Julian Alaphilippe, Marc Hirschi, Tudor Pro Cycling 2025

Che impatto hanno avuto Hirschi e Alaphilippe alla Tudor?

08.12.2025
5 min
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La Tudor Pro Cycling sta vivendo quel momento in cui si guarda alla stagione conclusa con la curiosità di capire cosa ne sarà del futuro. Per gli atleti e lo staff della formazione professional svizzera la grande novità è rappresentata dalla certezza di avere le wildcard per tutte le grandi corse del prossimo anno. Un traguardo raggiunto grazie al duro lavoro fatto in queste stagioni, con la ciliegina sulla torta del 2025, anno in cui si sono tolti molte soddisfazioni. 

Il team ha visto entrare due corridori di spessore, dai quali ci si aspettava un impatto importante: Marc Hirschi e Julian Alaphilippe. In qualche modo l’impatto c’è stato, e se non è arrivato con i risultati è questione di dettagli. Ma alla prima stagione in una nuova squadra si deve anche lasciare lo spazio per ambientarsi e capire come cambia tutto. 

Da comprimario a leader

Hirschi e Alaphilippe sono stati in grado di dimostrare le loro capacità, lo sa bene Matteo Tosatto, diesse della Tudor Pro Cycling. Il tecnico veneto è consapevole anche che da due figure di questo spessore ci si aspetti sempre qualcosa in più, soprattutto se i risultati non sono stati sempre all’altezza delle aspettative. 

«Partiamo da Marc Hirschi – ci dice Tosatto una volta intercettato al telefono – per lui è stato un anno di grandi cambiamenti. Arrivava dal UAE Team Emirates dove era un corridore di riferimento, ma sicuramente non era leader unico. In Tudor si è trovato a ricoprire questo ruolo e magari si è sentito un po’ sotto pressione. Noi non gliene abbiamo mai messa, però è un segnale importante: vuole essere leader. Hirschi ha fatto registrare grandi valori, che non sempre sono andati di pari passo con i risultati come nel 2024. Quando in gara sei l’uomo di riferimento di una squadra gli avversari non ti lasciano così tanto spazio». 

Marc Hirschi, Tour de France 2025, Tudor Pro Cycling
Hirschi è tornato a correre in un Grande Giro tre anni dopo l’ultima volta
Marc Hirschi, Tour de France 2025, Tudor Pro Cycling
Hirschi è tornato a correre in un Grande Giro tre anni dopo l’ultima volta

Qualche cambiamento

Matteo Tosatto lo sa che se si guarda alla casella delle vittorie il bilancio della stagione per Hirschi può essere considerato fin troppo negativamente. Per questo nel parlare sottolinea i diversi piazzamenti portati a casa dal corridore svizzero

«Una prima stagione del genere può essere considerata discreta – continua il diesse – perché Hirschi è giovane e sappiamo quanto vale. E’ uno a cui piace correre e a volte forse sarebbe stato meglio fermarsi un attimo, come dopo San Sebastian. Arrivava da un Tour de France tosto, nel quale si è anche ammalato. A proposito, la Grande Boucle ha rappresentato il suo ritorno in un Grande Giro dopo due anni, anche questo va considerato. Aveva in programma il Giro d’Italia ma le due cadute di inizio stagione lo hanno rallentato e abbiamo preferito preservarlo. Con due o tre vittorie in più sarebbe stata una stagione ottima. Diciamo che nel 2025 sono state prese le misure, ora sappiamo come muoverci».

Grand Prix Cycliste Quebec 2025, Julian Alaphilippe vince
La stagione di Alaphilippe è stato un crescendo, fino alla vittoria ll GP Québec
Grand Prix Cycliste Quebec 2025, Julian Alaphilippe vince
La stagione di Alaphilippe è stato un crescendo, fino alla vittoria ll GP Québec

“LouLou”

L’arrivo di Julian Alaphilippe era avvolto da alcuni dubbi sul corridore francese, le cui qualità non sono mai state in discussione ma dal quale ci si sarebbe aspettato di più nelle passate stagioni. Il passaggio alla Tudor ha dato nuova linfa al francese, capace di tornare al successo in una corsa WorldTour

«La cosa che più mi ha impressionato – analizza Tosatto – è che nonostante la sfortuna e i diversi stop Alaphilippe è arrivato al Tour con una fame e una voglia incredibile. Al settanta per cento delle sue potenzialità, durante la prima settimana, ha dimostrato di poter stare con i primi. Nei momenti in cui stava bene ha fatto quello che ci si aspetta da un corridore del suo calibro. Al Tour of Britain, alla Tre Valli e in altre gare era gomito a gomito con i più forti. Sono convito sia ancora a quel livello, la classe certamente non gli manca».

Riferimento

Il due volte campione del mondo ha portato all’interno della Tudor un palmarès invidiabile, con Classiche Monumento, tappe nei Grandi Giri, per un totale di quarantacinque vittorie. 

«La sua caratteristica che colpisce è l’umiltà – ci racconta Matteo Tosatto – e la voglia di mettersi a disposizione degli altri. A inizio stagione all’Algarve ha dato una mano a Dainese per le volate, alla Sanremo ha dato un contributo ottimo a Trentin (poi nono al traguardo, ndr). Per non parlare del supporto dato a Storer sia alla Parigi-Nizza, nei ventagli e in salita, che al Lombardia nel restare sempre davanti.

«Sapevamo che Alaphilippe fosse un personaggio mediatico incredibile – conclude Tosatto – ma il suo impatto sportivo sul team è stato unico. I giovani si sono trovati davanti un modello e un esempio da seguire, sempre propositivo e gentile. E poi vede la corsa in maniera incredibile, parla tanto per radio e ti dice cosa sta accadendo in gruppo e ti dà una lettura del momento perfetta. Avere un corridore così in squadra ci rende tranquilli anche in ammiraglia». 

Copertoni Schwalbe Tudor

Quali gomme invernali? Le scelte in casa Tudor

21.11.2025
4 min
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Per pedalare d’inverno, lo sappiamo, occorre attrezzarsi bene. Gambe coperte e giacca pesante, copriscarpe, guanti e chi più ne ha più ne metta. Ma nella brutta stagione anche la bici necessita di un “abbigliamento” particolare, a partire dai copertoni.

Che differenze ci sono tra gli pneumatici estivi e quelli invernali? Come utilizzarli al meglio? L’abbiamo chiesto a Diego Costa, una vita da meccanico di altissimo livello e ora Head of Operations nel Tudor Pro Cycling Team.

Diego Costa, meccanico, head of operations Tudor Pro Cycling
Diego Costa è passato alla Tudor dopo anni alla Ineos. Dal 2026 sarà Head of Operations (foto Tudor Pro Cycling)
Diego Costa, meccanico, head of operations Tudor Pro Cycling
Diego Costa è passato alla Tudor dopo anni alla Ineos. Dal 2026 sarà Head of Operations (foto Tudor Pro Cycling)
Diego, come prima cosa ci dici quali sono le differenze tra una gomma estiva e una invernale?

La differenza principale riguarda il rotolamento. Con quelle estive si cerca il massimo della performance e della velocità, ma si perde qualcosa per quanto riguarda il grip. Quelle invernali invece sono più strutturate come carcassa, quindi leggermente meno veloci, ma più aderenti. Una differenza che infatti si vede anche nel peso.

Alla Tudor siete sponsorizzati da Schwalbe, che modelli utilizzate e quanto pesano?

Durante la stagione montiamo sempre gli Schwalbe Pro One da 28 mm, anche a cronometro. Invece per l’inverno diamo ai corridori gli Schwalbe One 365 sempre da 28, uno pneumatico quattro stagioni. Pesano rispettivamente 260 e 360 grammi, quindi come dicevo c’è una bella differenza.

Cambia anche la resistenza alle forature?

Esatto, i 365 hanno la protezione RaceGuard, oltre ad una carcassa più robusta e una mescola diversa. Per questo paga qualcosa in termini di resistenza al rotolamento, ma per gli allenamenti invernali vanno più che bene. Poi dipende anche dalle condizioni atmosferiche e da dove si abita. Abbiamo corridori spagnoli che usano sempre i Pro One, anche per avere sempre lo stesso setup. Allo stesso tempo ci sono altri corridori, per esempio gli olandesi, che utilizzano i 365 durante tutto l’anno.

E questo cambiamento tra pneumatici da allenamento e gara non si sente?

Molto poco direi, perché comunque giochiamo anche con le pressioni per fare in modo che abbiano le stesse sensazioni. Per esempio tenendo i Pro One a un gonfiaggio più basso.

A proposito di pressioni, quali sono quelle giuste per il modello invernale 365?

Parlando della versione tubeless, che consiglio senz’altro, noi le usiamo dai 4 a 5,3 bar. Secondo me anche per gli amatori durante l’inverno conviene certamente un copertone un po’ più robusto e più sicuro, e quello è un ottimo modello. Anche per quanto riguarda il design, il 360 ha le scanalature più accentuate di quello estivo, un dettaglio importante in questa stagione, quando spesso le strade restano umide anche con il bel tempo.

Negli Schwalbe One 365 anche la scanalatura è più marcata, per un migliore grip sul bagnato
Negli Schwalbe One 365 anche la scanalatura è più marcata, per un migliore grip sul bagnato
Torniamo un attimo alla vostra scelta durante le gare. Come mai avete optato per la misura da 28 mm?

Abbiamo esplorato molte combinazioni, fatto molti test, e quella sezione, nell’insieme del sistema copertone-ruota-bici, si è dimostrata la migliore. L’anno scorso per esempio utilizzavamo il 25 mm all’anteriore e il 28 mm al posteriore, da quest’anno invece siamo passati solo alla sezione più grande. E rimarremo così anche per la prossima stagione. Tranne che per le gare sulle pietre, dove utilizzeremo i Pro One ma da 30 mm.

Qualcuno dei vostri durante l’inverno fa anche gravel? In questo caso che pneumatici consiglieresti?

Sì qualche corridore che abita in nord Europa lo fa, anche per diversificare la preparazione, ma è una cosa che chiedono direttamente loro. Per il gravel un’ottima opzione sono gli G-One Overland 365 da 40 mm, per i quali vale più o meno lo stesso discorso fatto per gli One 365 stradali. Sono degli pneumatici quattro stagioni, quindi con protezione antiforatura e con maggior durata, la scelta giusta per chi li usa a livello amatoriale senza l’ossessione del risultato agonistico

Tudor Pro Cycling Team 2025, ritiro in Spagna

I ritiri di ieri e di oggi, ne parliamo con Tosatto

14.11.2025
5 min
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A breve tutte le squadre inizieranno i ritiri invernali, durante i quali prepareranno la prossima stagione. Da qualche anno praticamente tutte le formazioni si trasferiscono in Spagna, continentale o sulle isole, ma non è sempre stato così.

Anzi, meno di vent’anni fa era l’Italia ad ospitare tutto il meglio del ciclismo mondiale durante questo periodo. Cos’è cambiato nel frattempo? Potrebbe il nostro Paese tornare agli antichi fasti? L’abbiamo chiesto a Matteo Tosatto, che dopo una lunghissima carriera tra i professionisti ora è direttore sportivo del Tudor Pro Cycling Team.

Matteo Tosatto
Dopo un carriera da pro durata dal 1997 al 2016, ora Matteo Tosatto è direttore sportivo del Tudor Pro Cycling Team
Matteo Tosatto
Dopo un carriera da pro durata dal 1997 al 2016, ora Matteo Tosatto è direttore sportivo del Tudor Pro Cycling Team
Matteo, dove andavate in ritiro ai tuoi tempi, e dove andrete invece quest’anno?

Avendo avuto una carriera lunga ho visto, anzi vissuto, il passaggio tra Italia e Spagna. Fino al 2005 si andava in Toscana, e non solo noi, venivano anche tantissime squadre straniere. Mi ricordo per esempio la Telekom, la Rabobank, la Lotto e anche molte francesi. Poi un po’ è cambiato il clima, un po’ il bisogno di un altro tipo di infrastrutture. Nel frattempo la Spagna è cresciuta molto e adesso quasi tutti vanno lì, anche noi. Credo che in 50 chilometri di costa tra Valencia ed Alicante ci siano tutte le squadre del mondo.

Il cambiamento è stato causato dal clima e dalle strutture quindi?

Direi di sì. Lì a dicembre c’è ancora un’ottima temperatura e poi certamente gli hotel sono più strutturati. Sono attrezzati con la palestra, parcheggi spaziosi per i mezzi, sale riunioni per poter fare molte cose. Nelle strade interne poi c’è anche molto meno traffico, un altro fattore importante ovviamente. Per fare un paragone, negli anni 80 tutte le squadre andavano nella costa ligure, ora col traffico che c’è sarebbe impossibile. E poi c’è il dato economico. In Spagna fanno prezzi ottimi per i ciclisti. A volte mi è capitato di andare anche da solo per dei lavori specifici e mi ricordo che era davvero molto conveniente.

Tinkoff Gran Canaria 2015
La Tinkoff al ritiro di dicembre a Gran Canaria nel 2015, quando Tosatto era in squadra
Tinkoff Gran Canaria 2015
La Tinkoff al ritiro di dicembre a Gran Canaria nel 2015, quando Tosatto era in squadra
Da che anno c’è stato il cambiamento?

Con la Quick Step nel 2006 abbiamo fatto il ritiro di dicembre in Italia e poi quello di gennaio a Calpe. Poi dal 2008 in poi siamo andati solo in Spagna, a Gran Canaria. Secondo me quello è il miglior posto in assoluto, ci sono sempre tra i 18 e i 26 gradi, e puoi fare di tutto. Salite lunghe, salite brevi, pianura, tutto quello che serve per allenarsi bene.

La Sicilia non potrebbe essere un’alternativa? Dopo tutto l’Etna assomiglia un po’ al Teide…

In Sicilia ci sono stato una settimana nel 2015, ed eravamo appunto sotto l’Etna. Il clima era ottimo, si stava bene, il problema mi ricordo che erano le strade. La principale era buona, invece quelle interne molto meno per via del traffico. Ho letto giusto ieri un’intervista di Fiorelli che è di quelle parti e anche lui dice lo stesso. Poi c’erano anche tanti cani randagi che in bici possono essere un problema. D’altronde la salita dell’Etna è il paesaggio più bello che si potesse vedere credo, e ci si allenava molto bene. Ma non si può fare solo su e giù per quella salita tutto il tempo.

Etna Giro 2022
Il Giro sull’Etna nel 2022. Secondo Tosatto la Sicilia ha clima e paesaggi perfetti, ma mancano strutture e strade adeguate
Etna Giro 2022
Il Giro sull’Etna nel 2022. Secondo Tosatto la Sicilia ha clima e paesaggi perfetti, ma mancano strutture e strade adeguate
Ci sarebbero altri posti adatti in Italia secondo te?

Un’altra volta, sempre con la Quick Step, siamo andati in Puglia e mi è sembrato un ottimo posto. Sia come clima che come strutture. Il problema lì è che mancano le salite ed ora anche a dicembre si inizia già a fare lavoro di qualità. Una volta l’Italia tirava anche per il cibo, era vista come una parte importante.

Ora non lo è più?

Adesso anche quello è cambiato perché tutte le squadre hanno il loro cuoco. Una volta invece si guardava molto la qualità della cucina, che in Italia è e resta imbattibile. Mi ricordo che gli stranieri rimanevano colpiti anche solo per un cappuccino, e anche soltanto per quello venivano da noi molto volentieri. 

A livello tecnico invece i ritiri sono cambiati?

Secondo me non è cambiato tantissimo rispetto a 15 anni fa, l’idea di base è sempre quella. Il primo ritiro, quello di dicembre, è quello in cui ci si trova tutti assieme e serve per fare gruppo, anche perché è l’unica occasione durante l’anno in cui si è davvero tutti, dagli atleti allo staff. Si allena più il fondo, senza troppa intensità. Invece il secondo, quello di gennaio, è più specifico anche come lavori, e si formano già i diversi gruppi, per esempio non c’è chi va a correre poco dopo in Australia.

Ballan Bettini Tosatto
Ballan, Bettini e Tosatto, tre illustri esponenti dell’ultima generazione che durante l’inverno si è allenata in Italia
Ballan Bettini Tosatto
Ballan, Bettini e Tosatto, tre illustri esponenti dell’ultima generazione che durante l’inverno si è allenata in Italia
Qual è stato il posto più bello in cui sei stato in ritiro, e quello che invece ricordi meno volentieri?

Secondo me il luogo migliore in generale è Gran Canaria. Ci siamo stati ai tempi di Bjarne Riis, in una bellissima struttura, un golf club molto grande in cui avevamo una villetta ogni tre corridori. Anche come qualità di allenamento, clima, un po’ tutto. Il ricordo peggiore forse è del 2013, quando a gennaio siamo andati in Corsica una settimane per vedere le prime tappe del Tour che iniziava da lì. Il posto era molto bello, ma abbiamo preso 5 giorni di pioggia e vento e con Riis ci si allenava sempre e comunque.

Matteo, ultima domanda. Durante quest’inverno preparerete un corsa in particolare tra quelle di primavera?

In generale puntiamo a fare bene in tutte le classiche fin dalla Sanremo, tanto più che ci siamo rinforzati con corridori di qualità come Kung e Mozzato. In più nel 2026 saremo presenti a tutte le corse WorldTour e vogliamo fare bene anche anche all’Amstel e alla Liegi con Alaphilippe e Hirschi. Se proprio dovessi dire due corse che fanno per noi però, forse direi che Fiandre e Roubaix sono i due grandi obiettivi di primavera. Sono sicuro che abbiamo la squadra per fare molto bene. 

Michael Storer, Tudor Pro Cycling, Tour de France 2025

Storer e un altro passo verso i grandi: «Tosatto mi fa sognare»

17.10.2025
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La stagione di Michael Storer è appena finita, il corridore australiano arrivato in Europa qualche anno fa per diventare un professionista si è poi stabilito a Varese. Quando risponde al telefono il suo italiano perfetto ci fa dimenticare di aver davanti un atleta partito da così lontano. Anche l’addetta stampa della Tudor Pro Cycling ci ha guardato sorridendo quando nelle interviste al termine del Lombardia lo scalatore della terra dei canguri rispondeva alle domande in un italiano che farebbe invidia a molti che qui ci sono nati.

Il terzo gradino del podio al Giro di Lombardia è il premio finale per una stagione corsa sempre ad alti livelli. Accanto a lui c’erano Tadej Pogacar e Remco Evenepoel, i due protagonisti di questo mese di settembre. Storer. all’interno della zona mista camminava un po’ timidamente tra tutti i giornalisti e intanto rispondeva alle loro domande con la calma alla quale ci ha abituati da tempo.

«E’ stata una bella esperienza – racconta – e sapevo di stare bene. Quest’ultimo mese di gare ho raccolto parecchi risultati positivi, a partire dal podio al Giro della Toscana. Al quale è seguita la vittoria al Trofeo Pantani, la prima in carriera in una gara di un giorno».

Podio Lombardia 2025, Tadej Pogacar, Remco Evenepoel e Michael Storer
Il terzo posto al Lombardia è il miglior piazzamento in una Classica Monumento per Michael Storer
Podio Lombardia 2025, Tadej Pogacar, Remco Evenepoel e Michael Storer
Il terzo posto al Lombardia è il miglior piazzamento in una Classica Monumento per Michael Storer
Pensavi di poter chiudere così bene la stagione, con un podio in una Monumento?

Sapevo che al Giro dell’Emilia e al Lombardia avrei avuto delle buone occasioni. Sinceramente avevo in testa di raggiungere la top 10 al Lombardia, al massimo la top 5. Poi il mio diesse, Matteo Tosatto, mi ha detto di guardare più in alto ancora, che il podio ha tre gradini e l’ultimo sarebbe stato in palio. Mi sembrava un po’ esagerato, però poi alla fine ci sono salito davvero. 

E cosa ti ha detto Tosatto?

«Te l’avevo detto!». Lui certe cose le vede, è dura averlo come diesse perché non si accontenta mai (ride, ndr), mi spinge a dare sempre il massimo e a volte serve. Dice che mi accontento troppo ed è vero. Lui mi fa sognare di più, nelle corse si crea sempre l’occasione. 

Il Lombardia 2025, Remco Evenepoel, Michael Storer
Una volta che Pogacar ha attaccato, Storer è stato l’unico capace di seguire il ritmo di Evenepoel in salita
Il Lombardia 2025, Remco Evenepoel, Michael Storer
Una volta che Pogacar ha attaccato, Storer è stato l’unico capace di seguire il ritmo di Evenepoel in salita
Che effetto ti ha fatto salire sul podio al Lombardia?

Ero emozionatissimo. Non pensavo di riuscire a raggiungere tale risultato in una Classica. Il Lombardia è l’unica Monumento che si avvicina alle mie caratteristiche e non è semplice centrare la giusta occasione quando corri una volta all’anno su certi palcoscenici. 

Hai messo un altro mattoncino nella tua crescita? 

Quest’anno ho avuto modo di migliorare molto anche nelle corse di un giorno e ho raccolto dei bei risultati che sono frutto del lavoro combinato tra allenamento e mentalità. Non rivelerò mai i miei segreti (ride ancora, ndr) ma ho trovato il modo di performare al massimo in queste corse. Posso dire che sono aspetti sui quali si cresce anno dopo anno, è da tanto tempo che mi alleno con lo stesso preparatore. Abbiamo iniziato nei miei tre anni alla DSM per poi ritrovarci ora alla Tudor. 

Memorial Pantani 2025, Michael Storer, prima vittoria in carriera nelle corse di un giorno
Al Memorial Pantani per Storer è arrivata la prima vittoria in una corsa di un giorno
Memorial Pantani 2025, Michael Storer, prima vittoria in carriera nelle corse di un giorno
Al Memorial Pantani per Storer è arrivata la prima vittoria in una corsa di un giorno
Hai parlato anche di mentalità…

In questi anni ho preso parte a più gare nelle quali posso lottare per vincere, prima non ero in grado di farlo. E’ un aspetto importante perché per imparare a vincere bisogna correre con quell’obiettivo in testa, ed è diverso dal fare il gregario e ogni tanto avere una chance. E’ una cosa che si impara da juniores, poi quando passi professionista è difficile continuare a farlo. Tutti guardano ai giovani che vincono subito, ma sono in due su duecento. 

Pensi di aver avuto la giusta maturazione?

E’ interessante guardare i miei risultati al Lombardia, dal 2018 al 2025 l’ho corso per sei volte e ogni anno è andata sempre meglio. E’ stata una crescita lineare.

Michael Storer, Tudor Pro Cycling, Tour de France 2025
Nel 2025 Storer ha corso Giro e Tour, dimostrando di saper reggere lo sforzo fisico e mentale di due Grandi Giri ravvicinati
Michael Storer, Tudor Pro Cycling, Tour de France 2025
Nel 2025 Storer ha corso Giro e Tour, dimostrando di saper reggere lo sforzo fisico e mentale di due Grandi Giri ravvicinati
Quest’anno hai anche corso, per la seconda volta in carriera, due Grandi Giri, pensi ti abbia dato un qualcosa in termini di crescita?

Ho corso al Giro d’Italia e poi al Tour de France, ho visto che il mio corpo risponde bene e ce la fa a preparare due corse così importanti in maniera ravvicinata. La parte più difficile è stata gestire la fatica, soprattutto al Tour dove sono andato con l’obiettivo di correre giorno per giorno. Sarebbe stato bello vincere una tappa, ma ho dimostrato di esserci. 

L’inverno lo farai a Varese o torni in Australia?

Fino al ritiro di dicembre starò in Italia, in Australia spero di tornarci per i campionati nazionali che quest’anno si corrono nella mia città, a Perth. Sarebbe bello fare anche il Tour Down Under, però non so se la squadra lo farà. In caso potrei rimanere in Australia il mese di gennaio per poi andare direttamente al UAE Tour, non torno a casa dal febbraio del 2024, sarebbe bello riuscire a incastrare gli impegni. Ormai mi sono abituato agli inverni di Varese, che stanno diventando più caldi e asciutti.

Storer ha costruito il suo cammino passo dopo passo, diventando sempre più forte sotto ogni aspetto
Storer ha costruito il suo cammino passo dopo passo, diventando sempre più forte sotto ogni aspetto
Pensi già agli obiettivi del 2026?

Ho finito la stagione contento ma non stanco e credo questo possa essere un vantaggio in vista della prossima. Mi concentrerò sulla preparazione, devo partire bene e lavorare nella maniera corretta. Sogno sempre di vincere una tappa al Giro o al Tour. Se vogliamo esagerare posso dire che mi piacerebbe ottenere un podio al Giro, ma non lo dico ad alta voce altrimenti Tosatto mi dice: «Perché non vincerlo?» (ride ancora, ndr).

Mozzato è ripartito, alla Tudor ci si penserà poi…

25.09.2025
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Il 6° posto di domenica al Grand Prix d’Isbergues, classica del calendario francese, ripropone alla ribalta Luca Mozzato del quale si erano un po’ perse le tracce dopo il Giro d’Italia. Per il ventisettenne di Arzignano non è un’annata facile, certamente diversa da quella dello scorso anno che l’aveva visto protagonista al punto da mettere la sua firma – e in maniera decisa – sulle classiche belghe con la vittoria a Koksijde e soprattutto la piazza d’onore al Giro delle Fiandre.

D’altronde il veneto sa che ci sono annate che vanno un po’ così e il segreto è cercare di prendere tutto il positivo che si può. Anche un piazzamento può avere in questi casi un valore maggiore, soprattutto se, come nel suo caso, è segnale di ripresa. E quel risultato gli consente anche di prendere con filosofia i piccoli ostacoli quotidiani, nell’occasione una giornata di allenamento sotto la pioggia.

Mozzato, qui al Tour Poitou Charentes, sta ritrovando il colpo di pedale. Domenica 6° a Isbergues
Mozzato, qui al Tour Poitou Charentes, sta ritrovando il colpo di pedale. Domenica 6° a Isbergues

«Si va avanti nonostante tutto – racconta ridendo appena finita la seduta – anche la pioggia. In questa parte di stagione sta andando non alla grandissima, ma almeno qualche soddisfazione in più ce la siamo tolta. Diciamo che in gara mi muovo meglio, anche nel gruppo, ho ritrovato la voglia».

Che cosa era successo, che ti ha portato a vedere le corse in maniera un po’ diversa?

Penso che sia tutto collegato alla condizione, al fatto di stare bene. Finalmente da un paio di mesi a questa parte mi sento meglio anche sulla bici. Perché a inizio anno ho avuto qualche problema e non ho reso come speravo. Mi è pesato molto perché avevo fatto un bellissimo inverno, forse il migliore da quando corro. Ma quando ho cominciato a correre in Belgio sono andato per terra in una delle prime gare dopo l’altura e mi sono fatto male a un ginocchio.

Un infortunio grave?

Non proprio, però me lo sono portato dietro una decina di giorni, e nel momento clou delle classiche per un corridore come me è un ostacolo importante. Ho provato a stringere i denti e vedere cosa si riusciva a fare, ma il dolore al ginocchio è diventata un’infezione. Così la prima parte di stagione è stata completamente da buttare perché non riuscivo a esprimermi come volevo e abbiamo provato comunque a essere presenti nelle corse, ma non riuscivo a rendere e mi buttavo sempre più giù, era diventato un circolo vizioso.

Il corridore di Arzignano ai campionati italiani, vissuti insieme a Giosuè Epis, ma conclusi con un ritiro
Il corridore di Arzignano ai campionati italiani, vissuti insieme a Giosuè Epis, ma conclusi con un ritiro
Quando c’è stata l’inversione di tendenza?

Mi sono fermato d’accordo con la squadra e abbiamo analizzato la situazione. Si è deciso di cambiare programmi e andare al Giro. Le cose hanno cominciato a funzionare anche se nella corsa rosa non sono arrivati risultati eccellenti. Ma comunque ero presente. Dopo il campionato italiano abbiamo voltato pagina e in questa seconda parte di stagione mi riconosco un po’ di più.

In questa stagione così difficile, quale reputi sia stata la tua gara migliore fino adesso?

Probabilmente il Giro di Vallonia. Quando sono sceso da Livigno ho visto che la condizione era in crescita, mi sono piazzato un paio di volte, sono tornato ad essere competitivo quasi tutti i giorni. E’ stato importante il secondo giorno, arrivavo da una prima parte di stagione abbastanza difficile, quindi la squadra ha deciso di fare la corsa per degli altri corridori. La punta era Rouland che ha fatto terzo, io ho chiuso comunque quinto e ho capito avrei potuto comunque giocarmi le mie carte. Negli altri giorni di gara sono sempre stato nel vivo della corsa e ho capito che qualcosa era cambiato, che potevo guardare al futuro con più ottimismo. La tappa era stata abbastanza impegnativa e vincere la volata del gruppo è stato quel segno che aspettavo.

Un Giro d’Italia senza squilli il suo, con una sola top 10 a Napoli
Un Giro d’Italia senza squilli il suo, con una sola top 10 a Napoli
Quando è nato il contatto con la Tudor?

Mi hanno cercato abbastanza presto. A me è sembrato fin da subito un progetto che sembra crescere bene, velocemente e con grandissima attenzione per i prossimi anni. Ci siamo trovati in sintonia e pur avendo quest’annata un po’ storta, loro hanno deciso di darmi fiducia e quindi io spero di poterli ripagare.

Tu sei all’Arkea, una squadra WorldTour mentre la Tudor, almeno ufficialmente è ancora una professional. E’ un passo indietro?

Io direi di no, anzi il contrario. Poi al momento io posso parlare solo per sentito dire o per quello che vedo da fuori, ma sembra che tutta la struttura che gira intorno alla squadra, fra organizzazione, performance, materiali, sia veramente eccezionale e c’è tutto per continuare a crescere.

Le classiche belghe sono state il punto più basso per Mozzato, a causa del problema al ginocchio
Le classiche belghe sono state il punto più basso per Mozzato, a causa del problema al ginocchio
Ti hanno già indicato quali potrebbero essere i tuoi ruoli, le tue fiches da giocare nel team?

No, al momento penso sia ancora presto, si vedrà al primo ritiro, nelle riunioni dove si avranno delle bozze di calendario e un’idea un po’ di come andrà la stagione. L’idea è quella di continuare a fare risultati e non voglio dire nelle corse di seconda fascia. Capiterà di avere sia l’occasione personale che di dover dare una mano.

Sei quindi in chiusura con il tuo team. Dovendo fare un primo consuntivo che cosa provi?

Questi sono stati tre anni che in generale sono stati parecchio soddisfacenti e anche belli da passare. Io sono arrivato in Arkea in maniera un po’ rocambolesca attraverso la chiusura della B&B e per questo posso solo ringraziarli perché mi han dato la possibilità di competere nella massima serie, di fare le più belle corse. Penso di averli ripagati col massimo impegno sempre, ma anche con dei bei risultati.

Grand Prix Cycliste Quebec 2025, Julian Alaphilippe vince

La zampata di Alaphilippe è un’idea per i mondiali?

20.09.2025
5 min
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Adesso il mondiale. Il cielo ha cambiato colore ed è come se ora Julian Alaphilippe si fosse fermato sulla cima del colle con il tempo finalmente per guardarsi indietro. Il passaggio alla Tudor sembrava non aver prodotto i risultati che sperava. Il Tour era andato avanti con più bassi che alti, al punto da aver richiesto un recupero più lungo e la rinuncia a San Sebastian. La vittoria di Quebec City è stata una scarica elettrica auspicata e inattesa, probabilmente l’eccezione che finirà con il confermare la regola del ciclismo dei giovani cannibali. Solo che questa volta il ragazzo di 31 anni ha trovato il modo di far scattare la trappola ed è tornato a casa con il bottino pieno.

«Volevo davvero finire la stagione nel miglior modo possibile – ha raccontato – ho lavorato tanto per la squadra, ma come leader, era importante che riuscissi a vincere. E arrivarci in questo modo è stato ancora meglio. Abbiamo dovuto giocare d’astuzia. Mi è stato ordinato di mantenere la calma, è stato un po’ innaturale, ma fa parte del gioco saper gestire le proprie riserve di energia».

Grand Prix Cycliste Quebec 2025, Julian Alaphilippe in coda al gruppo di fuga
Dosare le energie: per questo a Quebec, Alaphilippe è stato spesso a ruota, ma non gli è piaciuto
Grand Prix Cycliste Quebec 2025, Julian Alaphilippe in coda al gruppo di fuga
Dosare le energie: per questo a Quebec, Alaphilippe è stato spesso a ruota, ma non gli è piaciuto

Prendi e porta a casa

Ha fatto il furbo, c’è forse qualcosa di male? Per una volta non è stato lui quello che ha acceso la miccia, ma ha lasciato che a sfinirsi fossero i compagni di un’avventura iniziata a 73 chilometri dall’arrivo. Come si usa adesso, come anche lui aveva mostrato di saper fare prima che l’incidente della Liegi del 2022 lo costringesse al lungo stop dal quale tutto è cambiato.

«Sono generoso nei miei sforzi – ha raccontato Alaphilippe nella conferenza stampa dopo la vittoria – ma visto il livello del gruppo attuale, se avessi collaborato fin dall’inizio, sicuramente non avrei avuto l’energia per impormi. Per anni non ho contato le mie pedalate. A volte sono stato troppo generoso e non ho ottenuto risultati. Non era previsto che fossi in testa così lontano dal traguardo, mi hanno chiesto perché non tirassi e ho dovuto rispondere che stavo eseguendo gli ordini. Non l’avevo mai fatto prima, non posso dire che mi sia piaciuto. Ma alla fine, anche i corridori che mi avevano detto qualcosa, sono venuti a congratularsi con me. Non ripeterò più una scena del genere».

LIegi-Bastogne-Liegi 2022, Alejandro Valverde, Julian Alaphilippe
Partenza della Liegi 2022, con Valverde c’è Alaphilippe campione del mondo. Di qui a poco una caduta minerà il seguito della sua carriera
LIegi-Bastogne-Liegi 2022, Alejandro Valverde, Julian Alaphilippe
Partenza della Liegi 2022, con Valverde c’è Alaphilippe campione del mondo. Di qui a poco una caduta minerà il seguito della sua carriera

Il gruppo non aspetta

Il copione è lo stesso di altri che hanno detto basta. Il livello del gruppo si è alzato così tanto che il tempo per recuperare da un brutto infortunio diventa un intervallo irrecuperabile. E quando torni, ti accorgi che tutto è cambiato, che nessuno ti aspetta. Che non hai più il passo di prima e la testa va giù. Marta Cavalli per questo ha smesso di correre, Alaphilippe lotta ancora.

«Volevo dimostrare che sono ancora qui – ha raccontato – che posso ancora vincere una delle corse più dure. Ho visto la gioia dei miei compagni di squadra e del mio staff. E’ per questo che continuo ad andare in bici. Se avessi pensato di essere finito, avrei smesso e non avrei firmato per una nuova squadra. Sentivo di avere ancora qualcosa da dare e ora voglio concludere la stagione alla grande. I miei due mondiali non sono così lontani, ma sembrano di un’altra epoca. Sono uno degli ultimi corridori ad aver vissuto il ciclismo pre Covid. I giovani corridori sono robotizzati in termini di allenamento, alimentazione, sonno e allenamento in quota. Tutto è più preciso e calcolato. E per loro è normale. Anche se sono molto professionale, non aspiro a questo. In squadra, con Matteo Trentin, siamo gli ultimi due rappresentanti di questa generazione».

Trentin e Alaphilippe, i due corridori più esperti della Tudor in un ciclismo di ragazzini terribili
Tour de France 2025, Parigi, Campi Elisi, Matteo Trentin abbraccia Julian Alaphilippe
Trentin e Alaphilippe, i due corridori più esperti della Tudor in un ciclismo di ragazzini terribili

Lo spirito francese

Adesso il mondiale, con la suggestione di un viaggio esotico per sfidare quel tiranno spietato e simpatico di nome Pogacar, che da cinque anni monopolizza le cose del ciclismo.

«Dobbiamo tenere conto della sua superiorità – ha spiegato il tecnico francese Thomas Voeckler – ma lo spirito della nostra squadra non è per questo diminuito. Ho formato il gruppo con corridori che sanno capire l’orgoglio di essere francesi. Non posso fare a meno di dire che punteremo alla vittoria, che correremo per diventare campioni del mondo. Potreste pensare che io non sia lucido, eppure lo dico con la massima umiltà. Sono convinto che ci sia una finestra di tempo molto limitata che possiamo sfruttare. Non siamo nel 2020 o nel 2021, dove avevamo il miglior attaccante del mondo su percorsi per attaccanti. Eppure preferisco provare a fare qualcosa rischiando anche di finire al 45° posto, piuttosto che aspettare di entrare nella top 10, cercando di sopravvivere».

Alaphilippe, qui con il ct Voeckler, era arrivato ai mondiali di Zurigo 2024 forte del terzo posto a Montreal dietro Pogacar
Alaphilippe, qui con il ct Voeckler, era arrivato ai mondiali di Zurigo 2024 forte del terzo posto a Montreal dietro Pogacar

L’orgoglio del campione

Battuti da uno che è più vicino alla fine che all’inizio. Chissà se la battuta nella conferenza stampa lo ha fatto davvero sorridere. Ma certo l’ultima riflessione di Julian Alaphilippe, che due giorni dopo si è fermato nella gara di Montreal, è quasi l’invito (purtroppo vano) lanciato ai più giovani perché si fermino finché sono in tempo.

«Il ciclismo di vecchia scuola – ha detto – non è finito. Sono ancora in grado di vincere senza seguire un piano preciso. Mi alleno duramente, ma non potrei condurre la vita di questi ragazzi. Ho bisogno della libertà e della gioia di vivere, che per me è una delle forze trainanti. Sono papà da quattro anni e questo mi ha cambiato la vita. Voglio mantenere questo lato semplice, pur continuando a essere un corridore. Devi vivere, non dimenticare mai che stai solo andando in bicicletta e che c’è una vita anche fuori di qui».

Vincere e chiudere bene la stagione: Dainese fa i conti del Tour

02.08.2025
5 min
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Le vacanze all’Isola d’Elba prima di ripartire ad allenarsi per Amburgo hanno dato modo ad Alberto Dainese di rileggere il suo Tour de France. Il padovano del Tudor Pro Cycling Team si è ritrovato sullo stesso ring di pesi massimi come Merlier, Milan e (finché c’è stato) anche Philipsen. Ha avuto buone sensazioni in salita, gli è mancato qualcosa nelle volate e ha maturato due certezze. La prima è che c’è da lavorare per raggiungere certi apici. La seconda è che di qui a fine anno vuole fortemente vincere di nuovo.

«Se c’è una cosa che mi dà fastidio – sorride – è sentirmi dire “good job” dopo un sesto posto. Il velocista deve vincere, se fa sesto di cosa può essere fiero? Quando ero alla Zalf, Luciano Rui ci faceva i complimenti se vincevamo, ma se eravamo secondi neanche se ne parlava. Voglio vincere. La squadra si aspettava di più e mi paga per quello, è il mio lavoro. Voglio vincere per capire dove sono e per la sensazione stessa di vincere. Sono un velocista, la mentalità deve essere quella».

A Tolosa, 11ª tappa, arriva la fuga e vince Abrahamsen: Dainese è secondo nella volata del gruppo
A Tolosa, 11ª tappa, arriva la fuga e vince Abrahamsen: Dainese è secondo nella volata del gruppo

Le salite e gli acciacchi

Avendo ricevuto l’invito per il Tour, la Tudor Pro Cycling ha dirottato Trentin, Alaphilippe e Dainese (le sue punte di diamante) sulla corsa francese. La preparazione mirata ha tenuto conto del livello pazzesco della sfida, così Alberto ha lavorato per arrivare in Francia con tutte le armi necessarie. Anche se nello spiegarlo, ricorre alla proverbiale ironia.

«Andavo forte, forse non abbastanza – ammette – quindi sono stato soddisfatto di come andavo in salita. In volata invece, c’è ancora da lavorare, però in generale è stato un Tour in cui ho sofferto poco. A parte quando sono stato un po’ male negli ultimi due giorni e la tappa di Valence, in cui ho fatto sesto, pur avendo dei seri problemi intestinali. In quei giorni ho sofferto, poi c’è da dire che di volate vere e proprie ne abbiamo fatte 4-5. A livello fisico c’ero, resistenza molto buona in salita, forse così forte sono andato poche volte. In volata però mi sarei aspettato di fare un risultato migliore, soprattutto a Valence, dove sono anche rimasto davanti alla caduta. Però quel giorno mi sono svegliato nella classica giornata in cui ho odiato dalla prima all’ultima pedalata…».

Merlier secondo Dainese è al momento il velocista più forte, capace di rimonte impensabili per gli altri
Merlier secondo Dainese è al momento il velocista più forte, capace di rimonte impensabili per gli altri

Fra Milan e Merlier

Il fatto di andare forte in salita serve al velocista per avere più resistenza e non lasciare sugli strappi la potenza di cui avrà bisogno in volata. Soprattutto se il confronto è così elevato che basta perdere mezza pedalata per ritrovarsi nei guai.

«Se devi competere con quelli là – sorride – basta che tocchi i freni una volta e devi fare un rilancio che ti costa. Il treno ce l’aveva solo la Lidl, ma Merlier è stato talmente devastante, che ha vinto da solo. Se Jonathan (Milan, ndr) è in seconda ruota, lui arriva da dietro e lo salta. E’ imbarazzante. Sembra che giochi, per batterlo servirebbe avere in tasca una pistola (ride, ndr). Le due volate che Milan ha fatto contro di lui, le ha perse nonostante Merlier arrivasse da dietro. Prende 500 metri di aria prima di fare la volata, perché non ha nessuno che lo porti al chilometro. Magari lo lasciano in decima posizione e lui comincia a risalire fino alla ruota di Jonathan e poi lo salta. Se lo facessi io, dovrei fare la volata prima della volata. Intendiamoci, Jonathan è fortissimo. Come lo fermi un corridore di 1,94 che si lancia a 70 all’ora? Invece Philipsen ha davanti Van der Poel e Groves che lo lasciano ai 150 metri a 75 all’ora, fa le volate di testa. Non voglio dire che sia facile, però sicuramente a Merlier gliela complicano perché lui non ha un treno».

Onley è stato una delle rivelazioni del Tour. Dainese lo conosce dal 2023 e il suo quarto posto non lo ha stupito (qui è a ruota di Pogacar sul Col de la Loze)
Onley è stato una delle rivelazioni del Tour. Dainese lo conosce dal 2023 e il suo quarto posto non lo ha stupito (qui è a ruota di Pogacar sul Col de la Loze)

Sulle strade con… Onley Fans

Prima di lasciarlo alla spiaggia e di ringraziarlo per aver risposto durante le meritate vacanze, gli chiediamo qualcosa su Oscar Onley, il quarto del Tour a 1’12” dal podio, con cui “Daino” ha diviso ritiri e chilometri nel 2023 quando correva anche lui con la DSM-Firmenich.

«Onley Fans – ride – era bellissimo. C’erano i cartelli degli Onley Fans, che si pronuncia allo stesso modo di OnlyFans. Lui è forte davvero. Abbiamo corso insieme e si parlava di quali numeri devastanti avesse. L’anno prima mi pare che avesse fatto secondo in un una tappa della CRO Race, arrivando a due con Vingegaard che poi vinse la tappa. E già quello aveva colpito. Nella Vuelta che abbiamo fatto insieme, è caduto in uno delle prime tappe, però era uno che già allora menava. Al Tour poteva giocarsi anche lui il podio, mentre i primi due fanno un altro sport. Lui era il migliore degli altri e anche quando acceleravano Pogacar e Vingegaard, in qualche occasione è successo che lui sia rimasto con loro. E’ un ragazzo a modo, sa dove vuole arrivare, però è tranquillo, non è montato. E’ un bravo ragazzo».

Neppure Alberto Dainese è tanto male, non si accontenta e corre perché vuole vincere. Ci sono tanti corridori che in cambio di uno stipendio migliore si adattano a ruoli di rincalzo. Con 27 anni compiuti a marzo, aver corso un Tour senza piazzamenti si sta trasformando giorno dopo giorno in benzina pronta per il fuoco. Che le vacanze portino finalmente la freschezza necessaria.

Andermatt e Tudor Pro Cycling: una partnership svizzera nelle Alpi

25.06.2025
3 min
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Il team Tudor Pro Cycling ha stretto una nuova e prestigiosa collaborazione con Andermatt Swiss Alps AG, la realtà che sta trasformando la località svizzera in una destinazione alpina d’eccellenza, attiva 365 giorni l’anno. Immersa tra otto iconici passi di montagna, Andermatt rappresenta oggi una delle mete più ambite per il ciclismo su strada e diventerà la nuova base d’allenamento per gli atleti della squadra fondata da Fabian Cancellara.

Questa sinergia nasce da valori comuni: passione per lo sport, dedizione alla qualità e un profondo orgoglio per l’identità svizzera. L’annuncio della partnership è stato celebrato con un evento esclusivo ad Andermatt, alla presenza di due leggende dello sport elvetico: Fabian Cancellara, fondatore del team Tudor, e Bernhard Russi, campione olimpico e ambasciatore della località alpina.

Fabian Cancellara e il suo team avranno in Andermatt il luogo di riferimento nelle prossime stagioni
Fabian Cancellara e il suo team avranno in Andermatt il luogo di riferimento nelle prossime stagioni

Un territorio da sogno

Andermatt si trova in una posizione strategica per gli amanti del ciclismo: dal piccolo borgo è possibile raggiungere otto dei più celebri passi montani delle Alpi svizzere, tra cui Furka, Susten, Nufenen, Grimsel, Klausen, Lukmanier, Oberalp e l’intramontabile Gotthard, protagonista ricorrente del Tour de Suisse. Molti di questi percorsi possono essere affrontati in anello, rendendo Andermatt un punto di partenza ideale per ciclisti di ogni livello, con temperature ideali da maggio a ottobre.

La nuova collaborazione permetterà agli atleti di Tudor Pro Cycling di allenarsi in uno degli scenari più affascinanti d’Europa, beneficiando al contempo dell’elevata qualità dell’ospitalità locale. La squadra, oggi composta da 47 corridori, compreso anche il team U23, (di cui ben 15 svizzeri), gareggia ai massimi livelli sia nel ciclismo su strada che nel gravel, e nel 2025 affronterà per la prima volta il Tour de France.

Andermatt non è solo una località alpina d’eccellenza, ma è anche strettamente legata alla storia e alla visione di Fabian Cancellara. Dal 2021, Andermatt Swiss Alps AG è sponsor ufficiale di Chasing Cancellara, il format che porta gli appassionati di ciclismo a pedalare lungo i tracciati più celebri della Svizzera. Uno degli appuntamenti più attesi del 2025 sarà proprio la tratta Zurigo–Andermatt, in programma il 16 agosto: 194 km di pura sfida attraverso paesaggi mozzafiato.

Oltre a Chasing Cancellara, la località ospita ogni anno l’Alpenbrevet, una maratona ciclistica tra le più apprezzate in Europa, con diverse opzioni di percorso: la più impegnativa supera i 6.800 metri di dislivello e un fascino che richiama centinaia di appassionati da tutto il mondo.

Le Alpi Svizzere sono un teatro pazzesco per allenarsi e andare in bici
Le Alpi Svizzere sono un teatro pazzesco per allenarsi e andare in bici

Servizi su misura

Andermatt offre tutto ciò che un ciclista può desiderare: dagli hotel di lusso come The Chedi (5 stelle) e il Radisson Blu Reussen (4 stelle), fino agli appartamenti Andermatt Alpine Apartments, perfetti per soggiorni in autonomia. Non mancano servizi dedicati come officine specializzate, bike shop, aree per il lavaggio bici e depositi sicuri.

«Siamo entusiasti di accogliere Tudor Pro Cycling – ha dichiarato Tom Rendell, il Chief Marketing Officer di Andermatt Swiss Alps – la loro filosofia Born To Dare si sposa perfettamente con la nostra visione dinamica e innovativa. Questa collaborazione rafforza ulteriormente la posizione di Andermatt come destinazione leader per il ciclismo su strada in Svizzera».

«Andermatt occupa un posto speciale nel mio cuore ha ribattuto Fabian Cancellara – considerando che è stato il quartier generale di Chasing Cancellara e oggi, grazie a questo nuovo capitolo con Tudor Pro Cycling, si chiude un cerchio fatto di passione, prestazione e orgoglio svizzero».

Andermatt

Ritorno al Tour, viaggio con Trentin fra esperienza e ricordi

18.06.2025
6 min
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Aveva 23 anni ed era professionista da due. Non vinceva dal campionato italiano under 23 del 2011 quando sull’arrivo di Melilli aveva fatto scoppiare in lacrime Fabio Aru. Matteo Trentin era stato inserito dalla Omega Pharma-Quick Step nella squadra del Tour 2013, accanto a compagni come Cavendish, Terpstra, Chavanel, Kwiatkowski e Tony Martin. Gente tosta, ma il ragazzino italiano cresciuto a strada e ciclocross nel Team Brilla non era da meno. E fu così che nel giorno di Lione, provocando quasi un infarto a Davide Bramati, prima si infilò nella fuga che sarebbe arrivata e poi vinse la tappa.

Prima vittoria da professionista al Tour de France. Ne andava così fiero che di tappe ne vinse altre due. Una l’anno dopo, battendo Sagan in volata a Nancy. E una nel 2019, vincendo a Gap. Mai una città banale nei Tour di Trentin, che si accinge ora a farvi ritorno con la Tudor Pro Cycling, dopo un anno di assenza.

La prima vittoria di Trentin da pro’ è la tappa del Tour 2013 a Lione: non ha ancora 24 anni
La prima vittoria di Trentin da pro’ è la tappa del Tour 2013 a Lione: non ha ancora 24 anni
Che cosa rappresenta il Tour per Matteo Trentin?

E’ la corsa più grande del mondo e anche la più importante. Quando come me hai avuto la fortuna e la bravura di vincere tappe nei tre Grandi Giri, ti rendi conto che il Tour sia proprio esponenzialmente più grande, con più gente rispetto a tutto il resto.

E’ così evidente anche dall’interno?

E’ una cosa che ti salta all’occhio subito. Quando vai in sala stampa per la conferenza, c’è una marea di persone. Al Giro e alla Vuelta sono pure tante, ma non così. E poi sono differenti, arrivano da tutto il mondo, mentre al Giro e alla Vuelta ci sono soprattutto gli europei.

Vincesti la prima tappa a 23 anni, eri professionista dall’anno precedente. Che cosa ricordi?

Mi ricordo tutto, perché le strade e i posti in cui vado mi restano tutti in testa. Pensate che pochi giorni fa con il Delfinato eravamo nell’hotel dove ero la sera prima di quella mia vittoria, a Saint Amand Montrond. Aveva vinto Cavendish, era stata la tappa dei ventagli e lui aveva fatto il panico a 120 chilometri dall’arrivo per far fuori Kittel. Poi erano saltati fuori quelli di classifica e io rimasi fuori dal ventaglio della Saxo Bank di Contador, per fare fuori Froome. Arrivai con lui a più di un minuto, forse perché mi ero messo in fondo al gruppo pensando ai fatti miei.

E’ l’11 luglio del 2014, Trentin brucia Sagan nella volata di Nancy: seconda vittoria al Tour
E’ l’11 luglio del 2014, Trentin brucia Sagan nella volata di Nancy: seconda vittoria al Tour
Un brutto colpo per uno cresciuto al Nord…

Infatti andai a letto dicendomi che il giorno dopo sarei andato in fuga. Ci andai e vinsi.

Si dice che oggi vincano tanto i corridori molto giovani, eri comunque un debuttante al Tour e vincesti a 23 anni…

Vincevano i giovani anche allora, magari non tanto come adesso. Soprattutto perché ne fanno passare così tanti che ormai in gruppo ci sono soltanto i ragazzini e gli anziani sono spariti. Insomma, anche per la legge dei grandi numeri, sono più loro che noi.

La seconda tappa, l’anno dopo la vincesti con una volatona di gruppo. Secondo arrivò Sagan in maglia verde…

Il gruppo si era un po’ sgretolato, perché c’era una salita poco più lunga di un chilometro entrando nel finale. Ci fu anche una caduta in fondo alla discesa, per cui penso che fossimo non più di 40 corridori. La volata venne molto bene, a volte sapevo fare grandi cose.

Infine la terza vittoria di tappa a Gap da campione europeo, su un percorso con tante salite, avendo anche cambiato squadra: dalla Quick Step alla Mitchelton-Scott.

Diciamo che era l’ultima disponibile. Ero arrivato vicino a vincere la tappa in altre occasioni. A Colmar, a Saint Etienne e anche a Bagneres de Bigorre sui Pirenei, che era anche dura. Un po’ mi fregò Simon Yates, che allora era mio compagno di squadra. Io ero davanti in fuga da solo e lui dietro tirava. Venne a prendermi, poi vinse la tappa e… niente.

Nel 2019 Trentin vince a Gap in maglia di campione europeo: terza vittoria al Tour
Nel 2019 Trentin vince a Gap in maglia di campione europeo: terza vittoria al Tour
Perché Gap era l’ultima disponibile?

Perché poi c’erano solamente Valloire, Tignes e Val Thorens e l’arrivo a Parigi. Sicuramente ci sarebbe stata una fuga, quindi dovevo semplicemente agganciarmi e poi giocarmela al meglio. Sono stato anche bravo, perché arrivai da solo, staccando Asgreen e prima ancora il gruppetto con Van Avermaet e anche Daniel Oss.

Visto che ricordi strade e luoghi, hai familiarità con i posti del ciclismo in Francia?

Ma sapete che dopo un po’ di anni, ti accorgi che più o meno le strade sono sempre quelle? Tornando al discorso de “La strada non è nostra”, bisogna riuscire a passare dove hanno l’abitudine a vederti. Alla fine della fiera, tra Parigi-Nizza, Definato e Tour, tante volte ti accorgi che passi veramente negli stessi posti. O comunque, dovendo raggiungere due punti sulla mappa in una determinata regione, il più delle volte si usa la stessa strada. E’ anche comprensibile, perché facendo così magari gli organizzatori hanno meno difficoltà di chiedere chiusure di cui non sono sicuri.

Dopo tanti anni che lo frequenti, pensi di avere col Tour un rapporto particolare?

Speriamo, speriamo anche di farlo funzionare. Quando abbiamo fatto i programmi, prima c’era la parte delle classiche, poi ho iniziato a concentrarmi sul Tour. Venendo da una squadra un po’ più piccola, dove comunque c’è bisogno di esperienza in corse così grandi e di persone solide che magari un paio di Grandi Giri li hanno finiti, è stato un po’ più facile entrare a far parte dei papabili per il Tour. Rispetto magari a squadre dove i corridori sono tanti e la lunga lista del Tour era ancora di 15 corridori alla partenza del Delfinato.

La stagione di Trentin divisa in due parti: prima le classiche (qui all’Amstel) e ora tricolori e Tour
La stagione di Trentin divisa in due parti: prima le classiche (qui all’Amstel) e ora tricolori e Tour
L’ambizione è sempre quella, oppure proprio per il fatto che sei in una piccola squadra, avrai un altro ruolo?

L’ambizione è sempre quella di andare per le tappe, quindi devi essere pronto a giocartele ogni volta che si presenta la possibilità. Però non ho la pelle d’oca come la prima volta, so cosa mi aspetta. Sarà diverso forse per i giovani della squadra. Non so ancora i nomi di tutti quelli che saranno in Francia. Però posso dire che abbiamo fatto il Delfinato e a quelli che non lo avevano mai corso ho detto: «Ragazzi, preparatevi, perché qua vi accorgerete di cosa sia il ciclismo. Qua si va veramente forte!».

E’ vero che al Delfinato si va più forte che al Tour?

Dipende dalle giornate e dalle annate. Ritorna il discorso dei trials interni per far vedere alla squadra che ti meriti il posto al Tour. In più quest’anno la Visma e la UAE si sono messe a voler vedere chi è più forte, per cui abbiamo avuto tappe sempre tirate.

Come hai visto il tre del podio 2024?

Mi sembra che stiano bene tutti quanti. Evenepoel ha faticato un po’ sulle salite, ma a crono li ha suonati come tamburi. Preferisco concentrarmi su di me. Per cui ora farò gli italiani, poi tornerò a casa un altro paio di giorni e poi finalmente si torna al Tour.