Il 2024 che da poche settimane ci siamo lasciati alle spalle ci ha raccontato di una bella collaborazione, quella fra il brand Nalini e il Team Equa. Da una parte un’azienda sinonimo di abbigliamento da ciclismo di qualità, tanto da vestire un team WorldTour come la PicNic PostNL. Dall’altra una realtà autentico punto di riferimento per il ciclismo paralimpico italiano. Dallo scorso anno è Nalini a realizzare le divise del Team Equa.
I ragazzi del Team Equa in visita allo stabilimento Nalini. Qui Fabrizio Cornegliani, oro paralimpico della cronoI ragazzi del Team Equa in visita allo stabilimento Nalini. Qui Fabrizio Cornegliani, oro paralimpico della crono
Un anno strepitoso
Il 2024 è stato davvero un anno strepitoso per il Team Equa con diversi titoli conquistati fra Olimpiadi e Mondiali. Alle Paralimpiadi di Parigi, il medagliere azzurro è stato arricchito da Fabrizio Cornegliani, medaglia d’oro nella cronometro su strada H1 di ciclismo e dal bronzo di Ana Maria Vitelaru, nella prova in linea H5 femminile di ciclismo su strada. Da sottolineare anche il formidabile lavoro svolto dal tandem maschile Lorenzo Bernard/Davide Plebani che ha regalato all’Italia una splendida medaglia di bronzo in pista.
Di rientro dalla trasferta paralimpica, la formazione pavese ha fatto rotta verso i campionati del mondo di Zurigo. Qui sono arrivate ben 8 medaglie. Fra queste spiccano le maglie iridate di Fabrizio Cornegliani, Svetlana Moshkovich e Luisa Pasini.
Durante la visita in azienda, Cornegliani e Vitelaru hanno portato con loro le medaglie conquistate alle paralimpiadi di Parigi 2024Durante la visita in azienda, Cornegliani e Vitelaru hanno portato con loro le medaglie conquistate alle paralimpiadi di Parigi 2024
A casa Nalini
Per festeggiare un 2024 così ricco di successi e per gettare le basi per il 2025, Ercole Spada, presidente del Team Equa, ha guidato una rappresentanza della sua squadra in visita alla sede Nalini a Castel d’Ario, in provincia di Mantova. Con lui c’erano Riccardo Cadei, Fabrizio Cornegliani, Davide Plebani, Ana Vitelaru e Davide Rancilio.
Ad accoglierli hanno trovato il titolare Claudio Mantovani e il Direttore Generale Giuseppe Bovo che hanno illustrato i valori e la storia di Nalini, un brand che ha fatto la storia del ciclismo. Come ringraziamento per la qualità dei prodotti realizzati, hanno ricevuto in dono la maglia iridata del Team Equa conquistata ai mondiali pista 2024 dal tandem Chiara Colombo/Elena Bissolati.
Dopo i successi di Parigi sono arrivate anche le medaglie dei campionati del mondo di paraciclismo a ZurigoDopo i successi di Parigi sono arrivate anche le medaglie dei campionati del mondo di paraciclismo a Zurigo
Nel cuore di Nalini
Il viaggio a “casa Nalini” ha avuto uno dei suoi momenti più belli nella visita ai reparti produttivi. Qui gli atleti del Team Equa hanno potuto scoprire i segreti collegati alla nascita di un capo di abbigliamento da ciclismo firmato Nalini: la scelta dei tessuti, la costruzione del fondello, la posizione delle cuciture e la personalizzazione in base alle caratteristiche fisiche dell’atleta stesso. Tutti elementi fondamentali e determinanti per ottenere un capo di abbigliamento comodo, ma soprattutto altamente performante.
L’incontro è stato utile anche per Nalini che ha potuto raccogliere direttamente dagli atleti del team suggerimenti e consigli importanti per realizzare capi di abbigliamento pensati e realizzati per atleti paralimpici.
Metti un giorno che una medaglia d’oro olimpica salga in cattedra a fare lezione e rispondere alle domande di una classe di studenti. E metti che parola dopo parola escano spunti inediti da approfondire con calma. Per una mattina Fabrizio Cornegliani, oro a crono alle Paralimpiadi di Parigi e ai mondiali di Zurigo nell’handbike, si è calato nella parte di professore al Corso Magistrale di “Scienze e Tecniche delle Attività Motorie Preventive e Adattate” dell’Università di Pavia (in apertura foto Team Equa).
Un ruolo insolito per lui e invece molto stimolante per la classe che ha potuto conoscere meglio una persona che ha dovuto iniziare letteralmente una seconda vita, diventando uno dei più forti atleti della sua disciplina. Una lezione umana e universitaria che servirebbe sempre per aprire la mente di tutti, sportivi e non, su come si possa vincere o arrivare in alto in qualunque condizione. E così abbiamo chiesto a Cornegliani di raccontarcela.
Cornegliani ha ricevuto il Collare d’Oro, la massima onorificenza del CONI e del CIP, per l’impresa alla Paralimpiadi di ParigiCornegliani ha ricevuto il Collare d’Oro, la massima onorificenza del CONI e del CIP, per l’impresa alla Paralimpiadi di Parigi
Collare d’Oro
Gli appuntamenti istituzionali di Cornegliani sono fitti. L’ultimo in ordine cronologico è il Collare d’Oro, la massima onorificenza del CONI e del CIP (Comitato Italiano Paralimpico).
«Lunedì ero a Roma all’Auditorium Parco della Musica – inizia Fabrizio – per ricevere questo graditissimo riconoscimento. Ne avevo già ritirati tre in passato, ma questo ha avuto un sapore particolare. Rispetto agli altri anni c’erano meno atleti, tra un impegno e l’altro, e quindi abbiamo avuto più attenzione. L’altra premiata del ciclismo assieme a me era Chiara Consonni (oro in pista nella madison con Guazzini, che è in ritiro in Spagna con la Fdj-Suez, ndr). Per me è stato un grande onore essere uno dei due rappresentanti del nostro sport».
Fabrizio con moglie e figlio alla fine della premiazione. Quello di quest’anno è stato il suo quarto Collare d’Oro Fabrizio con moglie e figlio alla fine della premiazione. Quello di quest’anno è stato il suo quarto Collare d’Oro
In aula
Quasi due settimane fa Cornegliani ha vissuto un’emozione diversa da quella che solitamente prova quando gareggia. Parlare davanti a degli studenti non è così scontato come si potrebbe pensare. Bisogna essere pronti ad avere la risposta giusta o comprensibile, ma lui non si scompone e non va in affanno.
«L’occasione è nata – spiega – attraverso Agnese Romelli, una mia compagna di squadra nel Team Equa. Lei è l’allieva di un professore dell’Università di Pavia che ci teneva a fare una lezione diversa dal solito. Ho accettato subito con entusiasmo e mi sono messo a loro disposizione. Ognuno poteva chiedermi ciò che voleva. L’intento della lezione era smuovere l’interesse dei ragazzi e capire quali argomenti toccare. Onestamente sono stato molto sorpreso perché non mi aspettavo considerazioni e domande da lasciarti a bocca aperta. Ovvio quindi che diventi molto bello poter rispondere alle loro curiosità».
Il video dell’impresa a cinque cerchi di Parigi rompe il ghiaccio e pone subito l’accento sul mezzo utilizzato da Fabrizio. La bici è un concentrato di ingegneria e tecnica e i ragazzi si fanno sotto con le domande.
«Rispetto alla pedalata alternata della bici tradizionale – prosegue Cornegliani – dove si fa forza spingendo, nella mia specialità, la H1, il movimento centrale gira in sincrono e la potenza si fa tirando. Quindi mentre stavo continuando a spiegare, un ragazzo mi interrompe e mi chiede se può nel frattempo disegnare come si immagina il sistema tecnico delle corone. Io divertito e piacevolmente stupito, gli rispondo che stavolta è lui ad aver attirato la mia curiosità. Alla fine del mio discorso, il ragazzo mostra il suo disegno ed era riuscito a riprodurre la corona ellittica che usiamo per non avere punti morti, assieme a tutto il resto della trasmissione».
Il video dell’oro olimpico di Cornegliani ha stimolato gli studenti a domande, considerazioni e disegni (foto Team Equa)Il video dell’oro olimpico di Cornegliani ha stimolato gli studenti a domande, considerazioni e disegni (foto Team Equa)
Occhio sui dettagli
Guardando le immagini del video di Parigi, la classe nota tanti altri temi tecnici e morali.
«Ad esempio la seduta della handbike – ci dice Cornegliani – non resta la stessa per la salita e per la discesa. Infatti un ragazzo, continuando il contest del suo compagno, ha ipotizzato se esiste un modo per trovare una posizione della seduta più redditizia. Così come mi hanno chiesto informazioni sui tutori che uso per tenere le manovelle, visto che le mie mani non possono chiudersi fino in fondo e stringere bene. Ho spiegato a loro che vent’anni fa si usava un tape per tenere le mani attaccate alle manovelle. Qualcuno lo fa ancora adesso, perché nel frattempo, da un’idea nata in Italia, gli ausili che usiamo ora sono diventati costosi. Vanno dai 500 ai 4.000 euro a seconda delle necessità personali. Senza questi non possiamo praticare il nostro sport».
L’aspetto psicologico è stato invece l’argomento richiesto dalle ragazze. «Loro si sono domandate – va avanti – come funzioni la capacità del sistema italiano per aiutare una persona a ripartire dopo un incidente come il mio. In Italia non siamo avanti come in Inghilterra. Da loro chi ti assiste si immedesima nell’avere il tuo stesso problema. C’è stato uno studio che ha dimostrato come cambi il punto di vista da un medico normodotato che si mette in carrozzina per aiutarti nel recupero rispetto ad un medico normodotato ti segue in piedi. Anche questo è un aspetto importante che non si può sottovalutare».
Durante la lezioni in aula, Cornegliani ha spiegato l’importanza del tutore alle mani e come funziona la trasmissione del movimento centraleDurante la lezioni in aula, Cornegliani ha spiegato l’importanza del tutore alle mani e come funziona la trasmissione del movimento centrale
Specializzazioni per paralimpici
Il tempo scorre veloce, però per Cornegliani e i suoi ragazzi c’è spazio per un ulteriore spunto, prima magari di ritrovarsi ancora.
«Abbiamo fatto riferimento alla bici e ai tutori – conclude Fabrizio, felice di averci potuto descrivere la sua esperienza in facoltà – ed è emerso parlando che la figura del laureato per queste situazioni particolari è e sarebbe fondamentale. Stiamo vedendo che ci sono sempre più studenti che scelgono queste specializzazioni e varrebbe la pena che gli facessero fare un monte ore di tirocinio in ambito sportivo. Magari studiando l’aspetto agonistico e prestazionale oppure su materiali leggeri, sicuri e performanti».
Gli studenti universitari hanno ragionato su come rendere più redditizia la seduta della handbike sia in discesa che in salitaGli studenti universitari hanno ragionato su come rendere più redditizia la seduta della handbike sia in discesa che in salita
Cornegliani guarda poi al suo mondo, dove gli piacerebbe vedere in nazionale e nei club meccanici specializzati solo per handbike.
«E’ stata una chiacchierata di due ore con cervelli freschi, attivi, che possono costruire tesi o fare studi sulla nostra disciplina. Sono usciti molti temi, ma non tutti. Non abbiamo parlato di alimentazione, di peso, di vestiario e aerodinamica. Ma è stato meglio così, perché ci siamo già ripromessi che ci sarà un seguito».
E’ stato un anno importante per tutto il settore paraciclistico, come sempre avviene in coincidenza dell’appuntamento olimpico. Il bottino è stato ingente, ma come sempre bisogna guardare al di là, perché le medaglie non dicono sempre tutto. Un occhio importante arriva da chi fa attività sul territorio, come il Team Equa che ha contribuito in maniera robusta al bottino azzurro nelle principali manifestazioni del settore.
«Il nostro bilancio è lungo da enunciare – mette le mani avanti il suo presidente ErcoleSpada – perché abbiamo raccolto qualcosa come 63 medaglie, mettendoci dentro tre Coppe del Mondo, un mondiale su pista con Colombo e Bissolati, una decina di titoli italiani, un oro e tre bronzi a Parigi con Cornegliani e il tandem Plebani-Bernard sugli scudi, 3 titoli e 8 medaglie in totale a Zurigo… Ma è bene fermarsi qui, perché, come detto giustamente, le medaglie non dicono tutto».
Uno scatenato Ercole Spada sugli spalti di Parigi, a incitare i suoi atletiUno scatenato Ercole Spada sugli spalti di Parigi, a incitare i suoi atleti
Come giudichi la stagione del settore nel suo complesso?
Non si può negare che i problemi ci sono e sono anche profondi. I ragazzi hanno avuto poca assistenza a livello nazionale e per questo abbiamo supplito noi come società: non solo il Team Equa ma tutte quelle che gravitano in quest’ambiente. Se si considera che non ci sono stati ritiri federali, si capisce come ci siamo trovati a competere con autentiche corazzate con la nostra passione e i nostri sacrifici. I problemi non li possiamo risolvere, ma almeno diamo tutto quel che possiamo per favorire i nostri atleti. Si poteva fare di più, questo è sicuro, ma perché ciò avvenga serve che la Federazione investa sul settore in maniera chiara.
La vetrina olimpica però è stata foriera di maggiore attenzione verso di voi, soprattutto da chi non è un addetto ai lavori o uno stretto appassionato?
Sì, lo abbiamo visto in quei giorni fatidici a Parigi. La RAI ci ha dato una grossa mano, come anche la possibilità di competere a Zurigo insieme ai grandi, a tutte le categorie dei normodotati. E’ stata un’occasione importante, che ha anche dimostrato come possiamo essere anche noi un richiamo. Perché le nostre sono gare appassionanti e i nostri atleti mettono davvero tutto quel che hanno nelle competizioni. Tanto è vero che io non faccio mai distinzioni tra normodotati e diversamente abili: è una categorizzazione ormai superata.
Un momento della festa conclusiva della stagione, nella quale sono stati festeggiati i campioni: qui Pini, Cornegliani e VitelaruUn momento della festa conclusiva della stagione, nella quale sono stati festeggiati i campioni: qui Pini, Cornegliani e Vitelaru
Come team sei soddisfatto di com’è andata la stagione?
Come potrei non esserlo? Certo, si potrebbe sempre fare meglio e qualche colpo di sfortuna c’è stato, ma sono strafelice di come sono andati i ragazzi. I nostri sacrifici sono stati ricompensati, ad esempio il fatto di averli portati ben due volte a Parigi per fare sopralluoghi e allenarsi sui percorsi olimpici, a febbraio e a giugno. A conti fatti è stato un contributo decisivo per i loro risultati finali.
Come riuscite ad avere un bilancio simile di fronte a una concorrenza estera che ormai e a livello delle squadre WorldTour, anche per i relativi oneri economici?
Se devo essere sincero, quando siamo in trasferta per i grandi eventi me lo chiedo spesso… Dicono che nessuno ha vinto tanto quanto noi nella storia, d’altronde 750 podi internazionali in 11 anni sono un bilancio niente male… Cerchiamo di fare il massimo a nostra disposizione, fondamentale è l’apporto degli sponsor che d’altro canto sono molto soddisfatti del riscontro che ottengono per le vittorie dei ragazzi. Il problema è che partiamo con vistosi scarti, anche regolamentari.
Fabio Colombo e Manuele Cadeo, la coppia vincitrice di due bronzi tricolori su stradaFabio Colombo e Manuele Cadeo, la coppia vincitrice di due bronzi tricolori su strada
Spiegati meglio…
Facciamo l’esempio dei tandem: i nostri ragazzi hanno a disposizione un calendario nazionale molto striminzito, le gare si contano sulle dita di una mano. All’estero consentono la partecipazione alle gare per Elite e U23 per le categorie C4 e C5, una cosa del genere per noi sarebbe una vera svolta, innescherebbe un meccanismo virtuoso. Noi avremmo bisogno di un calendario più ricco, maggiori occasioni di confronto. Ricordo ad esempio che qualche anno fa correva con noi un ucraino che per parte dell’anno andava in Belgio così poteva gareggiare tutto l’anno e, quando contava, la differenza si vedeva.
Non è però solo un problema di calendario…
No, infatti dobbiamo anche considerare che siamo sempre più opposti a ciclisti professionisti, sostenuti da club che hanno grandi possibilità economiche alle spalle e possono quindi dedicarsi solo a quello. I nostri sono dilettanti al confronto, gente che abbina l’attività al proprio lavoro e questo sta progressivamente allargando il gap.
Il momento più bello della stagione: Cornegliani chiude la sua crono e vince l’oro olimpicoIl momento più bello della stagione: Cornegliani chiude la sua crono e vince l’oro olimpico
Ora che le Olimpiadi sono alle spalle, bisognerebbe anche lavorare sul “rumore” che esse hanno destato per fare promozione…
Speriamo vivamente che dopo le elezioni federali ci si ricordi di noi, di questo aspetto che è fondamentale perché abbiamo bisogno di forze fresche, possiamo dare a tanti l’opportunità di vivere i propri disagi in maniera diversa, farne anzi una forza. Io spero che, chiunque venga eletto, ci mostri maggiore attenzione e investa su questo settore che può dare tanto.
DopoZurigo il cittì Addesi va in cerca di giovani per il paraciclismo. E getta l'occhio oltre la siepe del ciclismo di U23 ed elite: all'estero lo fanno già
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Il giorno dopo di Davide Plebani, Lorenzo Bernard e del loro tandem ha il ritmo del riposo. Ieri sera dopo la medaglia di bronzo nell’inseguimento le cose sono andate per le lunghe, tra formalità e antidoping. Tempo per riflettere poco: i festeggiamenti, la medaglia sotto il cuscino e tutti a nanna.
Plebani racconta, le domande servono solo per indirizzare il fiume delle parole. Il bergamasco ha sempre trasmesso la sensazione di avere di fronte una brava persona. E il suo stupore per i valori dello sport paralimpico lo conferma. L’ambiente lo aveva già colpito nei giorni dei mondiali di Rio, la dimensione olimpica ha fatto il resto. Dice che non gli era mai capitato di abbracciare un avversario prima del via di una finale, mentre ieri lo ha fatto. Lui che normalmente soppesa le parole, ha voglia di raccontare ed è un’occasione da cogliere al volo. Accanto c’è Lorenzo Bernard.
Il tempo di rendersi conto e poi sul tandem esplode la gioia. Medaglia di bronzo al primo tentativo (foto CIP)Il tempo di rendersi conto e poi sul tandem esplode la gioia. Medaglia di bronzo al primo tentativo (foto CIP)
Che effetto fa il giorno dopo avere quella medaglia tra le mani?
Abbiamo dormito insieme, l’ho tenuta sotto il cuscino e l’effetto è bellissimo. Io ho questo rito che quando prendo le medaglie, la notte ci dormo insieme. E’ un’emozione grandissima e siamo molto contenti, perché comunque il giusto e duro lavoro paga. Non sempre, pur lavorando, si viene ripagati, magari perché si sta lavorando male.
Voi avete fatto tutto bene?
Sono contentissimo di lavorare con Lorenzo e di essere cresciuti insieme, anche se in poco tempo. Ho spinto un po’ sull’acceleratore con lui per riuscire ad ottenere subito il massimo. Vedendo le sue qualità, sapevo che avremmo potuto far bene. Solo che dovevamo recuperare terreno sui nostri avversari, che ormai stanno insieme da dieci anni.
Ieri Perusini ha parlato proprio del poco tempo, da Glasgow in avanti…
E noi tra l’altro Glasgow non l’abbiamo fatto. Praticamente facciamo pista da veramente poco, da ottobre scorso. Però adesso non vorrei che arrivasse il messaggio che è banale prendere una medaglia Paralimpica, mi dispiacerebbe che passasse questo messaggio. Perché non lo è stato affatto!
Nella finale per il bronzo, gli azzurri hanno fatto il tempo di 4’04″613 (foto CIP)Nella finale per il bronzo, gli azzurri hanno fatto il tempo di 4’04″613 (foto CIP)
Che cosa ha fatto la differenza?
Il discorso è stato solamente che Lorenzo è portato. Tutti i nostri avversari ci temono veramente tanto e ci hanno fatto i complimenti. Soprattutto perché lui è l’unico B1, cioè totalmente cieco. Vuol dire che deve avere doppia grinta. Perché hai sicuramente dei deficit in più rispetto agli altri, che riescono a vedere il movimento di quello davanti. Che si allenano da soli con la loro bicicletta, su strada. E’ una situazione totalmente diversa.
Davvero in così poco tempo gli avversari vi hanno inserito fra quelli da guardare?
Capiscono che Lorenzo è veramente forte, mentre io ho fatto il professionista praticamente fino a ieri. Avevo smesso e quando mi hanno chiesto di continuare sembrava che fare la guida del tandem fosse una passeggiata. Invece ci siamo trovati davanti a un livello devastante. Basta vedere i tempi: 3’55” significa volare. Ieri abbiamo spinto il 67×14, sono numeri da inseguimento al top. Sicuramente il fattore che ha permesso di abbreviare i tempi è stata la mia esperienza. Abbiamo anche preso delle batoste, però il duro lavoro ha pagato. E vi assicuro che Lorenzo non è ancora al massimo.
Di te si diceva che girassi sui tempi di Ganna, per cui Lorenzo è forte, ma tu non sei da meno…
Sono arrivato davvero a giocarmi due Olimpiadi (parlando di questo, la sua voce cambia impercettibilmente e vira su un tono più freddo, ndr), ma non ci sono mai riuscito. E quando mi si è aperta la porta di Lorenzo, che comunque aveva questo motore eccezionale, mi sono detto che dovevamo crederci fino in fondo. La cosa è che, come i nostri tecnici giustamente continuavano a ripetere, essendo la prima Paralimpiade, poteva anche non venire il risultato. Io però non l’ho mai vista così. E’ la mia prima Paralimpiade, ma voglio portare a casa qualcosa. Sapevo che era possibile.
Fra europei e mondiali, Plebani ha conquistato cinque podi. Qui l’argento nell’inseguimento agli europei di Monaco 2022Fra europei e mondiali, Plebani ha conquistato cinque podi. Qui l’argento nell’inseguimento agli europei di Monaco 2022
Siete sempre stati in vantaggio, c’è mai stato un momento difficile?
Sì, ai meno 6. In partenza l’abbiamo gestita bene. Sentivo che siamo stati sempre in vantaggio, perché eravamo entrambi costanti. Solo che noi avevamo un ritmo maggiore, quindi guadagnavamo. Non abbiamo mai avuto un cedimento. In qualifica il tempo era stato migliore, però nell’ultimo chilometro avevamo sofferto di più. Qui invece siamo riusciti a essere sempre costanti, anche se un pelo più lenti. Però a un certo punto il fisico ti dice no. Ti dice: aspetta, guarda che adesso sta finendo la batteria! Quindi le gambe diventano durissime e non si va più avanti. Ecco, il fulcro secondo me è arrivato a quel punto, perché ho capito di dover andare a tutta e allora avremmo fatto la storia. Quindi ho chiuso gli occhi e ho dato tutto. Per modo di dire (ride, ndr), altrimenti chi lo guidava il tandem?
A proposito di tandem, ne avete usato uno in carbonio?
Sì, siamo stati fortunati perché la squadra di Lorenzo, il Team Equa, ha permesso l’acquisto di questo tandem. Altrimenti non saremmo riusciti ad averlo. Quando ho parlato con Ercole Spada, il suo presidente, è stato subito gentile. Ha detto che credeva in noi e grazie a lui abbiamo potuto fare una grande differenza nei materiali e per i ritiri, per i quali ci ha appoggiato. Quindi un grazie va a lui e sicuramente anche da parte mia alle Fiamme Oro, perché senza il loro permesso e il loro supporto, non sarei potuto venire qui a giocarmi la medaglia.
E’ presto per pensare a Los Angeles 2028?
Decisamente. Ero molto concentrato e mi sono detto di fare un passo alla volta. Quando hai un obiettivo, cerchi di focalizzare le tue energie. Non abbiamo neanche fatto un giro nel Villaggio. Ho tolto anche Instagram per un mese, ho cercato di isolarmi e concentrarmi con Lorenzo. Sono stato veramente bene. Non ho pensato al futuro, ma una cosa la so. Avrei dovuto fare i mondiali, ma non andrò, perché in quei giorni devo sposarmi.
A proposito di matrimonio, raramente si è vista Elisa Balsamo tanto commossa per un risultato…
Lo ha detto anche lei: «E’ stata un’emozione più forte di quando vinco io». E io le ho risposto: «Adesso almeno capisci cosa provo quando vinci tu!».
Lorenzo Bernard, classe 1997, ha debuttato come canottiere (foto Instagram)Lorenzo Bernard, classe 1997, ha debuttato come canottiere (foto Instagram)
Come due fratelli
Qui potrebbe scattare la gelosia, diciamo ridendo. Cosa dirà Lorenzo Bernard, sapendo che il suo compagno di Paralimpiadi preferirà andare a sposarsi piuttosto che fare con lui il prossimo mondiale? La risata scatta per entrambi. Il posto di Davide sarà preso da Manuele Caddeo, ligure, a sua volta un ex stradista.
«No, no – sorride – non sono geloso. Lui per me è come un fratello e assieme a lui ho realizzato il sogno di una vita. Come ho sempre detto a tutti, vincere una medaglia era una mia ossessione. Mi stava turbando e mi sono levato un grosso peso di dosso. Sapevo che Davide sarebbe stato la persona migliore per me. Abbiamo visto da subito che se ci impegnavamo e avevamo un buon feeling, si poteva fare questa roba. Quindi io ci ho creduto dal primo giorno e ho messo tutto me stesso. Come ha fatto anche lui».
Plebani ammette di aver trovato un livello stellare nei tandem. Ieri hanno corso con il 67×14 (foto CIP)Plebani ammette di aver trovato un livello stellare nei tandem. Ieri hanno corso con il 67×14 (foto CIP)
E’ stato davvero così semplice passare dal canottaggio alla bicicletta?
Devi avere gambe veramente forti e poi più o meno lo sforzo è quello. Io facevo i 2.000 metri: erano 6 minuti di sforzo intenso. Quindi ho dovuto solamente trasformare il mio corpo in un corpo da ciclista, quindi levare un po’ di massa sopra e mettere tutta la concentrazione nelle gambe. E’ stata una progressione, pian piano sono migliorato e siamo arrivati alla medaglia. Mi hanno mandato messaggi un sacco di persone, mentre la mia famiglia era qui.
Davide ha parlato di strette di mano prima del via, ma come sono state le fasi prima della partenza?
Secondo me le ho gestite molto meglio rispetto ai mondiali. Certo, è un’altra situazione. Ha funzionato il fatto di restare tranquillo e con la mente abbastanza rilassata, non pensarci troppo e dare tutto. Però comunque c’era tensione, l’adrenalina non mancava.
Al sesto chilometro si è capito che la gara fosse alla svolta. Siete riusciti in qualche modo a comunicare?
Durante la gara no. Noi abbiamo la nostra tecnica, che consiste nell’andare a tutta finché ne hai. Quindi io metto giù, so che sono 16 giri e mi metto a contarli. Almeno ci provo. In qualifica e ieri in finale fra il dodicesimo e il tredicesimo giro ho perso il conto. Ma sapevo che ne mancavano pochi e sono andato avanti a pedalare finché non ha smesso anche Davide.
Secondo Bernard il tipo di sforzo fra i 2.000 metri al remo è simile a quello dell’inseguimento (foto CIP)Secondo Bernard il tipo di sforzo fra i 2.000 metri al remo è simile a quello dell’inseguimento (foto CIP)
Qual è stato il primo pensiero, quando hai capito che era fatta?
Ci sono stati due o tre giri di assestamento, per prendere entrambi fiato. Poi quando Davide me l’ha detto, è esplosa una gioia infinita. Non sono mai stato così felice, credo, in tutta la mia vita. Secondo me, nulla succede per caso. Credo che ci sia un motivo per tutto e quindi sono contento. Cerco di raccontare a tutti quello che mi è successo, affinché non succeda ad altri (Lorenzo ha perso la vista per l’esplosione di una granata della Seconda Guerra Mondiale mentre era a lavorare nei campi, ndr). Quindi in qualche modo l’ho presa bene e non ho rimpianti.
Si guarda al futuro o, come dice Davide, si vive il presente?
Fino ad ora, ero concentrato su questa gara, si vedrà poi come andrà avanti nei prossimi anni. Adesso lascio finire queste Olimpiadi, che abbiamo ancora tre gare da fare, poi ci penseremo. Intanto però mi godo questa medaglia, sapeste da quanto tempo la inseguivo…
Partenza anticipata per Bertizzolo che debutta al Tour Down Under. Si è allenata in pista contro il freddo. Sogna le classiche e un posto alle Olimpiadi
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Il marchio Nalini è conosciuto e apprezzato in tutto il mondo grazie alla sua lunga storia, ma soprattutto per la qualità di ogni singolo capo che ogni giorno viene prodotto a Castel d’Ario, località in provincia di Mantova, dove ha sede l’azienda. Una qualità confermata anche dalla rinnovata partnership con la DSM – Firmenich, formazione del circuito World Tour impegnata in questi giorni sulle strade del Giro d’Italia.
Nalini è partner ufficiale della Squadra Paralimpica Team EquaNalini è partner ufficiale della Squadra Paralimpica Team Equa
Ecco il Ciclismo Paralimpico
Allo sviluppo e alla produzione di nuovi capi di abbigliamento si accompagna ogni giorno un’attività finalizzata alla messa in campo di progetti e collaborazioni che non si limitano al solo ambito prettamente sportivo. Da qui nasce la partnership con il Team Equa, società della provincia di Pavia.
Stiamo parlando di un team che può essere tranquillamente considerato il vero riferimento del settore del Ciclismo Paralimpico grazie agli straordinari risultati fin qui ottenuti. Negli 11 anni di attività gli atleti del Team Equa hanno conquistato 8 medaglie ai Giochi Paralimpici, 19 titoli di campione del mondo, 7 titoli di campione europeo e 20 vittorie nelle prove di Coppa del mondo.
Ci sono anche tante altre realtà che supportano gli atleti del team EquaCi sono anche tante altre realtà che supportano gli atleti del team Equa
L’importanza dell’inclusività
La scelta da parte di Nalini di essere partner di un team di prestigio impegnato nel mondo del Ciclismo Paralimpico è perfettamente spiegata da Giuseppe Bovo, direttore generale dell’azienda mantovana.
«Accanto alle sponsorizzazioni dei Pro Team – ha commentato Bovo – riteniamo altrettanto importante sostenere eventi, squadre e iniziative di ciclismo dove vincono l’inclusività e il più autentico spirito sportivo. Vogliamo portare più persone possibili a scoprire e a vivere con pienezza e soddisfazione il ciclismo e lo facciamo affiancandoci a chi interpreta e condivide con noi questo obiettivo. Dal primo di gennaio Nalini veste il team Equa in qualità di sponsor tecnico. Per noi è un privilegio poter collaborare con Ana Maria Vitelaru (atleta della nazionale di Ciclismo Paralimpico, Handbike cat. WH5 ndr) e con tutti gli atleti del Team, portando avanti insieme a loro un forte messaggio di incoraggiamento a vivere lo sport come leva per superare i propri limiti».
Da sinistra Claudio Mantovani, titolare di MOA Sport, proprietaria del brand Nalini, Ana Maria Vitelaru e Ercole SpadaDa sinistra Claudio Mantovani, titolare di MOA Sport, proprietaria del brand Nalini, Ana Maria Vitelaru e Ercole Spada
Già in gara
La prima “prova sul campo” delle divise Nalini è avvenuta lo scorso aprile in occasione della gara Internazionale di Marina di Massa, dove gli atleti del Team Equa hanno indossato i nuovi capi di abbigliamento, realizzati su misura, partendo dalle specifiche esigenze di ciascun atleta.
Questa partnership rappresenta per Nalini anche un particolare banco di prova per lo studio e la progettazione di materiali sempre più performanti da utilizzare nello sviluppo di capi di abbigliamento da competizione.
Non solo Comano Terme e Mordano, i campionati italiani si sono corsi anche a Codogno. Nella provincia di Lodi sono andate in scena le gare per assegnare i titoli italiani assoluti di paraciclismo. Nella categoria MB, dedicata ai non vedenti, la prova in linea è stata vinta dal tandem composto da Lorenzo Bernard e Davide Plebani (in apertura insieme sul podio, foto Paolo Codeluppi e Roberto Bof). Una coppia giovane e nata da pochissimo ma che si è già dimostrata vincente.
Plebani e Bernard si sono ritrovati a correre il campionato italiano dopo pochi allenamenti (foto Paolo Codeluppi e Roberto Bof)Plebani e Bernard si sono ritrovati a correre il campionato italiano dopo pochi allenamenti (foto Paolo Codeluppi e Roberto Bof)
Dal canottaggio alla bici
Lorenzo Bernard arriva però da un mondo completamente differente, dal canottaggio. In questa specialità ha preso parte alle Paralimpiadi di Tokyo 2020, ora si è spostato in sella ad una bici. Lorenzo ha trovato in Davide Plebani una guida d’eccellenza e la giovane coppia è già arrivata al successo. Ma l’obiettivo vero è spostato di qualche mese.
«Ho sempre avuto la passione verso il ciclismo – racconta Bernard – e dopo Tokyo mi sono messo alla prova. Ho iniziato a girare in tandem con degli amici e pedalavo per il semplice gusto di farlo. In primavera ho conosciuto il cittì della nazionale Addesi e grazie a lui sono venuto a contatto con Davide (Plebani, ndr). Lui era già con un ragazzo ma a giugno è venuta fuori l’occasione di fare insieme il campionato italiano. Era un banco di prova per capire cosa avremmo potuto fare, direi che non è andata male (dice con una risata, ndr)».
I due ragazzi del Team Equa corrono con le maglie della Green Project partner della squadra (foto Paolo Codeluppi e Roberto Bof)I due ragazzi del Team Equa corrono con le maglie della Green Project partner della squadra (foto Paolo Codeluppi e Roberto Bof)
Due caratteri affini
Per creare una coppia che sia in grado di vincere e affiatata non bastano poche settimane. Bernard e Plebani hanno dimostrato delle grandi qualità, ma la strada per essere competitivi al massimo è ancora lunga.
«Più si pedala insieme – ammette Bernard – più si crea affiatamento, dobbiamo creare un’unione. Bisogna essere in totale sintonia ed avere anche fisici e caratteristiche simili. Davide ed io siamo della stessa età, stesso peso ed altezza, caratteristiche fisiche che hanno aiutato il nostro affiatamento. Davide mi ha aperto subito le porte di casa sua e sono stato spesso a Sarnico, dove abita, ad allenarmi. Il feeling in bici si crea man mano, serve totale fiducia e devi capire cosa vuole fare la guida. Io percepisco tramite i pedali quello che lui vuole fare: girare, accelerare o frenare».
«Quello che ha fatto Plebani – aggiunge Ercole Spada, presidente del Team Equa – non è da tutti. Sia Davide che Lorenzo sono due persone d’oro, anche il fatto di aprire le proprie porte di casa ad un estraneo è bellissimo. Davide ci crede e ha detto che ha ritrovato la voglia di correre in bici».
Plebani ha detto di aver trovato un livello molto alto nella competizione (foto Paolo Codeluppi e Roberto Bof)Plebani ha detto di aver trovato un livello molto alto nella competizione (foto Paolo Codeluppi e Roberto Bof)
L’esperienza di Plebani
Davide Plebani aveva smesso di correre in bici, almeno a livello individuale elite, ma un incontro con Spada gli ha permesso di vivere questa nuova esperienza.
«Ero ad una gara di ciclocross – racconta – ho conosciuto Spada e mi ha chiesto se fossi disponibile per fare da guida a un ragazzo. Io sono un atleta della Polizia e loro mi hanno indirizzato su un atleta di interesse nazionale. Inizialmente correvo con un altro ragazzo, ma pochi mesi dopo mi hanno messo in coppia con Lorenzo. Sono rimasto stupito del livello che ho trovato in queste competizioni, sono tornato ad allenarmi seriamente. In Lorenzo credo molto, l’ho ospitato a casa mia per quattro settimane, tre giorni a settimana, per allenarci. Convivo con la mia ragazza, Elisa (Balsamo, ndr) elei ci ha dato una mano in tutto. Il carattere di Lorenzo ha reso tutto più semplice, fino a quando hai una persona come lui diventa tutto più semplice».
Bernard arriva dal canottaggio, ha provato a correre in bici dopo aver terminato le Paralimpiadi di Tokyo (foto Paolo Codeluppi e Roberto Bof)Bernard arriva dal canottaggio, ha provato a correre in bici dopo aver terminato le Paralimpiadi di Tokyo (foto Paolo Codeluppi e Roberto Bof)
L’affiatamento
Sia Bernard che Plebani hanno parlato di feeling e sensazioni, ma come si crea una coppia competitiva e affiatata? Quali sono i passi da fare? Ma soprattutto, come ci si comporta in bici?
«Sul tandem – spiega Plebani – la guida ottima è quella che pensa anche per chi ha dietro. Se una delle due parti “salta”, il tandem non va più avanti. Sono io che gestisco la bici: cambio il rapporto, guido e do le indicazioni a Lorenzo. Prima pensavo solo a me stesso, ora invece devo farlo anche per lui. Per fortuna ho una buona sensibilità e questo mi permette di capire quello che sente Lorenzo. Devo… sentirlo, in tutti i sensi, e correggerlo. Quando sei davanti, senti tutto – peso e ciondolamento – insieme abbiamo affinato la tecnica di pedalata.
«Non è stato facile – prosegue Plebani – nel ciclismo le categorie dedicate ai non vedenti sono tutte insieme, quindi c’è grande differenza tra avere alle spalle un ipovedente o un non vedente come Lorenzo. Al campionato italiano mi è capitato spesso di guidarlo anche con la voce. Dovete sapere che i non vedenti si regolano con l’udito, capiscono che un avversario sta attaccando dal rumore della cambiata. Lorenzo, però, nel suo incidente ha perso anche l’udito, ad un certo punto in gara ci hanno attaccato ed io ho aumentato il ritmo. Stavo facendo una fatica enorme, ad un certo punto guardando i nostri dati al ciclocomputer mi sono reso conto che Lorenzo non spingeva a tutta. Inutile dire che ho dovuto urlagli “mena!” (conclude con una risata, ndr)».
I due andranno in ritiro con la nazionale a Livigno alla ricerca del miglior feeling (foto Paolo Codeluppi e Roberto Bof)I due andranno in ritiro con la nazionale a Livigno alla ricerca del miglior feeling (foto Paolo Codeluppi e Roberto Bof)
Obiettivo Glasgow
«Ora andremo a Livigno con la nazionale a fare un ritiro – dice alla fine Bernard – e non vedo l’ora di affinare la tecnica con Davide. Siamo l’unica coppia nuova, gli altri lavorano insieme da inizio anno, però andiamo forte. L’obiettivo è quello di partecipare ai mondiale ed all’europeo».
«Non abbiamo ancora festeggiato la vittoria del campionato italiano – conclude Plebani – aspettiamo i mondiali e gli europei. Magari uniamo più festeggiamenti in uno e ci facciamo una bella vacanza insieme!»
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