VDP Coppa 2021

Vdp e Pidcock in Mtb, ad Albstadt il primo assaggio

10.05.2021
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Mentre il Giro d’Italia iniziava a entrare nel vivo e la maggior parte dei candidati al Tour ne approfittava per allenarsi, due giovani piuttosto noti come Van Der Poel (in apertura nella foto di Alessandro Di Donato) e Pidcock hanno messo da parte la bici da strada e iniziato il loro cammino nella Mtb, che dovrà portarli a Tokyo. Il britannico aveva assaggiato le ruote grasse nel weekend del 1° maggio andando a conquistare una tappa della Swiss Cup, Van Der Poel si è presentato direttamente ad Albstadt, per la prima di Coppa del mondo.

Molti pensavano che i due avrebbero fatto subito a pezzi i “puristi” della Mtb, dimenticando alcuni punti focali. Innanzitutto che la Mtb è come il ciclocross, molto si gioca alla partenza e se sei costretto a scattare dal fondo, come è capitato a Pidcock (colpa della mancanza di punti in Coppa negli anni precedenti) devi remare un bel po’ e spendere un carico enorme di energie per tornare davanti. Poi che l’abitudine l’acquisisci solo gareggiando e anche VDP se ne è accorto, eccome…

Pidcock Albstadt 2021
Pidcock, iridato U23 in Mtb, in azione ad Albstadt (foto Alessandro Di Donato)
Pidcock Albstadt 2021
Pidcock, iridato U23 in Mtb, in azione ad Albstadt (foto Alessandro Di Donato)

Primo round per i “biker puri”

Terzo punto, forse il più importante: non è che gli altri, quelli che dedicano tutta la stagione alla Mtb, vadano piano, anzi meritano molto rispetto. Uno come Nino Schurter, per curriculum e carisma, è all’altezza dei principali campioni dello sport e chi vorrà l’oro olimpico dovrà innanzitutto fare i conti con lui.

Ad Albstadt, nel tempio tedesco delle ruote grasse, lo ha dimostrato fino a pochissimo dal traguardo, mettendoli tutti in fila, setacciandoli con le sue accelerate terribili soprattutto in salita. Il marchio di fabbrica di Van Der Poel, uno dei pochissimi che in passato aveva dimostrato di saper reggere, ma stavolta ha sentito le gambe pesanti e da metà gara in poi ha viaggiato fra i primi, senza però dare mai la sensazione di poter vincere.

VDP Albstadt 2021
Van Der Poel mancava dalla Mtb dal 2019, quando vinse 3 gare di Coppa e il titolo europeo (foto Alessandro Di Donato)
VDP Albstadt 2021
Van Der Poel mancava dalla Mtb dal 2019 (foto Alessandro Di Donato)

La beffa del francesino…

Fino a pochissimo dal traguardo? Sì, perché dietro Schurter si è posizionato Victor Koretzky, uno della nouvelle vague francese che sta riportando la Marsigliese a risuonare nei grandi eventi di Mtb. Il portacolori della KMC Orbea si è mantenuto dietro l’elvetico per sopravanzarlo prima dell’ultima curva, sapendo che così avrebbe avuto in mano la corsa e così è stato.

Van Der Poel ha chiuso settimo a 1’13” e per ora va già bene così, anche perché due giorni prima, nella specialità dello short track (una sfida molto più breve, su un circuito ridotto, utile per stabilire le prime file di partenza) aveva dato una lezione a tutti. Lo aveva detto alla vigilia: «E’ un anno e mezzo che non gareggio in mountain bike, non posso sapere come reagiranno le mie gambe». C’è da scommettere che già a Nove Mesto la musica sarà già diversa.

Un capitolo a parte lo merita Pidcock: lo avevamo lasciato in fondo al gruppo, ma il corridore della Ineos Grenadiers si è subito scatenato tanto che alla fine del primo giro era già nella Top 10. Alla fine ha chiuso 5° ad appena 29” da Koretzky. Il che significa che domenica potrà già partire insieme ai big, fianco a fianco, ma con tante energie in più e quel percorso in Repubblica Ceka gli piace assai…

Anche Pidcock a Tokyo in Mtb. Facciamo il punto

01.04.2021
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Non solo Van der Poel, anche un altro big della strada, seppur giovane, punta alle Olimpiadi in Mtb. A Tokyo, infatti, tra i pretendenti alle medaglie ci sarà anche Tom Pidcock. L’inglese della Ineos Grenadiers ha ottenuto il benestare dal suo team per la sfida a cinque cerchi. 

Si tratta davvero di un qualcosa di nuovo, al di fuori dagli schemi per la squadra di Sir Brailsford, la quale però come più volte abbiamo detto sta cambiando pelle.

L’inglese competitivo alla Strade Bianche tra Van Aert e Van der Poel
L’inglese competitivo alla Strade Bianche tra Van Aert e Van der Poel

Un sfida complicata

Tom è senza dubbio un asso della mountain bike. Ha vinto il titolo mondiale U23 nel 2020 (e persino quello assoluto in e-Bike). Tuttavia lo scalatore (ma è giusto definirlo “solo” così?) non ha più fatto gare di livello internazionale. Per farla breve, in Coppa del mondo non si è mai scontrato con i super big. Gli manca il testa a testa con la “cavalleria pesante” del cross country, la specialità olimpica. Lo stesso Van der Poel quando si ritrovò a gareggiare con gli elite ebbe le sue difficoltà all’inizio.

Un conto infatti è scontrarsi con calibri che rispondono ai nomi di Schurter, lo stesso Vdp, Sarrou, Avancini, Flueckiger… e un conto è con gli U23, seppur fortissimi come Vlad Dascalu, che corre in Italia nel Team Trek-Pirelli, o Filippo Colombo, ticinese che ogni tanto si affaccia su strada e spesso esce in allenamento con Nibali e Bettiol. Questi ultimi sono forti, ma ancora distanti dai leader.

Per questo motivo, quando Tom ha annunciato l’obiettivo olimpico ha dichiarato anche un calendario abbastanza intenso di prove offroad.

«Inizierò – ha detto Tom – la stagione con una gara a Leukerbad in Svizzera, tappa di apertura del Proffix Swiss Bike, il primo maggio. Si tratta pertanto di un inizio tosto, considerando il livello medio che c’è in Svizzera. A seguire ecco le tre tappe di Coppa del mondo: Albstadt, Nove Mesto e, dopo un mese circa, Leogang. A quel punto valuteremo se fare altre gare oppure no».

Nel 2020 Pidcock ha conquistato il titolo iridato U23 nel cross country
Nel 2020 Pidcock ha conquistato il titolo iridato U23 nel cross country

Obiettivo: fare punti

Uno dei nodi delle gare di cross country è la griglia di partenza. Questa è stabilita in base al ranking Uci e in questo caso Pidcock, proprio perché ha gareggiato poco, è piuttosto indietro (è 92°) e i punti Uci fatti tra gli U23 non contano in chiave olimpica. Questo non vuol dire che a Tokyo partirà così dietro, perché comunque i posti sono limitati, ma certo anche solo ritrovarsi in quarta o quinta fila vorrebbe poter dire addio alle medaglie già in fase di partenza. Il rischio di rimanere imbottigliati in cadute e noie meccaniche è molto elevato.

Per questo, ancor più che Van der Poel, Pidcock farà le prime due gare di Coppa, quelle che assegnano punti Uci: deve guadagnare posizioni. Questo potrebbe voler dire che ancora prima di cercare la prestazione, Tom correrà con l’intento di risalire il gruppo e trovare il feeling nelle gare di altissimo livello. In particolare Nove Mesto è molto complicata anche dal punto di vista tecnico, con il suo celebre rock garden, il più lungo di Coppa.

«Se farà bene ad Albstadt – ha detto il suo allenatore Kurt Bogaerts – le chance aumenteranno. Arrivare tra i primi 16 in Germania gli consentirebbe di partecipare alla gara di qualificazione dello short track (una sorta di qualificazione tipo la F1, ndr) per la gara di Nove Mesto. E partire a sua volta più avanti gli dà maggior possibilità di fare bene e di ottenere punti».

Pidcock durante i test con la sua Bmc Fourstroke
Pidcock durante i test con la sua Bmc Fourstroke

Dal pavè alle rocce

Intanto Pidcock sta correndo le classiche fiamminghe. Per le quali ci dicono essere particolarmente concentrato. La prestazione ottenuta alla Strade Bianche lo ha galvanizzato e gli ha dato la consapevolezza, semmai ne avesse avuto bisogno, che è competitivo anche WorldTour. 

Sempre secondo il suo coach questi sforzi gli potranno fare bene anche in ottica Mountain Bike, ma correre su certi terreni, acquisire la tecnica resta comunque fondamentale. E farlo in corsa lo è ancora di più.

Tom è andato in Spagna, a Banyoles, in Catalogna, per lavorare su questo aspetto. E lo ha fatto prima delle classiche del Nord, anche perché doveva mettere a punto alcuni nodi tecnici, come la scelta della bici sulla quale gareggiare visto che Pinarello (marchio della Ineos) non produce Mtb. Alla fine Tom ha optato per una Bmc Fourstroke con sospensioni SR Suntour e componenti Shimano. Una bici molto simile, per non dire identica, a quella utilizzata da Jordan Sarrou, nell’ultimo campionato del mondo (da lui vinto). Una bici sul cui sviluppo c’è la forte impronta di Julien Absalon, due volte campione olimpico e pluri-iridato. 

Si tratta di una full suspended (biammortizzata) e il marchio SR Sountour, anche se molto più piccolo rispetto a Fox e Rock Shox, consente un lavoro molto più personalizzato con i suoi corridori. Insomma, Tom potrebbe averci visto lungo nella scelta del mezzo e delle sospensioni. Sapendo che la tecnica, almeno a certi livelli, potrebbe essergli contro ha cercato di sopperire a questo gap con una bici che perdona un po’ di più.

Noi intanto aspettiamo con grande curiosità il mese di maggio, per vedere lui e VdP a confronto coi giganti della Mtb.

Quelli che passano alla Mtb, una sfida per pochi

23.11.2020
3 min
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Si parla più spesso di stradisti che passano alla Mtb, più raramente avviene il contrario e con il cittì della nazionale di mountain bike, Mirko Celestino, ne abbiamo parlato cercando di capire che caratteristiche deve avere uno stradista aspirante biker.

Simone Avondetto, un possibile stradista per Celestino
Simone Avondetto, un possibile stradista per Celestino

L’austriaco della Bahrain-McLaren, Hermann Pernsteiner (nella foto di apertura) è uno di quei “casi salmone”, cioè che vanno controcorrente. Eh sì, perché un conto è chi da giovane ha fatto Mtb e poi è passato presto alla strada. E chi a “fine” carriera ha cambiato disciplina, passando dalla strada alla Mtb. Uno dei primi fu proprio Celestino, poi Simoni, Casagrande, Chiarini. Seguiti poi da alcuni pro’ francesi e spagnoli.

Stradisti si nasce…

«Oggi è tutto esasperato e tutto è portato al dettaglio – dice Celestino – e non è facile passare da una disciplina all’altra. E non bisogna neanche pensare a Van der Poel: lui è unico. Lo stradista che passa alla Mtb ha bisogno della tecnica. Il biker che passa alla strada ha bisogno dell’esperienza e del saper stare in gruppo.

«Ricordo Cadel Evans. Lui arrivò alla Saeco che aveva vinto le Coppe del mondo in Mtb ma era davvero “limitato” all’inizio. Non sapeva stare in gruppo: o era all’esterno perché aveva paura o in coda a 10 metri dall’ultimo perché non sapeva stare in gruppo. In discesa sopra i 60 all’ora s’irrigidiva. Poi però ci si è messo d’impegno e piano piano… guardate dov’è arrivato!». In quest’ultima frase c’è tutto il nocciolo del nostro articolo. Per questo i “salmoni” sono pochi.

La Mtb la puoi fare anche in un secondo momento, la strada no. L’andare su strada si acquisisce da bambini.

Mirko Celestino

Biker e strada moderna

«Penso che il biker, sia esso maratoneta o crosscountrista – riprende Celestino – si sposi bene con il ciclismo moderno. Una volta partivamo piano e la corsa vera c’era negli ultimi 60-70 chilometri. Adesso al chilometro zero è già bagarre. Se ai miei tempi partivi al via, veniva un capitano e ti tirava una borraccia in testa. Queste partenze sprint, così come i prologhi e le crono sono ideali per i biker, abituati a stare a tutta dal primo metro e a fare da soli. Per questo la tattica potrebbe essere un limite».

E che la tattica sia un limite, è vero. L’anno scorso proprio Pernsteiner fu scartato dal suo team per il Giro in quanto in una corsa chiuse sul compagno di squadra, Antonio Nibali. L’austriaco si è giustificato dicendo di non essere abituato a queste tattiche, ma ha dovuto aspettare un anno per disputare la corsa rosa.

Gaia Tormena, dagli ostacoli dell’Xce alla pista
Gaia Tormena, dagli ostacoli dell’Xce alla pista

Tormena e Avondetto

«Se devo dire dei nomi di biker attuali che potrebbero passare su strada faccio fatica, ma non perché non li ritengo all’altezza, ma perché li vedo davvero come biker, nel fisico e nella mente.

«Mi viene in mente Gaia Tormena (ex iridata nell’Eliminator) e infatti l’ho messa in contatto con Dino Salvoldi. In lei ho visto subito la pista. Il suo modo di fare, la concentrazione, lo sguardo cattivo, l’esplosività. Una prova di Eliminator dura un minuto e mezzo e si può equiparare a certe specialità della pista. Dino mi ha detto che deve lavorare molto, ma che l’atleta c’è. E infatti è stata convocata per gli Europei U23 su pista.

«Tra i nostri ragazzi se dovessi giudicare il motore, i gemelli Braidot o i Kerschbaumer sarebbero all’altezza, ma come ripeto, faccio fatica a vederli stradisti nel complesso. Se proprio dovessi dare un nome allora direi Simone Avondetto, perché oltre ad avere un buon motore ha anche una grinta non comune. Cade e si rialza, è staccato, ma non molla mai è sempre con i denti di fuori e potrebbe adattarsi bene».