I test degli junior. La Ballerini da Toni

18.01.2021
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Junior e test. Junior che crescono. Ormai si è ben capito che già da questa categoria non si scherza più. Anzi sempre più spesso da qui si salta direttamente al mondo dei pro’. Tutto è più professionale a partire dalla preparazione.

Lo scorso fine settimana, la Franco Ballerini ha iniziato i suoi test presso il centro di Pino Toni, preparatore che tende una mano a molti team giovanili. Oltre alla squadra diretta da Andrea Bardelli, il coach lucchese segue anche Cps Professional Team, Scap, Uc Empolese… Ma quali sono le differenze con i pro’. Cosa pensano i ragazzi quando entrano in laboratorio? Che test si fanno?

Toni cerca di riportare al millimetro le misure dei ragazzi così da metterli a loro agio
Toni riporta le misure dei ragazzi sul cicloergometro

Il test incrementale

La stagione in qualche modo parte da qui. E’ in seguito ai risultati emersi da questi test che poi allenatori e direttori sportivi stilano il programma di lavoro e successivamente quello delle corse.

«I test sono molti – spiega Toni – ma in questo caso con i ragazzi si fa quello incrementale per estrarre i valori d’intensità a cui lavorare. Con i professionisti si fanno anche quelli metabolici, più complessi». 

Ma come si svolge il test? «E’ il classico incrementale. Prima faccio fare un riscaldamento in cui li porto anche a 3,5 watt/chilo, dipende anche dal peso, ma arrivano fino ai 220-250 watt. Terminato il riscaldamento (e fatto un po’ di recupero, ndr) inizia il test vero e proprio. Si parte da 100 watt e ogni minuto aumentano di 10 watt.

«La durata poi dipende dal soggetto e dal peso. Mediamente si attesta sui trenta minuti, per i ragazzi che pesano sui 65 chili. Ma ci sono atleti con numeri davvero importanti che sono andati anche molto oltre. E infatti una delle domande più ricorrenti dei ragazzi stessi è: quanto ha fatto Sagan? Quanto è durato Contador?».

Stupore sì, riverenza no

Quando arrivano presso il centro Cycling Project Italia i ragazzi non restano insensibili. 

«Il mio studio è particolare – spiega Toni – Ci sono cimeli, trofei e foto di campioni che eseguono i test. Ce n’è una di Frank Vandenbroucke. Il belga fece, credo, il suo ultimo test con me quando venne alla Cinelli di Biasci. C’è la foto di lui con il Leone delle Fiandre sulla spalla che troneggia e vedo che quello scatto suscita sempre un certo effetto. Alcuni sono emozionati, altri no. Quelli più tesi li vedo anche dalle pulsazioni: sono più alte prima d’iniziare che 5′-6′ dopo aver cominciato, quando invece sarebbero dovute aumentare. Pedalando invece si tranquillizzano e via. Salvo casi eccezionali, non è un tipo di tensione che influisce sui risultati.

«Devo dire però che rispetto al passato, i ragazzi hanno meno soggezione di allenatore, dirigente… Hanno più pelo sullo stomaco dal punto di vista del comportamento. Ti vedono più alla pari. Specchio della società? Forse. I social hanno un po’ appiattito tutto».

Valerio Conti da juniores nella Guazzolini Coratti: numeri da campione per il laziale
Valerio Conti da juniores nella Guazzolini Coratti

Conti fuoriclasse

I test che hanno svolto i ragazzi della Franco Ballerini hanno già evidenziato buoni numeri per qualcuno. E questo darà ai giovani ciclisti una bella iniezione di fiducia per iniziare a lavorare sul serio. Tuttavia non sempre si scende dal cicloergometro col sorriso.

«Agli junior non succede spesso però – riprende Toni – perché è il primo test e non hanno riscontri. Può starci che qualcuno si aspetti di più, ma non ci rimangono male. Magari già con i dilettanti può accadere. C’è chi andava molto forte junior e da U23 sperava di migliorare ma così non è stato. In più c’è chi è “animale” da laboratorio e chi da corsa».

Il recente campione europeo, Ponomar, però era “animale” sia sul cicloergometro che sulla bici a quanto pare.

«Anche Tiberi, recentemente, o Butteroni da junior hanno fatto segnare ottime prestazioni. Tra i tanti che ho avuto, Damiano Caruso e Valerio Conti fecero performance di altissimo valore. Conti soprattutto. Valerio veniva qui con il “povero” Antonio Fradusco già da allievo. Aveva un rapporto peso/potenza davvero elevato per quell’età, nella fase intermedia della carriera forse non ha reso come poteva».

Stagione post Covid: ripresa lenta, perché?

08.01.2021
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Inverno 2020-2021 uno dei più strani e cervellotici anche dal punto di vista della preparazione. Molti, o meglio alcuni corridori (comunque non pochi) sembra stiano trovando più difficoltà del solito a tornare a regime, a riprendere il ritmo come si deve, a collegare testa e gambe dopo la stagione del covid.

Michele Bartoli, che adesso è uno dei preparatori più apprezzati, non solo conferma questa tesi, ma ci aiuta anche a capirne qualcosa di più.

Enric Mas, Alto de Angliru, Vuelta 2020
Enric Mas alla Vuelta 2020 che si è conclusa l’8 novembre
Enric Mas, Alto de Angliru, Vuelta 2020
Mas alla Vuelta 2020 che si è conclusa l’8 novembre

Covid e calendari

«Non voglio generalizzare – dice Bartoli – ma io credo che molta della fatica nel riprendere sia soprattutto mentale. La seconda parte della scorsa stagione è stata iper compressa e concentrata. Molto intensa sotto ogni punto di vista. I corridori non hanno mai staccato veramente tra un appuntamento e l’altro e questo ha portato a maggior stress, meno stacco mentale. E di conseguenza la pausa invernale classica per questi atleti non è sufficiente».

In più va considerato che effettivamente la stagione è finita parecchio in ritardo. La Vuelta si è conclusa a novembre inoltrato. Durante il lockdown c’è chi ha staccato e chi invece ha continuato a menare. E alla fine tutti, chi più chi meno, hanno sofferto quel periodo di “limbo” imposto dal Covid. Mentalmente è stata senza dubbio una delle stagioni più toste di sempre. E su questo non ci piove.

Vincenzo Nibali, Stelvio. GIro d'Italia 2020
Nibali è stato tra i più provati dalla stagione del Covid
Vincenzo Nibali, Stelvio. GIro d'Italia 2020
Nibali ha sofferto la stagione del Covid

Difficoltà soggettiva

Ma chi soffre di più: uno scalatore, un velocista? Un giovane, un “vecchio”? Un atleta del WorldTour o uno delle professional?

«No, non credo ci sia una statistica, almeno vedendo i miei atleti. E’ un fatto di carattere, è più un qualcosa di soggettivo. Io credo sia anche “colpa” dei calendari che hanno affrontato e che devono affrontare. Chi deve andare forte presto, già a fine gennaio, in qualche modo è motivato e concentrato ed esula da questo problema. Chi invece è chiamato ad entrare in gioco più avanti ha meno stimoli e fare dei lavori specifici magari gli pesa di più».

E il Michele Bartoli corridore come avrebbe reagito all’inverno del covid: avrebbe avuto difficoltà a ripartire?

«Io credo che sarei ripartito con la voglia. Ero uno che l’inverno se lo godeva. Stavo davvero 30, anche 40 giorni senza toccare la bici e quando la riprendevo avevo grandi stimoli. Poi mi piaceva essere subito competitivo e per questo ci mettevo poco a responsabilizzarmi».

Elia Viviani, Tour de France 2020
Viviani è il corridore italiano con più giorni di gara nel 2020, ben 67 (pista esclusa)
Elia Viviani, Tour de France 2020
Per Viviani 67 giorni di gara (pista esclusa)

Quale cura?

E allora come devono fare questi atleti in difficoltà a rimettersi in riga: devono riposare ancora? Devono insistere? Devono andare dal direttore sportivo, prenderlo per la giacchetta e dirgli di farli correre prima?

«Credo sia importante parlarne – riprende Bartoli – è così che si trova il giusto compromesso. Se i miei obiettivi sono il Giro o le Classiche non è questo il momento di forzare e posso intervenire più facilmente. Ne parli con il preparatore e il ds e trovi un cammino personale. Alla fine la vera difficoltà è quella di tirare fuori la bici dal garage le prime 5-6 volte.

«Con i miei atleti sono bastati leggerissimi ritocchi e sono ripartiti alla grande. Un piccolo scarico ulteriore, un po’ più di libertà dal punto di vista del mangiare… e si risolve. Sì, con quel chilo in più, entreranno in forma più tardi, soffriranno un pelo di più e avranno buone sensazioni dieci giorni dopo, ma ne sono consapevoli, non è un problema. L’importante è non perdere mai di vista l’obiettivo. Questo è fondamentale».

Giro Italia

Coach Pino Toni, torna sui rapporti corti

30.12.2020
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Il tema sui rapporti lanciato qualche settimana fa da Michele Scartezzini non convince del tutto Pino Toni, tecnico e preparatore toscano sempre all’avanguardia. Lo abbiamo chiamato in causa per approfondire la questione e lui non ci ha messo molto a dire la sua.

Prima però riportiamo il passaggio chiave di Scartezzini, così da tenerlo a mente: «Se osserviamo lo sviluppo degli stradisti – diceva Scartezzini – ci si accorge che gli scalatori da 58 chili stanno scomparendo e quelli che fanno classifica sono tutti intorno ai 70 chili. Perché con l’avvento delle compact, più del peso conta la potenza. Se sul Mortirolo riesci a demoltiplicare i rapporti fino a trovare la cadenza che ti fa esprimere al meglio i tuoi watt, non serve essere leggerissimi come quando avevi soltanto il 25».

Matteo Fabbro
Fabbro in salita sfrutta il suo buon rapporto peso/potenza
Matteo Fabbro
Fabbro in salita sfrutta il suo buon rapporto peso/potenza

Intensity factor

Pino Toni analizza da un altro punto di vista la premessa di Scartezzini e riformula il tutto. Nella sua analisi il bilancio energetico ha la priorità rispetto alla scelta dei rapporti.

«Questa teoria non conta nelle corse a tappe e non ha a che fare solo con il rapporto watt/chilo – commenta Toni – Questo rapporto conta nel finale per andare forte in salita, ma il vero problema è che ci devi arrivare alla scalata e questo riguarda soprattutto chi vuol far classifica in un grande Giro. E’ prima di tutto una questione di energia, di quante se ne spendendo nel complesso della tappa: si chiama intensity factor. A quanta “intensità” sei dovuto andare. Faccio un esempio con numeri improvvisati. Un corridore di 51 chili per andare a 45 all’ora sfrutta l’85% del suo potenziale, uno di 65 chili spende il 70% questa differenza moltiplicata chilometro per chilometro, giorno per giorno alla fine è un bel gap. E’ una questione di capacità energetica. Io risparmio tutto il giorno e tu arrivi stanco all’imbocco della salita. Per questo vanno meglio i corridori di un certo peso.

«Vi dico questa. Io seguivo Matteo Fabbro. Nella prima tappa di un Romandia di qualche anno fa c’era da fare una cronoscalata e lui partì con 37,5 di febbre. Ciò nonostante Matteo, leggerissimo, si piazzò nei primi 15. In quel caso contava solo il rapporto potenza/peso».

rapporti
Il pacco pignoni Sram 10-33 che ha fatto discutere tra i pro’, ma desideratissimo dagli amatori
Rapporti
Il pacco pignoni Sram 10-33

Lo sviluppo metrico

Il discorso sulla leva, sui rapporti più corti, magari torna utile in altre situazioni, quando per esempio un velocista o un gregario quel giorno si deve salvare.

«Ecco, in quel caso è chiaro che montare il 34 è meglio – dice Toni – Se devo fare l’Alpe d’Huez per arrivare nel tempo massimo, monto la compatta e faccio più pedalate, risparmio un po’ il muscolo per il giorno dopo. Ma è chiaro che non parliamo più di prestazione.

«Voi di bici.PRO avete tirato fuori qualche giorno fa il discorso delle prime compatte di Fsa usate da Hamilton. Io dico che i rapporti piccoli non vanno incontro agli scalatori. Hamilton vinse perché aveva una clavicola rotta e non poteva fare forza sul “core”, sul sistema incrociato di braccia, busto e gambe. E quindi ha lasciato tutto il lavoro sulle gambe.

«Perché si usano quelle tipologie di rapporti? Perché sono cambiati i percorsi. Si cercano sempre più spesso pendenze estreme che 15-20 anni fa non c’erano. Ai tempi in cui ero in Srm ho fatto molti test e alla fine mi sono accorto che quel che conta è lo sviluppo metrico. Se tu ad un corridore potessi oscurare il rapporto che sta usando, a parità di sviluppo metrico non si accorgerebbe se sta spingendo un 34 o un 39».

rapporti
L’incrocio della catena da evitare: in questo caso 53×28
L’incrocio da evitare: in questo caso 53×28

Incroci e rapporti corti

E pure i corridori della Vini Zabù (e non solo loro) al Giro non avevano gradito molto il 10 al posteriore, pur avendo uno sviluppo metrico quasi identico al 53×11. Quindi un po’ lo sentono eccome.

«Vero, ma in questo caso parliamo in un pignone estremo, talmente piccolo che fa molto attrito. Perché in molti montano il bilanciere Ceramic Speed con le rotelle maggiorate? Perché la catena scorre di più. Si guadagnano 5 watt, con catena nuova. Con il pignone da 10 denti alcuni miei ragazzi hanno perso delle crono, lo dico dati alla mano.

«Un’altro aspetto da valutare è l’incrocio della catena. E’ importante che sia dritta il più possibile. Gli incroci vanno sempre evitati. Anche in questo caso c’è più attrito e più dispersione. Provate a fare le pedalate all’indietro con 53×25 o con il 53×15. Con il 25 la catena prima o poi salta, con il 15 gira “liscia”.

«Non è tanto una questione di demoltiplicazione – conclude Toni – E’il Vo2 Max che libera la potenza. Io dico che alla fine è importante scegliere il rapporto che ti serve e quello lo trovi dall’insieme tra la pendenza, il tuo peso, la tua forza e la tua condizione. E’ quello che ti deve far spingere al meglio».

Michele Bartoli

Preparazione: l’importanza di parlare con i ds

16.12.2020
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Preparazione a distanza, Androni Giocattoli e Michele Bartoli. Cosa hanno in comune queste tre cose? Michele Bartoli è uno dei preparatori che segue alcuni corridori dell’Androni Giocattoli.

Bene, risolto l’arcano cerchiamo di capire con il grande ex corridore toscano come gestisce questo compito che, come lui, svolgono tantissimi altri tecnici, tanto più in tempi di covid.

Scambio d’informazioni

«Ogni team oggi ha il suo responsabile di riferimento che si occupa della preparazione degli atleti – spiega Bartoli – Io parlo molto con Giovanni Ellena, uno dei direttori sportivi dell’Androni. Con Giovanni siamo molto vicini e ci sentiamo tutte le settimane. Vuole tenersi informato su come procede il lavoro.

«E’ chiaro che il preparatore segue anche quelle che sono le direttive della squadra in base al programma che hanno per i singoli corridori e non sempre questo coincide con il miglior cammino ipotetico. Quindi con alcuni corridori devo anticipare e con altri devo ritardare il top della forma, in vista di questo o quell’appuntamento».

Oscar Restrepo
Oscar Restrepo sulle strade del Giro d’Italia
Oscar Restrepo
Oscar Restrepo sulle strade del Giro d’Italia

Tre sudamericani 

Nel gruppetto di atleti dell’Androni che segue Bartoli ci sono anche tre sudamericani: i colombiani Oscar Restrepo e Santiago Umba e l’ecuadoriano Jefferson Cepeda. La preparazione non è sempre facile…

«Restrepo lo seguo dallo scorso anno. E’ un corridore di livello. Come altri colombiani alcuni sono già a pronti e con altri si parte da zero (o quasi). E forse proprio per questo sono tra i più forti al mondo: da giovani non hanno stress. Crescono solo a sensazioni, il che è buono per conoscersi e imparare a gestirsi. Anche perché gli stress da bambini o poco più poi si pagano. Ci sono dei nostri giovani che già hanno un bagaglio d’informazioni talmente ampio che finiscono col perdersi.

«Anche per questo io ho voluto la Michele Bartoli Academy, la mia squadra di ciclocross, perché quello è il modo più naturale per imparare a guidare, ad adattarsi, a stare in soglia… La mia idea è di portare, nel tempo, queste attitudini su strada. Ma con il tempo, ripeto, altrimenti finisco per essere uno di coloro che io stesso critico.

«A parte questa divagazione, Restrepo ha una buona base di partenza. Può essere tra i più forti. Io gli ho detto: ma dove sei stato fino adesso con i valori che hai? Il giorno in cui ha vinto Sagan al Giro, lui non era al top e pure è rimasto con i migliori fino alla fine. Bisogna fargli credere quello che vale. 

«Cepeda anche è bravo, ma rispetto a Restrepo è più acerbo. E Umba è “acerbissimo”! Lui ancora non l’ho conosciuto. Gli ho chiesto se avesse fatto dei test e mi ha detto di no. Mi ha detto però che conosceva i suoi battiti quando era a tutta, così mi ha mandato uno screenshot del computerino e sulla base di questo – quasi sorride Michele – ho stilato per lui una sorta di programma sulle intensità. Ma è un qualcosa di molto empirico. A breve quando riceverà il materiale nuovo ci lavoreremo su».

Alessandro Bisolti
Alessandro Bisolti lavora con Bartoli da due stagioni
Alessandro Bisolti
Alessandro Bisolti lavora con Bartoli da due stagioni

E gli italiani?

«Luca Chirico e Alessandro Bisolti, sono due buoni corridori. Hanno buone capacità, ma con loro il lavoro è più metodologico, più mentale che fisico. Bisolti ha un passato non facile, non è mai riuscito a fare un anno pieno, ha un potenziale che deve tirare fuori al massimo ancora. Chirico deve insistere sui suoi punti certi. Non sono campioni, ma in questo ciclismo ci possono stare.

«Sono io che spesso chiedo ai direttori sportivi. Loro sono i miei occhi sul corridore, tanto più in questi allenamenti a distanza e soprattutto quando sono alle gare. Se poi trovi un ds come Ellena che sa comunicare e conosce la materia, il mio compito diventa più produttivo. Con lui parliamo dei ragazzi, di quello di cui ha bisogno la squadra. E in base a questo correggiamo il tiro. Sono io che spesso faccio domande. Se per esempio analizzo dei dati e vedo che quel corridore in quel momento sta soffrendo più del dovuto chiedo a Giovanni: come lo hai visto? Perché? Com’era il colpo di pedale? Il suo parere va a compensare i numeri».

Stacco improvviso: giusto o sbagliato?

30.10.2020
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Il Giro d’Italia che finisce il 25 ottobre, la Vuelta a novembre inoltrato. Lo stacco all’improvviso. E all’orizzonte una stagione nuova che già chiama. Dal tutto al niente. Come reagisce il fisico dei corridori? E’ giusto terminare l’attività di colpo? Oppure non fa niente?

Attenzione per muscoli e peso

«Lo stacco – dice Claudio Cucinotta, uno dei preparatori dell’Astana – è certamente necessario. I ragazzi lo faranno anche se si è corso fino a poco fa (o si sta correndo ancora).

«Noi consigliamo un riduzione graduale dello sforzo. E’ sufficiente una settimana con tre, quattro di uscite di due tre ore, fatte in tranquillità per accompagnare muscoli ed organismo vero il riposo. Quindi basta uscire un giorno sì e uno no. E’ importante non fermarsi all’improvviso per due motivi principali. Il primo è che soprattutto se si viene da una gara dispendiosa come il Giro il metabolismo ha bisogno di energie, si ha lo stimolo della fame e si rischia di prendere molto peso (tanto più se si è rilassati con la testa, ndr). La seconda riguarda i muscoli. E’ bene osservare delle uscite di defaticamento per mandarlo a riposo in uno stato migliore, più elastico. In questo modo può recuperare meglio».

Claudio Cucinotta (classe 1982) ex corridore e ora preparatore
Claudio Cucinotta, ex corridore e ora preparatore

Lo stacco resta necessario 

Qualcuno ha ipotizzato che i corridori potessero tirare dritto, o comunque modificare radicalmente la loro preparazione invernale, in quanto avendo finito più tardi partivano da una base più alta e magari potevano già fare certi lavori o eliminare la parte della palestra.

«Nonostante le incertezze sui calendario 2021 lo stacco ci sarà. Noi per esempio – dice Cucinotta – non faremo il ritiro di dicembre, ma ne faremo uno solo a gennaio, covid permettendo.

«Per la ripresa forte o piano, questo dipende da quando si torna a correre e da quando si vuole andare forte. Alla fine chi ha fatto il Giro ha chiuso la stagione un settimana o due più tardi del solito. Semmai cambiano di più i discorsi per coloro che stanno facendo la Vuelta. Io credo che gli uomini da grandi Giri non cambino nulla. Il primo è il Giro ed è in primavera».

Stesso metodo, risultati diversi

Questa stagione ci ha regalato tante prestazioni inattese. Il lockdown e il calendario hanno creato molte sorprese, anche con stesse metodologie di allenamento.

«Un buono stacco resta necessario. C’è da azzerare una stagione particolare. Pensiamo ai Groupama-Fdj. Lo hanno scelto di fermarsi, di non toccare neanche i rulli per un mese. Pinot non andava e Demare invece ha mostrato una forza e una freschezza incredibili. Eppure avevano fatto la stessa cosa».

Parla il capo: Nibali è un vero leader

03.10.2020
2 min
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Poche ore al via del Giro d’Italia. Le squadre si stanno preparando per la ricognizione della crono d’apertura. E’ una crono davvero particolare essendo quasi tutta in discesa. In questa fase di attesa facciamo due chiacchiere con Luca Guercilena, team manager della Trek-Segafredo di Vincenzo Nibali.

Luca, cosa significa partire per il Giro con Nibali in squadra, per di più dalla sua Sicilia?

E’ già importante esserci, vista l’annata particolare. Avere Nibali è uno stimolo in più per tutti noi. Credevo che Vincenzo potesse smettere nella squadra che aveva scelto tre anni fa. Invece si è ricreata questa opportunità e vogliamo sfruttarla al massimo. C’è davvero una bella atmosfera.

Vincenzo è un vero leader?

Assolutamente sì. Ormai ha un esperienza tale che anche gli altri gli riconoscono questo suo ruolo.

Guercilena
Giro d’Italia 2020, da sinistra: Gianluca Brambilla, Julien Bernard e Vincenzo Nibali
Da sinistra: Bernard e Nibali
Cosa ti fa credere che Nibali possa ancora essere vincente?

I campioni sono campioni sempre. Quello che fa la differenza è la motivazione e questa con lui non è un problema.

Riguardo alla preparazione sei intervenuto anche tu, il capo?

Come in tutti i team ci coordiniamo. Da anni ormai c’è uno staff collaudato con Josu Larrazabal che pianifica il lavoro. Da quest’anno si è aggiunto anche Paolo Slongo, che è il punto di riferimento di Vincenzo. Lui ha le sue idee, ma come tutte le persone intelligenti, si è aperto alla discussione.

Si teme che il Giro non possa arrivare a Milano. Voi correrete come se ci fossero da fare le tre settimane o magari pensando che possa terminare prima?

Noi correremo come se dovessimo arrivare a Milano. Anche perché per noi la terza settimana è la migliore. E’ quella in cui Nibali può fare la differenza. Poi vedremo se ci sarà da raccogliere qualcosa prima.

Giulio Ciccone non sta ancora benissimo, dopo aver avuto il covid. Almeno in queste prime tappe il suo lavoro ricadrà su Nicola Conci?

Tutti i ragazzi sanno che devono dare il massimo per Vincenzo. Loro sanno che in queste prime frazioni Giulio potrebbe non essere in condizione. Sono motivati e sapranno svolgere il loro lavoro. Con la speranza che poi anche Ciccone sarà pronto più avanti.

Fusaz a Milan: aumentare la potenza

30.09.2020
4 min
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«Ormai certe ripetute è costretto a farle in salita, tanto è potente». Basterebbe questa frase del preparatore Andrea Fusaz per capire l’entità della crescita di Jonathan Milan, uno dei suoi atleti al Cycling Team Friuli.

La “Locomotiva di Buja” il prossimo anno correrà con la Bahrain-McLaren e non sarà più Fusaz ad allenarlo in vista di Tokyo 2021. Tuttavia, con il tecnico friulano, abbiamo voluto analizzare lo stesso l’ipotetico cammino atletico verso le Olimpiadi di Milan, in quanto nessuno lo conosce meglio di lui.

Milan
Jonathan Milan con Andrea Fusaz. I due analizzano i dati dopo una sessione di allenamento
Milan
Milan e Fusaz analizzano i dati di un test
Andrea, da dove dovrebbe partire Milan per essere al top in vista del quartetto olimpico?

Il primo step sono gli europei in Bulgaria a novembre. Lì avremmo tirato una riga per valutare il suo livello e tracciare il cammino olimpico.

Poniamo per un secondo che Jonathan sia ancora nelle tue mani, come imposteresti questo cammino?

L’obiettivo è aumentare la potenza. Dopo un’importante base aerobica (fine novembre-gennaio) inizierei a lavorare sull’intensità: ripetute a ritmo gara o più forte, a partire da 1′ fino ad un massimo di 2’30”, man mano riducendo il recupero. Raramente si arriva a coprire l’intera durata dello sforzo in gara. Ci si basa molto sui numeri. E’ importante valutare come Jonathan reagisce fisicamente e mentalmente a questi lavori particolarmente duri.

Quali sono le fasi della preparazione verso Tokyo?

Dopo gli europei Milan osserverei un paio di settimane di stacco, soprattutto mentale. Non dimentichiamo che tira la carretta da un anno intero. Lo avrei lasciato libero. L’unica cosa che gli avrei chiesto, di tenere a bada il peso. Per questo andavano bene del nuoto o delle passeggiate in montagna. Poi sarebbe salito in sella, su strada, per iniziare la fase aerobica. Contestualmente avrebbe curato la fase più intesa in palestra, quella in cui si lavora coi carichi massimali. Man mano la parte di forza in palestra si sarebbe alternata con quella in bici: partenze da fermo, ripetute con rapporti più lunghi (un dente in più davanti e uno in meno dietro), lattato massimo… E saremmo stati già verso febbraio. A quel punto sarebbero iniziate le gare di Coppa del mondo.

Spesso parli di recupero mentale. Questi sforzi intensi consumano anche sul piano psicologico. Avete un figura ad hoc nel CTF?

No. Nel Cycling Team Friuli però tendiamo a stare molto vicino ai ragazzi. E li ascoltiamo. In questo modo capiamo noi stessi i problemi. Solo così, hanno la capacità di affrontare in allenamento i propri limite e superarli.

Milan
Milan dopo la vittoria di tappa all’ultimo Giro U23 (foto Scanferla)
Milan dopo la vittoria di tappa all’ultimo Giro U23 (foto Scanferla)
Per le Olimpiadi avresti previsto più picchi di forma?

No, un solo picco. Io sono per una crescita graduale fino all’appuntamento clou. Poi va da sé che al termine di ogni blocco Milan avrebbe toccato dei picchi, ma ognuno sarebbe stato più basso del successivo. Sarebbe stato un lavoro approfondito su ogni fronte. Avrei prestato attenzione soprattutto alla forza. La palestra sarebbe stata fondamentale. Un allenamento o due a secco a settimana lo avrebbe svolto sempre.

Nell’anno olimpico la bici da strada si usa di meno?

No. La strada come detto serve per la base aerobica. In pista si fa bene il lattato. Ma nel complesso una gara su strada porta una qualità che nessun allenamento può dare. In più ci saranno i blocchi in pista con i ritiri a Montichiari. In quel caso i ragazzi alternano uscite su strada e 4-5 allenamenti su pista a settimana. Ogni sessione sul parquet dura circa tre ore, ma non si gira in continuazione. Tra riscaldamento, recupero, ripetute, analisi dei dati ci sono delle pause. 

Quando gli avresti fatto fare l’ultima gara su strada?

Dipende dalla durezza della corsa, ma non oltre le tre settimane prima.

Quali sono i lavori che preferisce Jonathan?

Vedo che tiene bene gli intermittenti. Jonathan ha dei numeri che degli atleti normali non hanno. E’ in grado di fare i 30-30 o i 40-20 anche a 650 watt. E ormai in pianura non riesce a farli, non riuscirebbe a raggiungere quei wattaggi. La velocità sarebbe troppo alta e così lo mando in salita.

Nell’ultimo anno Milan è cresciuto moltissimo. Ha potenza da vendere (foto Scanferla)
La potenza del friulano in pianura (foto Scanferla)
Dove può arrivare Milan?

Bella domanda. Dobbiamo capirlo anche noi. Stiamo parlando di un ragazzo che fino ad un anno e mezzo fa praticamente non si allenava. Mi sento di dire con certezza che batterà quel suo 4’08” (tempo stabilito a febbraio nell’inseguimento individuale, ndr). Vi dico che quest’anno ho dovuto rivedere tre volte le intensità delle sue tabelle. Per certi lavori siamo partiti con 500 watt, poi siamo passati a 600 e ora siamo a 650!

Quanto conterà il lavoro sui materiali?

Molto, ma questa risposta è legata alla nuova squadra. Posso dire che con Campagnolo e Pinarello abbiamo lavorato bene. Io mi concentrerei molto sul manubrio. Guardate cosa ha fatto Ganna ai mondiali.