Il sistema dei punti, che ha già modificato il mercato e il modo di correre, cambierà la storia del ciclismo. Si tratta di un tentativo già visto, che in passato non produceva promozioni o retrocessioni, ma determinava la partecipazione delle squadre alle grandi corse e alimentò indirettamente lo sconquasso del doping. L’UCI di certo proseguirà su questa strada: raramente l’abbiamo vista tornare sui suoi passi, se non a seguito di sentenze inappellabili. Tuttavia l’ambiente ha preso coscienza che il sistema così non funziona e avrebbe prodotto una richiesta di riforma, di cui è venuto in possesso il quotidiano spagnolo Marca.
Cristian Scaroni ha vinto il Giro di Romagna conquistando 125 punti. La sua vittoria di tappa al Tour des Alpes Maritimes è valsa 14 puntiCristian Scaroni ha vinto il Giro di Romagna conquistando 125 punti. La sua vittoria di tappa al Tour des Alpes Maritimes è valsa 14 punti
Classiche contro tappe
Il ragionamento è semplice e parte da una considerazione matematica. Le corse di un giorno, anche le minori, assegnano più punti di quelle a tappe. Ed è vero che vincere resta l’anima dello sport, ma per quale motivo il vincitore di una semiclassica deve valere meno di chi porta a casa una classifica generale?
Il calcolo è presto fatto. Una classica di categoria 1.1 assegna 125 punti in un solo giorno, la tappa di una corsa di cinque giorni della stessa categoria ne assegna 14. Salendo di livello, una corsa di categoria 1.Pro assegna 200 punti, la tappa di una corsa di cinque giorni nella stessa categoria ne vale solo 20. Con questi dati alla mano, le squadre pianificano la stagione e il mercato, in barba a ogni logica sportiva. La conquista dei punti è prioritaria rispetto alla costruzione di un progetto solido. Roberto Reverberi (in apertura con la sua VF Group-Bardiani che ha chiuso il ranking UCI in 30ª posizione evitando la retrocessione) ha più volte ammesso di non aver corso come sarebbe stato giusto fare, ma come era necessario.
Giro del Veneto, cinque corridori della VF Group appaiati per la volata. Hanno ottenuto 55 punti, ma non hanno corso per vincereGiro del Veneto, cinque corridori della VF Group appaiati per la volata. Hanno ottenuto 55 punti, ma non hanno corso per vincere
Corridori da punti
Le squadre stanno ingaggiando corridori capaci di fare punti nelle classiche minori. Chiaramente si tratta di una problematica inversamente proporzionale al valore tecnico dei team: le grandi squadre fanno punti con i grandi corridori e anche i loro gregari corrono a un livello impensabile per i leader dei team minori. Dai livelli medi e a scendere, abbondano i corridori che sprintano senza essere velocisti, solo per entrare tra i primi venti e accumulare i punti utili per negoziare il contratto. Così facendo, il risultato modesto in una classica vale più di una vittoria di tappa e questo svilisce lo sforzo collettivo e svaluta il patrimonio storico del calendario. Quasi che non abbiano più importanza la fatica accumulata, la strategia, la difesa del leader, le cronometro e alla narrazione sportiva costruita sul cumulo dei giorni. Non c’è da stupirsi che l’istanza così ragionata nasca dalla Spagna, il cui calendario è storicamente imperniato sulle corse a tappe.
Il nesso fra punti e contratto è sempre stato diabolico. Nel ciclismo degli anni 80-90 si pagava un milione (di lire) a punto e ci trovammo di colpo davanti a gregari che smisero di essere tali per guadagnare di più, ricorrendo al doping. Per ora il rischio sembra remoto, ma non è passato inosservato l’improvviso risveglio di anomalie nei passaporti biologici che da agosto a oggi hanno determinato lo stop di quattro atleti, dopo anni di silenzio.
Il Tour of the Alps, che fu prima Giro del Trentino, è una delle corse che trarrebbe vantaggio dal riequilibrio dei puntiIl Tour of the Alps, che fu prima Giro del Trentino, è una delle corse che trarrebbe vantaggio dal riequilibrio dei punti
Proposta di riequilibrio
Per riequilibrare la situazione nasce la proposta cha sarebbe arrivata fra le mani del giornale spagnolo e che porterebbe, con il contributo di tutti gli attori coinvolti (ovviamente ad eccezione dell’UCI che dovrà valutarla) a una ridistribuzione più logica dei punti.
Non si tratta di svalutare le classiche, ma di impedire che le corse a tappe vengano penalizzate oltre il lecito. La proposta è chiara: le corse a tappe dovrebbero assegnare il 70 per cento dei punti giornalieri assegnati da una classica della stessa categoria. Non si arriverà parità completa, ma organizzare cinque classiche smetterà di essere più vantaggioso del mantenere in vita una corsa a tappe storica.
E proprio sul fronte delle corse a tappe, si è pensato a una ridistribuzione dei punti. Il 50 per cento spetterebbe alla classifica generale, il 40 alle tappe e il 10 a maglie e classifiche secondarie. Così facendo, una corsa a tappe più lunga apporterebbe più valore di una più breve, cosa che incredibilmente oggi non accade.
Javier Guillen, patron della Vuelta, è il presidente internazionale degli organizzatori e sarà chiamato a ragionare sulla nuova propostaJavier Guillen, patron della Vuelta, è il presidente internazionale degli organizzatori e sarà chiamato a ragionare sulla nuova proposta
Rinnovare e non rinnegare
Le principali corse WorldTour sono protette dal calendario e dal loro prestigio, ma i livelli inferiori ne stanno già risentendo. Corse che un tempo erano simboli di identità regionale ora faticano ad attrarre squadre, che rispondono ad algoritmi di punteggio piuttosto che a esigenze sportive. Il ciclismo si trova davanti a un bivio. Può smantellare la struttura che lo ha sostenuto per oltre un secolo o rinnovarsi seguendo criteri più ampi e non solo numerici.
«Le corse a tappe – scrive Marca – sono molto più che semplici gare: collegano regioni, creano tifosi, creano ricordi e hanno costruito la narrazione emotiva del ciclismo moderno. Se il sistema continua a spingerle verso l’irrilevanza, non solo le competizioni andranno perse, ma anche un modo di comprendere questo sport. Trovare un equilibrio non significa sottrarre, ma proteggere ciò che dà significato all’insieme».
La riforma sarà presentata al Consiglio dei Ciclisti Professionisti (CCP) e all’Associazione Spagnola degli Organizzatori di Corse Ciclistiche (AEOCC) all’organismo internazionale ora presieduto da Javier Guillén. L’UCI dovrà studiarla e prendere una decisione. Il futuro del ciclismo è in gioco.
Fiorelli, quasi ai saluti con la VF Group-Bardiani, va con lo sguardo ai prossimo due anni con la Visma. Cosa si aspetta? Il siciliano non si pone limiti
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Ne abbiamo parlato con il manager e direttore sportivo Roberto Reverberi. Quei 235 punti di vantaggio consentono alla squadra italiana più longeva, forse la più storica in assoluto nel professionismo, di poter sperare ancora in un invito al Giro d’Italia. In teoria anche per Vuelta e Tour ma è chiaro che il pensiero principale va alla corsa rosa. E questo vuol dire molto in termini di futuro, di progettazione. Magari non di vita, perché molti sponsor già c’erano, ma così tutto cambia… in positivo.
Roberto Reverberi (classe 1964) è manager e diesse della VF Group-BardianiRoberto Reverberi (classe 1964) è manager e diesse della VF Group-Bardiani
Insomma, Roberto, è stata dura ma ce l’avete fatta a portare a casa questo benedetto trentesimo posto…
Sì. Noi avevamo programmato un calendario abbastanza intenso proprio per questo motivo: per fare punti. Poi, per una cosa o per l’altra, durante la stagione sono successe situazioni che ci hanno complicato la vita.
Tipo?
Infortuni, soprattutto dei corridori che ritenevamo più utili per raggiungere questo obiettivo. Alla fine ci siamo trovati un po’ con l’acqua alla gola per queste mancanze. Meno male che abbiamo avuto i ragazzi più giovani che si sono impegnati fino alla fine e hanno raccolto parecchio. E alla fine tutto è andato per il verso giusto per riuscire a raggiungere il traguardo.
Tempo fa ci avevi detto che li avevi visti ben motivati e consapevoli riguardo a questa corsa ai punti. E’ stato sempre così o verso fine stagione avete cambiato atteggiamento e magari avete cercato il risultato?
No, lo spirito e la tattica sono sempre rimasti quelli. Purtroppo con questo sistema di punteggi, che ritengo ingiusto, sei obbligato a correre in modo anche strano. Se andate a vedere lo sprint del Giro del Veneto, noterete cinque dei miei corridori tutti appaiati a fare la volata. In quel modo abbiamo fatto quei 55 punti che ci hanno dato la tranquillità definitiva. Però non è il modo di correre. E questa foto l’ho mandata anche all’UCI, chiedendogli: «Vi sembra normale che una squadra debba correre in questo modo?».
La foto incriminata da Reverberi al Giro del Veneto. Sulla sinistra si notano 5 caschi color verde acqua della VF Group fare la volata appaiatiLa foto incriminata da Reverberi al Giro del Veneto. Sulla sinistra si notano 5 caschi color verde acqua della VF Group fare la volata appaiati
Oltretutto la 32ª squadra in classifica ha mille punti in meno…
Esatto, ci siamo scannati per un posto. Anche se dovessero sparire delle squadre o ci fossero fusioni in corso, la regola era chiara: dovevi essere nelle prime trenta a fine stagione. Tutto ciò che succedeva dopo non contava. E’ stata una guerra fino alla fine, meno male che ce la siamo cavata.
Anche per voi poi il calendario è stato fittissimo. Avete corso in Asia sì, ma soprattutto in Europa…
Abbiamo corso anche in Cina e in Malesia, ma non è questo il modo giusto di fare ciclismo. Dovrebbe intervenire anche l’associazione dei corridori, perché alcuni atleti hanno superato gli 80 giorni di gara. E parlo di ragazzi giovani. Non è giusto costringerli a correre in tutte le parti del mondo solo per fare punti. E’ stressante, sia a livello fisico che psicologico.
E questo crea un gap ancora più grande con le squadre WorldTour…
Esatto. Loro si allenano e si preparano con calma, noi invece dobbiamo essere sempre in tiro, sempre a correre. Arriviamo alle gare al 90-95 per cento, per dire, e mai al 100 per cento. E nel ciclismo di oggi se non sei al massimo, diventa durissima.
E tatticamente come avete interpretato le gare?
Avete notato che abbiamo corso le ultime gare anche in Italia senza mai mandare nessuno in fuga? Questo per preservare i ragazzi e cercare di fare punti. Anche 10 punti possono fare la differenza. Un anno abbiamo perso la Coppa Italia per un solo punto. E quel successo dava la wildcard per il Giro. Perciò abbiamo dovuto calcolare tutto. Meglio metterne un paio nei primi 15 che sprecare energie per andare in fuga.
Alla fine, come diceva Reverberi, è stato uno spalla a spalla fra VF Group e Solution Tech (a tratti è stata coinvolta anche la Polti)Alla fine, come diceva Reverberi, è stato uno spalla a spalla fra VF Group e Solution Tech (a tratti è stata coinvolta anche la Polti)
I vostri rivali indirettamente sono diventati i Solution Tech, lo hanno puntato forte sul calendario asiatico…
Ognuno se la gioca come crede, su quello nulla da dire. Pensate che loro, dopo aver visto il divario di 200 punti a fine stagione (dopo il Giro del Veneto sostanzialmente) non sono più andati a correre in Serbia, perché non sarebbero comunque riusciti a rimontare. Ma è logico tutto ciò? Non voglio dare colpe a loro, ma il sistema è questo. E costringe le squadre a sacrificare i corridori migliori non nelle corse importanti, ma in quelle minori solo per fare punti. Per me non è normale.
Decisamente no. In tanti tecnici lo dite. Cosa fare allora?
Io l’ho fatto notare a chi di dovere e mi hanno risposto che bisogna fare squadre più forti. Ma come? Ci sono team WorldTour che spendono 30 milioni e vincono quattro corse all’anno. Lo dicessero a loro. Noi non abbiamo quei budget. Ma il problema c’è anche per loro, perché più in alto ancora ci sono quelle quattro o cinque squadre che prendono tutto e tutti.
C’è stato un momento in cui avete avuto davvero paura di restare fuori?
Sì. Abbiamo lasciato per strada diversi punti, penso a quelli del Giro, più che altro per sfortuna. Proprio al Giro siamo rimasti presto con sei corridori. Poi ci sono stati gli infortuni di cui dicevo. E così, a un mese dalla fine, la Solution Tech era praticamente a ridosso. Anzi, per una settimana ci aveva anche superato. Non eravamo in una bella situazione, ma confidavamo nelle ultime gare. Fortunatamente abbiamo tenuto duro e la motivazione di tutti, soprattutto dei ragazzi, ci ha permesso di creare quel gap decisivo.
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Il divieto di partecipazione per i corridori professional under 23 alle gare internazionali della loro categoria, di cui ci ha parlato ieri Roberto Reverberi, è stato salutato con enfasi da un paio di gruppi sportivi di casa nostra che ravvedono in questo più spazio e maggiori possibilità di prendere corridori. Il punto è capire quale sarà il destino di questi ragazzi… finalmente liberi sul mercato e quali margini di carriera sarà possibile offrirgli. Se l’obiettivo è quello a medio termine per cui la piccola squadra possa fare una bella stagione nel calendario nazionale, allora ne comprendiamo la soddisfazione. Se l’obiettivo è quello a lungo termine di creare potenziali professionisti, allora l’ottimismo viene meno, dato che le squadre italiane in grado di fare formazione per i giovani atleti (per adeguatezza dei loro tecnici e mezzi a disposizione) sono sempre meno. Non si può chiedere alle professional di avere anche il devo team, si potrebbe convincerle dell’utilità di avviare collaborazioni con squadre U23 già esistenti. Il fatto di farle correre nelle internazionali era un compromesso probabilmente accettabile.
Filippo Turconi ha conquistato il Trofeo Piva under 23: dal prossimo anno non potrà parteciparvi (foto Alessio Pederiva)Filippo Turconi ha conquistato il Trofeo Piva under 23: dal prossimo anno non potrà parteciparvi (foto Alessio Pederiva)
Cercasi squadre under 23
La situazione attuale del mercato giovanile vede i procuratori armati di setaccio, che opzionano corridori anche fra gli allievi e poi li propongono ai devo team e ai team di sviluppo U19, il più delle volte non italiani. Si parla certamente di atleti dotati di cuore, muscoli e polmoni, dato che la selezione avviene sulla base dei test. Poco si riesce a valutare, in questa fase, della maturità, dell’intelligenza tattica, della scaltrezza. I numeri comunque sono bassi: togliamo dal mazzo i grandi motori, che cosa accade a tutti gli altri?
Una delle migliori continental di casa nostra ha ricevuto 40 richieste da parte di juniores in cerca di squadra. Tanti di loro ovviamente smetteranno, anche perché nel frattempo non si registra un aumento delle società under 23, tutt’altro. Basti semplicemente annotare, un anno dopo la chiusura della Zalf Desirée Fior, che a causa della trasformazione in professional, anche il vecchio Team Colpack – dallo scorso anno Team MBH Bank-Ballan – non sarà più nella categoria under 23. Mentre il CT Friuli, diventato devo team della Bahrain Victorious, quest’anno aveva solo 8 italiani sui 15 atleti dell’organico.
La MBH Bank-Ballan-CSB diventa un team professional: i suoi under 23 potranno correre soltanto tra i pro’La MBH Bank-Ballan-CSB diventa un team professional: i suoi under 23 potranno correre soltanto tra i pro’
Motorini spinti al limite
Qualche giorno fa, Daniele Fiorin ha raccontato la difficoltà di fare formazione anche negli allievi. Ormai i ragazzi e le ragazze scelgono di investire tutto sulla strada, perché è qui che si può concretizzare il sogno di farne un lavoro. Ci si trova quindi con società e famiglie che investono (non solo tempo, anche parecchi soldi) su ragazzi di 16-17 anni, perché abbiano il livello necessario per essere notati dai procuratori e di conseguenza dagli squadroni. Ragazzi che magari avrebbero bisogno di fare due stagioni nella casetta di una squadra in cui imparare a diventare adulti e atleti, invece rincorrono il risultato e la prestazione assoluta nel momento in cui dovrebbero soprattutto maturare. Ne deriva una generazione di motori ancora da sviluppare ma spinti al limite che, qualora non trovassero lo sbocco desiderato, si ritroverebbero alle prese con i pochi posti disponibili fra gli juniores. Ha chiuso la Aspiratori Otelli e ha chiuso il Team Giorgi, le squadre che resistono sono ormai piene fino al collo.
Qualcuno dice sorridendo amaramente che se non ci fosse mai stato Remco Evenepoel, tutto questo non accadrebbe. Forse è vero. Le WorldTour sono ancora vittime della ricerca del talento in erba e hanno innescato il meccanismo di una ricerca spasmodica e autodistruttiva. Che fine fanno i diciottenni, dotati di grande motore, che non dovessero risultare appetibili per il WorldTour? Potrebbero diventare interessanti per le squadre professional, che sfrutterebbero la formazione ricevuta nei devo team e potrebbero portarli in un professionismo meno estremo.
Belletta non è arrivato nel WorldTour con la Visma-Lease a Bike e dopo un passaggio alla Solme Olmo diventa pro’ con il Team PoltiBelletta non è arrivato nel WorldTour con la Visma-Lease a Bike e dopo un passaggio alla Solme Olmo diventa pro’ con il Team Polti
Il ciclismo di una volta
La ricerca del talento passa necessariamente dai grandi numeri: se si riduce il campione, è probabile che si riduca anche la probabilità di trovare atleti su cui investire. Quante delle 10 continental italiane del 2025 possono dire di aver proposto ai loro atleti un’attività internazionale qualificata? Quanti giorni di gara all’estero sono riuscite a fare? Quante di loro dal prossimo anno pensano di poter fronteggiare i devo team nel calendario internazionale? Quante si sono date una tabella di investimenti perché i talenti scelgano di restare in Italia anziché andare all’estero?
Fa notizia per questo la scelta del toscano Del Cucina, che dopo aver svolto lo stage con la Tudor Development, ha scelto per gli U23 la SC Padovani 1909 di Ongarato e Petacchi. La sua gestione sarà la cartina al tornasole della possibilità di fare ciclismo giovanile di buon livello anche in Italia. Ma questo evidentemente non passa più per le squadre che arrivano al Giro Next Gen senza aver ancora partecipato a una corsa a tappe e si accontentano di dare ai corridori la dotazione di 10 anni fa, accompagnandola col vecchio motto: «Zitti e menare!». Il mondo è cambiato, in ogni ambito. Il ciclismo di una volta non basta più.
Si fa fatica a capire se il ciclismo mondiale sia amministrato da gente inadeguata o se siamo piuttosto noi italiani a essere costantemente in equilibrio instabile. Fuori tempo e allineati a standard superati. L’ultima in tema di partecipazione alle corse è la norma che dispone il divieto per le squadre professional di partecipare alle corse internazionali U23. Una doccia fredda per la VF Group-Bardiani-Faizanè, che con il suo gruppo dei giovani ha conquistato quasi 500 punti anche nelle corse U23. Una doccia molto più fredda per la MBH Bank-Ballan, che nel passare da continental a professional ha ingaggiato fior di U23, immaginando di poter fare il calendario di sempre. E doccia fredda anche per il Team Polti che per seguire le impronte di Reverberi, ha ingaggiato a sua volta corridori molto giovani.
Pertanto, quando contattiamo Roberto Reverberi perché dia un voto ai suoi quattro anni di attività con gli U23, il tono non è dei più entusiasti e presto il motivo è spiegato. Nel fare le regole, qualcuno si è preoccupato di verificare i contratti in essere?
«In un primo tempo avevano detto che non potevano più andare in nazionale quelli delle professional e anche del WorldTour – dice Reverberi – dalla settimana scorsa è uscita questa nuova regola. Ho provato a sentire Brent Copeland (i team manager della Jayco-AlUla è presidente dell’associazione dei gruppi sportivi, ndr) e mi ha detto che la settimana prossima facciamo una riunione per vedere se si riesce a sbloccare la situazione. L’UCI ti deve avvisare almeno un anno prima quando cambia un regolamento del genere, perché noi abbiamo tutti i contratti con i corridori e adesso dove li portiamo a correre?».
Per Reverberi, Pellizzari è il risultato più fulgido del gruppo giovani creato dal team reggiano (foto Filippo Mazzullo)Per Reverberi, Pellizzari è il risultato più fulgido del gruppo giovani creato dal team reggiano (foto Filippo Mazzullo)
Che cosa succederà secondo te?
Va a cadere tutto il discorso che portiamo avanti da quattro anni. In pratica gli juniores andranno nelle devo e quelli un po’ peggio andranno nelle squadre dei dilettanti italiani. E alla fine noi non li prenderemo neanche più, come facciamo? Dovremmo portare ragazzi di 18 anni a fare subito le gare professionistiche? La nostra esperienza è stata positiva. Nella prima covata che abbiamo preso c’erano Pellizzari, Pinarello che va nel WorldTour con la Israel. Scalco va con la XDS-Astana. E vedrete che anche Paletti e qualcun altro nel giro di due anni faranno il salto.
Pinarello ci ha messo un pelino di più e Scalco anche. Non è mica detto che tutti quanti siano come Finn, che arriva e va subito forte. E poi anche lui dovrà misurarsi con i professionisti e vedrà che la musica è diversa. Anche Turconi ad esempio è fortissimo, ha un motore incredibile, però gli serve un po’ più tempo. C’è chi ci mette un anno, chi ce ne mette due, chi ce ne mette tre. Come quando nei dilettanti, qualcuno passava a 21 anni e altri aspettavano i 24. Sapete piuttosto che cosa dovremmo fare forse? Me lo ha detto un amico preparatore…
Turconi quest’anno ha vinto il Trofeo Piva (foto Pederiva) e il Medio Brenta, arrivando 5° al Giro. Reverberi aspetta che cresca ancoraTurconi quest’anno ha vinto il Trofeo Piva (foto Pederiva) e il Medio Brenta, arrivando 5° al Giro. Reverberi aspetta che cresca ancora
Che cosa?
Dovremmo andare a ripescare tutti i corridori italiani che vanno nelle devo e che poi ritornano indietro, perché tanto tornano indietro e dopo fanno fatica a trovare una squadra. Non li portano tutti nel WorldTour, non è credibile. Per ora, guardando fra i giovani, abbiamo preso il fratello di Turconi, che si chiama Matteo. E poi Manenti dalla Hopplà. Adesso siamo a 20, vediamo se salta fuori qualcos’altro anche come sponsor. Stiamo facendo un po’ di ricerche, così vediamo se nel giro di 15-20 giorni cambia qualcosa. In giro ci sono elementi buoni, soprattutto dopo le varie fusioni.
La storia insegna che anche gli elite di valore possono avere un futuro. Chi si sarebbe aspettato Fiorelli alla Visma?
Filippo ha iniziato a correre tardi. E’ un caso un po’ anomalo, perché prima correva con gli amatori. Poi lo ha preso Massini che lo ha tirato su, ma ha perso un sacco di tempo. Aveva sempre problemi con il peso, ha preso tante parole. Quando arriva a 67 chili va come una moto, se sale a 69-70 chili la caratteristica di andare bene in salita viene un po’ meno. Nel senso che se ha il peso giusto, riesce a scollinare con i migliori, altrimenti perde i 10-15 secondi che gli impediscono di arrivare alla volata. Ha vinto pochissimo solo per questo, invece quest’anno che si è messo in riga, ha fatto una stagione più costante, almeno fino al Giro.
Tarozzi al Giro d’Italia ha vinto il Red Bull KM, trofeo dedicato a chi è rimasto in fuga per più chilometriTarozzi al Giro d’Italia ha vinto il Red Bull KM, trofeo dedicato a chi è rimasto in fuga per più chilometri
Nella testa di Roberto Reverberi, chi prenderà il posto di Scalco e Pinarello?
Probabilmente Turconi e Paletti, i giovani da cui ci aspettiamo un po’ più continuità. Invece i corridori da cui vorremmo anche qualche risultato in più sono Marcellusi, Magli e quelli più esperti. Lo stesso Zanoncello, che deve un po’ migliorare. Tarozzi, che è un corridore particolare perché è un uomo da fuga e ne abbiamo bisogno. Quest’anno al Giro ha vinto il Premio Red Bull per i chilometri di fuga e a noi uno così fa gioco.
Non avendo più il gruppo dei giovani, la struttura tecnica rimane la stessa?
Sì, avremo ancora i soliti quattro direttori sportivi, cioè Rossato, Donati, Amoriello ed io. Gli stessi preparatori, cioè Borja e Andrea Giorgi. Sempre lo stesso medico. Qualcuno del personale si sposta, chi va alla UAE e chi alla Visma. Come vedete forniamo talenti al WorldTour anche per lo staff. Ce ne sono tanti sparsi nel gruppo. E poi avremo ancora le bici De Rosa, avevamo già prolungato il contratto.
«Allora, io personalmente – dice Fiorelli – quando ho saputo di questa cosa qui, quando comunque ho avuto la certezza, l’ho detto solo a mia mamma, mio nonno, mia nonna, mio papà e la mia ragazza. Perché quando Paolo (Alberati, ndr) mi ha chiamato, eravamo a tavola e quindi c’erano tutti. Altrimenti non lo dicevo neanche a loro. Non perché volessi tenere la cosa nascosta, però non volevo rimanerci male, se magari non fosse andata a buon fine. E poi appunto perché non volevo far sapere nulla prima della firma».
Filippo Fiorelli alla Visma-Lease a Bike inizialmente è stato una sorpresa per tutti. Se il criterio per cambiare squadra è il numero delle vittorie, l’arrivo in Olanda del siciliano poteva sembrare immotivato. Ma Alberati ci ha raccontato quali siano stati i parametri in base ai quali il suo profilo sia stato ritenuto interessante. Per questo toccherà togliersi il cappello per la capillarità dell’osservazione e la capacità di leggere nelle corse quel che l’ordine di arrivo non racconta.
Pinarello alla Israel-Premier Tech, Fiorelli alla Visma-Lease a Bike: Reverberi promuove sempre ottimi talentiPinarello alla Israel-Premier Tech, Fiorelli alla Visma-Lease a Bike: Reverberi promuove sempre ottimi talenti
Gran Piemonte e Lombardia
Oggi il Gran Piemonte e sabato il Lombardia, anche se il percorso non è dei più adatti alle sue caratteristiche. Dovrebbero essere queste le ultime corse con la maglia della VF Group-Bardiani che nel 2020 lo prese a 26 anni dalla Gragnano di Marcello Massini. Oggi probabilmente una storia come la sua sarebbe irripetibile.
«Cercherò di fare del mio meglio in queste ultime gare – dice – perché questa è stata la sola squadra che abbia creduto in me. Cercherò di onorarla sino alla fine, facendo tutto il possibile per andarmene lasciando un buon ricordo. Mi dispiace perché dopo Plouay mi sono ammalato, proprio quando c’era ancora qualche gara adatta a me, specialmente in Italia, e non sono riuscito a essere competitivo come avrei voluto».
In 6 anni con i Reverberi, Fiorelli ha corso su Guerciotti, MCipollini e dal 2023 su bici De Rosa. In futuro sarà CervéloIn 6 anni con i Reverberi, Fiorelli ha corso su Guerciotti, MCipollini e dal 2023 su bici De Rosa. In futuro sarà Cervélo
Eri a pranzo dai nonni e di colpo la notizia è esplosa…
Di colpo, Paolo mi ha detto di avvisare tutti, perché stava per venire fuori tutto. Solo a quel punto ho creduto che fosse vero. La reazione dell’ambiente? Magari a qualcuno avrà dato anche fastidio (dice ridendo, ndr), ma i più mi hanno fatto i complimenti: te lo meriti, dopo tanto tempo, bravo…
Che corridore è il Fiorelli che va nel WorldTour e non in una squadra qualsiasi?
Dove posso arrivare non lo so, perché ogni anno vedo sempre dei miglioramenti. Sia a livello di numeri sia anche a livello dei piccoli risultati che faccio. E anche nei test, quando mi provo sulle salite giù a casa, vedo che comunque si migliora sempre. E forse adesso, con questo ulteriore salto di qualità, salirò un altro gradino.
Ti aspetti che in Olanda ti cambino completamente la preparazione?
Sì. Ho visto gente che andava più o meno come me, corridori con caratteristiche simili alle mie, che sono andati in quella squadra e tra il nuovo preparatore, il nutrizionista e la cura estrema dei dettagli hanno fatto dei miglioramenti che sono anche alla mia portata. Quando abbiamo parlato, mi hanno fatto l’esempio di Laporte. Lui era già in una grande squadra come la Cofidis, ma alla Visma ha fatto un altro salto di qualità.
La pioggia e i climi da Nord non disturbano troppo Fiorelli: qui nella tappa di Colfiorito alla Tirreno, chiusa al 7° postoLa pioggia e i climi da Nord non disturbano troppo Fiorelli: qui nella tappa di Colfiorito alla Tirreno, chiusa al 7° posto
Il sogno era di passare in una WorldTour, però forse non ti aspettavi tanto?
Adesso che sono più dentro, perché mi hanno già dato la bici, sono andato in Olanda a fare le visite mediche, la biomeccanica e tutto il resto, comincio davvero a crederci. Però se all’inizio dell’anno qualcuno mi avesse detto che dopo il Giro d’Italia mi avrebbe contatto la Visma, lo avrei preso a schiaffi. Avrei pensato che mi stesse prendendo in giro. Questo non significa che la VF Gorup-Bardiani abbia meno degli altri, però in quella squadra c’è tutta un’altra logistica, un’altra dimensione. Quando da dilettante passi professionista, ti sembra tutto nuovo. Quando da una professional passi nella WorldTour, succede la stessa cosa. E io pensavo che qualcosa avrei trovato.
Non c’era una squadra dei sogni?
C’erano tante chiacchiere. Durante il Giro ho parlato con altre squadre, però non c’è mai stata una parola conclusiva. Erano tutti in attesa, ma di cosa? Sul piano dei risultati non è che mi potessi inventare chissà cosa. Avrei potuto vincere una tappa da qualche parte, però non avrebbe aggiunto niente. Dopo sei anni che sono professionista, si è capito il corridore che sono. Quindi pensavo: se qualcuno vuole puntare su di me, si faccia avanti.
Comunque diciamo che il 2025 era l’anno giusto per il salto?
Dopo il Giro, con Paolo avevamo deciso fare un punto nella situazione. Quattro giorni dopo la tappa di Roma, mi pare proprio il giovedì, ci siamo sentiti. Avevo mandato l’accesso di Training Peaks alla Alpecin, che sembrava interessata e Paolo in effetti me lo aveva confermato con un messaggio. Non mi ricordo che cosa stessi facendo e siamo rimasti che ci saremmo sentiti meglio il giorno dopo. Invece, dopo venti minuti, mi chiama e mi dice: «Oh, guarda che ti prendono!».
Fiorelli terzo a Roma nel 2023, dopo Cavendish e Kirsch: sembrava l’ultimo trionfo di Mark, che invece nel 2024 batté il record di Merckx al TourFiorelli terzo a Roma nel 2023, dopo Cavendish e Kirsch: sembrava l’ultimo trionfo di Mark, che invece nel 2024 batté il record di Merckx al Tour
E tu?
E io pensavo che parlasse della Alpecin. Invece lui mi dice che è la Visma. E da lì è successo quello di cui si è già parlato. Mi hanno contattato la settimana dopo il Giro e ho firmato il contratto a inizio agosto. Nel mezzo ci sono state da fare tutte le cose che chiedono quando un corridore arriva da loro.
Ti immaginavi che sapessero chi è Filippo Fiorelli?
Di sicuro ho sempre fatto tante corse in cui c’erano anche loro. Anche negli anni passati, quando ho fatto quinto a Plouay ed ero ancora un terzo anno. Quando ho fatto terzo a Roma nel 2023 e terzo a Sestola due anni prima. Nel mio piccolo sono sempre stato presente negli ordini di arrivo, tranne quando magari stavo male e dovevo correre per forza. Però sapevo o speravo che qualcuno prima o poi se ne sarebbe accorto. Anche quest’anno al Giro d’Italia, nella tappa di Asiago. C’è mancato un solo secondo che riprendessimo Stork e a quel punto ci sarebbe stato in palio il secondo posto. Però non pensavo minimamente che una squadra del genere fosse interessata a me.
Una squadra del genere?
Queste sono di un’altra categoria rispetto al WorldTour, non è una WorldTour semplice. Quindi non pensavo minimamente che questo genere di squadra mi seguisse con tanta attenzione.
Fiorelli è molto legato alla Sicilia e alle sue tradizioni. Restaurare carretti con suo nonno è uno dei passatempo preferitiFiorelli è molto legato alla Sicilia e alle sue tradizioni. Restaurare carretti con suo nonno è uno dei passatempo preferiti
Si è parlato di dare supporto a Brennan e Van Aert nelle classiche: hai le idee chiare su cosa farai?
No, perché finora abbiamo parlato solo delle visite e della bici, che è a casa nella sacca e la tirerò fuori quando si tratterà di ripartire. Mi ha contattato il nuovo preparatore, Espen Aareskjold che è norvegese. Però a livello di programma e di preparazione che dovrò fare non so ancora niente. Ci vedremo la prossima settimana prima di andare un po’ in vacanza.
E Marcello Massini che cosa ha detto?
Marcello era contentissimo (Fiorelli sorride davvero tanto, parlando del primo mentore, ndr). Lui conosce davvero le potenzialità e il lavoro che c’è dietro. E’ contento per la squadra in cui andrò, dove forse potrò tirare fuori anche qualcosa di meglio. Lo ripeto, qui con i Reverberi facciamo tutto al massimo possibile. Se mi guardo indietro, mi hanno sempre messo a disposizione tutto. Sono arrivato fin qui sempre grazie a loro, che hanno creduto in me e mi hanno guidato sin dal 2020. Per questo andrò volentieri anche al Lombardia. E poi forse la mia stagione sarà finita.
Si torna a parlare di Alessandro Pinarello. Appena 22 anni, eppure nel giro del ciclismo che conta già da un quadriennio che nel mondo delle due ruote, soprattutto di questi tempi frenetici, è tantissimo. Il corridore di Conegliano ha chiuso quarto all’ultimo Giro di Toscana, in un contesto importante, finendo a 18” dal nuovo “vincitutto” Del Toro.
Un piazzamento che rappresenta una sorta di rilancio per il corridore veneto, arrivato al professionismo molto presto e sul quale si ripongo molte speranze, soprattutto dopo le difficoltà vissute in stagione: «E’ stato un primo riscontro dopo tanta fatica – dice – a dispetto di tutto non ho mollato. Adesso sono in una buona condizione, quindi spero di andare avanti in questo modo».
Pinarello al centro, vince la volata per il 4° posto al Giro della ToscanaPinarello a sinistra, vince la volata per il 4° posto al Giro della Toscana
Quanto è pesato l’infortunio al Giro d’Italia?
Sinceramente tanto, soprattutto all’inizio quando sono stato operato e vedevo le tappe del Giro in tv, coloro che solo pochi giorni prima erano miei compagni ed avversari lì sul piccolo schermo. Invece io ero a casa, è stato davvero pesante. Poi comunque mi sono allenato tanto sui rulli perché avevo il tutore al polso e non potevo andare in bici. E’ stata una ripresa lunga, le prime settimane sono state pesanti.
Come era stato l’infortunio?
Alquanto stupido a dire il vero. E’ stata una semplice frenata di gruppo, un’inchiodata e alla fine mi sono trovato per terra. Ho messo giù male la mano e ho spaccato lo scafoide sinistro, l’osso era ridotto male. Sono stato operato e mi hanno messo due chiodi. Ho un polso nuovo questo è vero…
Quattro anni per il veneto alla VF Group Bardiani: tanti punti portati e la vittoria al Recioto 2024Quattro anni per il veneto alla VF Group Bardiani: tanti punti portati e la vittoria al Recioto 2024
Un infortuno complicato, visto che sei rimasto più di tre mesi fuori dalle gare…
Sì e significa perdere gran parte della stagione. Il primo mese avevo un tutore che bloccava il polso, potevo solo fare rulli. Non impiegare minimamente il polso mi ha fatto perdere tutta la forza sul braccio sinistro. Quando sono tornato su strada, all’inizio era molto faticoso perché comunque non riuscivo a fare più di 2-3 ore e quindi bisognava concentrare quelle poche ore di allenamento per fare il più possibile. A questo accompagnavo spesso anche sessioni di palestra all’inizio, quindi facendo doppi allenamenti, quindi mattina e pomeriggio, alternando bici e rulli. Spezzavo l’allenamento per fare un po’ più ore. Sono tornato su strada a metà luglio.
I chiodi te li hanno già tolti?
Sono riassorbibili, nel giro di un anno se ne andranno da soli e questa nella disgrazia è una grande fortuna perché non mi dovrò rioperare e fermare di nuovo.
La cronometro iniziale del Giro d’Italia a Tirana. La sua corsa rosa è durata solo 5 tappeLa cronometro iniziale del Giro d’Italia a Tirana. La sua corsa rosa è durata solo 5 tappe
In Toscana sei entrato nella fuga decisiva…
E’ scollinato per primo Del Toro. Poi c’erano gli altri due, che erano Storer e un altro ragazzo, io ero con gli altri quattro. Non eravamo tanto distanti perché ce li avevamo là davanti, a fine discesa abbiamo ripreso Storer e l’altro il gruppetto si era ricompattato ma ormai il messicano era andato via. Poi Storer è ripartito insieme a Cras della TotalEnergies, ancora adesso che non ho ben capito come sono andati via, di forza. Noi ci siamo trovati un po’ al vento e anche il podio era andato.
Prima del Giro d’Italia, com’era stata questa annata?
E’ stata una stagione in sé positiva, la prima parte sicuramente. Ero partito dalle corse in Spagna a Maiorca e poi l’UAE Tourtrovando anche un paio di Top 10 e lo stesso alla Tirreno-Adriatico, quindi nel contesto più qualificato. Poi alla Coppi & Bartali ero davanti, lo stesso al Laigueglia.
Europei juniores 2021, Pinarello insieme a Crescioli. Di lì a poco sarebbe saltato fra i pro’Europei juniores 2021, Pinarello insieme a Crescioli. Di lì a poco sarebbe saltato fra i pro’
Tu hai 22 anni, però sei già al quarto anno con la VF Group Bardiani. Si era parlato tanto quando hai fatto questo salto che eri giovanissimo, forse troppo per passare. A distanza di tempo sei ancora convinto che sia stata la scelta giusta?
Sicuramente, per come mi hanno gestito il primo anno e secondo anno con la guida di Mirko Rossato. E’ stata una crescita molto graduale. Non mi posso lamentare, penso di aver imparato tanto in quel biennio, altrimenti mi sarebbe stato impossibile.
Rispetto ad allora, adesso a che punto sei, quanto pensi di dover crescere ancora?
Tantissimo, anche perché rispetto a quando sono passato mi sono sviluppato fisicamente, allora ero un po’ più piccolino, più magro. A livello di prestazioni penso ci sia ancora da migliorare, visto che comunque anche nelle ultime gare ho fatto dei buoni wattaggi anche essendo davanti, quindi c’è ancora da fare.
Il corridore di Conegliano è pronto a cambiare casacca, per la sua prima esperienza esteraIl corridore di Conegliano è pronto a cambiare casacca, per la sua prima esperienza estera
Qual è il tuo futuro?
Dopo quattro anni belli lascerò la Bardiani per fare la mia prima esperienza all’estero. Avendo già firmato sono più tranquillo, non devo affrontare le gare con l’angoscia di trovare la squadra. Sono comunque motivato, ma un po’ più tranquillo da quel punto di vista. Tra l’altro penso che sarà una buona esperienza di vita, confrontarmi con culture diverse, parlare un’altra lingua (diciamo che l’inglese lo parlo ancora poco, sarà un’occasione per migliorare).
Da qui alla fine dell’anno, quale gara hai messo come tuo obiettivo?
Il Giro dell’Emilia. Non ho mai fatto e vorrei di farlo bene. Poi il Lombardia dove vorrei andare più forte possibile per chiudere la mia esperienza alla VF Group Bardiani alla grande…
Dal ritiro UAE Emirates di Benidorm arriva la notizia che Ayuso sarà leader del team al Giro d'Italia. Lo spagnolo vuole crescere, con Pogacar come modello
I 60 punti di Alessandro Pinarello con il quarto posto di ieri al Giro della Toscana sono stati una vera manna per la VF Group-Bardiani. La squadra dei Reverberi, impensabilmente ad inizio anno, si ritrova impantanata in piena “zona retrocessione”. Come avrete capito, stiamo parlando della lotta acerrima per la permanenza nelle top 30 squadre del ranking UCI (qui la classifica aggiornata al 9 settembre), quelle trenta che avranno poi l’opportunità di essere invitate ai Grandi Giri ed altre corse di prestigio.
E la sfida è quasi tutta italiana: al 28° posto c’è la Polti-VisitMalta, al 29° la spagnola Burgos-Burpellets, al 30° la Solution Tech-Vini Fantini e al 31° laVF Group-Bardiani. La squadra di Ivan Basso e Alberto Contador ha preso un piccolo margine che sembra, per ora, metterla al sicuro. Mentre dietro il team di Serge Parsani risale forte, complice anche un calendario che per gran parte è stato disputato in Asia e in Sud America: una strategia che sin qui sta pagando. Ma con il calendario italiano le cose potrebbero cambiare.
Di questa situazione abbiamo parlato direttamente con Roberto Reverberi, tecnico della VF Group-Bardiani, che si trova in questo pericoloso “sandwich”.
In ammiraglia Roberto Reverberi, team manager e tecnico, della VF Group-BardianiIn ammiraglia Roberto Reverberi, team manager e tecnico, della VF Group-Bardiani
Roberto, partiamo da quanto accaduto ieri a Pontedera. Il quarto posto di Alessandro Pinarello è stata una bella boccata d’ossigeno, giusto?
Sì, parecchio. Pinarello è stato bravo e bisogna considerare che di fatto lui è ripartito quasi da zero. Si trattava praticamente del ritorno in gara dopo la frattura della mano al Giro d’Italia. Lo avevamo portato al Giro del Friuli, dove aveva faticato un po’, ma già ieri in salita si è mostrato a un buon livello. E’ rimasto coi migliori, magari è anche più fresco. Questo significa che la serietà paga. E anche se ha firmato per un altro team ha spinto forte.
Il dogma chiaramente è fare punti…
Ho chiesto a tutti di tenere duro. A fine stagione non è facile per i ragazzi, qualcuno tende a mollare. E invece ho visto corridori tenaci. Evidentemente hanno capito che il rischio di uscire dai trenta è reale. Magli, Conforti, Covili e altri per esempio stanno bene, e magari perché no riprendere chi ci precede. Poi è anche vero che questa classifica UCI ti porta a correre per i punti: è una guerra di posizioni e piazzamenti.
La Solution Tech-Vini Fantini ha raccolto gran parte dei suoi punti nelle corse extra Europa, dove il livello è inferiore ma la resa è identica (una gara di categoria 1.Pro vale tanto in Africa quanto in Europa). Come mai voi non avete adottato questa strategia?
Perché abbiamo fatto altre scelte. Come quasi tutti, anche squadre WorldTour, abbiamo pensato soprattutto a fare corse di un giorno, che sono quelle che pagano di più in termini di punti rispetto alle corse a tappe. Siamo realisti: basta che ci sia una crono e siamo tagliati fuori in partenza per la generale. Il che significa tenere duro 5-6 giorni sperando in un piazzamento e contestualmente le singole tappe valgono meno. Per fare un esempio, ieri Pinarello ha preso quasi gli stessi punti che dà sempre un quarto posto nella classifica generale al Coppi e Bartali. Con la differenza che lì sei in ballo per giorni e soprattutto ci devi riuscire.
Il team spera anche nel ritorno in forma di Marcellusi. «La grinta e le qualità non gli mancano», ha detto ReverberiIl team spera anche nel ritorno in forma di Marcellusi. «La grinta e le qualità non gli mancano», ha detto Reverberi
Quindi perché meno estero?
I programmi si fanno a inizio stagione e noi eravamo messi bene con le corse in Europa e in Italia, che danno anche un’altra visibilità. L’idea di andare ripetutamente in Cina o in Giappone non l’abbiamo presa in considerazione anche perché dovevamo fare il Giro d’Italia e la Tirreno-Adriatico, corse importanti e dispendiose.
Corse che in effetti la Solutiontech non aveva…
E noi non abbiamo un organico così ampio per poter correre su tanti fronti. Le cose stavano andando bene, ma abbiamo avuto diverse sfortune. Penso, per esempio, all’intoppo che ha avuto Filippo Fiorelli nella prima tappa del Giro: gli è caduto davanti Landa e lui è finito dietro. Uno come Filippo avrebbe potuto fare un quarto-quinto posto e già lì, che siamo nel WorldTour, sono 100 punti. E così altre volte.
Però in vista di questo finale di stagione andrete anche in Malesia?
Sì, è un nostro appuntamento classico ed è una corsa 2.Pro, quindi che rende bene, e che vede al via anche squadre WorldTour. Da lì faremo anche il Taihu Lake in Cina sempre 2.Pro, che è una corsa a tappe per velocisti e non prevede crono. Ne porteremo tre, tra cui Enrico Zanoncello, e speriamo di raccogliere qualcosa. Non solo: correremo anche qui da noi la Milano-Rapallo.
Per la VF Group-Bardiani sin qui 4 vittorie: la più importante il Giro della Città Metropolitana di Reggio Calabria (1.1) con Luca ColnaghiPer la VF Group-Bardiani sin qui 4 vittorie: la più importante il Giro della Città Metropolitana di Reggio Calabria (1.1) con Luca Colnaghi
Ma non è solo per under 23?
No, è una gara 1.2, non 1.2U (cioè under 23, ndr) e ci andremo con il nostro gruppo giovani e qualche elite. Si deve lottare ovunque. Anche perché, e ne ho parlato con chi di dovere all’UCI, anche se come sembra ci saranno fusioni e squadre che chiudono, resta il riferimento delle top 30 di quest’anno.
A proposito di giovani e organico, non vi ha tolto qualche rotazione in fatto di calendario e doppia attività?
Gran parte dei nostri punti viene dai giovani. Più o meno 500 se ben ricordo. Penso a Turconi e Scalco, ma certo ci devi investire e lo abbiamo fatto. Anche loro hanno capito che devono darci dentro, perché alla fine se si va o no al Giro d’Italia dipende anche da loro.
Anche loro dunque dovranno correre con l’obiettivo dei punti più ancora che della vittoria?
Sì, anche loro avranno questa linea. E ho visto che l’hanno capita bene. E’ giusto e mi fa piacere che sentano questa responsabilità. Andare o no al Giro d’Italia in chiave futura è importante. Ripeto, la nostra strategia è lottare su ogni fronte e mi sembra che i ragazzi siano ben mentalizzati in proposito. C’è voglia di fare e le occasioni per fare punti non mancano.
La spola tra le gare U23 e pro', che in certi casi può sembrare un passo indietro, di fatto non lo è. Ma è parte di un percorso più ampio. Parola a Rossato
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E’ maggio quando Fiorelli, che è in scadenza di contratto e ambisce a una squadra più grande, si rivolge scocciato ai suoi agenti. Possibile che nessuno si sia fatto avanti? Se le cose stanno così, li scuote, dovrò cercarmi un altro procuratore. Filippo ha trent’anni ed è arrivato tardi al ciclismo, ma senza offerte, lo scenario più plausibile sarebbe quello di rimanere con il VF Group-Bardiani.
«Parlare a quel modo – ricorda Paolo Alberati, che lo segue con Maurizio Fondriest – è stato il suo modo legittimo di mettere pressione, lo capisco. L’ho seguito per quattro anni, ha dei valori altissimi e non ho mai capito come mai nessuno si fosse interessato a lui. Gli piace allenarsi, essere preciso, alzarsi la mattina presto. C’era il problema del peso. Pesava 71-72 chili e, per fare il velocista, sarebbe dovuto arrivare a 74. Così abbiamo deciso di ricercare il Fiorelli che avevamo conosciuto dilettante con Massini. Quello che arriva nei gruppetti ristretti e in una volata di 30-40 può fare podio, ma per riuscirci sarebbe dovuto scendere a 66 chili. Sennò rischiava di non essere carne né pesce. C’è voluto un po’ per digerire il concetto, ma alla fine ci siamo arrivati».
Marcello Massini è stato il primo a credere in Fiorelli, prendendolo nei dilettanti e portandolo fra i pro’Marcello Massini è stato il primo a credere in Fiorelli, prendendolo nei dilettanti e portandolo fra i pro’
Quindi inizia l’estate e non ci sono proposte. Che cosa succede?
Erano due anni che lo proponevamo all’Astana, alla Alpecin, al Bahrain. Al Giro di quest’anno, la Cofidis dice di trovarlo interessante. Parliamo con Vasseur e dice che mercoledì avrebbe mandato la proposta contrattuale. Sono passate sette settimane fa e non è mai arrivato nulla. E Filippo dice di essere stato contattato da altri procuratori. Che cosa potevo rispondergli?
Già, che cosa gli dici?
Che come amico sarei contento di saperlo felice con un contratto firmato, piuttosto che con me e ancora scontento. Per cui gli chiediamo di darci sino a giugno e se non arriva nulla, liberi tutti e amici come prima.
E cosa avete fatto mentre lui correva il Giro?
Abbiamo chiesto alla Alpecin, che ancora non aveva risposto. Ma visto che eravamo appena stati in Olanda per portargli Segatta: perché non chiedere alla Visma anche per Fiorelli? Alla peggio avrebbero detto di no.
Alberati aveva già portato il giovane Segatta alla Visma Development: perché non tentare con Fiorelli?Alberati aveva già portato il giovane Segatta alla Visma Development: perché non tentare con Fiorelli?
E cosa succede?
Onestamente ci sembrava una cosa un po’ troppo grande, però ugualmente scrivo a Robbert De Groot, responsabile del devo team. Gli dico che abbiamo un solo corridore in scadenza e si chiama Filippo Fiorelli: può interessarvi? E lui mi risponde in un attimo e mi stupisce: «Davvero – dice – Fiorelli è vostro? Allora guarda, ti faccio chiamare da Grischa Niermann, perché di Fiorelli abbiamo parlato anche noi».
Te l’aspettavi?
Secondo voi? Ero a Palermo a fare studio e chiamo Filippo, dicendogli che la Visma è interessata e lui mi manda subito a quel paese. Dice che parlo a quel modo solo per tenerlo tranquillo e così gli mando lo screen dei messaggi in cui Niermann mi scriveva che avrebbe chiamato alle 10. Ero in macchina tra Palermo e Termini Imerese e il telefono squilla davvero. Riconosco il numero che mi ero fatto mandare per registrarlo, perché poteva essere un call center e non avrei risposto, e così mi fermo. Niermann mi dice che gli interesserebbe fare una call. Che stanno andando al Delfinato, ma il giorno che fosse finito, se gli avessi dato l’okay, avremmo fatto la call. Non nascondo che in quel momento, prima di ripartire con la macchina, mi è venuto il magone.
Perché?
Era il compimento di un processo di crescita di un dilettante siciliano, che più a sud d’Italia non poteva essere, nel quale abbiamo creduto. Ci ho lavorato prima insieme a Marcello Massini, poi mettendoci del mio per quello che riguardava l’allenamento, cercando di tenerlo in piedi quando le cose non andavano benissimo. E poi cedendolo, perché passando alla Vf Group-Bardiani sarebbe stato seguito da altri allenatori. E quando alla fine il processo è giunto a questo epilogo, sinceramente per me è stato un sogno diventato realtà.
Prima di Fiorelli, anche Battaglin aveva lasciato la Bardiani per arrivare alla allora Lotto-Jumbo. Qui nel 2018 vince al GiroPrima di Fiorelli, anche Battaglin aveva lasciato la Bardiani per arrivare alla allora Lotto-Jumbo. Qui nel 2018 vince al Giro
Riparti e cosa fai?
Chiamo Filippo, urlando. Lui era con suo nonno che gli chiedeva se fossi matto e se lo stessi prendendo in giro. Invece era tutto vero e la mattina dopo il Delfinato, alle 11, mi chiama Niermann per fissare la famosa call per il pomeriggio.
Che cosa vi siete detti?
E’ la cosa più incredibile. Ci ritroviamo con Filippo, Maurizio, Niermann e il loro responsabile dei dati, che si chiama Patrick Boe. Proprio lui ci chiede se possa condividere il suo schermo e apre un Power Point con l’immagine di Filippo in maglia ciclamino del Giro d’Italia, con il logo Visma e un file con tutti i suoi dati. Come si fosse allenato fino a quel momento. Come dovrebbe allenarsi secondo loro. Il grafico del peso che ha avuto negli ultimi anni. Del fatto che è il terzo corridore che cade meno in tutto il WorldTour. Non so se lo abbiano fatto con l’intelligenza artificiale, ma avevano la statistica di quanti corridori cadano nel WorldTour. E a Filippo dicono che lui è uno di quelli che non cade mai e questo è importante.
Ovvio, ma perché?
Gli dicono che per il lavoro che gli chiederanno, cioè tenere davanti Matthew Brennan e Van Aert in situazioni molto complicate, uno che arriva davanti, non cade mai ed è anche efficace, a loro farebbe molto comodo. Poi, relativamente ai dati, gli dicono che nello sprint di 5 secondi, massimo nel minuto, hai dei valori molto vicini ai migliori sprinter al mondo, ma non è fra i top 10. Nelle critical power dei 5, 10, 20 e 60 minuti, ha dei valori molto vicini a degli ottimi scalatori, ma ovviamente non è uno scalatore. «Per cui – gli dicono – il tuo è il profilo perfetto per un uomo che deve supportare i campioni nelle classiche. Atleti che magari sono un po’ più veloci di te, ma meno resistenti. Puoi essere buono anche per un Vingegaard. Tu non puoi essere uno scalatore, ma puoi portarlo nel punto in cui comincia la salita».
E’ stato Niermann, qui in bici con Van Aert, a contrattare con Alberati per l’arrivo di FiorelliE’ stato Niermann, qui in bici con Van Aert, a contrattare con Alberati per l’arrivo di Fiorelli
Lui cosa faceva?
Lui ascoltava e loro hanno continuato. «Sei disponibile – gli hanno chiesto – ad accettare questo ruolo nel quale ti lasceremo la libertà in alcune gare come Harelbeke o la Freccia del Brabante?». Poi gli hanno chiesto quale fosse la corsa dei suoi sogni e quando Filippo ha risposto che è la Sanremo, hanno sorriso. «Questo sogno – gli hanno detto – bisogna rimandarlo, perché la Milano-Sanremo dovrebbe vincerla Wout».
Patti chiari e amicizia lunga…
Amicizia di due anni, per l’esattezza, fino al 2027. Però abbiamo fatto una call successiva perché volevano essere convinti che avesse compreso il ruolo e non pensasse di andare alla Visma per fare lui il capitano. «Quando ho detto che mi piacerebbe vincere – gli ha detto Filippo – intendevo che vorrei essere parte di un processo di vittoria. Finora, nelle mie squadre, non ero all’altezza di vincere contro i corridori WorldTour e non avevo compagni di squadra così forti da aiutare a vincere. Abbiamo sempre corso per ottenere il miglior risultato possibile e sostanzialmente per fare punti. Mi piacerebbe fare lo step in più, essere parte di un ciclismo che costruisce un progetto per vincere». L’inglese di Filippo non è ancora il massimo e bisognava che questo concetto fosse chiaro.
E loro?
Hanno capito. Hanno sottolineato che sarà un ingranaggio importante in questo processo di vittoria. Che alcune volte avrà la responsabilità di vincere senza tirare per nessuno, ma la maggior parte delle corse le dovrà fare accanto a Van Aert e a Brennan.
Fiorelli lascia la squadra dei Reverberi dopo 7 anni di ottima gavetta: qui assieme a MagliFiorelli lascia la squadra dei Reverberi dopo 7 anni di ottima gavetta: qui assieme a Magli
Non hanno chiesto altro?
Hanno voluto visionare tutti gli anni del passaporto biologico e per fornirglieli Filippo in persona ha dovuto richiedere un processo di disclosure legato alla privacy. Hanno verificato questi 47 test, cui avevo aggiunto un file pdf in cui avevo annotato un’altra trentina di esami dal 2017 a 2019, quando Filippo era passato con Reverberi. Era un passaporto biologico interno, perché Bruno si chiedeva come mai Filippo andasse forte a 24 anni e prima non ce ne fosse traccia. E io gli rispondevo che non aveva fatto gli juniores e a 18 anni passava il tempo a giocare con il motorino e davanti al distributore delle bibite e dei Kinder.
Tutto chiaro, non restava che firmare?
Praticamente sì, anche se nel frattempo un’altra squadra ha fatto arrivare la proposta di un biennale. Ma a quel punto Filippo ha preferito la Visma, che offriva una bella tabella premi, che però abbiamo chiesto di rimodulare.
In che modo?
Era bello che prevedessero dei premi in caso di sua vittoria, anche per la vittoria della Sanremo. Ma ho detto a Niermann: «Se Filippo deve essere parte dell’ingranaggio e lavorare per i compagni, perché non immaginare una tabella premi basata sulle loro vittorie?». Lui ci ha riflettuto e ha detto che ne avrebbe parlato con Richard Plugge, il grande capo. Due ore dopo mi hanno dato una tabella premi in cui si tiene conto della vittoria del capitano, un tot a vittoria. E’ chiaro che a quel punto ti butti nel fuoco. Così abbiamo creato questo buon contratto per cui Filippo prende certamente meglio di quello che guadagna ora e hanno lasciato dentro anche i premi in caso di vittoria, che non guastano mai.
Giro d’Italia 2025, Fiorelli si piazza ottavo ad Asiago, dopo essere stato in fuga per tutto il giornoGiro d’Italia 2025, Fiorelli si piazza ottavo ad Asiago, dopo essere stato in fuga per tutto il giorno
E adesso?
Parte questa nuova avventura, che è già iniziata con l’iscrizione al corso d’inglese e con il training camp in altura sull’Etna, perché vuol chiudere bene la stagione. A fine mese ci sarà la Bretagne Classic, una delle corse in cui lo hanno notato per la prima volta. Nel 2022 vinse Van Aert e lui arrivò quinto, primo dei non WorldTour. Al di là dei numeri, hanno capito il valore di Filippo nella tappa di Asiago al Giro, vinta da Carlos Verona. Era in fuga dal mattino, l’hanno staccato perché c’erano delle salite lunghe. Davanti sono rimasti in sette e lui alla fine ha vinto la volata del gruppetto in cui c’era Van Aert, arrivando ottavo. Ha dimostrato di essere un corridore di fondo. E adesso si apre una parte di carriera che nessuno si sarebbe potuto aspettare, forse neanche lui. La carriera di uno che fino a ventiquattro anni era dilettante in Toscana e fino a vent’anni neanche correva in bicicletta.
Mai considerarlo “l’altro Turconi” non è più il caso. Perché Matteo Turconi si sta costruendo la propria strada e al suo secondo anno junior è ormai un riferimento per la categoria, se si considera che ha portato a casa nella stagione 5 vittorie, tutte inserite nel calendario nazionale. A queste si aggiungano 12 Top 10 con presenze sul podio anche in gare a tappe come la classifica finale del Giro d’Abruzzo. Un corridore completo, con l’instinct killer giusto per emergere anche nelle categorie superiori.
L’impressione è quella di un ragazzo che non solo vuole affrancarsi dall’ombra del fratello Filippo e non solo (sua madre Moira Tarraran ha fatto il Giro d’Italia nel 1999, suo zio è Stefano Zanini che non ha certo bisogno di presentazioni) ma che abbia dentro qualcosa in più, una straordinaria voglia di emergere.
Matteo insieme a suo zio Stefano Zanini, vincitore dell’Amstel nel ’96 e oggi diesse alla XDS AstanaMatteo insieme a suo zio Stefano Zanini, vincitore dell’Amstel nel ’96 e oggi diesse alla XDS Astana
«Forse viene da come sono andate le cose nell’anno scorso, il mio primo da junior – racconta il corridore della Bustese Olonia – la stagione non era andata come speravo, avevo ottenuto poco. Anch’io sono stupito positivamente da come sta andando, perché 5 vittorie non le avevo mai fatte neanche nelle categorie precedenti ma io guardo anche al fatto di fare tante gare di alto livello come quella di domenica scorsa. Ho anche ottenuto altri piazzamenti, quindi devo dire che sono veramente contento di come sta andando».
La tua vittoria principale, quella che ti ha dato più soddisfazione e ha fatto salire di livello la tua stagione?
Per me è stato importante il campionato regionale, anche se magari tra tutte era quello col livello più basso, ma è comunque un titolo che dà importanza. Anche se quella che magari mi è piaciuta di più è quella di sabato scorso, il Memorial Salvatico perché c’era tanta salita e mi sono potuto esprimere al meglio. Poi devo dire anche quella al Pistolesi, perché comunque è su una salita che faccio spesso in allenamento perché vicino a casa mia.
Per Turconi già 5 vittorie in stagione, tutte in gare nazionali. Ora punta alla convocazione azzurra (foto Instagram)Per Turconi già 5 vittorie in stagione, tutte in gare nazionali. Ora punta alla convocazione azzurra (foto Instagram)
Che differenze ci sono con tuo fratello dal punto di vista tecnico?
Secondo me anche come caratteristiche siamo più o meno simili. Forse lui è più scattoso e io un po’ più regolarista, salgo sul passo. Abbiamo due stili diversi ma entrambi possiamo considerarci degli scalatori.
E quanto conta avere Filippo come riferimento attuale nel ciclismo, cioè un fratello che gareggia nella categoria superiore?
Non nascondo che è un vantaggio, sicuramente conta tanto cioè avere uno che può darti consigli perché c’è già passato da poco e comunque sta dimostrando anche nelle categorie superiori che sa dire la sua. Diciamo che mi ritengo fortunato anche perché con lui ho un ottimo rapporto, molto amicale.
Foto di gruppo con la Bustese Olonia dopo la conquista del titolo lombardo a Manerba del GardaFoto di gruppo con la Bustese Olonia dopo la conquista del titolo lombardo a Manerba del Garda
Tu hai avuto occasione di vedere gareggiare tua madre e tuo zio?
No, perché mia mamma si è ritirata prima della nostra nascita, mentre mio zio forse ha fatto qualche gara quando ero nato, ma ero così piccolo che neanche posso ricordarmi. Però ho sentito un po’ di racconti delle sue imprese, ho visto qualcosa sui social di quando correva.
E che cosa pensi quando senti quei racconti, quel loro ciclismo che dicono tutti essere così diverso da quello che viviamo adesso e che vivete voi ragazzi?
A me devo dire che tutti i racconti di mio zio mi affascinano. Mi ritengo anche fortunato ad avere uno zio come lui, che ha fatto corse e soprattutto vinto corse di altissimo livello, che può darmi consigli. I suggerimenti di un familiare magari sono diversi dai consigli che può darti uno dello stesso settore, che non ha un legame, perché lo fa con il cuore. Parliamo di una persona che anche oggi è nel vivo dell’attività, che sa come si vive in quell’ambiente, è un riferimento a prescindere dal team dove lavora lui e dove posso militare io.
Lo scalatore lombardo è pronto al passaggio di categoria, puntando a traguardi importanti nelle prove più impegnativeLo scalatore lombardo è pronto al passaggio di categoria, puntando a traguardi importanti nelle prove più impegnative
Con una madre che ha fatto il Giro d’Italia e con uno zio come Zanini, la vostra strada era un po’ obbligata verso il ciclismo?
Sicuramente quello ha contribuito, ma è stata una passione che è cresciuta dentro di noi, non ci siamo mai sentiti costretti. Diciamo che in casa si è sempre respirato ciclismo, anche mio padre ha corso fino ai dilettanti. L’ambiente era quello, ci ha coinvolto, ma poi abbiamo continuato esclusivamente per nostra volontà e seguiamo la nostra strada, prendendo sì i consigli ma decidendo noi.
Adesso cosa ti aspetta nella seconda parte di stagione?
Arrivano 5 settimane di fuoco, dalla corsa di Sestriere e poi due classiche internazionali come Vertova e Paganessi, che non so se farò entrambe. Spero in una convocazione per il Lunigiana e il Trofeo Buffoni per riuscire a essere convocato al campionato europeo, che mi dicono essere molto duro e quindi adatto alle mie caratteristiche.
Matteo e Filippo Turconi si ritroveranno insieme dal prossimo anno alla VF Group BardianiMatteo e Filippo Turconi si ritroveranno insieme dal prossimo anno alla VF Group Bardiani
E l’anno prossimo?
Raggiungerò mio fratello alla VF Group Bardiani. Il fatto che lui era già lì ha pesato nella mia scelta, vedo come si sta trovando, la squadra mi ha fatto veramente una buona impressione. E poi correre con mio fratello è una cosa che io ho sempre voluto, ma con due anni di differenza non era mai stato possibile fare. Già questo è un sogno che si realizza…
Stefano Zanini ritrova Ballerini e dovrà dividerlo con il gruppo Cavendish. Ma prima, rotta sul Nord, con quell'andare non comune sul pavé. Poi il Tour