Conoscete Madouas? Proviamo a scoprirlo insieme

03.02.2024
5 min
Salva

Valentin Madouas si rifugia spesso nella mente. Il campione di Francia, 27 anni, che ha sempre corso con la Groupama-Fdj e ha il contratto fino al 2026, è un tipo interessante da ascoltare, forse perché esce dagli schemi più convenzionali. E anche se nel 2023 ha vinto “solo” due corse, non sfuggono negli anni scorsi il terzo posto al Fiandre del 2022 e il quinto nell’ultima Liegi.

«Un anno fa – ha raccontato di recente – ho iniziato l’ipnosi. Non ho bisogno di qualcuno con cui parlare, di uno psicologo. Voglio lavorare sull’inconscio, cercare nella mente cose che mi aiutino ad essere ancora più forte. Sappiamo davvero poco del cervello. Ho anche iniziato a fare l’agopuntura per recuperare. E’ un momento in cui mi prendo una pausa, in cui mi riposo per un’ora. Sto esplorando tante piccole cose che potrebbero portarmi a nuovi traguardi».

Valentin Madouas è nato a Brest il 12 luglio 1996. Pro’ dal 2018, è alto 1,79 per 71 chili
Valentin Madouas è nato a Brest il 12 luglio 1996. Pro’ dal 2018, è alto 1,79 per 71 chili

Approccio scientifico

Madouas è un ingegnere e come un ingegnere ragiona. L’istinto appartiene alla corsa, ma anche durante la gara traspare dal ragionamento la voglia di controllare il mondo intorno a sé. Questo potrebbe essere un limite, ma è anche il solo modo che per ora conosce di essere pronto a tutto, in un ciclismo di attaccanti feroci e imprevedibili. Quante variabili puoi controllare?

«Visualizzo le situazioni – spiega – lavoro molto sulla preparazione mentale. Quando vado a una corsa, immagino 10-15 scenari: come andrà, i corridori che affronterò. Cerco di farlo per quante più gare possibile, ma è molto difficile e soprattutto ci sono cose che non possiamo controllare. Questo è il modo in cui lavoro. Nel 2023 ha dato i suoi frutti, ma sono venuti anche perché nel frattempo è arrivata la maturità fisica e mentale. Ora che sono riuscito a dimostrare a me stesso certe cose, posso lavorare per farle di nuovo e più spesso ».

Podio al Fiandre: nel 2022 Madouas si piazza terzo dietro Van der Poel e Van Baarle
Podio al Fiandre: nel 2022 Madouas si piazza terzo dietro Van der POel e Van Baarle

Tricolore e Plouay

I risultati cui si riferisce sono la vittoria di Plouay, prima gara WorldTour (in apertura commosso dopo l’arrivo), e il campionato nazionale. Aveva conquistato il tricolore anche da U23 e continuava a dire che lo avrebbe colto anche da professionista, pur non sapendo quando e come.

«Sono stato costante per tutta la stagione – racconta – dalle Strade Bianche a Montreal (rispettivamente 2° e 4°, ndr). Inoltre, con il campionato francese e la Bretagne Classic, ho raggiunto due importanti obiettivi professionali. Avrei potuto vincere di più, ma le circostanze lo hanno impedito. Sapere di essere competitivo nelle classiche WorldTour mi permetterà di lottare a un livello più alto. Non vengo dal nulla, sono sempre stato presente. Sfidare certe corazzate nelle gare Monumento non sarà facile, ma il quinto posto di Kung alla Roubaix fa pensare che sia possibile. La squadra è forte, sta a me e Stefan darle la spinta, perché diventi più omogenea e abbia il coraggio di provare azioni per vincere».

E’ il 25 giugno, quando a Cassel Madouas conquista il campionato francese (foto Florent Debruyne)
E’ il 25 giugno, quando a Cassel Madouas conquista il campionato francese (foto Florent Debruyne)

La ricerca del limite

La solidità arriva con il lavoro e da quest’anno la sensazione è che tutti gli atleti della squadra francese abbiano aumentato qualità e quantità. Lo diceva Germani nel ritiro di dicembre e lo ribadisce Madouas.

«Penso di avere ancora molto da esplorare – dice – e su cui lavorare. Per me il ciclismo è uno sport in cui ti reinventi costantemente. Si fa il punto su cosa ha funzionato e poi si prova a sviluppare cose nuove per fare un passo avanti e uscire dalla routine. Non c’è niente di peggio che rinchiudersi in schemi sempre identici. Non conosco i miei limiti e ho raggiunto un’età in cui voglio conoscerli, siano essi mentali o fisici. Ho bisogno di lavorare molto, ma non avevo mai fatto un volume del genere in questo periodo dell’anno. Abbiamo aumentato tutto in modo omogeneo. Invece di tre sessioni di intensità, adesso ne faccio quattro di due minuti anziché di un minuto e mezzo. Sto lavorando di più dietro scooter e alla fine dell’anno avrò complessivamente 32-34.000 chilometri, anziché i 28 -29.000 dello scorso anno».

La vittoria di Plouay ha confermato a Madouas di avere il livello per vincere nel WorldTour
La vittoria di Plouay ha confermato a Madouas di avere il livello per vincere nel WorldTour

Vincere il Fiandre

Resta da inquadrare il suo ruolo di leader, nella squadra che ha perso Pinot e Demare ed è agitata dall’esuberanza di ragazzini come Gregoire e Martinez. E intanto, sapendo che si diventa capitani anche per i risultati, ribadisce che i sogni della sua primavera sono due: la Strade Bianche e il Fiandre, per il quale ha già pronta la tattica.

«Devo vincere – dice – ma anche unire i compagni e lo staff intorno a me e questa è la sfida più grande. Ringraziare, essere rispettosi, onesti e spontanei sono le qualità basilari. Thibaut era in grado di dire quando il lavoro era stato fatto bene oppure no e spiegava il perché. Ora che stanno arrivando i risultati penso di avere la credibilità per farlo anche io. Se poi vincessi il Fiandre…

«Ho immaginato due scenari. Il primo – ha detto a L’Equipe – è un attacco prima del Vecchio Qwaremont all’ultimo giro: lo prendo davanti, gli altri fanno il forcing, si avvicinano e poi si spengono. Io davanti gestisco il mio ritmo e mantengo 20-30 secondi al traguardo. Il secondo è che non riescono a staccarmi in salita e attacco negli ultimi 2 chilometri, quando sento che cominciano a guardarsi per lo sprint. Nessuno mi segue e vinco così. In entrambi i casi immagino Kung lì con me e ci daremo reciproca copertura. Saremo insieme nel finale e vinceremo insieme. Lui per aiutare me, io per aiutare lui».

Gregoire, 20 anni: l’insaziabilità dei numeri uno

08.01.2024
5 min
Salva

«Non pensavamo che sarebbe successo così presto – racconta Romain Gregoire, vent’anni – ma è una buona cosa. Ci motiva ogni giorno in allenamento sapere che la squadra ha fiducia in noi. Avere nuove responsabilità è tutto ciò che chiedo. E’ speciale avere corridori più esperti che lavorano per te, ma essere leader non è qualcosa che si chiede: deve venire con i risultati e le prestazioni. Bisogna essere all’altezza ed è ciò che mi spinge nel lavoro di ogni giorno».

Sette in pagella

L’aria di rinnovamento nella Groupama-FDJ, di cui vi abbiamo detto attraverso le parole di Lorenzo Germani e quelle di Philippe Mauduit, passa per il gruppo di giovani che nel 2023 Marc Madiot ha fatto passare in blocco nel team WorldTour. Sono i ragazzi di Gannat, che fra gli under 23 avevano spadroneggiato in lungo e in largo e potrebbero rimpiazzare in un solo colpo le vecchie glorie del team francese. Fra loro, Gregoire è quello che fra il 2021 e il 2022 aveva più impressionato, ma neppure lui si aspettava un inserimento così rapido e importante nella prima squadra. Anche se poi, a leggere le sue parole nel sito della squadra, ci si chiede se il senso di perenne insoddisfazione che trasmette sia una molla o un disagio.

«E’ stata una stagione positiva – prosegue – perché ho raggiunto i miei obiettivi e soprattutto la vittoria. Ci sono riuscito per cinque volte, comprese due classifiche generali (Quattro Giorni di Dunkerque e Tour du Limousin, ndr), cosa che davvero a inizio stagione non immaginavo. In più mi sono guadagnato la convocazione per la Vuelta e non l’ho finita completamente morto. E’ una stagione da 7 in pagella, non oltre perché so che posso fare meglio. Mi sarebbe piaciuto essere più utile alla squadra. Mi sarebbe piaciuto vincere a livello WorldTour e non sono ancora riuscito a farlo. Forse è anche normale, forse sono duro con me stesso, ma è anche il modo per spingermi a migliorare. Non credo che essere un neopro’ sia un’attenuante. Per me, una volta che siamo nella stessa squadra, non importa se siamo lì da dieci anni o sei mesi».

La Strade Bianche ha conquistato Gregoire. All’8° posto si è aggiunto lo stupore per il tifo e i paesaggi
La Strade Bianche ha conquistato Gregoire. All’8° posto si è aggiunto lo stupore per il tifo e i paesaggi

Margini di crescita

Le aspettative vengono da fuori, ma anche da se stessi. E per fortuna la sua ultima frase viene in parte contraddetta dalle sensazioni dopo il campionato francese, chiuso in ventesima posizione sui 23 corridori che hanno concluso la prova.

«Più vinci – ammette – più hai aspettative e più tutto diventa difficile. Per 3-4 anni sono riuscito a fare quello che volevo, ma questo è solo l’inizio. Il bello del 2023 è che abbiamo rispettato alla lettera il piano fatto a dicembre, in ogni momento sapevo per cosa stavo lavorando e questo mi ha consentito di mettere ottimamente a frutto le fasi di allenamento. Spero che sia sempre così, in modo da continuare nella crescita. Al campionato nazionale di Cassel avevo grandi ambizioni, ma alle spalle di Madouas che ha dominato, io ho capito che mi manca la solidità di qualche anno in più tra i pro’ per lottare con i primi in una gara come quella, lunga 220 chilometri, con tanta fatica e tanto caldo. Ho fatto quello che potevo, ho cercato di resistere il più a lungo possibile e poi il serbatoio si è svuotato».

Un metro e 76 per 64 chili, Gregoire parla senza peli sulla lingua: «Essere leader è bello, ma devi meritartelo»
Un metro e 76 per 64 chili, Gregoire parla senza peli sulla lingua: «Essere leader è bello, ma devi meritartelo»

Il Limousin e la Vuelta

Questo ragazzo è insaziabile. La primavera e l’estate gli hanno portato infatti le vittorie di Dunkerque e del Limousin, dove per la prima volta si è rivisto il Gregoire sbarazzino e sicuro degli anni precedenti. Due tappe vinte, una attaccando a 15 chilometri dall’arrivo, con la squadra al suo fianco: un’anticipazione di futuro che lo ha molto colpito. Invece pare che il contraltare della Vuelta abbia raffreddato l’entusiasmo. 

«Il lavoro ha iniziato a dare i suoi frutti – ricorda – abbiamo corso come ci piace e sono riuscito a vincere due tappe e a conquistare la classifica generale. Invece della Vuelta non sono troppo soddisfatto. Avrei preferito essere più attivo in corsa, ma non c’erano molte tappe per gli scattisti e quando c’erano non ho avuto le gambe per vincere (il riferimento è al giorno di La Laguna Negra, in cui è stato battuto da Herrada, ndr). E’ un peccato, ma in futuro mi piacerebbe migliorare il mio livello in salita per giocarmi certi finali».

Settimo nella 2ª tappa della Vuelta, Gregoire ha ottenuto anche il 2° posto nell’11ª. Esperienza positiva? Per lui a metà
Settimo nella 2ª tappa della Vuelta, Gregoire ha ottenuto anche il 2° posto nell’11ª. Esperienza positiva? Per lui a metà

L’eredità di Pinot

Resta da capire se oltre all’eredità sportiva, Gregoire e i suoi… fratellini siano sulla strada giusta per raccogliere il testimone di Thibaut Pinot. Prima di salutarli, sul pullman della squadra, il vecchio capitano ha detto parole incisive e toccanti sul prendersi cura della squadra. Le parole di un condottiero che mai in carriera, nonostante le offerte, ha valutato la possibilità di vestire un’altra maglia.

«Le parole di Thibaut – precisa infatti Gregoire – vanno collegate al fatto che è stato fedele alla squadra per 14 anni, avendoci trovato gli stessi valori che ha nella sua vita. Ci ha detto di rimanere autentici. Ha detto di aver trovato qui una nuova famiglia e gli piacerebbe che continuasse così anche con noi. Qualcuno riuscirà a trasmettere le sue stesse emozioni? Certamente no. Penso che Thibaut sia stato un’eccezione nel ciclismo, anche nello sport in generale. Il suo ritiro al Lombardia ne è stata un’altra prova. Però cercherò di seguire le parole che ha detto sul pullman, di rimanere reale e autentico. E vedremo dove mi porterà».

Però Madouas…. Sfiora il Fiandre e pensa alla Liegi

06.04.2022
4 min
Salva

Sono davvero pochi i ciclisti in grado oggi di essere davvero competitivi sia nelle Fiandre che nelle Ardenne. Okay, togliamo gli extra big come Pogacar e Alaphilippe, ma un vecchio Gilbert o un Bartoli oggi si contano sulle dita di una mano. Uno di loro è Valentin Madouas, “incredibilmente” terzo al Giro delle Fiandre domenica scorsa.

Incredibilmente, come avrete notato, tra virgolette. E sì, perché il quasi ingegnere della Groupama-Fdj in fin dei conti era reduce da un più che buono inizio di stagione. Aveva conquistato la maglia a pois nella Parigi-Nizza e sappiamo quale fosse il livello, e aveva aperto la sua campagna del nord con delle buone prestazioni proprio nelle Fiandre: 7° ad Harelbeke e 11° a Waregem.

Nel dopo gara l’abbraccio con Kung (a destra), primo leader in partenza ad Anversa (foto Twitter – Equipe Groupama-Fdj)
Nel dopo gara l’abbraccio con Kung (a destra), primo leader in partenza ad Anversa (foto Twitter – Equipe Groupama-Fdj)

Alti livelli

E poi la “ciliegiona” di domenica scorsa, il podio alla Ronde.

«Avevamo lavorato molto bene sul briefing – ha detto il francese dopo la corsa – Insieme con tutta la squadra abbiamo fatto la gara di cui avevamo bisogno. Purtroppo mi sono mancate un po’ di gambe all’ultimo passaggio sul Vecchio Kwaremont per seguire i due davanti. Ma si tratta davvero di dettagli, di poca cosa».

Poca cosa che però ha fatto la differenza quando hanno aperto il gas. Okay, poi il buco è stato richiuso in quanto VdP e Pogacar si sono fermati. In ogni caso per il classe 1996 questo podio così prestigioso è davvero un segnale importante, per la stagione e per la carriera. Dà fiducia.

«Ho fatto un po’ troppa fatica durante la giornata, ma tornerò per cercare di fare meglio. Però ho fatto un bel passo in avanti quest’anno», come a dire che per certe corse gli serve ancora un po’, un bel po’ di esperienza. Eppure non era al debutto, era la sua terza Ronde.

Lo sprint di Oudenaarde: arrivando da dietro inizialmente Madouas (al centro) e Van Baarle erano più veloci di Vdp e Pogacar
Lo sprint di Oudenaarde: arrivando da dietro inizialmente Madouas (al centro) e Van Baarle erano più veloci di Vdp e Pogacar

Lo sprint

Una delle cose più belle di domenica è stato ascoltare il racconto dello sprint dal suo punto di vista.

«Ci siamo avvicinati velocemente – chissà dalla radio cosa gli dicevano – ma avevo i crampi e le gambe mi “ballavano”. Non ce la facevo a stare bene in piedi.

«Ho fatto il mio sprint (lungo, ma non poteva fare diversamente, ndr) e quando li abbiamo agganciati con la velocità che avevo ad un certo punto ci ho creduto davvero. Ma le gambe hanno parlato e mi hanno detto di sedermi. È stato magnifico salire sul podio di un Monumento».

Madouas ha fatto un’ottima corsa. Anche se dice di aver speso un po’ più del previsto a risalire, a mantenere le posizioni, tutto sommato è rimasto ben coperto fino a quando non è scoppiata la corsa. E quel piccolo anticipo sullo scatto dello sloveno è stato provvidenziale.

«Quando eravamo in quattro ero concentrato, pensavo solo a seguire le ruote, soprattutto quelle di Pogacar. Per me lui era un gradino sopra. Fisicamente è davvero molto forte. Per colmare il gap coi migliori non manca poi tanto. E’ stato uno dei miei migliori giorni in bici, anche se non ho vinto».

Valentin sapeva bene che ad attaccare sarebbe stato lo sloveno. E sapeva anche che tenerlo non sarebbe stato facile. La sua intelligenza è stata quella di non seguirlo fino allo sfinimento. E infatti, poi quando si sono staccati, sembrava averne un po’ di più di Van Baarle.

Il bretone quest’anno ha conquistato la maglia a pois di miglior scalatore alla Parigi-Nizza
Il bretone quest’anno ha conquistato la maglia a pois di miglior scalatore alla Parigi-Nizza

Ardenne e…

Accolto dal team in maniera trionfante, Madouas è stato assalito anche dalla stampa francese, che orfana di Alaphilippe non sperava tanto. Forse si aspettavano qualcosa di più da Turgis.

E proprio perché c’erano tanti francesi, gli hanno chiesto della sua presenza alla Parigi-Roubaix, anche se in teoria Madouas sarebbe più da Ardenne, in fin dei conti è già arrivato ottavo in un’Amstel. Senza contare che risultati come il 13° posto al Giro d’Italia del 2019 e la recente maglia a pois alla Parigi-Nizza lo farebbero protendere per i percorsi valloni.

«La Parigi-Roubaix – ha risposto loro Madouas – non è nel mio programma, ma mi piacerebbe farla, anche solo per scoprire la gara. L’ho corsa sia da juniores che da under 23 e poi potrebbe essere interessante farla anche in vista della tappa sul pavè del Tour de France, dove posso aiutare la squadra. 

«Vedremo… Prima c’è l’Amstel Gold Race. Io comunque corro fino alla Liegi».