La Uno-X cambia faccia agli scalatori: ecco Hindsgaul

12.02.2022
5 min
Salva

Alessandro Fedeli, secondo sull’arrivo in salita di Termessos, ha un diavolo per capello. Dice che il vincitore della Uno-X lo ha chiuso nella rimonta, ma Madsen Jacob Hindsgaul rimanda tutto al mittente. E se per il veronese della Gazprom-RusVelo l’eventuale vittoria sarebbe stata per sua stessa ammissione una sorpresa, per il danese del team in maglia giallorossa il compito è riuscito per come l’avevano progettato. Nulla si inventa, neanche al Tour of Antalya.

«Eravamo venuti a vedere la salita nei giorni scorsi – dice ai piedi del podio – l’obiettivo era vincere, per cui dal mattino eravamo molto motivati e sono riuscito a finalizzare. Avevo messo da tempo gli occhi su questa tappa, la forma è buona, ma si tratta pur sempre della prima vittoria da pro’, quindi un po’ di sorpresa c’è. I compagni sapevano di dovermi portare davanti all’ultima curva, perché in un gruppetto di venti potevo vincere. Invece ci sono arrivato in quinta, sesta posizione, più indietro di quanto volessi. Per questo ho dovuto rimontare dall’esterno a tutto gas e un po’ chiudere la traiettoria. Ma spazio per passare ce n’era di certo…».

Le immagini mostrano che Hindsgaul ha effettivamente chiuso la traiettoria, ma anche che rispetto a Fedeli veniva su a una velocità sensibilmente superiore. Per questo alla fine le rimostranze sono durate appena un battito di ciglia.

Turisti per caso

Il primo arrivo in salita della stagione lascia comunque il segno, anche se la pendenza non era da capogiro. Quando la Uno-X si è messa davanti a scandire il passo si è capito comunque che qualcosa bollisse in pentola, mentre dietro i corridori si staccavano come schegge.

Neve ai lati della strada, tornanti e il traguardo alla fine della strada, dove un parcheggio per turisti suggerisce la visita all’antica Termessos e alle sue rovine a mille metri di quota. Un viaggetto da turisti da queste parti varrebbe la pena considerarlo, ma mentre i corridori delle retrovie continuano a raggiungere la vetta alla spicciolata, il lavoro ci strappa alla riflessione e ci buttiamo nuovamente nella mischia inzaccherata della terra turca.

Un urlo dopo la vittoria, poi il vincitore danese è rimastro incredibilmente composto
Un urlo dopo la vittoria, poi il vincitore danese è rimastro incredibilmente composto

Vizietto di… famiglia

Nello stesso giorno in cui il compagno Charmig Anthon, 23 anni (1,82 per 66 chili), ha vinto sul traguardo di Qurayyat al Tour of Oman e una settimana dopo la vittoria di Johannessen, 22 anni (1,76 per 64 chili) all’Etoile de Besseges, ecco un altro danese longilineo che vince in salita. Un metro e 87 per 67 chili, magrissimo, sicuro e veloce. Del modo di lavoro della squadra e di questi scalatori danesi e norvegesi ci aveva già raccontato Kurt Asle Arvesen che li guida, ma certo è insolito riscontrare il dominio in salita di corridori di tal fatta.

«Vivo in Danimarca – sorride – in una zona che più pianeggiante non si potrebbe. Non credo serva vivere su un monte per andare forte in salita, puoi prepararti bene nei training camp in montagna e quando sei a casa rilassarti e recuperare gli sforzi. Un esempio può essere Jonas Vingegaard. Anche lui vive in Danimarca, ma è arrivato terzo al Tour. E vincere il Tour è il mio sogno da quando sono salito su una bicicletta da corsa, anche se a dirlo adesso può sembrare che mi dia delle arie».

Non si può che Jacob Hindsgaul Madsen sia superstizioso: ecco la sua Dare, bici norvegese, con il numero 17
Non si può che Hindsgaul sia superstizioso: ecco la sua Dare, bici norvegese, con il numero 17

Subito fra i grandi

Chi segue le cose dei dilettanti lo ricorda vincitore del prologo al Giro di Val d’Aosta del 2019 quando aveva da poco compiuto 19 anni (poi però si ritirò), quindi secondo al Piccolo Giro di Lombardia dell’anno successivo, alle spalle di Sweeny.

«Ho cominciato a correre da junior – dice – e non ho pensato di farne un mestiere fino al piazzamento nel Tour de l’Avenir dello scorso anno. Entrare a 19 anni nel team Uno-X e confrontarmi subito con i corridori del WorldTour all’inizio mi era parso un pensiero selvaggio, perché sono i migliori ciclisti del mondo e fino al 2020 li guardavo sfidarsi in televisione. Nonostante questo, cerco di ricordare a me stesso che sono solo ragazzi come me, che si divertono ad andare in bicicletta. Purtroppo il 2020 non è stato un grande anno e sono stato fra quelli che si è speso tanto nelle sfide virtuali, ma ora è ciclismo vero».

Ottimismo Fedeli

Così vero che, salvo sorprese, domani si porterà a casa anche la classifica generale, mentre Fedeli dopo il podio ha ritrovato il sorriso e ammette lo stupore per una prestazione così buona.

«Di stare bene lo sapevo – ammette – ma non così bene. Salite lunghe non le ho mai fatte negli ultimi anni, a parte da dilettante al Giro di Val d’Aosta, quindi parecchio tempo fa. Tutto bene, sono contento. All’ultima curva sono rimasto chiuso. A metà tappa mi hanno urtato e il cambio ha smesso di funzionare, anche se mi sono fermato per raddrizzarlo. Giornata difficoltosa, in situazione ottimale avrei potuto vincere. Sto bene, sono sereno di testa. Ho trovato la squadra dove mi trovo veramente bene, spero di continuare con questo morale. L’anno scorso ho toccato il fondo quindi adesso vedo tutto roseo, questa squadra è veramente organizzata. Il secondo posto un po’ dispiace, ma sono le prime gare…».

Mareczko si lascia l’inferno alle spalle e ha fame di sprint

12.02.2022
6 min
Salva

Mareczko s’è fatto crescere i capelli, perciò quando si presenta con i ricci biondi e la mascherina, facciamo fatica a riconoscerlo.

«Li ho fatti crescere – ghigna – perché alla fine cadranno e allora tanto vale goderseli un po’».

Sono le sette e mezza di sera. Corsa. Massaggi. Meeting. Cena. Sono due giorni che proviamo a infilarci fra una cosa e l’altra, ma ogni volta s’è dovuto rimandare. Stavolta ci siamo e con tanta curiosità. Dopo il brutto finale di 2021, il passaggio alla Alpecin Fenix e la grinta mostrata sul primo arrivo. Sarà pure finito secondo alle spalle di Malucelli, ma negli occhi aveva fuoco vivo. Tutto intorno, nella hall dell’immenso hotel alle porte di Antalya, c’è il tipico andirivieni dei corridori diretti verso il ristorante alla vigilia dell’arrivo in salita.

Per Mareczko (ultimo a sinistra) è la seconda corsa con la Alpecin Fenix. Prima il Saudi Tour
Per Mareczko (ultimo a sinistra) è la seconda corsa con la Alpecin Fenix. Prima il Saudi Tour
Ieri hai detto che correre in questa squadra è tutta un’altra cosa.

Un’altra tipologia di squadra. Alla Alpecin-Fenix non ti manca niente, qualunque cosa ti serva. E poi è impostata su quello che faccio io, cioè le volate. Altre hanno gli scalatori e i gregari per la generale. Noi qua siamo venuti con un uomo che può fare classifica e tutti gli daranno una mano, ma se li guardate sono passisti adatti per tirare le volate. Per quello che devo fare io, è stata la scelta migliore.

Uscivi da un 2021 complicato, avevi ricevuto altre offerte?

Ero d’accordo che avrei parlato con la Bardiani e c’era stato un timido interesse dell’Astana, ma nel momento in cui ho avuto questa proposta, non ci ho pensato un attimo e ho cancellato tutto il resto.

Fra le perle del 2021, la vittoria su Cavendish a Gatteo nella Coppi e Bartali
Fra le perle del 2021, la vittoria su Cavendish a Gatteo nella Coppi e Bartali
E’ stato semplice lasciarsi indietro l’esclusione dal Giro e tutto quello che è successo l’anno scorso?

Sono passato con Citracca quando la CCC ha chiuso. Senza certe sorprese, saremmo andati al Giro, dando continuità al buon inizio. La vittoria al Coppi e Bartali su Cavendish e altri segnali positivi. Poi saremmo dovuti andare in Turchia e da lì al Giro, invece è iniziato il declino. Mi auguro sia una situazione in cui nessun altro debba ritrovarsi. La gente parla e non è bello. Quelli che correvano nel mio gruppo neanche sapevano chi fosse il ragazzo risultato positivo (Matteo De Bonis, ndr). Non lo conoscevamo, ma per colpa sua ci siamo andati tutti di mezzo e la stagione è diventata un calvario.

Probabilmente avete pagato anche certe scelte della squadra…

Ma la squadra a quanto mi risulta non era coinvolta in quelle cose. Quando uno ha bisogno di soldi, arriva a qualche compromesso e possono succedere questi episodi, come pure con Spreafico (corridore della Vini Zabù squalificato per tre anni, ndr). Ripeto, io quel ragazzo non lo conoscevo, ma probabilmente non aveva neppure le qualità per passare professionista.

La salita resta il grande scoglio di Mareczko (in maglia verde), ma non se ne fa un grande cruccio
La salita resta il grande scoglio di Mareczko, ma non se ne fa un grande cruccio
Torniamo al presente, quali saranno i tuoi programmi?

Li conoscono i capi, ma ce li dicono gradualmente. Io so cosa farò fino al Turchia di aprile, quindi fino a prima del Giro. Ma certo che mi piacerebbe correrlo, vorrei proprio vincere una tappa.

Una squadra con tre velocisti come Merlier, Philipsen e te: quanta rivalità interna c’è?

Nei ritiri c’è stata un po’ di competizione, ma nemmeno più di tanto, perché ci dividevano spesso in gruppi, quindi non ci sono state grandi occasioni di confronto. In corsa poi ciascuno farà il suo programma, nessun rischio di pestarci i piedi. Non è una squadra WorldTour, ma ne fa il calendario, quindi ognuno avrà il suo terreno di caccia.

Dopo il secondo posto nella tappa di apertura, amarezza e grinta per la rivincita
Dopo il secondo posto nella tappa di apertura, amarezza e grinta per la rivincita
Tappa di oggi (ieri per chi legge) con qualche strappo impegnativo e non sei arrivato allo sprint di 90 corridori. Pensi ancora di voler migliorare in salita?

La scelta di cambiare pelle è molto soggettiva. C’è chi lo ha fatto, ma ha perso spunto in volata (come raccontava lo stesso Malucelli, ndr). Spesso andare meglio in salita è anche questione di ridurre il peso e così però perdi forza. Io ho puntato tutto sulle volate, per questo nella tappa con 3.000 metri di dislivello alla fine non c’ero.

Quindi il tuo calendario sarà rapportato a questa tua caratteristica?

Esatto. Ho cominciato al Saudi Tour, poi sono qui, farò la Milano-Torino e la Coppi e Bartali, prima di tornare in Turchia. Corse in cui rientrare sempre nel tempo massimo, per giocarmi le tappe in volata. Come quella di domenica, che sarà tutta piatta.

Sul podio della prima tappa, per Mareczko un sorriso beffardo: credeva di aver vinto
Sul podio della prima tappa, per Mareczko un sorriso beffardo: credeva di aver vinto
Hai cambiato qualcosa nella posizione in bici?

La posizione è quella e funziona, non c’è motivo di cambiarla. Ma la bici è davvero super, perfetta per fare le volate.

Come la mettiamo con i rapporti? Shimano ora fa solo 52 e 54…

Ma noi abbiamo ancora il vecchio Dura Ace, per cui posso usare il 53 e il 54. L’altro giorno avevo il 54 perché l’arrivo scendeva, si ragiona di volta in volta. E anche io uso pedivelle da 170.

Com’è l’ambiente in squadra?

Molto buono e stimolante. Sono amichevoli e il fatto che il team manager e i direttori sportivi parlino italiano mi aiuta molto. Con il fiammingo sono proprio negato, semmai c’è l’inglese. C’è una grande disciplina, si fa quello che dicono loro. Ognuno ha il suo lavoro. Per questo il fatto che per ora Van der Poel sia fuori dai giochi non porta più responsabilità agli altri. Manteniamo il calendario ed è chiaro che lo facciamo al nostro meglio.

Questa la Canyon Aeroad di Mareczko, con componenti Shimano Dura Ace
Questa la Canyon Aeroad di Mareczko, con componenti Shimano Dura Ace
Ci sarà un treno per Mareczko?

Non so cosa vogliano fare, aspetterò che me lo dicano. Io ci metto il lavoro e tutto l’impegno. E continuo a correre per togliermi lo sfizio di vincere una tappa in un grande Giro. Se proprio devo dire, la mia corsa dei sogni al momento e da sempre è proprio questa.

Un podio per sognare in grande? Chiedete a Tagliani

11.02.2022
4 min
Salva

Dice che il podio di oggi è una bella emozione, ma quei cinque minuti di attesa sul palco della crono di Torino al Giro d’Italia, neoprofessionista e per giunta primo a scattare, saranno impossibili da dimenticare. La storia di Tagliani è di quelle che ti restano addosso e aspetti il varco giusto per farla uscire. Oggi è il giorno giusto, anche se il terzo posto nella tappa di Antalya potrebbe non giustificare chissà quali slanci. Filippo avrebbe voluto sprintare anche ieri, ma è rimasto chiuso. Oggi invece ha trovato il varco e si è arreso solo a Rajovic e Gibson

«L’anno scorso quando ero su quel palco – sorride – mi è passata tutta la vita davanti. Ho rivisto vent’anni di ciclismo. Mi ci hanno tenuto per cinque minuti, un’eternità».

Volata della seconda tappa, Rajkovic anticipa, Tagliani chiude terzo
Volata della seconda tappa, Rajkovic anticipa, Tagliani chiude terzo

La grinta di Righi

All’ammiraglia dopo l’arrivo il diesse Righi gli strillava bonariamente in faccia: «Adesso puoi mandarmi a cagare! Mi ci mandi a cagare?».

Si vedeva che il tecnico toscano della Drone Hopper-Androni Giocattoli fosse contento, ma non capivamo il perché di quelle parole, finché non glielo abbiamo chiesto.

«Ieri l’ho brontolato – dice con un’espressione toscanissima – e lui mi guardava male. Erano stati bravi per tutto il giorno a restare davanti nonostante quel vento, ma lui ha esitato ed è rimasto chiuso per la volata. E allora, visto che mi guardava storto, gli ho detto che aveva un solo modo per mandarmi a cagare: fare un bel risultato. E oggi l’ha fatto. Per carità, non s’è ancora combinato nulla, ma mi auguro che il podio gli dia morale. Qualsiasi cosa fa la fa per sé, non certo per me».

Nel 2018 la sua vittoria più bella: la San geo sulle strade di casa (foto Piton)
Nel 2018 la sua vittoria più bella: la San geo sulle strade di casa (foto Piton)

Destino segnato

Tagliani non poteva che fare il corridore. Se nasci a Gavardo e per anni ti partono da davanti casa la Coppa San Geo e il Trofeo Soprazocco, la voglia di buttarti anche tu nel mezzo deve venirti per forza. In più suo nonno Emilio ha mandato avanti per anni la trattoria Alle Trote, che ora è dei suoi genitori e per i corridori è un vero punto di ritrovo. Per questo nel 2002 ha staccato il primo tesserino con la UC Soprazocco e ci è rimasto sino al 2011. Forse per questo, fra le vittorie più belle da dilettante, Filippo inserisce la Coppa San Geo.

«Vincere davanti a parenti, amici e tifosi, sulla porta di casa di Delio Gallina è stato qualcosa di molto speciale – raccontò – quel giorno ho davvero toccato il cielo con un dito. Ci tenevo moltissimo ed è stato il miglior modo per dire grazie all’amico Delio e al team manager Cesare Turchetti, con i quali sono rimasto in buonissimi rapporti anche quando ho cambiato club».

Pro’ a 25 anni

Già perché la sua storia passa per un anno alla Named-Ferroli, ben 4 alla Delio Gallina, una alla Casillo e l’ultima alla Zalf, prima di passare professionista a 25 anni, mentre intorno impazzava la caccia ai ragazzini.

«Ma io ci ho sempre creduto – dice di ritorno verso l’hotel – altrimenti avrei ascoltato i consigli di chi mi diceva di smettere da under 23. Per fortuna continuo a fare le cose come voglio farle io e questo piccolo podio non è niente, ma ripaga dei sacrifici che sono sempre tanti lo stesso. Ho iniziato la stagione in Venezuela e ho preso un virus intestinale, ma per fortuna è durato poco e il lavoro non s’è buttato. Lo so che i risultati importanti sono altri, ma questo podio dà morale per riprovarci. Voglio fare una bella stagione, per cui domenica mi butto dentro lo stesso».

Dimenticato il vento di ieri, la Turchia mostra il suo volto primaverile
Dimenticato il vento di ieri, la Turchia mostra il suo volto primaverile

Volata kamikaze

E se gli fai notare che nella volata mancavano a causa della salita alcuni dei velocisti più forti, l’orgoglio viene in superficie.

«Rispetto a ieri – dice – mancava solo Mareczko, gli altri c’erano ma non sono usciti. Abbiamo fatto gli ultimi cinque chilometri di volata e sull’arrivo stavolta mi ci sono lanciato da kamikaze. Volevo partire lungo, è partito lungo anche Rajovic ed è stato il più forte. Perciò sì, sono emozionato, ma quei cinque minuti sul palco di Torino ancora sono inarrivabili. Me lo dissero la mattina dello stesso giorno, non mi aspettavo neanche la convocazione per il Giro. No, quell’emozione resta la più bella».

Malucelli e Mareczko, nervi tesi ad Antalya

10.02.2022
5 min
Salva

«Uso il 53 perché ho le pedivelle corte – dice Malucelli – quindi se per caso rallento, rilanciare una padella grande è difficile. Però in un arrivo come questo, tutto dritto e con la strada che scende, a un certo punto cercavo i rapporti, ma erano finiti. Sono andato a tutta. L’ho visto arrivare. Mareczko ha sicuro il 54. Era in scia e ha cominciato a uscire. Non mi sono seduto e ho detto: “Fino alla fine, fino alla fine!”. Arriva, arriva, arriva, arriva. Poi per fortuna è arrivata prima la riga».

Sei andato dritto?

Non lo so (ride, ndr). Che domande mi fai?! Mi sembra di sì, gli ho lasciato lo spazio per passare. Lo spazio c’era.

Verdetto in bilico

Per una volta cominciamo dalla fine, mentre il vento sferza la costa di Antalya e la neve del Monte Toros si specchia sul mare. Tour of Antalya, prima tappa. Dopo il traguardo l’attesa per il fotofinish è stata lunga come un rosario. Malucelli era convinto di aver perso. Mareczko si sentiva di aver vinto. I rispettivi compagni intorno chiedevano e guardavano i vari replay. Ci sono foto di varie esultanze. E quando alla fine il verdetto ha premiato il romagnolo, la battuta di Mareczko mentre posava per una foto accanto al rivale, è stata sferzante. «La prossima volta faccio anch’io così».

«Vecchie ostie», ha commentato Malucelli andando verso il podio. Vecchie ruggini.

Sapevamo che i rapporti fra i due non fossero idilliaci, succede fra velocisti. Mareczko è arrivato tra i professionisti forte di vittorie a palate fra gli under 23 e quando Malucelli cominciò a batterlo, lui che da under 23 non era in grado di tenergli testa, il bresciano si convinse che probabilmente le sue vittorie fossero frutto di scorrettezze. Tra velocisti è così. Chiedete a Cipollini e Abdujaparov, a Cavendish e Sagan.

La 1ª tappa del Tour of Antalya è partita da Side, città che fu anche romana
La 1ª tappa del Tour of Antalya è partita da Side, città che fu anche romana

Promessa mantenuta

Ma dietro questa vittoria c’è una lunga storia, di cui il forlivese ci aveva già parlato in ritiro, a Calpe, quando lo incontrammo nell’hotel della squadra. I racconti sul lavoro fatto per migliorare in salita, perdendo lo spunto in volata. La voglia di tornare velocista, investendo di nuovo sulla palestra.

«Abbiamo mantenuto le promesse – sorride il corridore della Gazprom-RusVelo – ma in genere è stato un inverno regolare. Mi sono ammalato fra Natale e Capodanno, ho preso un virus intestinale che mi ha debilitato per una decina di giorni, ma tutto sommato è stato un inverno tranquillo. Sono stato attento, nel senso che a Capodanno i miei amici hanno fatto il tampone per venire a casa mia e nell’ultimo mese non sono uscito mai a cena, per paura di ammalarmi. E’ stato un inverno regolare, ma impegnativo. Anche la a mia ragazza ha fatto un bel po’ di sacrifici insieme a me e questo era il massimo che potevo ottenere dopo tanti sacrifici».

Doppia fila e volate

La Turchia ha suoni e colori speciali, anche se la temperatura non è troppo primaverile. La sveglia del mattino arriva col muezzin e la gente è gentile oltre ogni immaginazione. Le vestigia della città romana alla partenza da Side fa capire quanta storia ci sia lungo queste strade. E intanto Malucelli racconta, seduto davanti all’antidoping, perché non è banale vincere la prima corsa, dopo un inverno di lavoro.

«Abbiamo fatto tanti lavori di doppia fila – racconta – e volate, volate, treni… La mia fortuna è sempre quella di riuscire a partire bene. Nel 2017 ho fatto 4° nella prima tappa in Argentina, nel 2018 ho vinto al Tachira, nel 2019 ho fatto 2° nella prima tappa in Argentina, l’anno scorso ho vinto al Tachira. Quindi ho questa fortuna che facendo tanta fatica, perché il motore è piccolo rispetto agli altri (sorride, ndr), in allenamento sono sempre fuori giri e quindi arrivo alle corse che ho già il ritmo gara e l’abitudine alla fatica. Ho già un fuori giri importante. E poi abbiamo lavorato tanto. Palestra e abbiamo fatto tante doppie file e volate, doppie file e volate».

Sul podio, oltre ai due italiani, anche l’estone Lauk
Sul podio, oltre ai due italiani, anche l’estone Lauk
Hai una bestia nera in squadra che ti fa dannare in volata?

Vacek, è forte, verrà un bel corridore. E’ un 2002, viene fuori un campione. Ma adesso penso a me. Vincere subito dà morale. Sapevo di stare bene, ma un conto è stare bene e un conto è vincere. Non è uguale.

La volata, disse a dicembre, è come nella giungla, vince chi sopravvive. Oggi la giungla ha trovato il suo re. Ma a giudicare dal ghigno di Mareczko, l’occasione per la rivincita non tarderà ad arrivare.