Alvarado e Ronhaar: a Dendermonde fa festa l’Olanda

12.11.2023
7 min
Salva

DENDERMONDE (Belgio) – Tanta Olanda e tanto fango. Ieri a Niel in alcuni punti se ne era accumulato di più, ma quello di oggi è stato diverso. Una costante. E soprattutto più difficile da scaricare. Non a caso oggi gli “altri” eroi sono stati i meccanici. Che gran via vai al lavaggio nella pit-lane, come l’hanno chiamata qui. Gli atleti cambiavano bici ad ogni tornata. E se avessero potuto, anche dopo mezzo giro.

Il percorso di Dendermonde, Coppa del Mondo, è di nuovo un percorso vero: sembra scorrevole, ma è duro. Non manca nulla, c’è persino un tratto di pavé. «Ma qui è un tracciato del tutto normale», ci dice il capo dell’ufficio stampa, Nico Dick.

Ancora Alvarado

La prova femminile sinceramente non è stata entusiasmante. Celyn Alvarado ha bissato, se possibile con maggior facilità, il successo di ieri. Semmai la gara delle donne è stata interessante per il ritorno di Lucinda Brand (alla prima gara della stagione) e perché ci ha aperto gli occhi sulla gestione del fango.

La componente tecnica, i setup, potevano essere decisivi. E forse per qualche collega uomo lo sono stati, come vedremo.

Comunque Alvarado è passata subito in testa e senza apparente sforzo ha fatto il vuoto. Era quasi più impegnata a controllare i dati sull’orologio al polso (cambiando la bici era giusto che il “computerino” stesse lì) che a tutto il resto. Dietro è stato un inseguimento a distanza, con ogni ragazza che faceva la sua gara e pensava a portare la bici al traguardo. 

Alle spalle di Alvarado e Brand, l’ottima Zoe Backsted che, seppur U23, è ormai da annoverare tra le grandi interpreti (anche) del ciclocross.

Ronhaar, doppietta Olanda

Più combattuta, almeno fino a metà gara, la prova maschile. Poi Pim Ronhaar ha preso il largo. Dietro si davano i cambi per quanto possibile, ma non c’è stato nulla da fare.

Se ieri sugli ondulati di Niel il baricentro basso di Eli Iserbyt aveva fatto la differenza in positivo, oggi servivano i chili e i watt e in questo l’olandese della  Baloise-Trek-Lions non è secondo a nessuno. Iserbyt infatti ha pagato dazio. Ma su di lui torneremo, parlando anche delle sue scelte tecniche.

Con questa vittoria, Pim succede nell’albo d’oro alla doppietta del 2021 di Van Aert sul connazionale Van der Poel. Una rivincita dunque per l’Olanda. E l’inno orange risuona così due volte in questo paesino nel cuore delle Fiandre.

Setup diversi

Come accennato, i meccanici hanno avuto il loro bel da fare. Le lance delle idropulitrici hanno lavorato a più non posso.  C’è chi aveva anche quattro bici: una tra le gambe e tre nella pit-lane.

Iserbyt rispetto agli altri ha scelto una copertura non da fango estremo. Mentre quasi tutti gli altri avevano una tassellatura un filo meno fitta, quindi più estrema, che scaricava meglio e assicurava un filo in più di grip, come le gomme del vincitore: le Dugast Monsoon. Magari anche questo ha inciso.

Altro aspetto. Sbirciando tra i camper prima del via, oggi c’era una grande varietà nelle dentatura delle corone. Per gli uomini si andava dai 42 ai 44 denti per chi usava la monocorona, ma c’era anche chi aveva montato una 46. Mentre chi usava la doppia aveva il 46-39, abbiamo visto anche un 38.

Per le donne: monocorona da 40 denti, ma abbiamo notato anche una 36 denti, o una più consueta doppia 46-36.

Potenza o agilità?

Altro aspetto da valutare: oggi si è corso parecchio a piedi: oltre un minuto di bici in spalla per tornata, ancora di più per le donne. In teoria in questi casi si dovrebbe privilegiare l’agilità, quindi rapporti un po’ più corti. Eppure tra gli uomini ha vinto proprio chi aveva quella monocorona da 46 denti. Altro segno che su questo anello la potenza era fondamentale.  

Quindi chi aveva ragione? Non è facile da dire. Il discorso è davvero vasto: le scelte tecniche si accompagnano sia al percorso chiaramente, che alle caratteristiche degli atleti. Questa varietà non fa altro che stuzzicare la curiosità degli appassionati e, forse, farà ripensare qualche atleta questa sera.

Baroni, un quinto posto che sa di futuro

31.01.2021
4 min
Salva

Ci sono piazzamenti che valgono come una medaglia, hanno un sapore dolcissimo di futuro: quando Francesca Baroni ha tagliato il traguardo della gara U23 dei mondiali, ha alzato il pugno come se avesse vinto. Aver tenuto dietro due olandesi, le più temute alla vigilia, ha un significato altissimo. E’ finita quinta, poteva lottare per il podio?

Le olandesi subito in forcing dal via
Le olandesi subito in forcing dal via

Trappola francese

Secondo il Ct Fausto Scotti sì, anche su un percorso così difficile e lo si capisce dalla sua lettura della gara.

«In partenza due francesi, sulla prima salita, si sono piantate – dice Scotti – e l’hanno bloccata, ha perso una ventina di secondi dalle prime che si stavano lanciando in fuga in quel preciso momento. Poi ha fatto un primo giro a tutta, transitando quinta a 25”, ma aveva speso troppo e le ho detto di stare più tranquilla. Si è ritrovata a pedalare nel secondo gruppetto, curiosamente quello con le favorite, quelle che nelle prove di Coppa del mondo viaggiano con le varie Brand e Alvarado. Non aveva timore. Nei primi due giri, sulla sabbia accusava, poi ha invertito la tendenza e ha finito per guadagnare anche su un terreno così ostico. Ha fatto un miracolo, ma dico che senza quell’intoppo iniziale era con le olandesi di testa…».

Van Empel è la più giovane delle olandesi, ma sceglie meglio il tempo: un assaggio di futuro
Van Empel è la più giovane delle olandesi, ma sceglie meglio il tempo

Tutte insieme

La gara effettivamente aveva visto subito la grande favorita, Manon Bakker (terza sia sabato scorso ad Hamme che domenica nella tappa finale di Overijse, ma contro le “grandi”) scivolare ben due volte, vedendo sfumare tutte le sue ambizioni. Davanti era la sua compagna di squadra Inge Van Der Heijden a menare le danze, provando la fuga con le altre olandese Aniek Van Alphen e Fem Van Empel insieme all’ungherese Kata Blanka Vas, altra favorita della corsa.
Gioco di squadra? Fra le ragazze olandesi è un concetto sconosciuto. La magiara, che su alcuni tratti sabbiosi guadagnava, ma su quelli più profondi, vista la sua corporatura leggerina perdeva, ha potuto usufruire del lavoro delle altre arancioni. Fatto sta che a un giro dalla fine si sono ritrovate tutte insieme, con lo spettro della grande beffa che attanagliava i tecnici arancioni.

Dietro intanto la Baroni rimaneva attaccata con la colla alla Bakker e alla britannica Kay, viaggiando sempre fra la sesta e la nona piazza, ma curiosamente dal secondo passaggio, dove il distacco era di 55”, l’azzurra non ha perso più, anche se davanti si dannavano l’anima per vincere.

Van Empel, un’altra olandese campionessa del mondo
Van Empel, un’altra olandese campionessa del mondo

Iride Van Empel

Nel giro finale è stata la Van Empel a prendere l’iniziativa, con la Van Alphen attaccata. L’ultimo passaggio su sabbia era invece fatale alla Vas che vedeva le altre allontanarsi. La situazione si cristallizzava all’ingresso nella parte più tecnica e l’olandese meno accreditata alla vigilia (la più giovane, è al primo anno di categoria) andava a conquistare l’iride con 3” sulla Van Alphen e 9” sulla Vas, che debellava la tenue resistenza di una Van Der Heijden, stravolta dalla fatica e forse anche irritata per il comportamento delle compagne.

Francesca Baroni, Europei ciclocross, s'Hertogenbosch, 2020
Francesca Baroni è stata artefice di una rimonta eccezionale che sa di futuro
Francesca Baroni, Europei ciclocross, s'Hertogenbosch, 2020
Per Francesca Baroni, una rimonta eccezionale

Baroni immensa

La Baroni intanto andava a mettere la ciliegina sulla sua splendida prestazione andando a riprendere l’altra olandese Puck Pieterse (la campionessa europea), finendo splendida quinta a 54”.
«Non ci credo nemmeno io – dichiarava all’arrivo – sapevo che questo percorso non era adatto a me, ma credo di essermi difesa bene anche nei tratti meno favorevoli. Non potevo finire in maniera migliore la mia militanza fra le under 23…”.

L’azzurra passerà infatti fra le elite e viste le sue caratteristiche si candida a un ruolo importante anche nella categoria maggiore. Un talento sul quale è bene investire per il futuro, per farne una valida alternativa allo strapotere olandese.

Ostenda, prima giornata tutta arancione

30.01.2021
4 min
Salva

Una prima giornata tutta arancione, ai mondiali di ciclocross di Ostenda. I belgi avevano preparato con cura il terreno di gara. Si erano allenati su un tracciato molto diverso dai soliti, reso durissimo non solo dalla sabbia, non solo dal lungo tratto sul bagnasciuga, ma anche dalla pioggia che ha costretto gli organizzatori addirittura a drenare l’acqua nella parte finale. Tutto inutile, la nazionale olandese ha fatto il bello e cattivo tempo: 5 medaglie su 6 disponibili e soprattutto due titoli mondiali già in cascina, aspettando “Sua Maestà” Van der Poel.

Fila lunga e arancione sulla sabbia: se piove cambia tutto
Fila arancione sulla sabbia: se piove cambia tutto

Alvarado out

Fra le due gare, under 23 e donne elite, è stata quest’ultima quella più densa di emozioni, sin dalla partenza, quando alla prima curva la campionessa uscente Ceylin Del Carmen Alvarado ha svirgolato la bici frenando anche la belga Sanne Cant, che aveva preparato con cura la gara e che contava di far saltare il banco sulla sabbia.

Le due hanno perso posizioni senza più riuscire a riagganciare la vetta, mentre Denise Betsema metteva in pratica la sua tattica preferita: un primo giro a tutta per fare il vuoto. Una tattica che ha funzionato fin quasi a metà gara, ma la Brand aveva qualcosa in più soprattutto sulla sabbia (in settimana si era preparata con i colleghi maschi proprio su questo elemento) e nel terzo dei 5 giri l’ha ripresa. Solo che con lei c’era anche Annemarie Worst, quasi impalpabile per tutta la stagione, ma efficacissima nel momento che contava davvero.

Filippo Fontana era la nostra carta migliore: anche per lui 11° posto
Filippo Fontana era la nostra carta migliore: anche per lui 11° posto

Brand, era ora

Tre donne, tutte arancioni, a giocarsi la vittoria nell’ultimo giro: la Betsema è stata la prima fiammella a spegnersi, le altre due erano pronte a giocarsi tutto allo sprint e la Worst sembrava quella fisicamente più fresca, non così però mentalmente. Infatti sono stati due errori di pura concentrazione, a 4 curve dalla fine, a pregiudicarle una volata che a quel punto era di esito incerto.

Il podio U23: Kamp, Pim Ronhaar iridato e Kielich
Sul podio U23, due olandesi: Kamp e Pim Ronhaar iridato

Per la Brand, 31enne con due ori mondiali su strada (ma in prove a squadre) e tre podi iridati nel ciclocross negli ultimi tre anni, arriva la consacrazione dopo una crescita esponenziale soprattutto da fine dicembre.

«Per anni ho visto sfuggire questa maglia per un soffio – affermava non senza lacrime all’arrivo – ma ci ho sempre creduto, non mi sono preoccupata neanche quando la Betsema ha attaccato. Sapevo che la gara era lunga e dura, soprattutto dopo aver visto gli under 23».

Lucinda Brand scatena subito il forcing arancione
Lucinda Brand scatena il forcing arancione

Gabbiano Ronhaar

Già, la prova dei giovani, anche questa tutta arancione, ma non con l’epilogo atteso. Troppi gli errori commessi dal campione uscente Ryan Kamp, per ben due volte scivolato sui gradini di accesso al ponticello per errori di traiettoria. Molto più ordinato il suo connazionale Pim Ronhaar, per nulla impaurito dall’offensiva iniziale dei belgi, in 5 nei primi 8 all’arrivo ma logorati dal ritmo imposto dal rivale. Kamp saggiamente ha messo da parte le ambizioni personali, coprendo il compagno di squadra (che in apertura taglia il traguardo mimando il volo del gabbiano) e accontentandosi dell’argento.

Dopo esserci arrivata vicina tante volte, per l’arancione Lucinda Brand la maglia iridata
Dopo esserci arrivata vicina tante volte, per Lucinda Brand la maglia iridata

Fuori dai 10

Per l’Italia la “maledizione dell’11° posto”. In questo contesto aver centrato una Top 10 avrebbe dato alla spedizione azzurra un altro significato, ma prima Fontana (che pure è stato il secondo fuori dalla santa alleanza Olanda-Belgio, battuto solo dal britannico Turner che poco ha lenito la debacle dei suoi) e poi la Lechner, partita stranamente peggio della Arzuffi (finita 14esima) sono arrivati a un tiro di schioppo dall’obiettivo minimo.

Eva Lechner era molto motivata ma non va oltre l’11° posto
Eva Lechner era molto motivata ma non va oltre l’11° posto

«Hanno fatto quanto potevano in una giornata freddissima e su un percorso che non ti risparmia – il commento del Ct Fausto Scotti – con Eva abbiamo insistito parecchio, spronandola soprattutto nel finale. Fontana teoricamente valeva di più, anche un 5°-6° posto. Servirebbe che si dedicasse completamente alla disciplina, ma ha giuste ambizioni anche nella Mtb. Qui lottiamo contro i mulini a vento, tra sabbia e erba bagnata basta un attimo e sei a terra. La Worst ha perso il mondiale per una distrazione e qui non te lo puoi permettere».

Domani l’apoteosi finale, il duello Van der Poel-Van Aert, vincerà chi sbaglierà meno.