minuti di vantaggio. E i fratelli Izagirre hanno attuato un perfetto gioco di squadra, fino alla vittoria di Ion. Che così racconta.

Richard Carapaz, Marc Soler, Vuelta 2020
Soler ci congratula con l’ex compagno Carapaz, da oggi leader della Vuelta
Richard Carapaz, Marc Soler, Vuelta 2020
Soler si congratula con Carapaz
Tappa davvero dura?

Molto. Sapevamo che il brutto tempo non ci avrebbe risparmiato e per tutta la seconda parte di gara abbiamo sofferto il freddo e l’umidità. D’altra parte sui Pirenei, la pioggia in ottobre porta sempre il freddo. Ma eravamo pronti. Sono entrato nella prima fuga con mio fratello Gorka ed è stato proprio grazie al suo lavoro che sono riuscito a risparmiare un po ‘di energie per il finale.

A quel punto hai attaccato e via…

Sono scattato nella parte più ripida e ho fatto il vuoto. Mi sono guardato indietro e nessuno mi seguiva, così ho tirato dritto. E’ stato difficile arrivare in cima con quella pioggia, ma ci sono riuscito.

Quanto è stato davvero importante l’aiuto di tuo fratello?

Tanto, penso che anche Gorka avrebbe potuto vincere. Ma, quando il gruppo lo ha ripreso dopo il suo attacco in discesa, ho capito che era il mio momento. Questa vittoria significa molto. Dopo la caduta al Tour de France sono riuscito a recuperare bene e la squadra mi è stata sempre vicina.

Alle spalle della fuga, gli uomini di classifica non si sono risparmiati. Alcuni hanno attaccato dal gruppo della maglia rossa, facendo a loro volta il vuoto. Finché – nello stesso giorno in cui Ganna ha vinto la crono di Milano e Geoghegan Hart la maglia rosa – Richard Carapaz ha conquistato la maglia di leader. L’ecuadoriano del team Ineos-Grenadiers ha concluso a 55 secondi da Izagirre e ora guida la Vuelta con 18” su Carthy, 20” su Daniel Martin e 30” su Roglic. Settimo al traguardo, a 38” da Izagirre, è arrivato Mattia Cattaneo: migliore degli italiani.

Domani la Vuelta vivrà il primo giorno di riposo, forse irrituale dopo appena sei tappe. Ma come si è già detto, la riduzione da 21 a 18 tappe non ha intaccato l’impianto della corsa spagnola, che lunedì 26 ottobre avrebbe comunque recuperato le forze. 

Sam Bennett, Jasper Philipsen, Jakub Mareczko, Vuelta 2020

Mareczko terzo, super treno per Bennett

23.10.2020
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Per poco a Kuba non è riuscito il colpaccio e se alla fine ha dovuto inchinarsi a Bennett e Philipsen è stato perché ha iniziato la volata troppo indietro e quelli della Deceuninck-Quick Step hanno messo in strada un treno che, oltre a lanciare Bennett, ha impedito ai rivali di prendergli la ruota.

Però la notizia di Mareczko terzo sul traguardo di Ejea de los Caballeros è una buona notizia che merita un approfondimento e si unisce ai già buoni piazzamenti spagnoli centrati da Mattia Cattaneo e prima ancora da Andrea Bagioli.

«Per essere la prima volata della Vuelta – dice Jakub – è andata bene. I compagni mi hanno dato una grossa mano nella baraonda del finale. Ma il lavoro della Deceuninck-Quick Step in quelle ultime due curve spiega benissimo a cosa serve avere un treno».

Jakub Mareczko, 2020
Jakub Mareczko, 26 anni, alla Ccc dal 2019
Jakub Mareczko, 2020
Mareczko, alla Ccc dal 2019

Kuba lo avevamo perso di vista dalle tre tappe e la classifica a punti al Tour de Hongrie: il Giro d’Ungheria subito dopo il lockdown. Da uno come lui eravamo abituati ad aspettarci di più, invece dopo i grappoli di vittorie ottenute fino al 2018, il passaggio nel WorldTour con la Ccc lo ha bloccato. Il ciclismo non aspetta e le vittorie ungheresi erano il trampolino giusto per rilanciarsi.

Poi cosa è successo?

Sono andato al BinkBank Tour e poi a Scheldeprijs, ma non pedalavo bene e non sono riuscito a fare le mie volate. A quel punto, anche se avrei avuto nei programmi il Giro d’Italia, con il mio preparatore Marco Pinotti abbiamo deciso di puntare forte e bene sulla Vuelta e per questo mi sono messo a lavorare.

Ha funzionato?

Ho tanta forza addosso, sto bene. E se un rimpianto posso averlo per questa prima volata è per non aver voluto rischiare troppo nelle ultime due curve, che erano davvero brutte. Bennett ha avuto il treno migliore e per questo ha vinto. Io ho fatto il massimo coi mezzi che avevo.

Quali sono i compagni che ti accompagnano alla Vuelta per le volate?

Ho una bella squadra che punta su di me e questo fa la differenza. Ci sono Wisniowski, che ha una forza sovrumana. Poi anche Ventoso e Paluta, che sono bravi in pianura. E per il resto bisogna saper limare.

Chris Froome, Vuelta 2020
Chris Froome in classifica a 37’45”
Chris Froome, Vuelta 2020
Froome in classifica a 37’45”

L’argomento è delicato e si ha quasi timore a parlarne a fine ottobre. Ma con la Ccc che chiude e i pochi risultati, quale futuro si annuncia per il velocista bresciano, che ha ancora 26 anni e potenzialità importanti? Sono domande da porre con garbo.

«Dopo l’Ungheria – risponde – avevamo ricevuto delle proposte, che poi i pochi risultati in Belgio magari hanno raffreddato. Prima di parlare vorrei firmare, perché le parole contano zero. E poi comunque non vi nascondo che questa Vuelta è importante anche per questo ed è uno dei motivi per cui ho lavorato per essere competitivo al massimo livello».

Quante altre volate avrai?

In tutto sono quattro, cinque e non tutte velocissime, nel senso che una ha l’arrivo che tira in su e strizza l’occhio a corridori come Valverde. Per cui ogni occasione è buona e va acchiappata.

Bennett è davvero così forte?

Certo che lo è, altrimenti non avrebbe vinto la maglia verde al Tour. Ma soprattutto ha una squadra fortissima, sono molto ben organizzati per supportare i loro velocisti e non ne sbagliano una.

Basta prendergli la ruota?

Magari fosse così facile come dirlo. Il problema è che a ruota ha sempre un paio di compagni e se ti va di lusso inizi la volata due posizioni dietro di lui, ma io oggi ero ben più indietro.

Come va in Spagna con il Covid?

Siamo nella bolla ed è una cosa seria. Lungo le strade non ci sono persone, tranne quelli col camper che non si fermano davanti a niente. Le immagini degli arrivi affollati del Giro fanno pensare. La gente non capisce che la corsa si segue meglio da casa e che al traguardo stai delle ore per dieci secondi di show?

Stai seguendo il Giro?

Un po’, ho visto che oggi ci sono state delle polemiche ma non ho capito tanto bene. Preferisco guardare le cose di qui e fare delle belle volate. Voglio cogliere tutte le occasioni.