Il Tour di Miguel Soro, l’artista che reinterpreta i campioni

03.07.2024
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RICCIONE – Spesso scriviamo delle pennellate che i campioni lasciano sulle strade del ciclismo. C’è chi però questa missione l’ha presa sul serio e, dopo aver svestito i panni di corridore professionista, il pennello l’ha impugnato per davvero e ha cominciato a mettere quelle emozioni su tela. Tra i tanti personaggi che la storica Grand Depart italiana ci sta dando l’opportunità di incontrare, oggi vi presentiamo Miguel Soro Garcia. Spagnolo, classe 1976, tre anni da pro’ tra il 2001 e il 2003, anticamera dell’incredibile carriera artistica attuale.

«Ho corso per due anni in una squadra portoghese, la Matesica e poi ho finito nella toscana Miche, per cui a Firenze mi sento a casa», comincia a raccontare in un ottimo italiano, accompagnato dalla moglie Patricia e dalla curiosissima figlia Alejandra. «Ero un velocista, ogni tanto riuscivo a vincere qualche volata e ricordo che sprintavo con rivali come il vostro Traversoni o il portoghese Candido Barbosa».

Poi, scava ancora nel cassetto dei ricordi e aggiunge: «In pratica, ho fatto il corridore dal 1985 al 2003. I momenti più belli, che porto nel cuore, sono quelli nelle categorie giovanili. Nel 1994, ho corso i mondiali in Ecuador con la maglia della Nazionale e quello è stato il primo titolo juniores della storia spagnola grazie al successo del mio compagno Miguel Morras».

Dalle biciclette ai dipinti

Dalle biciclette ai dipinti, il passaggio è stato davvero poetico: «C’è un momento in cui ti accorgi che devi cambiare vita e a me è successo così quando mi sono accorto che stava finendo la carriera ciclistica. La pittura, in realtà, era un qualcosa di innato perché a Xàtiva (piccola località della Comunità Valenciana, ndr) è tradizione. Correre è quasi sempre stato un hobby, perché quando potevo scappavo a dipingere all’aperto. Ho cominciato coi paesaggi poi, subito dopo che ho smesso, sono passato ai ritratti dei ciclisti».

La Grand Depart è stato un bel tour de force per l’artista spagnolo, che giovedì mattina era a Ponte a Ema, al Museo Bartali (dove è possibile vedere 8 opere dedicate al mito toscano fino a fine agosto). Nel pomeriggio invece si è spostato nel cuore di Firenze, in piazza Santa Croce, dipingendo ancora Ginettaccio.

«I primi ritratti sono stati ispirati dal ciclismo classico, quello in bianco e nero, dove fatica ed eroicità erano all’ordine del giorno. Io provo a trasmetterla con le mie opere e, con il tempo, mi sono dedicato anche ai campioni del presente».

Il dipinto raffigurante Tadej Pogacar, completato a Bassano del Grappa durante la penultima tappa
Il dipinto raffigurante Tadej Pogacar, completato a Bassano del Grappa durante la penultima tappa

Il gusto dei dettagli

Come all’ultimo Giro d’Italia quando, durante la penultima tappa, aveva celebrato con un quadro Tadej Pogacar e la sua apoteosi rosa.

«Avevamo allestito una mostra temporanea al Garage Nardini – spiega – una distilleria storica di fine Settecento, che si trovava a pochi metri dal traguardo. Ho fatto uno studio precedente e ho recuperato un po’ di immagini del passato di quando il Giro era passato a Bassano. Compresa la vittoria di Merckx da quelle parti, oppure il ponte in rosa che era stato illuminato 100 giorni prima del via della Corsa Rosa. Oltre a dipingere il protagonista, mi diverto a fare un collage di immagini, come ritagli di giornale. In quel caso ho anche omaggiato il posto in cui ero, ovvero il Garage Nardini. Ad esempio, ho fatto finta che nella sua borraccia ci fosse il Mezzo e Mezzo, un loro liquore. E’ un po’ un gioco, chi vede la mia opera da lontano nota solo il corridore raffigurato ma poi, avvicinandosi, si perde negli svariati dettagli».

I fratelli Fausto e Serse Coppi esposti all’Hotel Gambrinus

L’autografo di Milan

Venerdì sera, l’ufficio itinerante di Soro si è spostato al Trek Store, non lontano dal Parco delle Cascine. In quest’occasione, oltre a omaggiare la Lidl-Trek con opere raffiguranti ad esempio una Elisa Longo Borghini nel velodromo di Roubaix, ha ricevuto un autografo speciale come quello dell’olimpionico Jonathan Milan, che ha firmato l’opera che raffigurava uno dei suoi trionfi al Giro d’Italia in maglia ciclamino.

«E’ stato un incontro davvero emozionante e intenso. Jonathan mi ha stupito perché ha detto che mi conosceva già – racconta Soro – dato che sei anni fa aveva ricevuto una litografia di un mio dipinto come premio durante la Vuelta Valenciana. Mi ha fatto un regalo splendido con la sua firma ed è stato bello riceverlo da uno sprinter molto più vincente di me».

Sorride Miguel, prima di chiedere una foto ricordo anche a un altro ospite speciale della serata: il Pallone d’Oro Fabio Cannavaro, grande amante della bicicletta.

Da Ganna a Pantani

Dalla Toscana alla Romagna, nella serata di sabato Miguel ci ha portato a scoprire la sua collezione permanente, custodita gelosamente nei corridoi dell’Hotel Gambrinus di Riccione. I ritratti di Fausto e Serse Coppi, il Pirata Marco Pantani e Filippo Ganna che sfreccia sul suo Bolide d’iride vestito. Quest’ultima opera non sfugge allo sguardo di alcuni ospiti speciali dell’albergo di Maria Grazia Nicoletti, ovvero i componenti delle famiglie Ganna e Sobrero, venuti a fare il tifo per il giovane talento cuneese della Red Bull-Bora-Hansgrohe: Matteo Sobrero. Una foto di gruppo e poi tutti a riposare in vista della prossima avventura.  

Il Tour d’Italia di Miguel Soro non poteva non concludersi con la partenza da Cesenatico, il paese natale del compianto Pirata. Pantani è uno dei soggetti che il pittore valenciano raffigura più spesso, trasmettendo quelle emozioni che Marco sapeva infonderci nell’animo. Il suo ritratto grintoso e arrembante in giallo resta sempre scolpito nei nostri cuori e, ora, anche su tela.

Elisa Longo Borghini, la bici è anche una passione

06.12.2022
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«La preparazione tecnica di Elisa Longo Borghini, la capacità di capire il mezzo meccanico e di fornire degli ottimi feedback mi colpisce molto». Portiamo con noi questa dichiarazione di Mauro Adobati, meccanico del team e che talvolta si occupa anche della compagine femminile del Team Trek-Segafredo.

L’abbiamo intervistata in occasione della presentazione ufficiale del Trek Store di Lallio (Bergamo).

Elisa Longo Borghini, davvero competente e appassionata della bicicletta (foto Matilde De Re-Trek Italia)
Elisa Longo Borghini, davvero competente e appassionata della bicicletta (foto Matilde De Re-Trek Italia)
La bicicletta è solo un lavoro, oppure è anche una passione?

E’ prima di tutto una passione e poi diventa anche un lavoro. La bicicletta, intesa come mezzo meccanico è una parte fondamentale del mio lavoro. Quando alleni il tuo corpo ad essere performante portandolo ai massimi livelli, è importante avere una bicicletta che ti gratifica, che ti aiuta e supporta a rendere al meglio.

La Emonda della Longo Borghini (foto Matilde De Re-Trek Italia)
La Emonda della Longo Borghini (foto Matilde De Re-Trek Italia)
C’è una bicicletta che per te è un riferimento?

E’ necessario dire che in Trek abbiamo la fortuna di avere un’ampia scelta e la possibilità di usare mezzi specifici per le diverse situazioni e molto differenti tra loro. Escludendo la Domane, che utilizzo in occasione del pavé, se dovessi fare una scelta questa ricadrebbe sulla Emonda.

Tra le foto presenti nello store bergamasco, bellissima quella che celebra la vittoria sul pavé (foto Matilde De Re-Trek Italia)
Tra le foto presenti nello store bergamasco, quella che celebra la vittoria sul pavé (foto Matilde De Re-Trek Italia)
Dove nasce questa preferenza?

Si adatta di più alle mie caratteristiche e al mio modo di guidare la bicicletta. Ho bisogno di un mezzo che mi permetta di andare forte in salita e di spingere in pianura, di essere veloce e maneggevole in discesa, capace di seguirmi senza forzature e facile da rilanciare. E’ il giusto compromesso, considerando che non sono veloce allo sprint. La nuova Madone è molto rigida e la vedo più adatta ad una sprinter, ma anche ad un uomo. La bici aero è più esigente.

Nessuno spessore tra stem e serie sterzo
Nessuno spessore tra stem e serie sterzo
Qual’è la sensazione che più ti gratifica quando sei in sella?

Mi piace sentire la bicicletta e la sua reattività. Quando in salita mi alzo in piedi sui pedali mi piace quella sensazione della bicicletta che va dritta e sembra aiutarti a spingere, quell’energia che resta lì e non si disperde, talvolta a dispetto dell’aerodinamica.

La bici con i Pirelli PZero TLR da 28, produzione Made in Italy
La bici con i Pirelli PZero TLR da 28, produzione Made in Italy
Percepisci tanta differenza quando cambi le ruote?

Le differenze sono esponenziali, ma è giusto considerare anche le diversità dei prodotti. Ho la possibilità di usare tre profili diversi: 37, 51 e 62 millimetri. Per gli arrivi in salita e quando è previsto tanto dislivello positivo utilizzo il profilo da 37 con i tubolari. Raramente uso le 62 e le più sfruttate sono le 51. Sono le più versatili, sono reattive anche in salita e maneggevoli in discesa. Preferisco usare le 51 tubeless e se posso scegliere mi indirizzo sui tubeless a prescindere.

Elisa Longo Borghini ha una grande capacità di spaziare fra diversi aspetti del ciclismo (foto Matilde De Re-Trek Italia)
Elisa Longo Borghini ha una grande capacità di spaziare fra diversi aspetti del ciclismo (foto Matilde De Re-Trek Italia)
In quali occasioni utilizzi il profilo da 62?

Quando devo tirare le volate alla Balsamo, oppure il percorso è molto veloce e poco tecnico. Poi sono leggera, tra le donne non sono un peso piuma, ma rispetto ad un uomo, che è anche più potente, sono molto più leggera e quindi mi serve il giusto compromesso tra facilità nel rilancio, controllo della bicicletta e versatilità. Le 62 diventano impegnative.

E poi questa preferenza per i tubeless, perché?

E’ una sensazione, nonostante un feeling iniziale che ti porta a pensare ad una ruota lenta. Le prime volte sembra di avere le gomme sgonfie. In realtà, dopo alcune ore di utilizzo si capisce che scorre bene, tiene bene ed è confortevole. Bisogna abituarsi e a mio parere il tubeless lo ami o lo odi, non c’è una via di mezzo. Il feeling che si ha nei confronti di un tubeless non è relativo al solo pneumatico, ma dipende anche dalla dimensione, dalle ruote e dalle condizioni del manto stradale. Sezioni di 26, 28 e 30, ruote molto spanciate come quelle usate alla Roubaix, le variabili da considerare sono tante e influiscono sulla resa.

E invece in merito alla sella; corta oppure tradizionale?

Corta, mi sento meglio in bici e con un feeling migliore.

Elisa con il fidanzato Jacopo Mosca
Elisa con il fidanzato Jacopo Mosca
Tu e Jacopo vi confrontate molto sugli aspetti tecnici?

Si tantissimo. Jacopo mi ha trasmesso molto, mi ha dato maggiore consapevolezza della tecnica relativa alla bicicletta, dei marginal gain che nell’insieme fanno davvero la differenza. Jacopo è sempre sul pezzo, talvolta è lui il primo a spiegare, in altre occasioni sono io che domando a lui e la risposta è sempre completa e soddisfacente. Quando ci alleniamo insieme proviamo anche delle soluzioni e ci confrontiamo.

Andiamo invece sul power meter. Di tanto in tanto senti il bisogno di staccarti dai numeri?

Ammetto che quando mi alleno sono piuttosto precisa, anche se mi piace spingere e mettermi alla prova. Il mio preparatore mi riprende spesso perché tendo ad esagerare. Però sì, quando devo fare le distanze senza lavori specifici, mi piace andare a sensazione, ascoltare il mio corpo e giocare. Il gioco diventa la sovrapposizione tra le sensazioni che ho ed i numeri. Voglio vedere il riscontro, ovvero se il misuratore di potenza mi dice quello che sento io. Non dobbiamo essere legati in modo troppo stretto ad un power meter.

La Longo Borghini e Jacopo Mosca con lo staff dello Trek Store
La Longo Borghini e Jacopo Mosca con lo staff dello Trek Store
Qual’è la settimana tipo di Elisa Longo Borghini, off-season a parte?

Ovviamente dipende dal momento della stagione e dai programmi. Si dà maggiore importanza al recupero tra una corsa e quella successiva nel momento delle gare. Invece quando sono in preparazione le ore di allenamento sono circa 25.