Il ciclismo alla Camera e noi facciamo due domande a Tiberi

18.06.2024
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ROMA – La Galleria dei Presidenti è piena di facce del ciclismo. In un angolo brillano i sorrisi leggermente imbarazzati di Tiberi e Pellizzari e c’è anche Pozzato, che si è ripreso alla grande dai suoi acciacchi. Quando arriva il Presidente della Camera, gli uscieri spingono chiunque si trovi nel corridoio per liberargli il passaggio. Fontana è un veronese di 44 anni e ha accettato l’invito di Roberto Pella, a sua volta deputato, che ha voluto così celebrare il suo incarico di Presidente della Lega ciclismo.

E Fontana racconta di quando nel 1994 si ritrovò in ospedale per grossi problemi di salute e, non potendosi muovere, seguì ogni passaggio di quel Giro. Fu dimesso il giorno in cui Marco Pantani vinse la sua prima tappa, quella di Merano, alla vigilia del capolavoro di Aprica.

Il Presidente della Lega, onorevole Roberto Pella, regala a Fontana la maglia rosa autografata di Pogacar
Il Presidente della Lega, onorevole Roberto Pella, regala a Fontana la maglia rosa autografata di Pogacar

«Non l’ho mai conosciuto – dice – ma mi legò a lui un sentimento che era qualcosa di superiore. Perché le sue sfide e la sua vittoria per me furono la rinascita dopo un periodo molto duro. Il ciclismo fa vedere come gli atleti si impegnino, il loro sforzo nel superare tutte le difficoltà. Sei solo contro te stesso prima che contro il tuo avversario. La bellezza sta nel vedere questo sforzo e anche questo combattimento. Superare le montagne, avere il coraggio di affrontarle. Essere soli, spesso e volentieri, anche quando ci sono momenti di crisi e cercare sempre di riprendersi giorno dopo giorno. Il ciclismo è anche una palestra di vita».

I perché del Delfinato

Tiberi lo ascolta e pensa (e poi dirà) di essere venuto per la prima volta a Montecitorio in visita con la scuola. Esserci tornato ora da invitato per il quinto posto al Giro d’Italia è un onore cui non avrebbe mai pensato. Il corridore della Bahrain Victorious ha riconosciuto la sua maglia bianca, messa in fila assieme alle altre che arredano la mattinata in Parlamento. Dopo il ritiro dal Delfinato, la sua estate parla soprattutto di recupero, prima di tornare in altura a preparare la Vuelta. Chissà perché l’hanno voluto portare alla corsa francese, dopo un Giro per lui così impegnativo.

Più testa che gambe

«E a dire la verità – sorride nell’impeccabile abito nero – mentalmente è stato quasi come se non ci sia mai andato. Non è stato tanto un problema fisico, quanto piuttosto di testa. Non è che tutto quanto inizi e finisca con la prima e l’ultima tappa del Giro. Ci sono stati due mesi di preparazione. Prima l’altura e poi dall’altura diretto al Tour of the Alps. Da lì alla Liegi e poi focus al 100 per cento sul Giro. Quindi quei 21 giorni e quando poi stacchi per una settimana e spegni completamente testa e fisico, dover ripartire è dura.

«Pensavo di andare al Delfinato con una condizione buona, che mi avrebbe permesso di ottenere qualche risultato, fare qualche punto per la squadra e magari anche qualcosa per me stesso. Quando però abbiamo visto che ero lì più che altro a soffrire mentalmente e stare in gara mi pesava tanto, la squadra ha optato per la scelta migliore. Quella di mandarmi a casa a riposare. Caricare energie per iniziare di nuovo la preparazione per la Vuelta, come quella per il Giro».

All’uscita da Montecitorio, per Tiberi anche qualche rapida intervista
All’uscita da Montecitorio, per Tiberi anche qualche rapida intervista
Il Giro è stato più faticoso per le gambe o per la testa?

Dato che era la prima grande corsa a tappe da capitano, è stato una nuova esperienza anche mentalmente. E’ stato il giusto compromesso, nel senso che non l’ho trovato troppo duro. D’altra parte non è stato neppure troppo semplice, più che altro per la parte mentale. Mi è stato tanto di aiuto il fatto di essere in Italia. Di avere tante tappe con conoscenti o amici lungo la strada, che mi hanno dato energia. Per cui percepivo meno lo sforzo o comunque, correndo su strade che conoscevo, sono riuscito a metterci più grinta. Fisicamente invece, avendo fatto un’ottima preparazione e avendo già due Vuelta nelle gambe, non ne sono uscito sfinito come alla fine della prima volta in Spagna.

E dopo il quinto posto del Giro, con quale spirito si va alla Vuelta?

Sicuramente con l’ambizione di far bene. Cercherò di fare la preparazione il meglio possibile, sperando che non ci sia nessun imprevisto. Vedremo come saranno le sensazioni all’inizio. La mia ambizione è andare lì per cercare di fare classifica. Per cui a luglio andrò in altura ad Andorra con qualche compagno, quindi farò la Vuelta Burgos e dopo una settimana daremo l’assalto alla Vuelta.

Il Giro di Pogacar e dei piccoli tifosi: storia di un cappellino firmato

09.06.2024
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Lo ha detto Daniel Oss, parlando di Pogacar dopo il Giro d’Italia vissuto sulla moto di Eurosport. «Che cosa posso dire… è stato emozionante! Il mio parametro è sempre se piaci ai bambini, in quel caso hai fatto centro…».

Il Giro di Pogacar è stato anche il Giro dei bambini, che Tadej ha reso protagonisti con una serie di gesti strappa applauso. La borraccia presa dal massaggiatore e regalata a un ragazzino sul Grappa. Il cinque e poi il sorriso scambiati con un altro, che non lo dimenticherà mai (guardate la foto di apertura). Così come non lo dimenticherà un ragazzo di 13 anni, Simone Ponzani, che ha avuto la sorte di incontrare lo sloveno alla partenza dell’ultima tappa del Giro. Quello che ha fatto è stato provare a descrivere le sue emozioni e poi ce le ha inviate.

ROMA – Domenica del 26 maggio è stato il giorno più fortunato della mia vita. Alla partenza dell’ultima tappa del Giro d’Italia infatti, sono riuscito a vedere dal vivo Tadej Pogacar. E’ il corridore che tifo da quando seguo il ciclismo e sono riuscito anche a farmi regalare un cappellino autografato da lui. E’ stata un’esperienza unica, proprio non ci credevo.

Sono riuscito anche a fare molte foto, che sicuramente stamperò appena ne avrò l’occasione e le incornicerò insieme al cappellino. Penso che sono stato uno dei pochi ragazzi quel giorno ad aver vissuto questa esperienza e ad aver visto un campione del ciclismo e tutta la sua squadra da così vicino.

Simone era decisamente in ottima posizione: ecco la sua foto del team UAE Emirates
Simone era decisamente in ottima posizione: ecco la sua foto del team UAE Emirates

I calzini rosa

Io e mio padre quella mattina ci siamo svegliati presto per andare a vedere la partenza dell’ultima tappa del Giro, sperando di incontrare Pogacar all’uscita dal pullman della UAE Emirates. Era pieno di persone che aspettavano l’uscita di Tadej. Attraverso la porta del bus si vedevano appena i calzini, le scarpette e una parte dei pantaloncini tutti rosa e subito la folla lo chiamava per farlo scendere.

Ovviamente davanti a me c’erano molte persone, ma sono riuscito a infilarmi davanti a loro cosi che potessi vedere Pogacar. Però non mi sarei mai aspettato di vederlo da così vicino. Infatti io ero nella zona dei giornalisti, cioè davanti ai corridori.

Poi andando con mio padre verso la partenza siamo riusciti a farci due selfie. Uno con Joxean Fernàndez Matxin, lo sport manager del UAE Team Emirates, e uno con Matteo Trentin, corridore della squadra Tudor.

Il cappellino con l’autografo di Tadej Pogacar, prima del via di Roma
Il cappellino con l’autografo di Tadej Pogacar, prima del via di Roma

Calciatore e ciclista

Mi chiamo Simone Ponzani, un ragazzo di 13 anni che pratica calcio. Nonostante ciò, sono un appassionato di molti sport ma soprattutto di ciclismo. Possiedo una bici da corsa con cui sia in inverno che in estate (molto più spesso) faccio insieme a mio padre dei giri abbastanza lunghi per me, circa 50 chilometri.

Ovviamente da italiano tifo i corridori italiani, ma se gareggia Tadej Pogacar tifo solo e soltanto per lui. Tifo per lui da quando si è dimostrato uno dei giovani più forti, quindi intorno al 2020, l’anno in cui vinse il suo primo Tour de France. Ma già da quando esordì come professionista, cioè nel 2019, avevo capito che da lì a pochi anni sarebbe diventato un fenomeno, oppure come dicono i telecronisti un “exaterrestre”.

Pogacar oltre ad essere un ciclista molto giovane (25 anni) in cui si rispecchiano molti ragazzi, è anche una persona che ha “molto cuore”. Lo ha dimostrato nella sedicesima tappa del Giro di Italia 2024 (21 maggio) quando, dopo aver recuperato un altro corridore, è andato a vincere la tappa. E a quello stesso ciclista, ha regalato maglia e occhiali. Dal quel momento appena penso a lui mi viene voglia di andare in bici e mi sento molto fortunato a vivere l’apice della sua carriera.

Simone Ponzani

Piganzoli, debutto coi fiocchi e corse a tappe nel futuro

30.05.2024
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ROMA – Tredicesimo al primo grande Giro non è affatto male. E soprattutto quando è un risultato cercato. Un risultato che va a scapito della possibilità di conquistare una vittoria di tappa. Tutto questo è il Giro d’Italia di Davide Piganzoli, talento della Polti-Kometa.

Lottando con i più grandi, tenendo duro, mettendosi alla prova a cronometro, il “Piga” è arrivato a Roma. E tutto sommato, sembra esserci arrivato anche bene. Il suo volto era molto meno provato di quello di tanti altri. Ecco dunque un altro giovane, oltre ad Antonio Tiberi, che in ottica futura ci dà buone speranze per i grandi Giri.

Davide Piganzoli (classe 2002) è arrivato a Roma 13° in classifica a 32’23” da Pogacar
Davide Piganzoli (classe 2002) è arrivato a Roma 13° in classifica a 32’23” da Pogacar
Davide, prima di tutto complimenti…

Grazie! Sì, direi che alla fine è andato bene questo mio Giro. Forse all’inizio eravamo partiti con altre intenzioni, magari provare a vincere una tappa e prendere una buona fuga. E invece ci siamo ritrovati un po’ in classifica, tanto più che Matteo (Fabbro, ndr) non è stato bene. E così abbiamo cercato di fare il possibile, di correre sempre davanti…

Eppure sappiamo che in classifica non ti ci sei ritrovato, ma hai detto tu al team di voler tenere duro…

Più che altro non avevo e non volevo lo stress della classifica al via. Nel momento in cui magari fossi stato davanti le cose sarebbero un po’ cambiate. Sostanzialmente mi dicevo: «Se farò una tappa buona, se riuscirò a prendere una una fuga importante e magari guadagnerò qualche minuto sul gruppo allora terrò duro». Poi però è successo che in questo Giro il gruppo non ha mai lasciato tanto spazio alle fughe e io mi sono trovato lì lo stesso….  Ne sono contento!

Quanto è diverso il Piganzoli di Roma da quello Torino?

Alla fine sono state tre settimane intense e, dico la verità, sono passate abbastanza velocemente. Tre settimane in cui penso che un po’ sono cambiato in effetti. Ho preso più consapevolezza di me stesso e dei miei mezzi, ma al tempo stesso ho capito che c’è ancora tanto da lavorare. Però ho visto che i grandi non sono poi così lontani. A parte Pogacar.

Lui togliamolo! Nel senso che non va preso come esempio…

Esatto. Però è innegabile che c’è ancora tanto da lavorare. Io sono fiducioso.

Il lombardo è consapevole che a crono deve lavorare molto, anche se la sua posizione di partenza non è così male
Il lombardo è consapevole che a crono deve lavorare molto, anche se la sua posizione di partenza non è così male
Come sono state le sensazioni in salita? E queste sono cambiate durante il Giro?

Ho avuto un paio di giornate in cui non sono stato al cento per cento. Penso per esempio alla tappa con il Passo Sella in partenza. Lì non stavo benissimo e infatti mi sono staccato subito. Sono rientrato e ho tenuto il più possibile fino all’arrivo. Ma penso che se a 21 anni hai solo due giornate così così e perdi abbastanza poco, vuol dire che si può sperare. Che si può crescere.

Qual è il punto dove dovresti lavorare di più secondo te?

Penso che a crono devo lavorarci un bel po’. Bisogna capire come migliorare. E poi anche in salita, però su questo fronte è più “semplice”. Mi hanno sempre detto che si migliora con gli anni, quindi cercherò di continuare a lavorare per poi provare a essere davanti.

Se chiudi gli occhi, qual è il tuo ricordo del Giro? La tua foto della corsa rosa?

Sicuramente i tanti tifosi sulle strade. Ti riempiono veramente il cuore. Alla fine è vero che senti un pochino meno la fatica, perché i tanti tifosi ti spingono. Quantomeno è una fatica diversa, mettiamola così.

Verso Livigno, nella sua Valtellina, tanti tifosi e un’ottima prestazione
Verso Livigno, nella sua Valtellina, tanti tifosi e un’ottima prestazione
Di Pogacar cosa ci dici? Tu che ci hai pedalato fianco a fianco è davvero impressionante anche per voi corridori?

Sì, è impressionante vederlo in azione. Tu vedi che quando gli altri fanno veramente tanta fatica, lui invece è proprio tranquillo. Si gestisce, si guarda attorno. Salendo sul Grappa eravamo rimasti in una ventina. Vedevi gente come Thomas o Martinez che stavano facendo fatica, che comunque erano impegnati, avevano lo sguardo fisso, e Tadej invece saliva facile facile, controllava tutto, si voltava. Lì capisci che sta facendo una gara da sé.

Quali sono i tuoi programmi adesso?

Riposerò un pochino, poi farò subito il Giro di Slovenia e i campionati nazionali. Poi ancora un bel po’ di riposo per programmare la seconda parte di stagione.

Se la gamba è buona allo Slovenia ci farai divertire?

Ah – ride Piganzoli – non lo so. Intanto recuperiamo e poi vediamo.

Il Giro di Aleotti, forse la ripartenza che serviva

29.05.2024
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ROMA – Un gran bel Giro e ci voleva. Lunedì mattina Giovanni Aleotti 25 anni compiuti nel giorno del Monte Grappa (in apertura con Martinez e una candelina), ha ripreso la strada di casa portando via con sé un’ottima condizione, che finalmente si è vista anche bene. Certo, ancora una volta gli è servita per tirare, ma intanto ha chiuso la corsa con la forza giusta per provare altre strade. Nel suo caso, a breve, ci sarà il Giro di Slovenia.

La Bora-Hansgrohe ha concluso sul podio l’ultimo grande Giro prima di cambiare nome e convertirsi in Red Bull, anche se non è chiaro a tutti in che modo si andrà avanti: se la struttura rimarrà invariata, quindi nelle mani di Ralf Denk, oppure se subentreranno altre figure. Comunque sarà, affidata a Enrico Gasparotto e Bernhard Eisel e priva di leader come Roglic, Vlasov e Hindley, la squadra tedesca ha dato prova di compattezza attorno a Dani Martinez. Doveva esserci Lennard Kamna, finito in terapia intensiva dopo un incidente ai primi di aprile, e forse qualcosa sarebbe cambiato. E se alla fine hanno fatto meglio della Ineos è stato certamente per la solidità del leader, ma anche per la presenza accanto a lui nei momenti delicati dello stesso Aleotti, tornato su livelli che mancavano da un paio di stagioni.

Monte Pana, Martinez terzo all’arrivo: Aleotti lo ha scortato sino alla salita finale
Monte Pana, Martinez terzo all’arrivo: Aleotti lo ha scortato sino alla salita finale
Soddisfatto?

Sono contento, dai. Sono stato solido per tre settimane: con Martínez, tutta la squadra è stata molto concreta. “Dani” non ha mai mancato un giorno, quindi sono contento. Ovviamente giocandoci il podio, sono dovuto stare sempre con lui, quindi senza una fuga o chance personali. Ma allo stesso modo è stato importante per me vedere fino a quanto potessi tenere duro con i migliori.

Un Giro diverso da quello vinto con Hindley?

Sì, per me molto diverso. Sicuramente sto vivendo un buon cambiamento, perché ho visto che in salita sono migliorato. Sono rimasto quasi ogni giorno con i migliori 15 e penso che ciò sia dovuto all’ottimo lavoro con Paolo Artuso che mi allena da quest’anno. Abbiamo svolto un lavoro molto consistente, senza aver mai saltato un giorno. Sono sempre stato bene e questo ha fatto la differenza rispetto all’anno scorso.

Un anno da dimenticare…

Ho avuto tanti problemi, ma sono riuscito a venirne a capo già nelle ultime settimane del 2023. Ho voltato pagina e messo nel mirino questo Giro, che è andato come speravo e forse anche un po’ meglio. Ho imparato qualcosa di più su me stesso e la mia capacità di fare corsa di testa.

Nel giorno del suo compleanno, ha fatto corsa di testa fino all’attacco di Pogacar sul Grappa
Nel giorno del suo compleanno, ha fatto corsa di testa fino all’attacco di Pogacar sul Grappa
Quale è stato il giorno del Giro in cui ti sei sentito meglio?

Penso a Prati di Tivo, ma stavo bene anche nella prima tappa a Torino e quella dopo il riposo di Napoli. Riuscire a stare ogni giorno vicino a Daniel è stato stimolante e ce l’ho messo a tutta per supportarlo al meglio.

Secondi alle spalle di Pogacar: i primi normali. Si può dire così?

Penso che lui per primo e tutta la UAE Emirates abbiano dimostrato di essere di gran lunga i più forti. Ovviamente noi eravamo sempre pronti a ogni passo falso, però loro sono stati molto bravi ogni giorno. E poi Tadej è stato talmente superiore, che se anche qualche volta si è trovato in una posizione critica, non ha avuto bisogno di difendersi perché andava all’attacco.

Ora vengono un po’ di corse per te?

Sì, penso che già lo Slovenia tra un paio di settimane sia una buona opportunità. Quindi non resta che ragionare bene sul Giro, chiudere la pagine e poi cercare di mantenere la condizione fino allo Slovenia e poi all’italiano. Adesso è arrivato il momento di fare qualcosa per Giovanni…

Ma non dimentichiamo Dani Martinez, il primo degli altri

27.05.2024
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ROMA – Forse la prestazione di Daniel Felipe Martinez è passata sin troppo inosservata. Tadej Pogacar si è preso la scena, è vero, ma il secondo posto dell’atleta della Bora-Hansgrohe ha un grande valore. Ha un grande valore soprattutto per questo ragazzo che a 28 anni si è trovato a fare il leader e ha risposto presente. Ha valore per la squadra che ha enormi ambizioni e si ritrova un atleta di enorme sostanza. E ha valore per i tifosi colombiani, sempre numerosissimi sulle strade del Giro d’Italia.

Quegli stessi tifosi che erano presenti anche a Roma. Il podio all’ombra del Colosseo è un’emozione che Martinez non dimenticherà mai. E lo ha anche ribadito dopo essere sceso da quel palco.

«E’ stato un Giro di sostanza il suo – ha detto Enrico Gasparotto – Dani è stato davvero bravo. E’ andato forte a crono e in salita. E di fatto ha battuto tutti gli altri».

Pogacar che guarda tutti da davanti e Martinez che guida gli altri: è la foto del Giro
Pogacar che guarda tutti da davanti e Martinez che guida gli altri: è la foto del Giro

Il retroscena

Il suo Giro è nato sin da questo inverno, con una programmazione dettagliata. Ma poi ha anche avuto qualche complicazione. Forse perché le cose, per assurdo, stavano andando sin troppo bene.

«Il programma iniziale – racconta Paolo Artuso, il preparatore – era quello di farlo tornare in Colombia subito dopo la Strade Bianche, corsa che avevamo deciso di fargli fare per prendere confidenza con lo sterrato che avrebbe poi trovato qui verso Rapolano. Ma Dani stava così bene che ha insistito per fare anche la Tirreno. Però, proprio alla Strade Bianche è caduto. Ha fatto dei numeri e dei valori pazzeschi per cercare di recuperare, ma il problema è che il giorno dopo aveva un ginocchio gonfio così».

A quel punto è scattato l’allarme. Dani è partito per la Tirreno ma piano. D’accordo col team, Martinez si è fermato dopo quattro frazioni. Prima di ritornare in Colombia per l’altura, Artuso se lo è portato in Veneto. Gli ha fatto fare qualche sopralluogo, degli accertamenti al ginocchio e anche una visita in galleria del vento.

«Poi – continua il coach – abbiamo rivisto qualche dettaglio della sua preparazione e fino all’ultimo ci sono state delle piccole incertezze, degli aggiustamenti. Ha saltato il Romandia che era nel programma iniziale. Una volta tornato in Europa lo abbiamo tenuto in altura ad Andorra fino all’ultimo. Dovete sapere che Martinez è un generoso. Pensate che a dicembre l’ho dovuto richiamare perché andava troppo forte!».

Sul Grappa Martinez ha controllato. Non era a tutta e, sapendo di non poter vincere la tappa, non ha rischiato nulla
Sul Grappa Martinez ha controllato. Non era a tutta e, sapendo di non poter vincere la tappa, non ha rischiato nulla

Parola a Dani

A Roma Martinez è stato raggiunto dalla sua famiglia. Mentre ci parliamo i suoi bimbi girano tra le nostre gambe. Lui è disponibilissimo e contento di raccontare. Di raccontare un secondo posto che magari, chissà, potrebbe anche incidere sul resto della sua carriera.

Dani, primo podio della tua carriera…

Sono veramente contento. Contento del podio, ma anche del lavoro realizzato sin qui. E’ un risultato che mi soddisfa appieno.

Hai trovato un Pogacar gigantesco. Ma hai battuto tutti gli altri.

Eh già! Quando abbiamo cominciato il Giro d’Italia tutti noi all’inizio credevamo che Pogacar si potesse battere. Abbiamo anche provato ad attaccarlo tutte le volte che è stato possibile, ma lui aveva una gamba molto buona. E’ un fenomeno. Alla fine Tadej ha fatto il suo Giro e noi abbiamo fatto l’altro. E in quest’altro Giro eravamo tutti vicini: Thomas, Tiberi, O’Connor… di più non si poteva fare.

Cosa ti ha soddisfatto del tuo Giro? C’è stata una prestazione in particolare?

La mia regolarità. Sono sempre andato forte, tutti i giorni, mentre di solito c’era un giorno in cui pagavo (cosa che ci ha confermato anche Artuso, ndr). Se facciamo i conti c’erano oltre 70 chilometri a crono e questo avvantaggiava appunto Thomas, Tiberi, O’Connor, ma le mie gambe erano buone anche contro il tempo.

Complice qualche sfortuna, la Bora-Hansgrohe non è stata super. Aleotti il vero supporto grande per Martinez
Complice qualche sfortuna, la Bora-Hansgrohe non è stata super. Aleotti il vero supporto grande per Martinez
Quindi nessun giorno difficile?

ne ho avuti tanti, come quello alla seconda tappa, quando verso Oropa ho avuto un problema meccanico. E poi anche nella quarta tappa sono stato coinvolto in una caduta e ho battuto una spalla. Ma ho saputo recuperare bene da questi giorni.

Dani, hai detto che almeno all’inizio e nelle prime tappe, pensavate che si potesse fare di più contro Pogacar, ebbene dopo Prati di Tivo, quando Pogacar ha fatto “solo” la volata, questa convinzione si è rafforzata? In quei giorni in gruppo si diceva non fosse più al top…

A Prati di Tivo abbiamo pensato di fare qualcosa. Era il giorno dopo la crono e magari qualcosa poteva cambiare per gli avversari. Ci abbiamo provato, ma è anche vero che la squadra era quella che era. Per infortunio abbiamo perso presto Lipowitz e non si poteva fare molto. La corsa era tutta nelle mani di UAE Emirates o Ineos Grenadiers. Poi da quel giorno è stata dura attaccarlo.

Di più non si poteva fare insomma. Qui c’è aria di festa. Ti piace Roma?

Sì, sì… è la terza volta che sono qui. Ma devo dire che mi piace tutta l’Italia. Sono cresciuto qui, le mie prime squadre da professionista sono state qui da voi e ci sono molto legato.

La volata perfetta di Merlier, la sfortuna di Milan: è tre pari

26.05.2024
5 min
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ROMA – La sua ruota è quella che “svirgola di meno” sui sampietrini della Capitale. Busto più fermo, sedere più indietro. Insomma, baricentro più arretrato. In questo modo la ruota posteriore fa più trazione. E anche la linea strettissima alle transenne non è casuale. Tim Merlier vince così la volata finale del Giro d’Italia. In via di San Gregorio allunga con prepotenza su tutti. Anche su Jonathan Milan. Uno sprint tecnicamente e tatticamente perfetto quello del belga.

«Ho fatto tesoro della mia esperienza nel cross e sul pavé – ha detto Tim – anche se questo di Roma era un pavé diverso da quello belga. Però sono riuscito comunque a fare velocità e sono certo che questa mia esperienza appunto mi abbia dato un buon vantaggio». 

Stretto alle transenne, baricentro arretrato e linea più pulita studiata durante i passaggi: lo sprint perfetto di Merlier
Stretto alle transenne, baricentro arretrato e linea più pulita studiata durante i passaggi: lo sprint perfetto di Merlier

Ciao Giro

Le ombre si allungano sui Fori Imperiali e come le Dolomiti, anche Roma si accende al tramonto. I colori diventano ancora più vivaci e la folla, la tantissima folla presente lungo il circuito sembra ancora di più. Una festa super per il ciclismo. Il ciclismo a Roma? Uno spot da favola.

Come capita ogni volta che si è alla fine di un grande Giro, l’aria è quella da ultimo giorno di scuola. Ma dopo tre settimane di questa famiglia itinerante non manca un pizzico di nostalgia.

E forse anche per questo al via dall’Eur si colgono al volo i volti che dicono di emozioni differenti. Per molti questa è solo una passerella, per altri la via del trionfo, per altri ancora è tappa vera. Dainese, Milan, Groves, Merlier, le ruote veloci, sono sciolti, ma non scioltissimi.

Catena ko

La tappa finale va secondo copione. Almeno fino alla campana dell’ultimo giro, quando, colpo di scena, la maglia ciclamino si accosta e chiama l’ammiraglia. Catena rotta. Impossibile procedere un solo centimetro in più.

«Ero alla sua ruota – ha detto  Simone Consonniha preso un buco, un sobbalzo su questi sampiterini e gli si è rotta la catena. L’ho visto in diretta. Ho chiamato subito tutti a raccolta per aspettarlo».

Impresa quasi impossibile, ma con la sua forza e le ammiraglie, Milan riesce nell’impresa di rientrare in gruppo. Poi viene avanti e anche bene. Forse è la volata migliore della Lidl-Trek in quanto a posizionamento e fa il suo sprint. Ma non basta.

Jonathan scoda molto. Forse la potenza è troppa. Forse il 54 è troppo agile su questo fondo sconnesso. E’ secondo, come seconda è la maglia ciclamino che conquista.

Intanto scatta la polemica sulla scia prolungata di Milan. Il friulano e la sua squadra hanno giocato il tutto e per tutto. Squalifica sì, squalifica no: il verdetto resta quello dell’arrivo.

La Soudal oggi credeva nel successo, ha controllato moltissimo la corsa, tenendo a tiro la fuga
La Soudal oggi credeva nel successo, ha controllato moltissimo la corsa, tenendo a tiro la fuga

Il 56 di Merlier

E così Tim Merlier ha potuto pareggiare i conti proprio con Milan. Fossano, Padova, Roma per il belga ed è tris.

«Chi è il più forte? Non lo so – dice il belga – decidete voi. Noi facciamo il nostro lavoro al massimo. Sì, ho saputo del problema e che era rimasto dietro, ma mi avevano anche detto che stava rientrando», come a dire che poi non è stato sorpreso di rivederselo a fianco.

Rispetto a Milan, Merlier aveva il 56, un rapporto forse più idoneo, almeno su carta, per questo finale. E’ chiaro che atleti e corridori hanno le loro ragioni circa le scelte tecniche, ma vista da fuori la sua opzione è più che comprensibile.

«Ho scelto questo rapporto così grande – continua il corridore della Soudal-Quick Step – perché ho visto che il finale era molto veloce, si arrivava da una discesa. Lo abbiamo studiato con attenzione e abbiamo deciso di puntare su quello».

Tris per Merlier (scortato dal massaggiatore Yankee Germano), poker per il team con la vittoria di Alaphilippe
Tris per Merlier (scortato dal massaggiatore Yankee Germano), poker per il team con la vittoria di Alaphilippe

Duello tra sprinter

Tre vittorie per parte sono un bel bottino anche per il Giro d’Italia, che ha visto un vero testa a testa tra le ruote veloci. Se il duello è mancato nella generale, non si può dire altrettanto negli sprint, dove il livello era davvero alto.

«Io sono soddisfatto del mio Giro – ha concluso Merlier – L’ho preparato e avevo le idee chiare. Prima le classiche, che sono andate bene, poi appunto il Giro d’Italia: anche per questo non avevo pressioni. Mi sentivo bene».

«Sono contento di aver terminato il mio quarto grande Giro. Anche se ho 31 anni questa è un’esperienza in più e la possibilità di migliorare ancora».

Il Giro di Pogacar, ultimo atto: Roma impazzita per la rosa

26.05.2024
6 min
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ROMA – Roma è davvero bella in questa sera che celebra la vittoria al Giro d’Italia di Tadej Pogacar. La maglia rosa si affaccia dal balcone della Sala Protomoteca e guarda la città eterna ai suoi piedi. Non era mai stato a Roma, probabilmente non riuscirà nemmeno a farsene una grande idea. Ha l’espressione stanca. L’ultima tappa è stata tirata, altro che passerella. E poi la serie di interviste e formalità è stata appesantita dalla scorta della Polizia che ha sbagliato strada e ha allungato il tragitto dal podio alla sala stampa. Può capitare, le strade trasudano ancora di tifosi (tanti bambini) con lo sguardo sognante: non è stata una giornata qualsiasi.

«Sono stanco, è vero – conferma – voglio solo andare a preparare la cena e godermi questo momento con i ragazzi. Penso che tra una settimana, quando mi riposerò a casa, mi renderò conto di tutto. Mi guarderò indietro e sarà fantastico. Ho vissuto tanti bei momenti, alcuni splendidi soprattutto con i bambini. Sono super felice di vedere tante maglie del Pogi Team sul percorso. Tanti ragazzi sono venuti a tifarci e avevano l’espressione felice. Quello che voglio lasciare loro è il consiglio di godersi il momento, godersi il gioco. Finché è un gioco, va tutto bene. Per cui che si divertano e sviluppino la giusta mentalità»

La giornata per la UAE Emirates è iniziata con festeggiamenti tutti rosa
La giornata per la UAEEmirates è iniziata con festeggiamenti tutti rosa

L’idolo dei bambini

Ci pensavamo stamattina guidando allegri da Bassano del Grappa a Roma: quanto è stata bella la sua attenzione verso i tifosi più piccoli? E’ sembrato che il campione abbia sentito su di sé la responsabilità di ispirare le nuove generazioni, allo stesso modo in cui da ragazzo fu portato a vedere il passaggio del Giro d’Italia e il suo connazionale Mezgec vinse la tappa, destando in lui la voglia di essere un corridore del Giro d’Italia.

«Penso che un giorno potrei tornare – dice – ma vediamo come va questa stagione e come il Giro incide sui prossimi impegni. Penso che sia stata una gara bellissima, un momento bellissimo e sicuramente vorrò provarci ancora in futuro. E’ stato pazzesco. L’atmosfera, i tifosi. Tifosi da tutto il mondo e anche molti sloveni. Quindi ho potuto godermelo davvero con una grande emozione. E’ stato una grande esperienza, i percorsi erano super belli e anche l’organizzazione è stata abbastanza buona. Devo dire che mi sono davvero divertito con i miei compagni».

Ti mancheranno tutte queste interviste?

Sarò super felice quando tutto sarà finito. Queste sono le ultime pedalate, per cui andiamo avanti. Penso che fra due, tre giorni tutto sarà perfetto.

Davanti a tanto calore, abbiamo avuto l’impressione di vederti cambiare anche nel modo di porti, come se tu in qualche modo sia cresciuto durante il Giro.

Penso che ogni gara ti dia esperienza. Tre settimane sono un periodo lungo e forse in questo Giro ho fatto davvero un altro passo avanti come uomo. Vedrò come mi sento e come saprò pormi davanti alle prossime sfide.

Hai detto dall’inizio dell’anno che saresti venuto per provare a fare qualcosa di nuovo e con nuove certezze come corridore: pensi di esserci riuscito?

Come corridore, mi sono sentito molto forte e a mio agio sulla bici. In tre settimane si passano tante ore in sella e mi sono trovato nel punto in cui volevo essere. Penso di poter trarre molto da questa gara per quanto riguarda le prestazioni, per come mi sento in bici e anche come l’ho guidata. Perciò penso che dopo un buon riposo questa sensazione potrà anche migliorare. Penso di essere davvero sulla buona strada anche per la prossima parte della stagione.

Era la tua prima volta a Roma: avevi chiesto informazioni sul Giro a Roglic?

Devo dire che Roma è una città davvero fantastica, bella. E soprattutto avere la maglia rosa alla fine del Giro me l’ha fatta sembrare stupenda. E’ fantastico che gli ultimi due vincitori del Giro siano due sloveni, qualche anno fa non ci avremmo neppure immaginato. Possiamo essere tutti orgogliosi. Quanto a Primoz, ho parlato qualche volta con lui, ma mai di ciclismo. Altrimenti è come se questo sport fosse attivo 24 ore al giorno, sette giorni su sette. Per cui a volte è meglio non parlare delle gare… (sorride, ndr).

Pensi che sarà difficile chiudere col Giro e riprogrammarti per il Tour?

Penso che ci vorrà ancora qualche giorno per spegnere un po’ la mente, rilassarmi e poi ricostruire lentamente. Spero di mantenere questa condizione e se possibile provare a migliorarla. Vedremo le sensazioni alla ripartenza.

Vedremo se sei cresciuto come uomo, ma di certo sei parso un grande capitano. Pensi che gli insegnamenti dei tuoi genitori ti abbiano in qualche modo preparato per questo ruolo?

Sono piuttosto felice e orgoglioso di come i miei genitori mi hanno cresciuto, fino a diventare quello che sono. Gli sono grato per tutto quello che hanno fatto per me. Cerco di comportarmi per come mi hanno insegnato. Sono convinto che se ricevi qualcosa da qualcuno, devi sempre ricambiarlo.

La prossima sfida

Tadej se ne va con il trofeo che lo segue fra le braccia di Luke Maguire. Ha vinto e convinto, richiamando sulle strade una folla che non si vedeva da tanti anni e da altri campioni. E’ stato un Giro che ha fatto riscoprire al pubblico italiano il bello di scalare le montagne e scendere in strada per guardare il ciclismo. Ha davvero richiamato sulle strade il pubblico orfano di Pantani?

Non serve forzare paragoni con qualcuno che è stato immensamente grande e non sarà mai uguagliato nei cuori di chi lo seguiva. Tuttavia la presa di Pogacar sul pubblico è un dato su cui riflettere. Stasera farà festa. La prossima sfida che lo attende lo metterà contro Vingegaard, Roglic, Evenepoel, Bernal, Rodriguez e Tao Geogeghan Hart. Per allora dovrà aver smaltito la fatica e messo nelle gambe altro fuoco. Dopo un Giro alla grande, il Tour che parte da Firenze sarà qualcosa di stellare.

I nuovi giorni azzurri nel calendario di Marta Bastianelli

26.04.2024
6 min
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ROMA – Rivederla è stata una festa. Quando le ragazze del UAE Team Adq hanno riconosciuto Marta Bastianelli, sono corse ad abbracciarla come si fa con un compagno di tanti chilometri che a un certo punto ha cambiato strada. Gasparrini, che ha diviso con lei la camera cercando di imparare il massimo. Consonni, che ne ha ricevuto consigli sulla vita da velocista. Persico, che si è sentita chiedere più di un paio di volte quando verrà anche per lei il momento di alzare le braccia al cielo. E così la campionessa azzurra, che da quest’anno collabora in nazionale con il cittì Sangalli e a Caracalla era assieme a tutta la famiglia, ha salutato le ex compagne e poi ha vissuto il Gran Premio della Liberazione col piglio di chi comincia a calarsi nella dimensione del tecnico. Ha confabulato a lungo con Augusto Onori delle Fiamme Azzurre, cui ancora appartiene. Ha parlato con altre atlete. E poi ci ha raccontato questo inizio di carriera, con tanto di debutto all’estero con le juniores alla Omloop Van Borsele, Coppa delle Nazioni in Olanda.

Cara Marta Bastianelli, cosa fa la collaboratrice del tecnico della nazionale?

E’ una bellissima esperienza. Vengo da un buon insegnamento di Paolo (il cittì Sangali, ndr), in tanti anni come tecnico e atleta. Adesso sono al suo fianco e mi auguro di potergli dare una utile mano in questo nuovo ciclismo, che sta prendendo sempre più piede anche tra le giovani. In Olanda tutte le prime erano nel giro dei team WorldTour, ben diverso rispetto ai miei tempi e rispetto all’Italia. Il fatto di aver percorso tanti anni di storia del ciclismo mi aiuterà di certo.

Fra un giro e l’altro del Liberazione, Bastianelli ha parlato con tecnici e staff delle squadre
Fra un giro e l’altro, Bastianelli ha parlato con tecnici e staff delle squadre
Sangalli ha detto che quando hai smesso, portarti in azzurro è stata una conseguenza naturale. E’ stato così anche per te?

Da un po’ di tempo, ancora da atleta, c’era la volontà da parte della Federazione di spingermi in questo mondo. In quel periodo però ero ancora atleta, mi piaceva ancora vincere le gare. Poi mi sono chiesta: perché no? Insomma, fare questo salto è sicuramente un valore aggiunto nel mio bagaglio di esperienze, quindi qualcosa di bello. Quando corri oppure indossi la maglia della nazionale, è sempre un grande prestigio e io questo non me lo dimentico.

Com’è avere a che fare con ragazze 17-18 anni?

Bè, sono tornata indietro di parecchio. Sinceramente non sono tempi in cui mi riconosco, perché noi il mondo giovanile l’abbiamo vissuto diversamente. Erano sicuramente anni difficili, loro hanno la strada un po’ più spianata, quindi mi auguro che questo benessere lo possano mettere in pratica nel vincere le corse, che è la cosa più importante.

Parli la loro stessa lingua o in qualche modo si coglie già il gap di età?

Diciamo che ho un po’ di esperienza con mia figlia (ride, Clarissa ha 10 anni ndr), ma è difficile capire se sia utile fare confronti, non sai mai se sia giusto o sbagliato. Però le vedo attente ai consigli, ci ascoltano molto. Sono ragazze ragionevoli.

Le juniores della Nations’ Cup hanno affrontato pioggia e vento: condizione limite per le nostre
Le juniores della Nations’ Cup hanno affrontato pioggia e vento: condizione limite per le nostre
Qual è il consiglio che ti viene più facile dare: quello di esperienza da corridore o quello da tecnico?

Non ho dubbi. Io metto in pratica la mia esperienza da corridore, perché da tecnico devo ancora farla: questa per me è solo una partenza. Però posso dargli un valore aggiunto da atleta, basato su quello che ho vissuto nei miei anni. Credo che per loro possa essere un contributo in più da aggiungere alla loro carriera, soprattutto quella futura.

In Olanda ad esempio avete trovato parecchio vento, sei riuscita a spiegargli come si sta nei ventagli?

Abbiamo fatto una bella spiegazione. Abbiamo detto loro dove mettersi in base a come tira il vento. Sono passaggi che alcune già conoscevano, perché erano già state a questa gara l’anno scorso. Paolo aveva già fatto un bel lavoro, però un consiglio in più fa sempre bene.

Come sei uscita da questa esperienza? Ti ha arricchito?

Sì, molto, anche dal punto di vista umano. Come persona, come mamma. Ho sentito molto questa esperienza da vicino, quindi sicuramente fa bene al cuore, alla mente e soprattutto al lavoro.

Può essere un ruolo azzeccato per il futuro di Marta Bastianelli?

Sì, è un incarico che mi piace molto. Poi non nascondo che mi piace anche lavorare con le elite, perché è un mondo che ho lasciato da poco quindi sono ancora abbastanza fresca di esperienze. Riesco a capire cosa pensano le atlete nelle varie fasi, quindi diciamo che mi piacerebbe allinearmi in tutto il settore, in base a quello che si può fare.

Con le elite sarà difficile passare da amica a tecnico?

Credo che ci sia una linea sottile e una volta che l’atleta lo ha capito, non è difficile. Sono ragazze intelligenti, sanno che adesso non sono più Marta atleta amica, ma sono Marta collaboratore azzurro. Posso sempre dare loro dei consigli, ma rimanendo nel mio ambito. Per me sono ragazze con cui ho corso fino all’altro ieri, quindi ho un rapporto speciale. Però quando si tratta di lavoro, mi piace che ci sia una linea precisa. So bene che magari è meglio parlarci un paio di giorni dopo una corsa, perché ricordo bene che a caldo puoi tirare fuori tante motivazioni diverse per giustificare una prestazione. Non sempre guardarle in faccia dopo l’arrivo ti fa capire bene le cose. Queste sono le consapevolezze che spero di poter portare.

Le seguirai anche in pista?

Faccio anche pista. Ho seguito le ragazze in qualche allenamento e ci tornerò a fine mese. Cerco di fare un po’ qua e un po’ là. A Montichiari ho trovato un ambiente molto familiare, bello, tranquillo. Ci sono ragazze che conosco e, anche i ragazzi. Mi sono trovata molto bene con Marco Villa, con Diego Bragato e con Fabio Masotti, che tra l’altro è un mio collega alle Fiamme Azzurre. Sono veramente felice di questo ruolo.

Sul palco, Bastianelli per la premiazione finale del UAE Team Adq come miglior squadra del Liberazione
Sul palco, Bastianelli per la premiazione finale del UAE Team Adq come miglior squadra del Liberazione
E Clarissa cosa dice del fatto che hai ricominciato a partire?

E’ abbastanza serena, soprattutto perché rispetto a prima passo più tempo a casa. Lo scorso anno ad oggi avevo già fatto 30 giorni fuori ed eravamo solo ad aprile, quindi è molto più tranquilla. Tra l’altro è felice quando può venire anche lei a vedere le gare, la vive in modo diverso. Non c’è più l’ansia della corsa, quindi mamma che corre. E poi le piacerebbe venire a vedere qualche allenamento in pista perché mi ha detto che vorrebbe fare il tifo. Le ho spiegato che non è come all’Olimpico, però penso che ai bambini faccia bene vivere queste giornate di sport e capire come funziona. Lei l’ha sempre vissuto sin da piccola dall’interno, ma forse adesso ha un briciolo di consapevolezza in più. Ai ragazzi fa bene vedere l’impegno di atleti poco più grandi di loro. Qualsiasi cosa scelgano di fare, lo sport resta una grande scuola di vita.

Donati azzecca lo sprint e diventa re di Caracalla

25.04.2024
6 min
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ROMA – Quello che conta in una giornata come questa è anche la dedica. E la dedica del team Biesse-Carrera, a partire dal vincitore Donati finendo con il direttore sportivo, va a Galimberti, vittima di una caduta drammatica al Giro di Romagna.

«Dedichiamo la vittoria a Francesco – dice a caldo il diesse Dario Nicoletti – che purtroppo ci segue da un letto d’ospedale. Anzi oggi non ha neanche potuto seguirci perché è in terapia intensiva. Ma domani quando si sveglierà saprà della vittoria».

Galimberti era lanciato nello sprint a Castrocaro Terme, quando ai 200 metri ha trovato ferma sulla sua traiettoria la moto di un fotografo che non avrebbe dovuto esserci. Il suo femore si è rotto in tre punti e male è andata anche allo spagnolo Mikel Iturria, che ha riportato varie fratture e una commozione cerebrale.

Uno dei tanti rilanci che rendono il Gran Premio della Liberazione una corsa a suo modo selettiva
Uno dei tanti rilanci che rendono il Gran Premio della Liberazione una corsa a suo modo selettiva

Dimenticare Glasgow

Davide Donati, under 23 di primo anno, ha vinto in volata la 77ª edizione del Gran Premio della Liberazione, che si è svolto seguendo il consueto copione nervoso e aggressivo alle Terme di Caracalla. Alle sue spalle il compagno di squadra Andrea Montoli e Federico Biagini del VF Group-Bardiani. Raramente si è visto un inizio di corsa così aggressivo, al punto che diversi direttori sportivi si sono messi a intimare ai propri ragazzi di andarci piano o non avrebbero finito la corsa. E così alla fine l’azione decisiva è nata da un allungo di Matteo Scalco e dal gruppetto che si è selezionato al suo inseguimento.

«Era una corsa cui tenevo – dice il vincitore – ma cerco sempre di non focalizzarmi troppo sugli obiettivi, perché poi vanno male (ride, ndr). Più invece la prendo con serenità e più riesco ad andare bene. Quindi con la dovuta calma e con la giusta preparazione, sono riuscito ad arrivare qui con una buona forma. E’ molto simile al mondiale dell’anno scorso di Glasgow, che io non ho fatto e mi era parecchio dispiaciuto. Però con tutte queste curve, mi sono trovato abbastanza bene. Pensavo di poter fare un buon risultato. Non conosco ancora bene gli avversari, però so le mie caratteristiche e quelle del mio compagno Montoli che è arrivato con me».

Cattani e Grimod sono rimasti per due giri allo scoperto: ripresi loro, il Liberazione è esploso
Cattani e Grimod sono rimasti per due giri allo scoperto: ripresi loro, il Liberazione è esploso

Gioco di squadra

Anche stamattina nella gara delle donne le prime appartenevano alla stessa squadra, ma questa volta per i due corridori della Biesse-Carrera il successo non era scontato. La squadra è rimasta sempre nelle prime posizioni e nel momento in cui si è formato il gruppetto che ha poi deciso la corsa, Donati e Montoli sono stati bravissimi a entrare e a dividersi con saggezza il lavoro. Dire che Donati fosse certo della vittoria è forse un azzardo, ma come conferma il suo direttore sportivo la gara di Roma era da tempo un suo obiettivo.

«Lui aveva cerchiato in rosso questa data – dice Nicoletti – ci teneva tantissimo. L’ha preparato, ma è un appuntamento comunque difficile da vincere. I ragazzi hanno corso benissimo, hanno fatto esattamente quel che avevamo stabilito. Peccato per D’Amato che è caduto subito, ma siamo sempre stati nel vivo della corsa. Poi Donati ha veramente qualcosa in più, perché comunque è veloce. L’ho visto stare bene negli ultimi giri. Eravamo partiti con lui, Arrighetti e D’Amato come fari, anche perché Grimod e Montoli hanno caratteristiche diverse. Anche se poi Montoli alla fine ci ha fatto una grandissima sorpresa, entrando nel gruppetto e centrando un secondo posto bellissimo».

All’inizio dell’ultimo giro, Donati non si è tirato indietro e ha fatto la sua parte in testa al gruppetto
All’inizio dell’ultimo giro, Donati non si è tirato indietro e ha fatto la sua parte in testa al gruppetto

Prima la scuola

Donati strappa l’applauso quando dal palco dichiara che in questo momento per lui il ciclismo è importante ma viene prima la scuola. E’ al quinto anno del liceo scientifico e racconta che non c’è nulla di semplice nel voler fare bene una scuola così impegnativa e uno sport come ciclismo che quanto ha impegno non è certo meno esigente.

«E’ una corsa che non avevo fatto neanche da junior – dice – però da quel che avevo capito era molto adatta alle mie caratteristiche, così piena di curve guidate. Sono un biker e so guidare bene la bici, perciò stamattina ero determinato a far bene. I miei obiettivi vanno davvero in base alla scuola e a come riesco a finirla, perché ho gli esami. Faccio lo scientifico, è abbastanza complicato. Un po’ riesco a conciliarla, ho qualche professore che mi aiuta, altri meno, però alla fine la stiamo gestendo abbastanza bene. Riesco a programmare bene le interrogazioni, però faccio parecchia fatica. Recupero poco, dormo poco, ma anche se alla fine tutto questo mi stressa molto, io non mi fermo».

D’Amato, Arrighetti, Montoli, Donati e il ds Nicoletti: la Biesse Carrera ha corso benissimo
D’Amato, Arrighetti, Montoli, Donati e il ds Nicoletti: la Biesse Carrera ha corso benissimo

Un vero talento

Nicoletti se lo mangia con gli occhi, ma in questo pomeriggio finalmente assolato di Roma, sta ben attento a coccolarsi l’intera squadra. Solo D’Amato, in un angolo durante le premiazioni, sembrava leggermente estraneo alla festa, ma essendo caduto c’era da capire che fosse un po’ abbacchiato.

«Donati non lo scopriamo ora – dice Nicoletti – l’anno scorso è stato uno dei talenti juniors del ciclismo italiano. Soprattutto nelle gare internazionali è sempre stato protagonista, sia a cronometro che in linea, e siamo riusciti a portarlo al nostro team. E’ forte, magari è prematuro ed eccessivo dire che sia un predestinato, ma di certo è un talento. Considerando anche che fa una scuola molto impegnativa e porta avanti bene entrambe le cose. Ha digerito bene il passaggio di categoria. Ha fatto subito secondo allo San Geo, poi ha proseguito con un inizio fortissimo. Ha avuto un leggero calo un mesetto fa, ma ci può stare essendo un primo anno».

Esami e tricolori

Eppure il salto dagli juniores agli under 23 non sembra così traumatico per questo ragazzo longilineo che ha sul volto tutta la soddisfazione di un lavoro portato in porto con successo.

«Da questo inverno – racconta – devo dire che sono migliorato parecchio rispetto all’anno scorso. Anche in ritiro ero andato bene rispetto ai miei compagni, non mi muovevo male. Però c’era sempre l’incognita della nuova categoria e comunque trovo le mie difficoltà in determinate corse. Soffro tanto gli scatti violenti sulle salite e spesso mi stacco perché sono più regolarista, però sta andando meglio del previsto. Adesso probabilmente farò un giro a tappe a fine maggio prima della fine della scuola e poi sicuramente dedicherò più spazio allo studio e meno a tutti gli appuntamenti. Mi dispiace perché proprio nel giorno degli scritti ci sono i campionati italiani a crono cui puntavo tanto e anche i campionati italiani in linea sono un po’ a rischio».

Se chi compila i calendari tenesse conto che ci sono atleti che studiano, forse capirebbero anche la necessità di andargli incontro. Ci hanno raccontato giusto oggi che qualche team manager si ostina a non prendere corridori studenti per non dovervi rinunciare in determinate occasione. E’ vero che ci sono anche altri aspetti su cui lavorare, ma davvero in certi casi non ci facciamo mancare nulla.