Het Nieuwsblad a Wærenskjold, il cronoman che va veloce

01.03.2025
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Fra tutti i nomi che ci si poteva aspettare sul traguardo di Ninove della Omloop Het Nieuwsblad, quello di Søren Wærenskjold e dei suoi caratteri speciali era probabilmente l’ultimo. Invece in una corsa che ha avuto sin dall’inizio un andamento a strappi, dalla volata di gruppo compatto è emerso il norvegese della Uno-X Mobility, che nel 2022 aveva conquistato il titolo iridato U23 della cronometro a Wollongong. Un metro e 95 per 92 chili, la versione più pesante di Jonathan Milan ha battuto Magnier e Philipsen, in un arrivo di tutto rispetto.

Fra gli italiani, l’ottavo posto di Albanese e il dodicesimo di Trentin hanno fatto sventolare uno spicchio di tricolore nel dominio degli uomini del Nord, con Van Aert che ha rischiato per non mettere fuori il naso e alla fine si è ritrovato imprigionato fra le onde del gruppo.

«Non ero posizionato bene – ha detto il belga della Visma – e quindi sono rimasti indietro. Il posizionamento è importante, ma spesso dipende anche dalle gambe e io oggi non mi sentivo bene. Non ho mai avuto il feeling che speravo. Abbiamo lavorato duro, ma siamo rimasti indietro. Come squadra non abbiamo fatto una bella gara e non ho mai veramente avuto la sesazione di avere la vittoria a portata di mano. Per fortuna domani potremo rifarci a Kuurne».

Van Aert non ha vissuto la sua giornata migliore e alla fine lo ha ammesso, ma la squadra ha lavorato sodo
Van Aert non ha vissuto la sua giornata migliore e alla fine lo ha ammesso, ma la squadra ha lavorato sodo

Albanese e la volata per caso

Albanese nei primi dieci è una nota che rallegra noi italiani e che per lui è fonte di sorpresa, perché obiettivamente pensava che qualcun altro approfittasse del suo lavoro.

«Diciamo che la volata non era nei piani – dice – dovevo essere di supporto per Asgreen e Van den Berg. Così è stato almeno finché ho dovuto tirare per riprendere Kung, poi è stata una volata un po’ strana. Ero lì davanti, l’arrivo si avvicinava e non passava nessuno. Ho alzato la testa, mancavano 200 metri e io non dovevo fare assolutamente la volata. Per cui ho continuato a pedalare, senza la convinzione di fare il risultato e alla fine ho fatto ottavo. E’ stata una gara strana, però le sensazioni sono buone e adesso dobbiamo solo continuare».

Si torna a correre sulle stradine del Nord: è l’opening weekend, giorni consacrati al ciclismo
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Trentin, strane sensazioni

Anche in casa Tudor, la soddisfazione per Trentin è un bene di lusso: qualcosa da analizzare e riporre nello scrigno in attesa di tempi migliori. Il trentino è arrivato alla gara di apertura del Nord dal Teide, debuttando su questi muri così infidi per chi va in cerca del ritmo gara.

«Onestamente non sono soddisfatto – racconta – alla fine eravamo in due (con lui c’era Pluimers, ndr) e abbiamo toppato completamente la volata. Ho avuto sensazioni contrastanti. E’ la prima volta che inizio la stagione in questa corsa, per cui il ritmo era quello che era. Però se sono restato davanti quando si è fatta la selezione dei 12 di testa, allora vuol dire che la condizione da qualche parte c’è».

Prima corsa dell’anno per Trentin: la gamba c’era, il ritmo gara forse meno
Prima corsa dell’anno per Trentin: la gamba c’era, il ritmo gara forse meno

La Visma sugli scudi

Trentin conferma che la corsa ha avuto un andamento più strano del solito, per lui che queste corse le mastica e le rimastica da quando è passato professionista nella Quick Step del 2012.

«Siano andati parecchio piano – commenta – rispetto agli standard della Omloop Het Nieuwsblad. Ho visto bene Philipsen e tutta la sua squadra, ma poi se guardate nel gruppo dei primi 12, i nomi sono sempre gli stessi. Ci siamo anche noi della Tudor Pro Cycling, nella selezione c’eravamo, anche se alla fine il Muur ha fatto meno differenze. Il percorso rivisto è meno selettivo e tanti hanno recuperato e speso poco restando a ruota. Non si può dire che non abbia fatto selezione siamo andati via in 12, ma nessuno voleva portare Van Aert in volata, quindi è stato gioco forza che siano rientrati da dietro».

Kung si è arreso al vento contrario e al ritorno del gruppo, ma la sua è stata un’azione splendida
Kung si è arreso al vento contrario e al ritorno del gruppo, ma la sua è stata un’azione splendida

L’assalto di Kung

L’unico che ha provato a far saltare il banco anticipando Van Aert e i velocisti è stato Stefan  Kung, che da un paio di anni a questa parte sta affinando il feeling con le stradine di quassù. Lo hanno ripreso che quasi si vedeva lo striscione di arrivo e prima che il gruppo, ha provato ad agganciarlo proprio Trentin.

«Ci ho provato – sorride Trentin – con un attacco suicida da scemo. Mi sono girato due volte. E quando ho visto che il gruppo rientrava, ho capito che non valesse la pena insistere. Kung è uno forte, non rientri gratis, avrei speso comunque molto. E così anche io dico che proverò a rifarmi domani a Kuurne e poi si farà rotta sulla Parigi-Nizza. Niente Strade Bianche, anche se mi piacerebbe molto. Solo che da corsa aperta a tutti, è diventata corsa aperta a Pogacar e basta. E’ sempre più dura, per sperare di fare bene devi essere ben più competitivo di come sono io adesso».

Sul podio con Wærenskjold salgono Magnier e Philipsen
Sul podio con Wærenskjold salgono Magnier e Philipsen

La parola al vincitore

E Wærenskjold cosa dice? Si scopre che l’hanno messo in squadra solo all’ultimo momento e qualcuno in casa Uno-X Mobility stasera ringrazierà la felice intuizione.

«Sì, in realtà avrei dovuto correre solo domenica – ammette nella conferenza stampa – ma con il vento contrario oggi c’era una reale possibilità che si arrivasse allo sprint. E’ un po’ surreale aver vinto, non trovo le parole per dirlo. E’ una bella sensazione essere il primo a tagliare il traguardo. Questa è la più grande vittoria della mia carriera finora. Per me è un passo enorme, non pensavo fosse possibile, ma è fantastico. Ho cercato di risparmiare energia lungo il percorso, ma sono rimasto chiuso alle spalle della caduta sul Molenberg. Ho provato a chiudere, ma le gambe non erano abbastanza buone. Non ho dato il massimo in salita, ma alla fine mi sono ritrovato con le gambe per vincere».

Knudsen, parlaci dei tuoi eredi norvegesi a cronometro…

02.10.2022
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L’uno-due del ciclismo norvegese a Wollongong ha fatto rumore, Tobias Foss e Soren Waerenskjold hanno portato a casa l’oro mondiale nelle due principali categorie maschili a cronometro, rinnovando quella scuola nordica che ha sempre avuto un grande peso nella specialità. Ori nati non a caso, che hanno radici lontane, riconducibili a un atleta, Knut Knudsen.

Knudsen è stato l’uomo che ha aperto un’epoca, un po’ come Borg per il tennis svedese o Nadal per quello spagnolo, ossia campioni dietro i cui successi si è costruita una scuola. Knudsen vinse l’oro olimpico a Monaco ’72 nell’inseguimento, conquistò ben 6 tappe a cronometro al Giro d’Italia sfiorando anche la conquista della maglia rosa alla fine degli anni Settanta, conquistando in tutto 31 successi.

Knut Knudsen è nato a Levanger il 12 ottobre 1950. Ha vinto 6 tappe al Giro d’Italia
Knut Knudsen è nato a Levanger il 12 ottobre 1950. Ha vinto 6 tappe al Giro d’Italia

Oggi Knudsen è in pensione e divide il suo anno fra la Norvegia e l’Italia, alla quale è sempre rimasto legato dopo averci vissuto tutta la sua carriera professionistica, portando tanti suoi connazionali a conoscere il Bel Paese in bicicletta e organizzando per anni anche un’apprezzata granfondo nel Lazio.

Come nasce questa propensione dei norvegesi per le prove contro il tempo?

Credo che sia dovuta molto alla conformazione fisica dei norvegesi e del nostro Paese. Il nostro territorio è molto più grande di quello italiano, ma la popolazione è di soli 5 milioni di persone. Questo significa che ci sono grandi distanze e ciò porta molti ragazzi ad allenarsi da soli, ad abituarsi a confrontarsi con se stessi. Questo vale nello sci di fondo che resta il nostro sport principale, ma anche nel ciclismo. Un’altra particolarità è che ci si allena sempre: quando arrivai in Italia rimasi sorpreso dal vedere che molti, con la pioggia rimanevano a casa. Noi ci alleniamo con qualsiasi condizione atmosferica: se dovessimo uscire solo con il sole, staremmo sempre in casa…

In Norvegia la passione per il ciclismo sta dilagando anche a livello amatoriale
In Norvegia la passione per il ciclismo sta dilagando anche a livello amatoriale
Parlavi però anche di una propensione fisica…

Fisica e culturale. I bambini sin dalla più tenera età sono abituati a fare sport, questo aiuta nello sviluppo fisico negli anni più delicati. Molti norvegesi hanno il fisico alto e slanciato e acquisiscono per le ragioni dette prima una certa abitudine a confrontarsi con il tempo, il che poi diventa anche la base per l’attività ciclistica a 360 gradi. Faccio un esempio: ai miei tempi arrivavamo a iniziare la stagione con i ritiri senza avere chilometri nelle gambe, ci eravamo allenati un po’ sui rulli e basta, ma quando iniziavano le gare in Belgio e Olanda eravamo già pronti per tenere testa ai locali.

Quanto è cambiato il ciclismo norvegese rispetto alla tua epoca?

Enormemente, ai miei tempi eravamo davvero pochissimi, nelle gare elite c’era al massimo una quarantina di corridori, non c’erano squadre, non c’era una grande struttura. Oggi il ciclismo in Norvegia è molto diffuso, non come lo sci di fondo ma è sicuramente uno degli sport più praticati e seguiti, la bici è diventata un mezzo comune di spostamento e non solo. Inoltre si stanno sviluppando grandi squadre: la Uno-X è un riferimento assoluto, ma intorno ad essa ne stanno sorgendo anche altre e questo è un grande aiuto. I numeri di oggi non sono neanche lontanamente paragonabili a quelli dei miei tempi.

Nono al Giro 2021, Foss con l’oro iridato punta ora a un ruolo di primo piano nei grandi Giri
Nono al Giro 2021, Foss con l’oro iridato punta ora a un ruolo di primo piano nei grandi Giri
Che impressione hai avuto dell’impresa di Foss?

Lo conosco da tempo, lo seguo da qualche anno. E’ un corridore che già ha colto qualche buon successo e ha fatto vedere cose buone, ma secondo me deve ancora esprimersi appieno. Se guardate questo inizio di carriera, migliora ogni anno che passa. Non è solo un cronoman, in salita va bene, magari in quelle lunghe cede a 2-3 chilometri dalla cima ma non molla mai del tutto e questo significa che c’è del talento, anche come carattere.

Molti lo paragonano a te, anche per la sua propensione per le corse a tappe considerando che vanta la vittoria al Tour de l’Avenir…

Io ero più pesante, infatti nei tapponi di montagna tenevo per la prima salita, magari la seconda, ma poi avevo troppo peso da portar su. Tobias è meglio strutturato, io credo che ci regalerà grandi soddisfazioni anche nei grandi Giri.

Waerenskjold era stato già argento europeo nel 2021 a cronometro e nel 2017 in linea
Waerenskjold era stato già argento europeo nel 2021 a cronometro e nel 2017 in linea
E di Waerenskjold che cosa puoi dire?

Quello è un talento assoluto: va forte contro il tempo, ma anche in salita e in discesa, io dico che può fare davvero tutto. E’ un fuoriclasse e soprattutto un bel personaggio. Mentalmente è concentrato, ma sa stare al mondo, ha una simpatia innata, si pone sempre bene.

E’ chiaro che per il ciclismo norvegese resti un riferimento, ma sei appagato della carriera che hai avuto?

Assolutamente sì. Venivo da un piccolo Paese e sapevo che per diventare professionista dovevo mettermi in luce. Allora era forse più facile passare di categoria se avevi ottenuto risultati, ma quella era l’unica strada. Inoltre nessuno l’aveva mai fatto prima nel ciclismo in Norvegia. Un giorno venne Marino Fontana e mi convinse a trasferirmi in Italia, alla Jollyceramica, da lì è iniziato tutto e quei 3-4 mesi a Vicenza hanno influito su tutta la mia vita. L’Italia non l’ho lasciata più, ogni anno arrivo a marzo e vado via a settembre…

Dominio vikingo anche nella crono U23. I nostri si fanno le ossa

19.09.2022
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Un altro norvegese nella crono, questa volta negli under 23 e con un nome vikingo ben più impegnativo di quello di Foss: Soren Wærenskjold. Solo che somiglia così tanto al vincitore di ieri, che la prima domanda che è venuta da fargli è se Foss gli abbia dato qualche dritta. E lui, sorridente dentro la sua maglia iridata, ha spiattellato subito tutto.

«Stamattina – ha spiegato – Foss prima mi ha detto di credere in me stesso, poi mi ha detto di salvare la gamba sullo strappo ripido del primo giro, perché me la sarei ritrovata nel secondo. E poi mi ha indicato un paio di curve in cui fare la differenza. Io ho fatto come mi ha detto. Sul primo strappo sono andato più piano ed effettivamente quelle due curve le ho pennellate. Aveva ragione lui, ho fatto il secondo giro meglio del primo e questo credo mi abbia aiutato a vincere».

Alec Segaert, il belga grande favorito e nostra vecchia conoscenza, annuisce e sportivamente conferma di aver fatto un primo giro da record e il secondo stringendo i denti. E di aver perso così la maglia iridata, distante appena 17 secondi.

Preparazione al top

Il suo futuro, come pure il suo presente, è nella Uno X e dice di starci bene. Che la squadra sta crescendo assieme ai suoi corridori e che in futuro punterà a corse che contengano delle crono, per provare a fare classifica. Anche se resta l’anomalia di due norvegesi iridati contro il tempo.

«Lo so che fa notizia vederci vincere le cronometro – spiega Wærenskjold – soprattutto guardando alla situazione di 2-3 anni fa, quando non c’eravamo negli ordini di arrivo. Non ho una risposta sul perché questo accada. Per quanto mi riguarda, posso dire che ho fatto una preparazione specifica di alto livello. Sono andato in galleria del vento. Ho provato il nuovo casco. Ho provato il nuovo body. E da un anno ho la bici da crono a casa e la uso spesso. E poi lo staff ha fatto la differenza, per me come per Foss. Hanno mappato il percorso metro per metro, non c’era traiettoria su cui non abbiano studiato. Sapevo tutto di ogni curva e alla fine questo ha pagato».

Sui suoi inizi dice che è stato tutto per caso e per seguire sua sorella. Ed è bastata quell’unica volta che uscì con lei, per innamorarsi della bici e mettersi a strillare fino a che non gliene comprarono una. E da allora, non c’è stata attività sportiva che abbia preferito al ciclismo. Amore a prima vista, punto e a capo.

Piganzoli e il vento

Alle sue spalle è arrivato Alec Segaert e poi Leo Hayter, quello del Giro d’Italia U23, il cui fratello ieri ha maledetto i comandi della sua bicicletta che gli hanno fatto cadere la catena costringendolo al cambio bici e al quarto posto, con 39” da Evenepoel che si potevano anche limare.

I nostri invece hanno continuato a fare esperienza, con Piganzoli partito per primo e arrivato 16° a 1’45” dal vikingo e Milesi, partito un’ora dopo e arrivato 10° a 1’05”. Per entrambi si è trattato di un investimento che darà i suoi frutti nelle prossime stagioni, quando entrambi saranno professionisti e sapranno maneggiare meglio queste bici.

«E’ stata una crono difficile – dice Piganzoli – diciamo che c’era molto vento. Ho provato a spingere il più possibile. A prescindere dal risultato, ho fatto un po’ fatica, diciamo per il percorso e un po’ per la mia statura. Sicuramente mi definisco abbastanza uno scalatore, anche se sicuramente ho molto da migliorare. Però anche a crono mi difendo. Ho vinto l’italiano e ho avuto questa convocazione, quindi sono contento.

«Tornando al percorso, la salita era tutta nella prima parte e anche il vento. Era necessario gestirsi bene, però alla fine si può dire che sia stata una prova molto tecnica, con tanti rilanci. Al via ero emozionato. Lassù si ripensa a tutti i sacrifici fatti per arrivare qua, quindi è stata una bella sensazione». 

Milesi soddisfatto a metà

Milesi che forse ci puntava un po’ di più, dopo l’arrivo aveva la faccia un po’ lunga, anche se alla fine l’orgoglio di esserci è bastato per fargli fiammeggiare gli occhi chiari.

«Contento no – dice – però la prestazione mi è sembrata abbastanza buona, quindi la prendiamo per come è venuta e poi la analizzeremo. Come sono andato? Ho sbagliato un paio di curve, una perché ieri per i pro’ c’era in mezzo una transenna e invece oggi si poteva fare tutta la strada, però nel complesso direi abbastanza bene. E’ il seguito di un cammino, sicuramente un’esperienza molto importante che aiuta a crescere. E vedremo più avanti cosa porterà.

«Nervoso in partenza? Zero (sorride, ndr). Affronto gara per gara, così anche mentalmente è più facile. Comunque il mondiale aggiunge tanto. E’ la gara più importante dell’anno e quindi sono contento di essere qua, di essere stato convocato e che mi abbiano dato fiducia. E adesso speriamo di rifarci su strada».