Da un Bortolami all’altro, ma Julian punta alla pista

22.08.2024
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Nella delegazione azzurra che da ieri è impegnata a Luoyang nei mondiali juniores su pista, c’è anche un figlio d’arte: Julian Bortolami figlio di Gianluca che era una delle colonne portanti di quella Mapei che dominava nelle classiche e che ora agisce da direttore sportivo alla Pool Cantù dove peraltro corre suo figlio. Julian è uno dei tanti ragazzi che fa la doppia attività abbinando pista e strada e finora i suoi risultati migliori sono venuti dal velodromo.

Si potrebbe pensare che la sua propensione per le prove al chiuso siano qualcosa che va in controtendenza rispetto alla tradizione familiare ma non è così: «Anche papà faceva attività su pista ma pochi lo ricordano, perché l’ha fatta da giovanissimo, quando era ancora lontano dal passare professionista. Ma quell’attività gli è sempre piaciuta e me l’ha raccomandata perché utilissima anche per chi fa strada»

Il podio della corsa a punti europea con Bortolami 2° dietro Fugger (AUT)
Il podio della corsa a punti europea con Bortolami 2° dietro Fugger (AUT)
Quanto ha influito l’esperienza di tuo padre nel farti scegliere quest’attività?

Un po’, vedendo le sue gare. Ero troppo piccolo per potermi ricordare quando correva lui, ma attraverso Youtube e altri social ho visto di che cosa era capace e quello che ha combinato. Lui però non mi ha mai forzato, anzi, ha lasciato che ogni decisione fosse autonoma. Ho iniziato da G4, poi pian piano la passione ha preso il sopravvento e così ho continuato.

E quando hai iniziato su pista?

Da esordiente 1° anno. Sinceramente le prime volte non è che mi piacesse molto, ma poi mi ha preso sempre di più. Devo dire che sull’anello mi diverto molto, anche più che su strada, in particolar modo nella corsa a punti che è la mia preferita e dove ho conquistato l’argento agli ultimi europei.

L’abbraccio di Julian a papà Bortolami, vincitore della Coppa del mondo 1994 e del Fiandre 2001
L’abbraccio di Julian a papà Bortolami, vincitore della Coppa del mondo 1994 e del Fiandre 2001
Su strada invece che tipo di corridore sei, ricordi tuo padre?

Per certi versi sì, anch’io sono impostato come un passista. Non sono molto veloce, ma sulle salite tengo il ritmo abbastanza agevolmente. Cerco spesso le fughe, sia quelle da lontano che provando il colpo di mano negli ultimi chilometri. Da quel che ho visto, era un po’ il modo di correre di papà, ma a ben altri livelli.

Tuo padre ti segue, ti consiglia?

Certe volte capita che il direttore sportivo delle gare dove corro sia lui, ma non fa assolutamente differenza fra me e gli altri. Mi lascia abbastanza libero, l’unica cosa sulla quale batte sempre è usare la testa prima ancora che le gambe, perché le corse si giocano innanzitutto dal punto di vista tattico ed è su quello che bisogna lavorare.

Julian Bortolami ha iniziato a vincere molto presto, qui al Criterium Riva Logistica 2021 (foto Soncini)
Julian Bortolami ha iniziato a vincere molto presto, qui al Criterium Riva Logistica 2021 (foto Soncini)
Come giudichi la tua stagione?

Non ho corso molto, quest’anno ho privilegiato più la pista dovendo preparare le prove titolate. Avevo anche iniziato bene con qualche piazzamento, ma in generale non posso dire di essere molto soddisfatto. Sono arrivati buoni risultati soprattutto dalle prove di cronosquadre, a dimostrazione che sul passo posso dire la mia ed essere di aiuto, ma avrei voluto qualcosa di più, pur essendo solo al primo anno.

Per i mondiali che aspettative hai?

E’ chiaro che dopo quanto è avvenuto nella rassegna continentale punto a ripetermi nella corsa a punti, poi si vedrà quali specialità il cittì Salvoldi vorrà farmi fare. Io comunque sono partito per la Cina con tante speranze, staremo a vedere che cosa ne uscirà fuori ma sono ottimista.

La volata che regalò a Gianluca Bortolami il Fiandre 2001, su Dekker e Zanette
La volata che regalò a Gianluca Bortolami il Fiandre 2001, su Dekker e Zanette
Hai un sogno messo da parte, magari più relativo alla strada?

Vorrei innanzitutto compiere tutto il tragitto e quindi diventare professionista, poi avere la possibilità di vincere una grande classica. Il mio sogno è il Giro delle Fiandre, fare quel che fece mio padre nel 2001. Sarebbe davvero un gran colpaccio…

La Pool Cantù in Belgio, il racconto di Galbusera

11.08.2024
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All’Auber Thimister Stavelot, la corsa a tappe belga che ha raccolto al via molti dei principali team internazionali e che ha visto  il nuovo successo di Lorenzo Finn, c’era anche la Pool Cantù 1999-GB Junior Team, la formazione lombarda che si sta mettendo sempre più in luce proprio per la sua attività all’estero.

La squadra canturina, che già aveva partecipato nel 2023, ha trovato un baluardo in gara in Simone Galbusera, capace di proiettarsi all’ottavo posto nell’ultima tappa e finire non lontano dalla Top 10 nella graduatoria generale. Un’esperienza molto positiva, che il diciottenne lombardo ha vissuto fin nei minimi dettagli.

Il lombardo in gruppo nella corsa belga, chiusa al 13° posto a 2’08” dal vincitore Lorenzo Finn
Il lombardo in gruppo nella corsa belga, chiusa al 13° posto a 2’08” dal vincitore Lorenzo Finn

«Siamo partiti da casa al mercoledì mattina, noi ragazzi in aereo, mentre il diesse con meccanico e fisioterapista erano con macchina e furgone. Ci sono venuti a prendere in aeroporto e già alla sera abbiamo fatto una sgambata. Per fortuna l’hotel era vicino a tutte le zone di gara, quindi non abbiamo mai dovuto fare molti chilometri di trasferimento e questo aiutava non poco. Il giorno dopo, vigilia dell’inizio della corsa, siamo andati a visionare il percorso dell’ultima frazione che era la più dura con oltre 2.500 metri di dislivello, poi abbiamo fatto le prove del percorso della cronometro del secondo giorno, 3 chilometri abbastanza semplici che dovevamo affrontare tre volte».

Un racconto preciso come pochi il tuo. Veniamo alle gare…

La prima tappa doveva avere nei pronostici un epilogo in volata e così è stato, anche se c’è stata selezione e molti hanno perso il treno giusto. Noi abbiamo lavorato per Riccardo Colombo, che alla fine ha chiuso ottavo. Il secondo giorno tutti guardavano alla cronosquadre, molto veloce tanto è vero che le prime 14 squadre hanno chiuso nello spazio di 25”. Noi siamo finiti 17esimi a 40”. La semitappa del pomeriggio ha forse risentito dello sforzo mattutino, con tante cadute, in 4 si sono avvantaggiati di qualche secondo, io ho chiuso nel primo gruppo. Ma almeno in 40 sono finiti a terra.

La volata a Stavelot che è valsa a Galbusera l’ottava posizione dopo un bel recupero
La volata a Stavelot che è valsa a Galbusera l’ottava posizione dopo un bel recupero
L’ultimo giorno?

Era quello che avevo cerchiato di rosso, sapevo che poteva essere quello a me più adatto. Alla fine però mi è rimasto un po’ di amaro in bocca, perché ho imboccato l’ultima salita con un distacco troppo ampio dalla testa, oltre un minuto e mezzo. In salita ne ho ripresi tanti fino a raggiungere il gruppetto con Remijn, l’olandese che guidava la classifica e nello sprint sul pavé ho avuto la meglio, ma potevo fare di più.

Il vostro team gareggia spesso all’estero, approvi questa scelta?

A dir la verità io ho corso gare internazionali più con la nazionale, ma la scelta è sicuramente giusta e lungimirante. Quando ho fatto l’Eroica sono rimasto davvero sorpreso per la velocità che veniva tenuta soprattutto in pianura. E’ un modo di correre molto diverso da quello a cui siamo abituati. Io mi trovo bene perché ho un passato nella mtb, dove correre a tutta sin dall’inizio è prassi quotidiana. L’ho affrontata sin da quando ero G1 e fino al secondo anno da allievo, poi ho deciso di dedicarmi alla strada in maniera più concentrata.

Simone Galbusera nel team lombardo, al centro, alla sua sinistra c’è il fratello Pietro
Simone Galbusera nel team lombardo, al centro, alla sua sinistra c’è il fratello Pietro
Come hai iniziato?

E’ stato mio padre a “sedurci”, sia a me che a mio fratello Pietro che corre insieme a me nel team ed era anche in Belgio. Mio padre andava in bici da quando io sono nato e il suo esempio ci ha spinto a imitarlo, poi siamo andati avanti trovando in lui sempre un grande sostenitore, considerando anche tutti i sacrifici che ha fatto.

Torniamo alla gara in Belgio, vinta da Finn. Ti ha sorpreso il successo del vostro connazionale?

No, perché sapevo quanto va forte, l’ho visto agli italiani ed era evidente che aveva una marcia in più. E’ certo che la sua esperienza lo sta forgiando, ha un approccio alla gara diverso da tutti noi, un’abitudine a questi ritmi ma anche alla gestione della gara in maniera forte, ferma. Noi siamo più carenti in questo, nella gestione dei ritmi da tenere.

Prima del Belgio, Galbusera aveva vinto il Trofeo Diotto e Roma, battendo Rigamonti, compagno di club
Prima del Belgio, Galbusera aveva vinto il Trofeo Diotto e Roma, battendo Rigamonti, compagno di club
Se avessi avuto la possibilità, avresti fatto la sua stessa scelta pur considerando la tua giovane età e i problemi connessi soprattutto in relazione alla scuola?

Sicuramente. Se vuoi investire parte del tuo futuro in questa attività devi sacrificarti. Lorenzo è approdato in quello che a detta di tutti è il miglior team in assoluto della categoria, per crescita, concorrenza interna, metodi di allenamento. E’ un’esperienza incredibile che lo sta cambiando e sviluppando in maniera incredibile, anche nella gestione di gara e nella cura della forma fisica. Credo che tanti miei coetanei vorrebbero fare la stessa cosa…

Che cosa ti aspetti ora?

Abbiamo ancora un calendario ricco, soprattutto in Italia. Io spero di avere altre occasioni in gare importanti, anche per trovare contatti per la nuova stagione e il cambio di categoria.

La Pool Cantù in Belgio. Racconto di un’avventura

16.08.2023
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Quando un team juniores affronta una trasferta all’estero è sempre una notizia. Il Pool Cantù 1999 ha affrontato un viaggio in Belgio per la 57esima edizione dell’Auber Thimister Stavelot, prova a tappe di 3 giorni che per i ragazzi del sodalizio lombardo è stato non solo una corsa, ma una vera scuola di vita. Loris Ferrari, il diesse al seguito, ha raccolto tante impressioni partendo da un assunto: in gare del genere i risultati sono sì importanti, ma è l’esperienza in se stessa che conta davvero.

«Questa era la terza volta che partecipavamo alla gara – racconta Ferrari – precedentemente vi prendeva parte la rappresentativa lombarda. Un nostro dirigente conosceva bene gli organizzatori così abbiamo preso il loro posto, da tre anni a questa parte. Noi programmiamo due trasferte all’estero ogni anno: una in Olanda a fine maggio e questa».

Cedric Keppens (BEL) vince l’ultima tappa e la classifica finale. Travella 31° a 3’41” (foto Facebook/Auber Thimister Stavelot)
Cedric Keppens (BEL) vince l’ultima tappa e la classifica finale. Travella 31° a 3’41” (foto Facebook/Auber Thimister Stavelot)
Che valore ha quest’evento?

Già il fatto di essere in Belgio che è un po’ una delle roccaforti del ciclismo varrebbe da solo la trasferta, ma per loro questa prova è come il Lunigiana per noi, un evento di riferimento assoluto. E’ la gara principale in quella zona del Belgio, lo scorso anno avevano partecipato tanti campioni nazionali per far capire la sua importanza. Quest’anno ha sofferto la concorrenza con i mondiali che si svolgevano lo stesso fine settimana, ma c’erano comunque tantissime compagini straniere, anche da Australia e Usa.

Che tipi di percorsi avete trovato?

Quelli classici delle Ardenne, anche questo è servito molto ai ragazzi per crescere. Non c’è praticamente mai pianura. Le prime due tappe avevano dislivelli da 1.500 metri, l’ultima addirittura 2.400 metri, con all’intero alcune epiche salite della Liegi-Bastogne-Liegi come lo Stockeu. Non è un caso se nel suo albo d’oro recente c’è gente come Kelderman, Gaudu, Evenepoel

I passaggi su pavé sono stati difficoltosi per la pioggia. Qui Christian Sanfilippo (foto Facebook/Auber Thimister Stavelot)
I passaggi su pavé sono stati difficoltosi per la pioggia. Qui Christian Sanfilippo (foto Facebook/Auber Thimister Stavelot)
Che impressione ne hanno ricavato i ragazzi?

La cosa che mi dicevano tutti è che è un mondo completamente diverso dal nostro. Sapevano che sarebbero andati incontro a una gara molto difficile ed erano preparati, fisicamente e mentalmente. Nella prima tappa solo una caduta a meno di 2 chilometri dal traguardo ci ha impedito di ottenere qualcosa d’importante. Come si è visto nella seconda, erano fuggiti in 7 e non sono più stati raggiunti ma Fiorin ha vinto la volata del gruppo. Nel complesso comunque abbiamo ottenuto 3 piazzamenti nella Top 10 con Grimod, Fiorin e Travella, è un buon bilancio.

Nell’ultima tappa però ben 4 su 6 si sono ritirati…

Era una tappa “troppo belga”. Fiorin e Ferrario, quelli meno a loro agio con questo clima, hanno mollato quasi subito, Bonalda ha rotto una ruota con l’ammiraglia lontana, Grimod stava morendo di freddo, lo abbiamo fermato noi.

La volata del secondo giorno, Fiorin sulla destra coglie il 7° posto (foto Facebook/Auber Thimister Stavelot)
La volata del secondo giorno, Fiorin sulla destra coglie il 7° posto (foto Facebook/Auber Thimister Stavelot)
Quanti eravate in trasferta?

Sei corridori e altrettanti d’accompagnamento tra massaggiatori, meccanici e io che sovrintendevo il tutto. Avevamo un’auto e un furgone. I ragazzi all’andata sono arrivati in aereo, al ritorno ci siamo stretti e siamo partiti tutti insieme. La logistica era molto curata: eravamo in un appartamento che gestivamo autonomamente, favoriti anche dal fatto che le tappe erano tutte vicine. Rispetto alla soluzione dell’albergo era preferibile.

Che atmosfera avete trovato?

Bellissima quando si dice che questa è la patria del ciclismo hanno ragione, trovi gente entusiasta ogni giorno. I ragazzini venivano a chiedere borracce e selfie, i ragazzi dicevano che si sentivano quasi dei professionisti… Era qualcosa di contagioso.

Per i ragazzi lombardi sempre tanto affetto da parte dei locali, qualcosa che è rimasto nel cuore (foto Facebook/Auber Thimister Stavelot)
Per i lombardi sempre tanto affetto da parte dei locali (foto Facebook/Auber Thimister Stavelot)
In Italia di corse a tappe per juniores ce ne sono pochissime. E’ forse questa mancanza di esperienza che i nostri pagano quando vanno all’estero?

Un po’ sì, per fortuna si è corso ai ripari da quest’anno, togliendo quel vincolo di far partecipare i ragazzi a sole due corse di più giorni, quando vediamo che all’estero fanno quasi solo quello. Gli organizzatori pian piano si stanno facendo avanti, vedi il Giro del Veneto. E le gare alle quali abbiamo partecipato avevano un livello ottimo. Ci vorrà un pochino di tempo, ma sono sicuro che quel gap verrà presto colmato.

Per Belletta prima esperienza in Olanda e già pregusta il 2023

10.10.2022
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Negli scorsi giorni Dario Igor Belletta è stato in Olanda, per la prima presa di contatto con responsabili e strutture della Jumbo Visma. Un incontro rimandato più volte dopo la firma, ma che il corridore di Magenta attendeva con grande impazienza, voglioso d’iniziare la sua nuova grande avventura.

L’estate ha portato mille emozioni al diciottenne lombardo, tra la conquista del titolo italiano e l’approdo in un team così prestigioso. Il mondiale non è certamente andato come sperava, terminando anzitempo rispetto alla sua conclusione e, trasferta australiana a parte, i suoi risultati sono stati meno brillanti rispetto a prima ma una ragione c’è e Belletta lo ammette: «Da quando ho firmato cerco di rischiare il meno possibile. Non corro con l’obbligo del risultato, anzi se posso essere utile ai compagni lo preferisco. Per me il 2023 sarà decisivo, mi gioco tantissimo e voglio arrivarci integro».

L’ultima vittoria di Belletta, il successo al Trofeo Fiorina di Clusone (foto Giuliano Viganò)
L’ultima vittoria di Belletta, il successo al Trofeo Fiorina di Clusone (foto Giuliano Viganò)
Da quando hai firmato il contratto, in che contatti sei con il team olandese?

Li sento quasi tutti i giorni, finalmente poi sono potuto andare alla sede per ritirare il materiale e prendere contatto con la struttura. Incontrare di persona i responsabili è un’altra cosa, abbiamo potuto gettare le basi per la stagione che verrà. Sarà il primo anno nella nuova categoria, c’è tanto da imparare ma io voglio adattarmi il prima possibile.

Come giudichi questa stagione rispetto alla precedente?

I risultati ci sono stati in entrambe, in questa stagione ci sono stati più alti e più bassi mentre al primo anno junior ero stato leggermente più costante nel rendimento. Con un po’ di fortuna in più avrei portato a casa risultati maggiori ma nel complesso è stato un buon anno.

Salvoldi con Belletta in pista: il lombardo è argento mondiale nella corsa a punti (foto Fci)
Salvoldi con Belletta in pista: il lombardo è argento mondiale nella corsa a punti (foto Fci)
Come ti sei trovato a lavorare in nazionale con Salvoldi, che lo scorso anno non c’era?

Con lui il lavoro è assiduo e molto attento. Abbinare strada e pista non è semplice e sicuramente influisce sull’evoluzione della stagione perché molti eventi sono ravvicinati, ma quel che è certo è che in quest’anno, sia nei raduni che nelle trasferte azzurre ho imparato molto.

Il cittì, parlando della categoria, sottolineava il fatto di come si lavori con ragazzi molto diversi fra loro come evoluzione fisica, c’è chi si sviluppa nel corso dei due anni di appartenenza agli junior e chi è precoce e quindi al primo anno ha un vantaggio fisico sugli altri. Tu sei cambiato in questi 12 mesi?

Fisicamente sono rimasto com’ero, sono alto 1,87 per 73 chili. Quello che dice il cittì è vero, io forse ho sviluppato prima ma credo che in definitiva questo poco influisca sull’evoluzione di un corridore. Per emergere oltre al fisico devono esserci altre caratteristiche che riguardano la tecnica, il colpo d’occhio, il vero senso di essere un corridore. Credo di avere il classico fisico da passista veloce, capace di tenere anche su certi tipi di salite.

Per il corridore della Pool Cantù 1999 la gioia della maglia tricolore vinta a Cherasco
Per il corridore della Pool Cantù 1999 la gioia della maglia tricolore vinta a Cherasco
Approdando alla Jumbo Visma avete già parlato di obiettivi per il 2023?

No, credo che se ne parlerà nel corso dei primi ritiri ma per assurdo credo che non ce ne saranno di specifici e la cosa non mi dispiace. Il 2023 sarà importantissimo per crescere e continuare a sviluppare il motore. Il mio vero obiettivo è migliorare e dare sempre il massimo ed è questo alla base della mia scelta di entrare in un progetto così prestigioso.

Quasi tutti i tuoi compagni di nazionale e avversari nelle classiche italiane hanno scelto di andare all’estero come te: è una scelta che ti pesa, soprattutto per non avere alternative all’altezza in Italia?

Io non lo vedo come un problema. Non è che lascio l’Italia, continuo ad allenarmi prevalentemente a casa, a studiare, in realtà almeno inizialmente cambia poco. Bisogna poi partire da un presupposto: se scelgo questa vita lo faccio sapendo che si viaggia molto, non si può restare nel nido in eterno. Io non vedo svantaggi.

In Australia un mondiale senza squilli, chiuso con un ritiro. Lo scorso anno era stato 33°
In Australia un mondiale senza squilli, chiuso con un ritiro. Lo scorso anno era stato 33°
Che cosa ti proponi per il finale di stagione?

Vorrei solo chiudere in maniera tranquilla, non ho l’assillo dei risultati, poi finalmente potrò riposare e ricaricare le batterie in vista della nuova stagione. Non so quando riprenderemo e quando e dove ci sarà il ritiro, me lo dovranno far sapere.

Continuerai a dividerti fra strada e pista?

Sicuramente, anche se il focus sarà maggiormente sulla strada. Ma per le eventuali convocazioni per la nazionale sarò sempre pronto, ci mancherebbe…

Belletta, la maglia tricolore è un passaporto per l’estero

07.07.2022
5 min
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Che Dario Igor Belletta fosse uno degli junior più in vista del movimento italiano era cosa risaputa sin dallo scorso anno, dal suo trionfo al Gran Premio Liberazione. Ora però si può chiamarlo campione, dopo che a Cherasco (Cuneo) ha conquistato la maglia tricolore che era il suo grande obiettivo per questa prima parte di stagione. E non lo ha certo fatto in maniera semplice. Pur essendo accreditato alla vigilia di grandi possibilità in caso di arrivo in volata, il portacolori della GB Junior Team-Pool Cantù 1999 ha scelto la maniera forte, andandosene addirittura a 35 chilometri dal traguardo, con un’azione di quelle che riescono solo ai grandi, quando in palio c’è qualcosa di veramente importante.

A ben guardare, questo potrebbe essere non solo il segnale di un salto di qualità, ma anche di un effettivo cambio di pelle da parte di Belletta, intenzionato ad ampliare sempre più il parco di armi a disposizione per fare la differenza anche in contesti ben più elevati.

Belletta Cherasco 2022
Il podio finale di Cherasco, con Belletta fra Burani (2°) e Milesi (3°) staccati di 38″ e 43″ (foto Ossola)
Belletta Cherasco 2022
Il podio finale di Cherasco, con Belletta accanto a Burani, 2° a 38″ (foto Ossola)

Esaltato nel caldo torrido

Ripercorrendo la sua cavalcata vittoriosa (l’arrivo nella foto di apertura di Flaviano Ossola), Dario sottolinea un aspetto importante.

«E’ stata una gara resa ancor più dura dal caldo – dice – si toccavano i 38°C e il tracciato era sempre sotto il sole (dei 170 partenti, solo 49 sono arrivati, ndr). Fino al penultimo giro la gara era stata abbastanza chiusa, ma nel gruppo c’era molta stanchezza, io invece sentivo di averne e al Gpm ho capito che era il momento di andare. Ho anche sperato che qualcuno mi seguisse, invece mi sono ritrovato da solo e a fine discesa il vantaggio era cospicuo, così ho tirato diritto».

Avresti potuto tranquillamente aspettare lo sprint, invece hai scelto un’azione più rischiosa, significa che stai cambiando?

E’ logico che sia così, il ciclismo moderno lo impone. Rimanere sulle ruote non paga, aspettare lo sprint è un rischio. Io resto un corridore veloce e questo non cambia, ma non basta per distinguersi, voglio dire la mia su ogni tipo di percorso. Quello di Cherasco era duro, con oltre 2.000 metri di dislivello, ma io sto lavorando proprio sui miei punti deboli, sto migliorando nella mia tenuta in salita: non sarò mai uno scalatore, ma voglio essere un corridore il più completo possibile.

Belletta 2021
Belletta quest’anno è già stato in nazionale alla Course de la Paix chiusa al 41° posto
Belletta 2021
Belletta quest’anno è già stato in nazionale alla Course de la Paix chiusa al 41° posto
Quest’anno hai gareggiato spesso in corse a tappe, anche all’estero. Considerando questa tua trasformazione in essere, che cosa ci possiamo aspettare da te nelle gare di più giorni?

Le gare a tappe sono davvero dure e per curare la classifica servono caratteristiche specifiche. Credo che la caccia alle vittorie parziali sia più nelle mie corde. Alla Corsa della Pace per tre volte sono entrato nei primi 6. Le gare a tappe sono qualcosa di diverso dal resto, più ne fai e più migliori.

E’ chiaro che questa vittoria tricolore ti proietta in maniera particolare verso l’europeo del fine settimana: che cosa sai al riguardo?

Il tracciato va ancora visto e studiato, soprattutto dovremo parlare col cittì Salvoldi per capire come interpretare la corsa, ma poi si sa che tutte le tattiche che puoi studiare alla vigilia vanno verificate in base a come si evolve la gara. So comunque che è un percorso abbastanza impegnativo, non troppo dissimile da quello di domenica scorsa.

Quindi non sai ancora quali saranno i vostri ruoli…

No, ne parleremo con Salvoldi al momento adatto, quel che posso garantire è che come ho fatto in tutte le altre occasioni, darò tutto per la maglia azzurra, spremendo fino all’ultima goccia di energia. Sia che si possa correre per una soddisfazione personale, sia che si tratti di difendere un compagno.

Belletta Liberazione 2021
La volata vittoriosa di Belletta al Liberazione 2021. Ora vince anche per distacco…
Belletta Liberazione 2021
La volata vittoriosa di Belletta al Liberazione 2021. Ora vince anche per distacco…
Ormai sei un punto fermo della nazionale…

So che Salvoldi ha molta fiducia in me e voglio ricambiarla, qualsiasi compito mi venga dato. L’importante è che emerga uno di noi (con Belletta correranno Mirko Bozzola, Lorenzo Conforti, Luca Paletti, Matteo Scalco e Leonardo Volpato, ndr).

Andiamo un po’ avanti nel tempo: a fine anno cambierai categoria, hai già idea di quel che succederà?

Non ho ancora firmato, ma so che andrò in una squadra estera di grande prestigio, dove mi faranno correre fra gli under 23. Mi hanno già detto che dovrò farmi le ossa nella categoria inferiore e sono contento di questo, perché sono convinto che passare subito sarebbe un errore, c’è ancora tanto da imparare.

Il lombardo si divide con profitto fra strada e pista: lo scorso anno è stato iridato nell’eliminazione (foto Fci)
Il lombardo si divide con profitto fra strada e pista: lo scorso anno è stato iridato nell’eliminazione (foto Fci)
Andare all’estero ti preoccupa o ti entusiasma?

Sicuramente il secondo caso. So che a 18 anni è un po’ un salto nel buio, ma se voglio fare questo mestiere devo investire il più possibile su me stesso. Non ho paura d’integrarmi con la squadra e lo staff, parlo fluentemente inglese e quindi non ci saranno problemi da quel punto di vista.

E come modo di correre, in base alle esperienze che hai fatto quest’anno ci sono differenze con il ciclismo italiano?

Sì, noi siamo abituati a correre al risparmio e giocarci tutto nel finale, ma quando vai all’estero ti accorgi che quelle sono battaglie vere, dal primo all’ultimo minuto. Il ciclismo vero ormai è fuori dai nostri confini e bisogna adattarsi il più possibile. Un’azione come la mia di domenica molti l’hanno vista come un azzardo, all’estero è la regola…