Rudy Project per Colbrelli: un Nytron da record

25.09.2021
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Rudy Project ha voluto omaggiare Sonny Colbrelli con una livrea speciale sul casco Nytron. Il disegno celebra i due titoli vinti quest’anno dal campione bresciano. Sulla parte frontale è presente la bandiera europea replica della maglia, che rappresenta la vittoria recente avvenuta al campionato europeo di Trento. Segue la bandiera italiana a ricordare la maglia tricolore conquistata a Imola nel campionato dominato dal lombardo sulle strade protagoniste del mondiale 2020

Il Nytron già usato da Colbrelli porta su di sé i colori d’Europa e il tricolore italiano
Il Nytron già usato da Colbrelli porta su di sé i colori d’Europa e il tricolore italiano

Bandiere e simboli

Il casco è già stato indossato da Colbrelli nelle gare di avvicinamento al campionato mondiale di Leuven che correrà domani. Simboli che hanno appagato il ciclista del Team Bahrain-Victorious che commenta così: «Sono super contento di questo casco, mi piace davvero che ci sia tanto bianco e come hanno posizionato la bandiera italiana e quella dell’europeo. Me lo sono sentito subito mio e ne conoscevo già la comodità perché già in tutte le corse usavo questo modello in particolare».

Una dedica speciale dell’azienda di Treviso alla straordinaria stagione che Sonny sta vivendo a suon di vittorie e titoli

Performance e sicurezza 

Ultimo arrivo nella collezione Rudy Project, il casco Nytron integra performance aerodinamiche straordinarie con un design compatto ed estremamente filante. Il dispositivo è stato sviluppato e ingegnerizzato in galleria del vento, con il supporto degli esperti di aerodinamica di Swiss Side che hanno effettuato test di Fluidodinamica Computazionale (CFD).

Campionati europei 2021, Sonny Colbrelli vince a Trento indossando il suo Nytron tricolore
Campionati europei 2021, Sonny Colbrelli vince a Trento indossando il suo Nytron tricolore

La struttura è composta da quattro calotte In-Mold che assicurano protezione e capacità di assorbimento urti massimi. Nytron, oltre a rispettare i requisiti standard di legge, supera anche i test previsti dal protocollo sperimentale sviluppato dal gruppo di lavoro CEN (European Committee for Standardization). Questo protocollo misura la capacità di assorbimento di energia del casco in caso di impatti obliqui, in cui vengono valutate le forze e le accelerazioni rotazionali presenti negli incidenti reali.

Il protocollo di test “WG11” adottato da Rudy Project si basa sul valore denominato BRIC (Brain Injury Criterion): un algoritmo che definisce la probabilità di subire infortuni al cervello dopo un impatto. Questo valore, affinché il test sia superato, deve essere inferiore a 0,68. Nytron ha ottenuto un valore BRIC medio di 0,24 e rappresenta quindi un notevole sviluppo per quanto riguarda il tema della sicurezza dei caschi. 

L’aspetto estetico non deve far passare in secondo piano sicurezza e ventilazione del Nytron
L’aspetto estetico non deve far passare in secondo piano sicurezza e ventilazione del Nytron

Ventilazione e comfort 

Un pregio di Nytron è sicuramente la ventilazione, che lo rende un casco particolarmente innovativo nella categoria dei caschi aero road. Il posizionamento delle 15 prese d’aria e dei canali di circolazione interni al casco assicurano una areazione senza pari consentendo all’atleta di beneficiare di una performance migliore per le sfide su strada, triathlon e a cronometro. L’elmetto protettivo è dotato del sistema antiscalzamento regolabile RSR 10 con rotellina per incrementare comodità e sicurezza grazie alla struttura avvolgente e alla possibilità di regolare il casco sia in altezza che in larghezza per trovare sempre la misura più adeguata.

Prezzo, colori e taglie

Il modello Nytron ha un prezzo di 199,90 euro ed è disponibile in 3 colori: nero, rosso e bianco. Per un peso di 250 grammi le taglie selezionabili sono: S-M (55-58 cm) e L (59-61 cm).

Rudy Project pezzi

La coscienza ambientale di Rudy Project

03.02.2021
3 min
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Si chiama RidetoZero, ed è la rinnovata visione che anima qualsiasi azione, qualsiasi ricerca e qualsiasi sviluppo di produzione di Rudy Project.
Il brand trevigiano, che dal 1985 produce e distribuisce in tutto il mondo occhiali per lo sport, caschi, maschere e soluzioni vista per elevare al massimo le performance degli sportivi, ha fissato dei rigorosi parametri in tema di sostenibilità ambientale. Lo scopo è rispettare al massimo l’ambiente e ridurre al minimo l’impatto del proprio business.

Salvare il pianeta

«Rudy Project è un’azienda che sin dalla sua costituzione ha lo sport nel proprio Dna – ha affermato Simone Barbazza, Sustainability Specialist Rudy Project – e oggi più che mai siamo consapevoli che il cambiamento climatico ha generato sfide che vanno affrontate in azienda, tutti insieme e fin da subito. L’obiettivo della mia generazione è quello di salvare il nostro pianeta, un elemento vitale per noi per poter dare sfogo alla nostra innata passione per lo sport, riducendo le emissioni in maniera drastica. Proprio per questo motivo abbiamo deciso di abbracciare la filosofia RidetoZero, impegnandoci quotidianamente a ridurre l’impatto ambientale del nostro ciclo di produzione, sia nella progettazione quanto nei processi organizzativi».

Simone Barbazza, Sustainability Specialist di Rudy Project
Simone Barbazza, Sustainability Specialist di Rudy Project
Simone Barbazza, Sustainability Specialist di Rudy Project
Simone Barbazza, Sustainability Specialist di Rudy Project

Versatilità e durevolezza

La versatilità, ad esempio, è una delle riconosciute caratteristiche che rendono gli occhiali Rudy Project unici ed estremamente durevoli. Grazie a caratteristiche tecniche eccellenti, e lenti all’avanguardia, tutti gli occhiali “Rudy” possono essere utilizzati sia per lo sport quanto per il tempo libero, riducendo così il bisogno di consumarne altri. Inoltre, il “customer care” del l’azienda italiana assiste i propri clienti durante tutto il ciclo di vita del prodotto, garantendo ai clienti stessi supporto e pezzi di ricambio anche dopo che i prodotti escono di collezione. In questo modo è possibile aggiustare oppure rinnovare il proprio prodotto allungandone di conseguenza il ciclo di vita.

Con il progetto RidetoZero Rudy Project riduce l'impatto ambientale del ciclo produttivo
Con il progetto RidetoZero Rudy Project riduce l’impatto ambientale del ciclo produttivo
Con il progetto RidetoZero Rudy Project riduce l'impatto ambientale del ciclo produttivo
Con il progetto RidetoZero Rudy Project riduce l’impatto ambientale del ciclo produttivo

Più consapevolezza

“Last but not least” in Rudy Project prima che in altre aziende, e non solo di settore, si sono incominciate a promuovere iniziative e collaborazioni finalizzate a ridurre l’impatto e l’impronta dell’azienda sull’ambiente. E uno dei primi passi è stato iscriversi alla piattaforma Treedom e piantare una propria foresta in Africa. Il brand veneto ha difatti regalato degli alberi ai propri “stakeholder” per migliorare la vita del pianeta e delle comunità di contadini in Camerun. Nel corso del tempo Treedom è diventato parte delle aziende con la certificazione B. Un network di imprese nel mondo che si distingue per le proprie elevate performance in tema ambientale e sociale.

rudyproject.com

Team Bahrain al Tour

Rudy Project, ecco come nascono i caschi

07.12.2020
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Il casco è uno degli accessori più importanti, in quanto protegge la testa da urti o colpi che potrebbero portare a gravissime conseguenze. Per capire come nasce un casco abbiamo parlato con Alvise Rizzi Responsabile Comunicazione di Rudy Project.

Esperienza decennale

Il marchio italiano vanta una decennale esperienza anche nel mondo dei professionisti, una lunga storia che parte dai caschi crono pionieristici di Miguel Indurain negli anni 90 e poi Ullrich, i campionati del mondo di Ironman di Kona, e tanti altri fino al Team Bahrain oggi.

Ed è proprio dalla collaborazione con i professionisti che nascono alcune novità importanti che poi vengono messe sul mercato per tutti gli amatori.
«La collaborazione con i professionisti è importantissima – esordisce Alvise Rizzi – diciamo che i caschi che noi forniamo al Team Bahrain in questo momento sono due: Spectrum e The Wing».

Il primo è quello che i corridori usano nelle gare o nelle tappe normali mentre The Wing è il casco da cronometro.

Sviluppo complesso e lungo

«Il processo di sviluppo dei caschi è molto complesso e lungo – ci spiega Rizzi – si parla di 2-3 anni perché un casco performante deve essere sicuro e allo stesso tempo garantire ottime performance aerodinamiche, avere un design accattivante e, last but not least, deve essere vendibile sul mercato. Per trovare questo delicato equilibrio concorrono tanti fattori e tante professionalità diverse, motivo per cui realizzare un prodotto di questo tipo è molto complicato».

Pello Bilbao Cronometro
Pello Bilbao a cronometro con il casco The Wing
Pello Bilbao cronometro
Pello Bilbao nella cronometro di Valdobbiadene con il casco The Wing

The Wing nasce dai corridori

«Il The Wing nasce dalle esigenze di corridori – continua Alvise Rizzi – lo sviluppo avviene insieme a loro. In base alle loro esigenze si va a creare un casco con certe caratteristiche e che rispetti gli standard di sicurezza. E’ una questione fondamentale, quindi performance e sicurezza devono andare sempre di pari passo. Ogni casco deve avere tutte le certificazioni internazionali esistenti, c’è quella per il mercato europeo, quella per il mercato americano e quella per l’Australia. Noi cerchiamo di accontentare gli atleti nelle loro richieste, ma la sicurezza deve essere sempre massima ed è per questo che lo sviluppo del casco è un processo complesso. Ad esempio se vogliono la coda lunga o corta e da li si parte a progettare e testare passo a passo con i corridori seguendo i loro feedback e cercando di trovare la soluzione più performante».

Sempre per rimanere sulla Bahrain: «Il The Wing è nato su richiesta loro che volevano un casco molto performante da cronometro e l’averlo realizzato ci ha consentito di instaurare una relazione ancora più duratura con il Team». Il The Wing è un casco che ricerca la prestazione ai massimi livelli. E proprio per raggiungere i migliori risultati Rudy Project collabora con Swiss Side, una società che vanta 50 anni di esperienza in Formula 1 e dove grazie a vari studi nella galleria del vento è possibile sviluppare aerodinamicamente i caschi.

Mikel Landa al Tour de France con lo Spectrum
Mikel Landa durante l’ultimo Tour de France con il casco Spectrum

Iter diverso

Questo lavoro di studio, sviluppo e di test in galleria del vento è fondamentale per fornire un prodotto performante, ma anche per elaborare poi soluzioni di tecnologia e sicurezza che possano essere implementate sull’intera gamma di caschi.
«Lo Spectrum, ad esempio, è il nostro top di gamma road e nasce passando anche dai feedback dei corridori, ma deve avere una serie di caratteristiche che lo rendano perfetto anche per chi non pedala per la prestazione pura come nel caso del The Wing. Deve essere comodo, leggero e soprattutto sicuro. Per questo l’iter di sviluppo è diverso, in questo caso i feedback degli atleti servono a migliorare un casco che è destinato ad un pubblico molto più ampio rispetto a quello da cronometro».

Casco rotto Rudy Project
Uno dei tanti caschi danneggiati e ritirato da Rudy Project
Casco rotto Rudy Project
Uno dei tanti caschi danneggiati e ritirato da Rudy Project

Dalle cadute si impara

Rudy Project, inoltre, pone un accento particolare sulla sicurezza e per questo motivo ritira tutti i caschi che si sono rotti a causa di una caduta. Lo fa sia con i caschi dei corridori professionisti e sia con quelli degli amatori. Questo permette di studiare in quali zone sono più sensibili alla rottura e quali tipi di rotture avvengono più spesso: «In questo modo cerchiamo di capire quali sono le zone che devono essere rinforzate maggiormente per creare i caschi del futuro».

Rudy Project Cutline

Cutline, l’evoluzione dell’occhiale

11.11.2020
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La protezione degli occhi e l’ampiezza del campo visivo sono fattori importanti durante tutto l’anno. Rudy Project ha realizzato l’occhiale Cutline, dotato di ampia lente cilindrica a mascherina.

Proprio la lente così ampia fornisce un’adeguata protezione agli occhi e al tempo stesso un campo visivo largo. Per aumentare la sicurezza sono presenti dei bumper morbidi in gomma rimovibili e posizionabili nella parte alta e bassa della lente.

La lente fotocromatica ImpactX gestisce i cambi di luce scurendo o schiarendo in pochi secondi in base alle condizioni atmosferiche. Questa caratteristica è importante anche in autunno, in cui spesso ci troviamo di fronte ad improvvisi cambi di luce e di condizioni meteo. I polimeri ottici di alta qualità permettono alle lenti ImpactX un’attivazione fotocromatica molto veloce con la massima nitidezza. Ovviamente per chi preferisce la lente statica è disponibile anche la versione con le lenti colorate RP Optics multilaser.

E’ possibile cambiare la lente in modo semplice grazie all’intuitivo e rapido Push Release System. Basta premere sui pulsanti posizionati sulle aste per sganciare la lente.

Gli occhiali Rudy Project Cutline
Gli occhiali Rudy Project Cutline

Un fattore molto importante per evitare il fastidioso appannamento della lente è la ventilazione. Il Cutline è dotato di sistema di ventilazione Power Flow con prese d’aria sulla lente e sulle aste. Il nasello e il terminale sono regolabili per trovare facilmente la migliore calzata sul viso.

Per finire segnaliamo che i Cutline sono compatibili con l’inserto ottico RX Optical Insert e con la tecnologia RX Direct che permette di montare lenti oftalmiche “digital surface” sugli occhiali sportivi. Queste sono due delle numerose soluzioni che Rudy Project mette a disposizione per chi ha bisogno di correzioni visive.

rudyproject.com


Sonny Colbrelli

Tre settimane da gregario per Colbrelli

22.09.2020
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Alla fine del Tour de France, con un nono posto come miglior risultato, Sonny Colbrelli si è detto che un altro grande Giro solo per tirare non lo farà più. Dopo il terzo posto ai campionati italiani, c’era da sperare che la Bahrain-McLaren lo portasse alla Grande Boucle per vincere una tappa o lottare per la maglia verde. Invece le parole dei manager sono state chiare: si va al Tour e si tira per Landa. Null’altro. E Colbrelli ha accettato, difficile capire se perché sprovvisto di alternative. Il suo Tour de France si è chiuso con l’11° posto a Parigi e il 93° posto in classifica finale a quattro ore e mezza da Pogacar.

Sonny Colbrelli, Wouter Poels, Damiano Caruso, Tour de France 2020
Una Grande Boucle inattesa per il bresciano, che si è ritrovato a lavorare in salita
Sonny Colbrelli, Wouter Poels, Damiano Caruso, Tour de France 2020
Una Boucle inattesa per il bresciano, che si è ritrovato a lavorare in salita
Cominciamo dagli altri: credevi che Roglic potesse perdere così?

Una ripassata del genere è stata fuori dal normale, anche perché Roglic nella crono finale ha chiuso nei primi cinque. Non è andato proprio piano. Pogacar ha avuto davvero un giorno di grazia.

Che cosa hai pensato quando ti hanno detto che avresti dovuto lavorare e basta?

Che è il mio lavoro. All’inizio è stata un po’ dura, poi mi sono abituato. Sapevo che non avrei avuto occasioni per me e quando a Lione mi sono ritrovato davanti, ho fatto la volata per orgoglio. Diciamo che mi hanno voluto a tutti i costi, ma un po’ mi è dispiaciuto non aver potuto lottare davanti. Quando c’era Nibali, mi capitava di tirare, ma nelle tappe veloci avevo i miei spazi. Se non altro ho capito di poter essere leader in certe corse e gregario in altre.

Dopo tanto lavorare in salita, si poteva sperare in un posto per i mondiali?

Sapevo che sarebbe stato difficile. Quando Cassani ha la sua idea su un percorso o un corridore, difficilmente gliela fai cambiare. Eppure io uno veloce lo avrei portato, come jolly. E non parlo per forza di me, magari ci sarebbe stato bene Trentin che regge a certi dislivelli. I mondiali duri sono difficili da interpretare: Innsbruck doveva essere durissimo, ma sono arrivati sotto l’ultimo muro col gruppo quasi compatto.

Dopo il primo Tour non volevi più tornarci, ora è cambiato qualcosa?

La stanchezza è arrivata per tutti nell’ultima settimana, ma l’ho gestita. Il primo Tour fu devastante, lo confermo, ma era il mio primo anno in un team WorldTour e serviva tempo per fare esperienza.

Come è stato il Tour nell’anno del Covid?

La verità è che mi pare non sia cambiato niente, a parte metterci la mascherina. Non c’era gente ai pullman e alla partenza, ma sui percorsi era pieno di tifosi. Per il resto eravamo blindati.

Due soli italiani, Caruso e Colbrelli, come è andata?

Eravamo in camera insieme, Caruso ed io, ma dopo una settimana abbiamo litigato e per una notte ci siamo separati. C’è stata tensione dopo il giorno dei ventagli, poi però abbiamo fatto pace.

Che Tour è stato?

Folle, corso a mille all’ora. Non un sol giorno che siamo stati tranquilli, non so perché. A ogni tappa facevo il record dei watt o dei fuori soglia.