Trek Emonda

Le quattro fuoriserie della Trek-Segafredo

20.04.2021
4 min
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Le biciclette usate dal team Trek-Segafredo sono quattro. Tre sono quelle usate per le prove in linea e una è la bicicletta da cronometro. Nibali e compagni possono contare sulla leggera Emonda (nell’immagine di apertura), la più veloce Madone, la più comoda Domane e la SpeedConcept per le prove contro il tempo.

Emonda: la leggera

Iniziamo dalla Emonda. Questo modello è stato rivisto proprio l’anno scorso con il lancio di un telaio dalle forme più squadrate e più aerodinamiche rispetto alla versione precedente. Nonostante le forme più generose dei tubi, il peso è rimasto contenuto, infatti il telaio si attesta sui 700 grammi. Per ottenere questo risultato è stato usato il nuovo carbonio, sempre di casa Trek, OCLV 800.
Per migliorare l’aerodinamica anche i cavi dei freni sono stati completamente integrati ed è stato introdotto il manubrio aero Aeolus RSL sempre in carbonio OCLV.

Le ruote Bontrager Aeolus RSL 37 in carbonio OCLV sono state concepite appositamente per questa nuova Emonda. Hanno un profilo di 37 millimetri e sono Tubeless Ready. Ovviamente i corridori della Trek Segafredo hanno adisposizione anche gli altri modelli di ruote prodotte dal marchio americano.

La Madone è la bicicletta aerodinamica di Trek
La Madone è la bicicletta aerodinamica di Trek
La Madone è la bicicletta aerodinamica di Trek
La Madone è la bicicletta aerodinamica di Trek

Madone: la veloce

Per le gare più veloci e per i corridori da classiche, come il danese Mads Pedersen, ecco la Madone. Una bicicletta che incarna a pieno il concetto di aerodinamicità e velocità grazie ai tubi aerodinamici con profilo Kammtail Virtual Foil. Anche per questo modello è stato introdotto il carbonio OCLV 800, che ha permesso di risparmiare qualche grammo rispetto al telaio precedente. Essendo una bicicletta molto rigida, Trek ha inserito il sistema IsoSpeed nel tubo orizzontale, che permette di regolare l’elasticità del telaio e di assorbire in maniera diversa le vibrazioni dal terreno.
Il manubrio e l’attacco entrambi in carbonio, sono separati e consentono il passaggio interno dei cavi. Le ruote sono le Aeolus XXX 6 in carbonio OCLV con un profilo da 60 millimetri. Ovviamente sono Tubeless Ready.

Domane
La Domane è dotata di doppio IsoSpeed
 Domane
La Domane è dotata di doppio IsoSpeed

Una bici per Roubaix

La Domane è la bicicletta usata per gare come la Parigi-Roubaix e da qualcuno anche al Giro delle Fiandre. Il punto forte di questa bicicletta è la comodità, data dal doppio IsoSpeed, sia nel tubo orizzontale che nel tubo sterzo e dalla geometria studiata apposta per avere un comfort più elevato. Anche il manubrio IsoCore è stato pensato per ridurre le vibrazioni provenienti dalla strada.

Trek SpeedConcept
Kenny Elissonde sulla SpeedConcept (Credits @gettysport)
Trek SpeedConcept
Kenny Elissonde sulla SpeedConcept (Credits @gettysport)

Contro il tempo

Passando invece alle prove contro il tempo troviamo la SpeedConcept. Profili dei tubi generosi e ovviamente aerodinamici per ricercare le alte velocità. Trek ha utilizzato il carbonio OCLV 500, inoltre è l’unica bicicletta in dotazione ai professionisti della Trek-Segafredo con freni tradizionali. Da buona tradizione Trek, il manubrio e le prolunghe sono di Bontrager, così come la ruota lenticolare posteriore e ad alto profilo anteriore.

Manubrio Bontrager Aeolus RSL
Il manubrio integrato Bontrager Aeolus RSL
Manubrio Bontrager Aeolus RSL
Il manubrio integrato Bontrager Aeolus RSL usato sulla nuova Emonda

La scheda tecnica

GruppoSram Red eTap AXS
RuoteBontrager
PneumaticiPirelli
ManubrioBontrager
Sella Bontrager
ReggisellaTrek
Pedali

Sram e Pirelli

Tutti i modelli di casa Trek sono equipaggiati con lo Sram Red eTap AXS a 12 velocità e con trasmissione elettronica wireless. Per quanto riguarda i pneumatici la Trek Segafredo è equipaggiata da Pirelli, che fornisce sia il PZero Velo in versione tubolare che tubeless.

Matteo Moschetti, giorno di riposo, Vitoria, Vuelta Espana 2020

Moschetti, all’inferno e ritorno…

10.11.2020
5 min
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La strada per Villaneuva de Valdegovia è un calvario di salite e pioggia e Moschetti, staccato in fondo, sta litigando con la bicicletta. I velocisti sono già lontani. Anche Romain Siegle della Groupama-Fdj, con cui Matteo ha condiviso qualche chilometro, se ne è andato. A breve il francese deciderà di salire in ammiraglia, però Matteo non lo sa. Non gli sembra giusto mollare e così tira dritto. L’ammiraglia scandisce i tempi e stima il tempo massimo su una media di 42 orari. Sembra fatta. Ma quando il corridore della Trek-Segafredo taglia il traguardo, la media di Michael Woods che ha vinto è di 41,980. Per 20 metri dopo 159,7 chilometri, la Giuria applica una percentuale minore e i 41 minuti di ritardo mettono il lodigiano fuori tempo massimo.

Matteo Moschetti, Trofeo Playa de Palma 2020
Il 2020 di Moschetti era iniziato con due vittorie a Palma de Mallorca
Matteo Moschetti, Trofeo Playa de Palma 2020
Il 2020 iniziato con due vittorie a Mallorca

«Mancavano 100 chilometri quando mi sono staccato – racconta Moschetti – era una giornata pessima. Prima senza gambe e poi anche la testa. In quei momenti ti passano tanti pensieri. Sensazioni negative. E’ frustrante, demotivante. Ti rendi conto che sei ultimo a ore dai primi. Però quell’ultimo tifoso che ti dà una voce dopo che il gruppo è passato da un quarto d’ora ti fa amare quello che stai facendo. Fa parte del ciclismo. Ma per me questo non è stato un anno normale…»

Un anno duro

La memoria va indietro. La caduta del Giro 2019 e il ritiro. La frattura dello scafoide dopo neanche un mese. Il ritorno vincente ai primi del 2020 e le due vittorie a Mallorca sembrano aver scacciato tutti i fantasmi. Moschetti è il futuro delle volate e forse anche delle classiche. Non lo vedi alla Roubaix? Ne ha il fisico e potrebbe già essere pericoloso alla Sanremo…

L’aria di inizio stagione è frizzante, l’Europa non coglie ancora la portata del dramma in cui sta per piombare quando di colpo, nella terza tappa dell’Etoile de Besseges, ecco un’altra caduta. Più seria, questa volta. Frattura dell’acetabolo del femore destro. Un colpo durissimo per il corpo ed il morale, con il lockdown di mezzo a congelare ogni sensazione.

«Ora sto bene – racconta – ho ricominciato a correre a fine luglio come gli altri. A livello clinico ero guarito, però mi mancava la condizione per tutte quelle settimane immobile. Non ho dolori, manca un po’ di forza e ho la sensazione che la muscolatura del gluteo destro si affatichi più del sinistro. I dottori dicono che serve tempo, ma inconsciamente mi sarebbe piaciuto tornare subito a un buon livello e non è stato facile per un agonista come me prendere atto del fatto che non ce la facevo. In pianura okay. Nelle corse dure dove già avrei faticato, una pena».

Arriva il lockdown

Una rieducazione semplice, accenna Fabrizio Borra che l’ha raddrizzato, niente di troppo complicato per un ciclista. Certo, se pensi a quando in quella piscina lavorava Pantani con una gamba spezzata, tutto il resto viene dopo. Eppure Matteo era lì che soffriva, stringeva i denti e intanto sperava.

«Siamo stati quasi un mese – racconta – a coordinare il bilanciamento. Non conoscevo Fabrizio e mi sono molto stupito entrando nel suo studio, nella sua… gardaland. Ma col tempo l’ho scoperto, abbiamo vissuto insieme la fase iniziale del lockdown. Iniziavano le restrizioni nella zona di Lodi, poi il Centro ha iniziato a svuotarsi e siamo rimasti in quattro, cinque. E alla fine, quando l’Italia era ormai tutta chiusa e prima che anche io scappassi verso casa, eravamo rimasti Fabrizio, la sua famiglia ed io».

Matteo Moschetti, Nokere Koerse 2019
Nel 2019, fresco di passaggio nel WorldTour, aveva debuttato al Nord
Matteo Moschetti, Nokere Koerse 2019
Nel 2019, debutto al Nord

Voglia di fatica

Si tende a dimenticare e per questo, scorrendo i risultati di Moschetti, si potrebbe essere tentati di bocciare la seconda parte della sua stagione, contandone soltanto i ritiri.

«Rianalizzando il tutto – riprende Matteo – è stato bello già solo essere tornato. Sapevo che il percorso della Vuelta era durissimo, ma l’obiettivo era terminare la stagione con più corse nelle gambe. Volevo correre, fare qualche sforzo in più, anche se sono venuto a casa a malincuore. Ogni giorno tanta fatica e poi i massaggi. Non sempre c’era con noi l’osteopata, ma andava bene essere trattato normalmente. L’unica cosa, ho fatto delle sedute leggere di stretching ogni giorno per curare il bilanciamento fra destra e sinistra. I giorni più duri sono stati quelli con l’umido e col freddo. Sarà un inverno classico, lavorando di più sui piccoli aspetti che ho tralasciato durante la chiusura della scorsa primavera. Che poi… Quello che ci è pesato è stato non poter uscire. Poterlo fare adesso sembra un lusso. In fondo la vita del corridore è semplice, bicicletta e poco altro. Vabbè, qualcuno si lamenta delle vacanze che non ha potuto fare, ma si sta bene anche a casa».

Matteo Moschetti, tricolore strada Cittadella 2020
Ai tricolori di Cittadella, stringendo i denti in salita
Matteo Moschetti, tricolore strada Cittadella 2020
Ai tricolori, stringendo i denti in salita

Venerdì il via libera

La bici tornerà intorno al 20 di novembre, per un inverno che da un lato minaccia di essere lungo e dall’altro ti fa pensare che siamo già a metà novembre.

«La prossima stagione – dice Matteo – dovrebbe iniziare a febbraio, quindi non c’è tanta ansia di bruciare le tappe. Mi hanno consigliato di restare fermo per due settimane e mezzo, ma dalla fine della prossima settimana comincerò anche a correre a piedi. E anche quello sarà un passaggio delicato. Il chirurgo me l’ha detto che l’obiettivo era sì tornare in bici, ma anche riavere una vita normale. Quindi camminare e correre. Me ne andrò per i boschi intorno casa, in questo novembre di zona rossa che però da casa mia sembra meno duro di marzo. Ci sono le restrizioni, le tocchiamo con mano, ma il fatto di accompagnare mia sorella a scuola rende tutto più normale. Venerdì sarò da Borra per l’ultima verifica e sarà un momento fondamentale. Poi potrò cominciare a recuperare il lavoro e impostare il 2021».

Giorgia Bronzini, Maria Giiulia Confalonieri, Sarcedo, tricolori 2020

Bronzini felice, ma vittoria non semplice

31.10.2020
2 min
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Giorgia Bronzini, più tirata di quanto correva, non fa che abbracciare le sue ragazze all’arrivo. Lungo il percorso le ruote Bontrager e vari personaggi in appoggio facevano pensare che la Trek-Segafredo avesse messo in atto il piano perfetto per lanciare la sua leader, seppure oggi abbia corso con le insegne delle Fiamme Oro.

Giorgia Bronzini, Elisa Longo Borghini, Sarcedo, tricolori 2020
L’abbraccio con Longo Borghini dopo la vittoria
Giorgia Bronzini, Elisa Longo Borghini, Sarcedo, tricolori 2020
Con Longo Borghini dopo la vittoria

Mai scontato

«Ma non c’è mai niente di scontato nelle gare in bicicletta – dice Bronzini – sapevo che Elisa aveva i numeri e le gambe per vincere, soprattutto perché era supportata da una squadra in forma e da una grande Marta Cavalli. Ci eravamo già immaginate questo scenario, appunto con Marta, Ragusa e Longo Borghini. Elisa aveva fatto vedere nelle ultime gare il suo scenario di forma, per cui abbiamo detto loro di parlarsi. E Marta è stata molto umile pensando alla sua capitana di nazionale, che si meritava questa maglia oggi. Sicuramente per Marta ci saranno altre occasioni in cui questo sacrificio tornerà utile».

Contro le arancioni

Meritava di vincere, oggi. La stagione ha portato vittorie, ma anche una serie di piazzamenti alle spalle delle olandesi più forti, dal Giro d’Italia al mondiale di Imola. E sul fatto che Elisa vinca in Italia, ma fuori si ritrovi spesso a piegarsi per lo strapotere delle Olandesi, la diesse della Trek ha le idee chiare.

Giorgia Bronzini, Sofia Bertizzolo, Sarcedo, tricolori 2020
Con Sofia Bertizzolo, prima di andare via
Giorgia Bronzini, Sofia Bertizzolo, Sarcedo, tricolori 2020
Con Bertizzolo prima di ripartire

«Facendo parte di una società internazionale – dice Bronzini – dove abbiamo atlete che potevano essere avversarie e invece sono dalla parte di Elisa, tutte insieme possiamo vincere e battere le arancioni. Chiaro che Elisa è la miglior pedina che in Italia abbiamo per le salite e le gare toste. Vedo però Marta Cavalli che sta crescendo molto bene e anche Elisa Balsamo e Vittoria Guazzini. Tutte queste ragazze hanno un grande potenziale per contrastare l’ondata arancione. E magari presto la tendenza si invertirà».

E la Vuelta in Spagna?

Spero non si vada, che senso avrebbe? Cosa potrebbe pensare la gente vedendoci correre nelle vie di Madrid che è in lockdown? Ma ad ora è tutto confermato, staremo a vedere…

Elisa Longo Borghini, campionato italiano Breganze, 2020

Tricolore bis, stamattina Elisa sorrideva

31.10.2020
4 min
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Stamattina Elisa Longo Borghini sorrideva. E riallacciandoci a quanto scritto nei giorni scorsi, era chiaro che per le altre sarebbero stati dolori. Il campionato italiano delle elite ha seguito più o meno il copione che il gruppo aveva immaginato e quando la piemontese ha aperto il gas al penultimo passaggio sulla salita di Sarcedo, dietro è stato chiaro che il tricolore fosse andato. Per la Longo, seconda maglia tricolore dell’anno, dopo quella della crono.

Elisa Longo Borghini, campionato italiano Breganze, 2020
Alla partenza sorrideva, brutto segnale per le avversarie
Elisa Longo Borghini, campionato italiano Breganze, 2020
Un sorriso alla partenza, voglia di fare bene

Salita vera

La salita di Sarcedo non era banale, soprattutto perché non finiva mai. Tirava e poi mollava e poi dietro l’ennesima curva riprendeva ad arrampicarsi in modo serio. Alla fine sono saltati fuori più di 2.200 metri di dislivello, con l’aggravante che dalla cima all’arrivo non era per niente corta. Eppure quando Elisa è partita, alle sue spalle si è scavato il vuoto. Ha attaccato al penultimo giro ed è andata, scollinando con quasi un minuto di vantaggio.

Katia Ragusa ci ha provato. Quella salita porta a casa sua, non c’è curva, albero o roccia che non abbia riconosciuto e forse per questo è stata l’ultima ad arrendersi e la più veloce nello sprint per il secondo posto.

Elisa Longo Borghini, Katia Ragusa, campionato italiano Breganze, 2020
Attacco in salita al penultimo giro, risponde Ragusa
Elisa Longo Borghini, Katia Ragusa, campionato italiano Breganze, 2020
Attacco al penultimo giro, Ragusa risponde

Elisa via a tutta

«Ho seguito Katia Ragusa che ha risposto a Sofia Bertizzolo – sta raccontando Elisa dopo il traguardo – poi Marta Cavalli è riuscita a restare con noi e a quel punto sono andata via di passo».

Sul fatto che il suo livello sia tale da permetterle di vincere agevolmente con le avversarie di casa, la risposta è chiara.

«Ero un po’ a tutta, sì. E’ la verità – spiega Elisa – non bisogna dare mai niente per scontato. E soprattutto bisogna giocarsela sino alla fine. Sono abituata a non vincere, quindi quando sono davanti mi voglio assicurare di arrivare bene. Ho una buona condizione, è un momento in cui mi sento molto bene. Sapevo di avere le gambe per vincere. E non è più facile vincere in Italia, solo è difficilissimo vincere in ambito internazionale. Quando pensando alle olandesi (sorride, ndr) mi sento come Gimondi con Merckx? Mi sento Elisa con le olandesi. A volte loro sono più forti. A volte si vince e a volte si perde. Questo è lo sport».

Katia Ragusa, campionato italiano Breganze, 2020
Per Katia Ragusa, tricolore sulle strade di casa
Katia Ragusa, campionato italiano Breganze, 2020
Katia Ragusa, Astana, correva in casa

Katia in estasi

Katia Ragusa si è fermata un metro più in là. La mascherina fa divampare ancora di più i suoi occhi.

«E’ la mia salita – sorride – la conosco bene, perché è sulle strade di casa. E’ stata una bellissima emozione, perché erano tutti per me, a ogni angolo. C’erano scritte dovunque: Vai Katia. Era impossibile non fare bene oggi. Si sapeva che era Elisa quella più forte. Però si è cercato di raccogliere il meglio possibile per onorare, l’evento, l’organizzazione, tutta la gente».

Elisa Longo Borghini, Katia Ragusa, Marta Cavalli, campionato italiano Breganze, 2020
Sul podio, Elisa Longo Borghini con Katia Ragusa e Marta Cavalli
Elisa Longo Borghini, Katia Ragusa, Marta Cavalli, campionato italiano Breganze, 2020
Sul podio, Longo Borghini con Ragusa e Cavalli

Alla fine del 2020 manca la Vuelta Espana, tre giorni di corsa che tutte eviterebbero volentieri. Così si possono fare i primi bilanci.

«E’ stato un anno molto positivo – dice – non me lo aspettavo. Nonostante il lockdown che mi ha messo un po’ in subbuglio, poi ho fatto un salto di qualità e quindi posso solo che essere soddisfatta. Non so se questo sia il giorno più bello della stagione. Si gioca il primato con con la giornata del mondiale».

Tutti a casa. E poi?

Lo staff messo in piedi da Davide Casarotto ha ottimamente gestito il tricolore. Riprendiamo la via di casa portando via il sorriso di Elisa e i saluti fra ragazze che ancora non sanno, come tutti noi, quando si rivedranno.

Elisa Longo Borghini, Het Nieuwsblad 2019

Se la Longo sorride, per le altre sono guai…

30.10.2020
4 min
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Chi la incontra di tanto in tanto, si è stupito nel vedere che quest’anno Elisa Longo Borghini sia come sbocciata. La piemontese ha vissuto la ripresa con un sorriso nuovo e questa leggerezza le ha portato anche risultati eccellenti. Campionessa italiana a crono. Due tappe e terzo posto finale al Giro Rosa Iccrea. Seconda ai campionati europei, terza ai mondiali di Imola 2020. Perché ciò sia successo è quello che abbiamo cercato di scoprire con lei, alla vigilia dei campionati italiani per i quali è una delle favorite d’obbligo.

Elisa Longo Borghini, campionato nazionale cronometro, 2020
Quest’anno Elisa ha già conquistato la maglia tricolore della cronometro
Elisa Longo Borghini, campionato nazionale cronometro, 2020
Quest’anno già tricolore della crono
Quasi in vacanza?

Quasi. Dopo l’italiano ci sarebbe la Vuelta Espana, dal 6 all’8 novembre, ma per la situazione attuale mi chiedo se sia il caso di correrla.

Che stagione è stata?

Pazzesca, forse la parola giusta è balorda. Sono partita il 5 luglio per il ritiro al San Pellegrino e fino a settembre sono stata a casa a dir tanto 12 giorni. Uno stress fisico e mentale mai visto prima. Dal ritiro siamo andate in Navarra, poi alla Strade Bianche, quindi un ritiro a Isola 2000 e da lì il Giro dell’Emilia, gli europei, Plouay, Giro d’Italia e mondiali. Ste stai bene, vai liscia, se hai un intoppo butti via l’annata.

Secondo Giorgia Bronzini, il lockdown ti ha impedito di sfinirti in allenamento.

Credo in effetti di aver lavorato meno, ma non di aver lavorato poco. Con Paolo Slongo abbiamo pianificato di fare una media di 18-20 ore a settimana, con un programma per ripartire tranquilli senza perdere troppa condizione. Nelle prime tre corse sono arrivata, seconda, terza e quarta.

Ritiro di San Pellegrino con Nibali e compagni?

Ed è andata molto bene. Ero nello stesso agriturismo con altre due compagne, Ragot e Plitcha e il gruppo Giro degli uomini della Trek-Segafredo. Il bello è che Slongo ha potuto seguirci ogni giorno. Quel ritiro mi ha cambiato la stagione, l’ho vissuto bene e ne sono uscita meglio.

Giro d’Italia: frustrante essere sempre dietro Van Vleuten e poi Van der Breggen?

Non provo fastidio, semmai mi dispiace per la seconda tappa, dove per il caldo torrido ho perso qualche minuto di troppo. Da un lato la classifica è andata, dall’altro senza quel blackout non mi sarei divertita tanto nel resto della corsa.

Traduci, per favore?

Ho perso tanto tempo e ci è successo quello che al Giro degli uomini è capitato alla Ineos-Grenadiers dopo aver perso Thomas. Ci siamo guardate in faccia e ci siamo dette che avremmo puntato alle tappe. E’ iniziato per noi un Giro divertente, magari un po’ meno per le ragazze che hanno dovuto tirare. Non tutti i mali vengono per nuocere, ma intanto abbiamo vinto tre tappe con la musica a tutto volume e tante risate.

Può essere la chiave per affrontare le prossime corse importanti?

Di sicuro un po’ di leggerezza non guasta, anche se essere sempre controllati tende a disperderla.

Elisa Longo Borghini, campionati europei Plouay, 2020
Nel 2020 seconda agli europei e poi terza ai mondiali di Imola
Elisa Longo Borghini, campionati europei Plouay, 2020
Nel 2020 seconda agli europei
Davvero al mondiale non avresti potuto seguire Van der Breggen quando è partita?

Sono stata colta di sorpresa. Non avevo considerato Anna, perché avevo testa solo per Annemiek Van Vleuten, che mi ha mandato fuorigiri e poi ha bloccato la corsa. A quel punto ho aspettato la squadra, ma era già tutto scritto.

In che posizione collochi questa stagione?

Al netto del marasma generale, è strano, ma la metto in pole position. Non ci credo neanche io, per come si era messa. Ero serena, lo sono ancora. Amo correre, penso di essere fatta per correre. Essere stata per tanto tempo sui rulli, sia pure per una buonissima causa, mi ha fatto capire quanto io ami andare in bicicletta. Volevo correre e forse la paura di perdere ciò che più amo mi ha fatto cambiare anche stato d’animo.

Bello anche il tuo piglio al mondiale nel rispondere a Van Vleuten, secondo cui le olandesi vanno più forte perché sono più libere di scegliere il loro sport.

Semplicemente non la trovavo una ricostruzione congrua con la realtà. Loro hanno un maggior bacino di utenza, per cui vengono fuori più ragazze di talento. Non è un fatto di emancipazione e forse non era nemmeno quello che intendeva.

Che inverno sta per cominciare?

Metterei la firma ora per un buon periodo di preparazione e una stagione come l’ultima. Di sicuro mi allenerò il giusto e lo farò con leggerezza.

Come arrivi al campionato italiano?

Bene, con la testa leggera. Il tricolore è sempre una corsa particolare e so benissimo che mi guarderanno. Vado forte, forse c’è anche il terreno per fare selezione. Andrò a farci prima qualche giro per capire.

Cosa ti è parso del Giro di Ganna?

Del Giro e della sua stagione. La nostra provincia del Vco è tornata dai mondiali con due medaglie ed è stato bello seguire Pippo al Giro. Come ho già detto a Imola, siamo simili. Entrambi nati nella stessa terra, entrambi figli di sportivi, entrambi legatissimi alla famiglia. Lui ha vinto tanto, ma resta sempre uguale. E quando lo senti parlare in inglese, capisci che è di Vignone. Ed è bello anche questo…

Bontrager XXX WaveCel LTD

Edizione limitata per il Bontrager XXX WaveCel

29.10.2020
< 1 min
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Bontrager ha lanciato una nuova serie di colori e stili dei caschi dotati di WaveCel. Fra questi c’è anche il Bontrager XXX WaveCel LTD, il modello di punta della gamma del marchio americano.

Il Bontrager XXX WaveCel LTD è un casco altamente aerodinamico utilizzato anche dai corridori del Team Trek-Segafredo. La versione LTD strizza l’occhio anche all’estetica la colorazioni in edizione limitata che lo rende ancora più esclusivo.

La tecnologia WaveCel di Bontrager conferisce un livello di sicurezza molto elevato, infatti recenti studi hanno dimostrato che un casco con WaveCel è fino a cinque volte più efficace rispetto ai caschi realizzati con metodi costruttivi tradizionali. WaveCel è una struttura cellulare comprimibile che si trova nella parte interna del casco. In caso di impatto assorbe la forza dell’urto prima che arrivi alla testa del ciclista.

Oltre alla tecnologia WaveCel, il Bontrager XXX vanta una serie di qualità tecniche di primo piano, ad iniziare dal BOA presente nella parte posteriore che consente di regolare con facilità il casco sulla testa. Massima attenzione anche ai dettagli, infatti i tecnici del marchio americano hanno ideato un’imbottitura supplementare che si chiama NoSweat, che grazie ad un canale in silicone evita che il sudore possa cadere sugli occhi. Il peso del casco in taglia S è di 325 grammi, mentre in taglia M è di 352 grammi.

Per concludere segnaliamo la possibilità di usufruire del Crash Replacement, vale a dire che in caso di incidente entro un anno dall’acquisto, sarà possibile sostituire gratuitamente il casco con uno nuovo.

Prezzo di euro 269,99


trekbikes.com

Nibali Giro 2020

Nibali: l’evoluzione della nuova bici

21.10.2020
5 min
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Sono arrivate le grandi montagne al Giro d’Italia, quelle che piacciono molto a Vincenzo Nibali. Quest’anno lo Squalo dello Stretto è passato dalla Merida Scultura con freni tradizionali e cambio meccanico alla nuova Trek Emonda con freni a disco e cambio Sram Red eTap AXS famoso per il suo funzionamento wireless. Non a caso il messinese dichiarava sui freni a disco: «Ho visto che in pianura la bicicletta risulta più rigida col perno passante, tant’è che spesso i velocisti li usano e ci vincono pure. In salita, anche a parità di peso delle ruote, preferisco ancora i freni tradizionali».

La parola ad Adobati

Ma come hanno fatto in Trek a convincere un campione del calibro di Nibali a cambiare così rapidamente le sue preferenze tecniche? A questa domanda hanno risposto sia il meccanico del team Mauro Adobati che il responsabile marketing di Trek Italia Rudy Pesenti.

Il primo ci ha detto che «non abbiamo dovuto convincere Vincenzo, in realtà è stato facilissimo, lui si è adattato subito e ora è contentissimo della sua bicicletta”.

Rudy Pesenti ci ha svelato qualcosa in più dicendoci che qualche preoccupazione iniziale Nibali l’aveva. Il timore non era nelle prestazioni in salita, ma nel cambio dello stile di guida in discesa, infatti la sua nuova Emonda fa segnare un peso complessivo di 6,9 chilogrammi in linea con il minimo consentito dal regolamento di 6,8 chilogrammi. L’aspetto che ci ha un po’ sorpreso è che il campione siciliano avrebbe detto che con i freni tradizionali era abituato a frenare all’ultimo momento, mentre con i dischi avrebbe rimodulato in maniera più progressiva la frenata.

Un altro aspetto interessante che Mauro Adobati ci ha raccontato è che all’inizio lo Squalo montava una guarnitura anteriore con corone da 39-52, ma con il passare della stagione starebbe usando sempre di più corone da 37-50, usate sia al Lombardia che al Giro dell’Emilia.

Emonda, in salita si vola

Questo cambiamento darebbe notevoli vantaggi soprattutto sulle salite pedalabili in cui il 50 si rivelerebbe un ottimo rapporto, soprattutto se associato a un pacco pignoni posteriore con rapporti 10-33. Adobati ci ha rivelato che in gara i corridori usano addirittura il 50 anteriore con il 33 posteriore. Un incrocio che in teoria sarebbe molto sconsigliato, ma che il gruppo Sram riesce a sopportare senza problemi. Ovviamente stiamo parlando di momenti di gara in cui la ricerca della prestazione va oltre ogni teoria sul buon uso dei componenti.

Andrea Nieri, il meccanico di ieri

Che Nibali ami tenere dei rapporti agili è un fatto che ci ha confermato anche il suo storico meccanico dai tempi della Mastromarco fino alla Bahrain-Merida, Andrea Nieri.

Oltre a confermarci che Nibali è molto meticoloso a livello tecnico e che è anche un ottimo meccanico, ha spiegato che: “a Vincenzo piaceva avere come rapporti anteriore un 38-53 associato a un pacco pignoni 11-30, che voleva anche nelle tappe pianeggianti, in quanto preferiva avere la possibilità di salvare la gamba nel caso ci fosse stato da passare una piccola asperità.

Nibali è un tester di alto livello

Sta di fatto che Nieri ci ha confermato, che anche negli anni con Merida, lo Squalo si è adattato al materiale di cui la squadra era dotata e che non ha mai chiesto modifiche particolari al telaio, ma ha sempre usato le biciclette uguali a quelle che possiamo trovare nei negozi. Nieri ci ha svelato che l’unica eccezione è stata quando Merida stava per lanciare la nuova Reacto nel 2017. Gli appassionati dotati di buona memoria ricorderanno che durante il Giro d’Italia di quell’anno, Nibali usò nella tappa numero 12 una Reacto con una colorazione particolare. Proprio quella bici era figlia dei consigli del campione siciliano, che poi furono adottati di serie sui modelli che ancora oggi troviamo in commercio.

Questo aneddoto ci conferma quanto sia importante per le aziende avere corridori sensibili nella guida delle biciclette, che possono fornire dei riscontri importanti e indicare anche eventuali soluzioni tecniche migliorative.

Discesa record dal Sormano

A conferma della grande sensibilità di guida di Nibali e del fatto che si trova molto bene con la sua nuova Emonda, basta vedere il record che ha fatto segnare all’ultimo Lombardia nella discesa dal Sormano. L’App Strava ha assegnato al campione siciliano il record di velocità con un tempo di 5 minuti e 30 secondi per percorrere i 5,6 chilometri della discesa. La velocità di punta è stata di 85 chilometri orari e quella media di 61,3 chilometri orari. Davvero niente male!

Vicenzo Nibali

Carretta, l’angelo di Nibali

13.10.2020
2 min
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Gianluca Carretta, osteopata, è uno degli angeli custodi di Nibali. Come il massaggiatore Pallini, il preparatore Slongo e il dottor Magni. Con le sue mani ha rimesso in sesto generazioni di campioni, ciclisti e non, da Basso a Savoldelli, da Cancellara ad Armstrong. Nonostante il Covid, la sua presenza accanto allo Squalo è stata preziosa. E anche attraverso i suoi trattamenti, dopo il mondiale la Trek-Segafredo ha iniziato a capire che il campione stesse arrivando.

La sua presenza al Giro d’Italia, pur al servizio di tutta la squadra, è strettamente connessa al capitano. Per cui la domanda che a un certo punto è saltata fuori è se la condizione sia qualcosa di tangibile e in che modo si manifesti.

«E’ in crescita – ha detto a bici.PRO dopo la tappa di Matera – sia fisica sia mentale. Era uscito con qualche dubbio dalla Tirreno, ma adesso che le sensazioni migliorano, anche il morale è in crescita».

Gianluca Carretta è da anni l’osteopata di Nibali, dopo aver lavorato con altri campioni
Gianluca Carretta è da anni l’osteopata di fiducia di Vincenzo Nibali
Qual è in questo caso il ruolo dell’osteopata?

Mantenere il suo equilibrio. Con Pallini facciamo lavoro di mantenimento. Lui pensa al trattamento muscolare dopo la corsa, io faccio il mio dopo cena.

Che cosa fate d’abitudine?

Un massaggio leggero per rigenerarlo e farlo riposare meglio. Manipolazione viscerale per migliorare la vascolarizzazione delle gambe. Non la classica manipolazione, perché le cose vanno perfettamente e non c’è bisogno di essere troppo energici.

Come si fa un massaggio perché Vincenzo dorma meglio?

Si lavora con molta dolcezza a livello del cranio, per recuperare meglio nella zona cranio-sacrale.

E il massaggio viscerale?

Facendolo dopo cena, non si lavora a livello dello stomaco, ma si effettua un drenaggio linfatico a livello del bacino, a integrare il lavoro di Pallini sui muscoli delle gambe.

Nibali si adegua facilmente?

Lui preferirebbe un lavoro più tosto, che però non serve. Lo conosco talmente bene, che mi lascia fare.

Com’è la situazione della schiena, dopo la frattura dell’Alpe d’Huez?

La controllo sempre e direi che non ha strascichi. Dopo l’infortunio qualche risentimento c’era, ma ora pare tutto in ordine. Però siccome è una zona che in bici viene stressata, un’occhiata va sempre data. Serve anche per liberare eventuali disfunzioni che possono interferire sulla funzionalità.

Quindi tutto bene?

Ad oggi sì. Il fatto che sia in equilibrio è il polso della situazione. Se non ci saranno variazioni, basterà mantenere il suo equilibrio. E’ il ritornello di ogni giorno con Pallini.

Emilio Magni, Giulio ciccone

I 15 giorni bui di Ciccone

13.10.2020
2 min
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Due parole su Ciccone con Emilio Magni (nella foto di apertura è con Michele Scarponi, negli anni all’Astana), il medico della Trek-Segafredo, che a un certo punto s’è ritrovato con l’abruzzese positivo al Covid. Non è stata una fase rilassante della stagione, anche perché poco si sapeva su come un atleta potesse riprendersi dal virus. Cicco si è rialzato dopo una doppia ablazione cardiaca, ma come avrebbe risposto al Covid?

Magni spiega. L’accento toscano rende la narrazione più interessante, quasi fossimo in una vera favola con eroi feriti e nemici subdoli e pericolosi.

Ciccone è rientrato alle corse proprio al Giro d’Italia
Ciccone è rientrato alle corse proprio al Giro d’Italia
Come è stato che l’avete capito?

E’ stato in linea con quello che si diceva, sin dal momento dei primi sintomi. Si fece il tampone e risultò positivo. Aveva perso gusto e olfatto. Ha avuto mezza giornata di febbre e uno stato generale di malessere.

E a quel punto?

A quel punto ha fatto i canonici 15 giorni di quarantena, durante i quali si è negativizzato. Avevamo fatto un tampone anche prima del tempo, perché quei giorni chiusi in casa sono lunghi. Quando poi è scaduto il tempo, abbiamo fatto i due test ed è stato negativo in entrambi.

Ciccone ha detto di non aver toccato la bici per due settimane, lasciando intendere un malessere non banale.

Per i primi giorni ha avuto febbre, per cui il mio consiglio è stato di affrancarsi da ogni tipo di sforzo. Ora se ne parla con tranquillità, ma allora non sapevamo dove si andava a parare. Prima la salute, poi l’atleta. Finita la pausa, ha ricominciato piano. Rulli, qualche uscita breve, poi gradualmente ha incrementato.

E’ arrivato al Giro in forma?

No, è arrivato ricercando la condizione. Quest’anno è una storia particolare, è anche difficile fare confronti fra come stesse prima e come nel post Covid. Diciamo che la quarantena non è stata una vacanza, bensì due settimane con condizioni cliniche non ottimali.

Quando Ciccone ha ripreso, è filato tutto liscio?

Da quando ha ricominciato, non ci sono stati momenti di sosta né marce indietro. E’ arrivato al Giro come il calciatore che va a sedersi in panchina, ma i ciclisti devono pedalare lo stesso. Abbiamo verificato le sue condizioni, sfruttato il tempo necessario nella settimana prima del Giro. Poi si è presa la decisione in accordo con lui, ampiamente condivisa.

Ha dovuto rifare l’idoneità?

Esatto, con tutte le prove previste dal Comitato tecnico scientifico, poi è tornato atleta abile e arruolabile. E al Giro ha avuto una buona evoluzione. Nei primi giorni migliorava progressivamente. E soprattutto, a parte le gambe, è stato il solito Ciccone, un giullare cui fa bene stare in gruppo.