Tour de France 2025, Parigi, Montmartre, Wout Van Aert attacca, alle spalle c'è Tadej Pogacar

Parigi riapre ai velocisti? Bennati, Montmartre e la volata

11.11.2025
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«Se parliamo di Jonathan Milan – dice Bennati sicuro – secondo me c’è tutto il tempo per riorganizzare un inseguimento. Sicuramente qualcuno a Montmartre attaccherà, qualcuno farà anche la differenza. Il Van Der Poel della situazione, Van Aert (in apertura il suo forcing del 2025, ndr), Pogacar, Evenepoel, questi corridori qua. Però secondo me c’è il terreno per recuperare e per pensare a fare la volata. O comunque impostare la tappa per arrivare in volata».

C’è poco da fare: l’inserimento di Montmartre nel finale della tappa dei Campi Elisi fa storcere il naso ai velocisti, privati della ciliegina sulla torta dopo tre settimane sulle montagne del Tour. Quest’anno poi, le tre tappe precedenti hanno l’arrivo in salita in un crescendo rossiniano che sarebbe insopportabile senza la prospettiva di un’ultima chance. Forse per questo i tracciatori della Grande Boucle hanno rimescolato le carte del mazzo: Montmartre si farà, ma a 15 chilometri dal traguardo. Ben altra cosa rispetto ai tre passaggi del 2025, l’ultima a 6 chilometri dall’arrivo.

«E’ chiaro che dopo tre settimane – prosegue Bennati – le energie sono quelle che sono. Però in condizioni di asciutto sicuramente i velocisti possono pensare di giocarsi la volata».

Tour de France 2007, Parigi, Campi Elisi, podio, Daniele Bennati
Bennati ha vinto la tappa di Parigi al Tour del 2007, battendo in volata Hushovd e Zabel
Tour de France 2007, Parigi, Campi Elisi, podio, Daniele Bennati
Bennati ha vinto la tappa di Parigi al Tour del 2007, battendo in volata Hushovd e Zabel

Parigi 2025, fu vero spettacolo?

La precisazione sulla strada asciutta vale certamente un passaggio in più. L’anno scorso lo spettacolo fu incandescente, ma la neutralizzazione dei tempi nel circuito finale svilì parecchio la corsa alle spalle dei primi. Alla fine vinse Van Aert, che aggiunse i Campi Elisi all’iconica tappa delle strade bianche di Siena al Giro.

«Io non penso che pioverà anche l’anno prossimo – precisa Bennati – però questo non lo possiamo sapere. La strada bagnata da un certo punto di vista penalizza lo spettacolo, perché lo scorso anno alla prima accelerazione rimasero in sei e non fu bello per la tappa di chiusura in un palcoscenico così bello. Devo dire che da velocista, non è stato bello vedere i corridori da tutte le parti e gruppetti che si rilassavano per arrivare al traguardo. Obiettivamente se dovesse essere nuovamente così, preferirei il circuito classico. Non perché ero velocista e ho vinto su quell’arrivo, ma perché secondo me rendeva l’ultima tappa molto più adrenalinica».

Bastò un’accelerazione perché lo scorso anno a Parigi rimanessero in sei: dietro la tappa fu neutralizzata
Bastò un’accelerazione perché lo scorso anno a Parigi rimanessero in sei: dietro la tappa fu neutralizzata

Da zero a 100 in un attimo

L’ultima tappa del prossimo Tour misura 130 chilometri, che si porteranno a termine senza un dislivello di rilievo, fatta salva la salita di Montmartre. Ciò significa che i corridori, soprattutto i velocisti, avranno nelle gambe i circa 54.450 metri di dislivello delle tre settimane precedenti. Questo significa che l’ultima tappa piatta sarà una passeggiata di salute? No, sarà esattamente il contrario.

«La salita in sé non è durissima – annuisce Bennati – se la paragoni a qualsiasi muro del Fiandre è molto più leggera. Anche il pavé è abbastanza sconnesso, ma non troppo, quindi è abbastanza leggero. Però arrivi con tre settimane nelle gambe, per cui se il Pogacar della situazione vuole vincere l’ultima tappa, per i velocisti si fa comunque dura. Quelli di classifica hanno doti superiori di recupero rispetto a un velocista, quindi potenzialmente sono avvantaggiati.

«Tornando al discorso della tappa breve, per esperienza personale l’ultima tappa del Tour, del Giro o della Vuelta non è mai una passeggiata. Vieni da tre settimane molto impegnative e nei primi chilometri ci sono i festeggiamenti e un’andatura super blanda. Di conseguenza il ricordo che è sempre stato quello di una fatica tremenda quando si inizia ad accelerare sul circuito. Su un percorso del genere, sono sempre avvantaggiati corridori come Van Aert e Van Der Poel, anche se non sono scalatori. Perché il velocista ha provato a fare le volate e magari ha lottato per la maglia verde, quindi ha speso più di loro. Quindi per assurdo una tappa così corta potrebbe trasformare quella salitella in un bel problema. I velocisti dovranno mettere davanti tutti i compagni rimasti».

L’ultima tappa del Tour inizia con brindisi e saluti, ma questa volta Milan avrà la chance di giocarsi la volata
L’ultima tappa del Tour inizia con brindisi e saluti, ma questa volta Milan avrà la chance di giocarsi la volata

I velocisti ringalluzziti

Il senso però è che questa volta i velocisti potrebbero avere lo spazio per ricucire e giocarsi la volata. Magari non tutti, perché non tutti avranno le gambe per reggere quel tipo di accelerazione e il successivo inseguimento.

«Il Bennati che vinse a Parigi – dice il toscano, ricordando – negli ultimi giorni stava meglio rispetto alla maggior parte dei velocisti, perché probabilmente aveva un recupero migliore. C’è da capire se, correndo oggi, avrei messo davanti la squadra per fare Montmartre al mio ritmo, perché probabilmente il peso della corsa se lo prenderebbe Pogacar, soprattutto se vuole attaccare e provare a vincere. Magari per uno come lui 15 chilometri non sono una gran cosa, ma questo sarà un altro bel motivo per aspettare la corsa con grande curiosità».

Consonni, il secondo Tour: «Una montagna russa di emozioni»

06.08.2025
5 min
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Simone Consonni ha messo alle spalle il suo secondo Tour de France in carriera dopo quello del 2020 in maglia Cofidis accanto a Elia Viviani. Reduce dalle fatiche della Grande Boucle il corridore bergamasco ha ancora qualche giorno di pausa prima di ritornare in corsa sulle strade di Amburgo il prossimo 17 agosto

«Rispetto al primo – ci dice una volta rientrato dall’allenamento – è stato un Tour de France completamente diverso. Partiamo dalla cosa più lampante: il pubblico, che rispetto al 2020 era molto di più. Sono tanti anni che corro, un po’ di esperienza ce l’ho. Tuttavia ogni giorno rimanevo incredulo dalla gente presente lungo le strade: alla partenza, lungo il percorso e all’arrivo. Non importava che tipo di tappa fosse, il pubblico non mancava mai.

«L’altra cosa – continua – è che quest’anno andavamo per vincere le tappe ma avevamo anche l’obiettivo della maglia verde, senza considerare che c’era anche Skjelmose pronto a fare classifica. Era una doppia corsa e anche negli ultimi giorni dovevamo lavorare doppio per tenere la maglia verde fino a Parigi».

La maglia verde di Milan era un obiettivo per la Lidl-Trek che non si è mai nascosta
La maglia verde di Milan era un obiettivo per la Lidl-Trek che non si è mai nascosta

Inizio in salita

La maglia verde di Jonathan Milan sul podio di Parigi ancora brilla negli occhi dei tifosi e dei corridori della Lidl-Trek. L’obiettivo che il team guidato da Luca Guercilena si era prefissato alla partenza di Lille è arrivato, insieme a due vittorie di tappa che hanno coronato un lavoro davvero lungo. 

«E’ stato un Tour de France incredibile – racconta Simone Consonni – una vera montagna russa di emozioni. Alla vigilia eravamo super motivati, vista l’occasione di provare a prendere la maglia gialla subito. Purtroppo siamo rimasti tagliati fuori, è stato un primo momento difficile da metterci alla spalle. Nella prima volata, a Dunkerque, il secondo posto di Milan alle spalle di Merlier ci ha dato fiducia. Non che fossimo contenti, comunque quando hai un velocista come Jonathan (Milan, ndr) vuoi sempre vincere».

L’inizio del Tour non è stato facile però, con due occasioni sfumate
L’inizio del Tour non è stato facile però, con due occasioni sfumate
Poi, alla sesta tappa, ci siete riusciti…

E’ stata una gioia immensa per tutti e sicuramente una liberazione per Milan, la squadra e ogni persona dello staff. Quando siamo in corsa con lui percepiamo intorno al team delle aspettative importanti, anche qui al Tour tutti si aspettavano almeno una o più vittorie di tappa. A sentire molti sembrava quasi una cosa da dare per scontata.

Ma non è mai così?

Mai, soprattutto al Tour de France. Quando sei nella corsa più importante al mondo nulla è banale, poi se vinci una tappa con la forza e la rabbia che ha messo Milan tutto va meglio. Una volta sbloccati, però, siamo riusciti a imporre la nostra legge anche nei traguardi volanti. La squadra era partita con due obiettivi, vincere due tappa e la maglia verde, siamo riusciti a raggiungerli. 

Consonni e Milan hanno raggiunto un altro grande obiettivo insieme a tutto il team: la maglia verde
Consonni e Milan hanno raggiunto un altro grande obiettivo insieme a tutto il team: la maglia verde
Per te che Tour è stato?

Bello, fino alla doppia caduta di Carcassonne arrivavo alla fine di ogni tappa stanco, ma con ancora tante energie in corpo. Dopo quel brutto acciacco non ho più avuto il feeling dei giorni precedenti, l’ultima settimana più che soffrire ho proprio subito. 

Cosa cambia?

Che quando soffri sei abbastanza padrone dei tuoi sforzi, mentre subire vuol dire che sei in mano agli altri e fatichi a tenere un ritmo a te congeniale. Diciamo che l’ultima settimana ho dovuto gestire al meglio tutti gli aspetti di gara e la mia esperienza. L’ultimo posto nella generale (racconta con una risata, ndr) è frutto anche di una gestione delle energie che mi ha permesso di risparmiare qualcosa nelle giornate di montagna, per poi dare tutto nelle tappe decisive per la maglia verde. 

Il Tour di Simone Consonni si è complicato con la doppia caduta di Carcassone
Il Tour di Simone Consonni si è complicato con la doppia caduta di Carcassone
Una lotta all’ultimo punto. 

Fino alle ultime tappa il discorso era aperto e Pogacar faceva davvero paura, anche perché lui nell’ultima settimana è sempre riuscito a vincere due tappe. E poi la seconda vittoria di tappa di Milan, a Valence, non era scontata. Tutte le squadre hanno provato a vincere e tenere la corsa in pugno non è stato semplice. 

Quanto è stato importante l’affiatamento all’interno del gruppo?

Tantissimo. La nostra forza sta in questo, abbiamo un’intesa altissima che ci ha permesso di trovare sempre il giusto equilibrio. Nella prima vittoria di tappa, Stuyven era il profilo perfetto per fare da ultimo uomo e ci ha pensato lui a pilotare Milan. Un altro esempio è la tenacia e la caparbietà di Simmons che ha avuto un ruolo importantissimo nella seconda vittoria di tappa.

Aver inserito la salita di Montmartre ha escluso i velocisti dalla lotta per la vittoria sugli Champs Elysées
Aver inserito la salita di Montmartre ha escluso i velocisti dalla lotta per la vittoria sugli Champs Elysées
Arrivata la certezza della maglia verde vi siete goduti le ultime tappe?

Quella è arrivata con i punti del traguardo volante di venerdì, è stato il coronamento di un obiettivo del quale parlavamo da gennaio. Avere la maglia verde a Parigi è qualcosa di unico, peccato non averla potuta onorare con il nostro treno sugli Champs Elysées. Da corridore e da sprinter dico che quando ti cambiano una tappa iconica come quella di Parigi, un po’ storci il naso. Però vediamo il lato positivo, mi sono goduto Montmartre

Un passaggio iconico. 

Ho corso le Olimpiadi di Parigi, ma mi mancava la “Parigi su strada” visto che ho corso su pista. Devo ammettere che a livello di spettacolo è stato unico anche per noi corridori, ho vissuto una delle giornate più emozionanti della mia carriera. Non avevo le gambe per fare la corsa, ho tenuto duro, ma all’ultimo giro ho alzato bandiera bianca e sono andato su a ritmo da passeggiata. Molti dicono che i corridori devono tenere duro, però penso di aver fatto la scelta giusta. Montmartre era una bolgia e quel giorno rimarrà sempre nei miei ricordi, come la maglia verde di Milan sul podio finale.

Ballerini è convinto: «Al Tour ho capito che manca solo la vittoria»

31.07.2025
4 min
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La Grande Boucle, conclusa sull’inedito percorso di Montmartre, ha lasciato nelle gambe e nella testa di Davide Ballerini la consapevolezza di poter ambire a qualcosa di grande. Lo testimonia il fatto che tra una settimana correrà alle Arctic Race of Norway, che prenderà il via da Borkenes. I giorni dopo il Tour de France sono serviti per staccare un po’ a livello mentale, mentre le gambe girano ancora bene. Il momento va sfruttato, perché la consapevolezza e l’ambizione crescono. 

«Ci vorrà ancora qualche giorno per riprendermi totalmente dalle fatiche del Tour – dice Ballerini – sono ancora stanco. Più di testa, perché alla fine oggi sono uscito in bici per fare due orette tranquille e la condizione c’è. Lunedì sarà di nuovo tempo di chiudere le valigie e partire per la Norvegia, vediamo di sfruttare il momento positivo».

Wout Van Aert, Davide Ballerini e Tadej Pogacar sullo strappo di Montmartre, un assaggio di “classica” nella tappa finale del Tour

Dalla caduta agli Champs Elysées

Quel secondo posto di domenica sugli Champs Elysées ha lasciato un po’ di amaro in bocca all’atleta della XDS Astana, sensazione diventata più gradevole una volta raffreddati i pensieri e capito contro chi ci si è trovati contro. 

«La cosa migliore che porto a casa da questo Tour de France – prosegue – è la consapevolezza che se faccio tutto al meglio posso essere là insieme ai primi e giocarmi qualche gara. Anche perché la caduta durante la terza tappa mi ha fatto soffrire molto, ma la condizione c’era e questo mi ha aiutato a uscire dal momento difficile».

Il giorno dopo la caduta Ballerini presentava bendaggi evidenti ma ha saputo resistere e superare il momento difficile
Il giorno dopo la caduta Ballerini presentava bendaggi evidenti ma ha saputo resistere e superare il momento difficile
Il più difficile del tuo Tour?

Sicuramente, la mattina successiva alla caduta stavo davvero male. La vera risposta però l’ho avuta il giorno dopo, in quelle situazioni capisci subito se riuscirai a continuare o meno. Se quando sali in bici per andare al foglio firma senti dolori e acciacchi allora continuare diventa praticamente impossibile. Io appena sono salito in sella mi sono sentito relativamente bene, anche se devo dire che sono stato anche abbastanza fortunato.

In che senso?

Perché i giorni dopo non siamo andati davvero forte, le andature non sono state esagerate. Complice anche l’ottima condizione con la quale mi sono presentato al via da Lille. Arrivavo dalla caduta della Roubaix dove mi sono rotto lo scafoide, gli altri sono andati in altura mentre io avevo scelto di rimanere a casa per riuscire a fare tutta la riabilitazione necessaria. 

Nell’ultima settimana, riassorbite le botte, Ballerini ha provato a giocarsi la vittoria, qui a Valence dove ha chiuso quinto
Nell’ultima settimana, riassorbite le botte, Ballerini ha provato a giocarsi la vittoria, qui a Valence dove ha chiuso quinto
Cosa ti ha lasciato questo Tour?

Che non si deve mai mollare, prima o poi le gambe girano e lo faranno nel momento giusto. Ora ho visto che se mi preparo nel modo corretto posso andare forte, mi manca la vittoria e voglio raggiungerla. Nel ciclismo ne vince uno solo, quindi non è mai semplice.

Però a Parigi hai dimostrato di esserci…

Sì, per sensazioni mie e per l’entusiasmo del pubblico è stato il momento più bello. Sono consapevole che le forze in campo non erano esattamente pari, Pogacar non era al 100 per cento. Lui ha corso un Tour sempre davanti, tirato e al limite. Io ho avuto giorni nei quali mi sono staccato e ho preso il tutto con calma. Fare una, due o tre tappe in questo modo aiuta ad arrivare più freschi nel finale. Van Aert ha mostrato di essere superiore, non c’è nulla da dire. Ci ha lasciati lì con un’azione di forza impressionante. 

Nelle tappe di montagna ha potuto gestire lo sforzo e presentarsi in condizione all’ultima tappa di Parigi pronto a dare battaglia
Nelle tappe di montagna ha potuto gestire lo sforzo e presentarsi in condizione all’ultima tappa di Parigi pronto a dare battaglia
In generale cosa manca per agguantare la vittoria desiderata?

Non c’è un fattore da curare o qualcosa da fare in maniera differente. So che continuando a lavorare e preparandomi in questo modo la gamba c’è. Non si deve mai lasciare nulla al caso, prima o poi il momento arriva. 

Parigi. Il circuito “olimpico” e la firma di Wout

27.07.2025
6 min
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Da Parigi a Parigi. Dalle Olimpiadi dell’anno scorso al Tour de France di quest’anno, le emozioni e lo spettacolo sono rimasti gli stessi. Sempre un belga ha vinto: stavolta si chiama Wout Van Aert, ma che bello è stato vedere il suo rivale numero uno, Tadej Pogacar, in maglia gialla.

Dopo una settimana sotto le aspettative in termini di attesa dei duelli in montagna, la corsa francese si è riaccesa. Si è ravvivato Pogacar e la magia è tornata, anche perché si è ravvivato pure Van Aert. Pensate cosa sarebbe stato se ci fosse stato anche Mathieu Van der Poel.

Luca Mozzato sul circuito di Montmartre a Parigi 2024
Luca Mozzato sul circuito di Montmartre a Parigi 2024

L’occhio di Mozzato

La novità del circuito di Montmartre era importante e ha fatto parlare già mesi prima. Noi stessi avevamo ipotizzato e analizzato questo tracciato, ma oggi siamo andati oltre: l’analisi l’abbiamo fatta con Luca Mozzato, atleta dell’Arkea-B&B Hotels, che non era al Tour ma sul lettino del massaggio al Tour de Wallonie, dove tra l’altro oggi ha ottenuto un incoraggiante quinto posto.

L’anello olimpico misurava 18,4 chilometri. La salita di Montmartre da ripetere due volte, arrivava dopo circa 240 chilometri. L’anello stavolta invece misurava 16,7 chilometri, arrivava dopo appena una settantina di chilometri, ma anche dopo tre settimane. Differenze non da poco.

Differenze che sottolinea parecchio Mozzato. Luca ha corso le Olimpiadi di Parigi 2024 e, tra quello che ha sentito sotto le ruote e quello che ha visto oggi in televisione, ci aiuta a capirne di più.

Piove e il fondo è insidioso: guardate Pogacar (in giallo ovviamente) come si tiene sempre distante da chi lo precede
Piove e il fondo è insidioso: guardate Pogacar (in giallo ovviamente) come si tiene sempre distante da chi lo precede
Luca, cosa ti è sembrato di questo finale parigino?

L’obiettivo del Tour è stato centrato. Prima, nella tappa finale, c’era suspense solo negli ultimi 15 chilometri che portavano alla volata. Adesso c’è stata un’ora abbondante di battaglia.

Ma secondo te la pioggia lo ha un po’ limitato questo spettacolo?

Non direi dal punto di vista tecnico, magari è cambiato qualcosa dal punto di vista del pubblico. Forse c’era qualcuno meno a bordo strada o non ci è rimasto così a lungo. Anche se poi sulla salita il colpo d’occhio era eccezionale.

Che circuito è questo, Luca? Tu ci hai corso alle Olimpiadi, in un altro contesto, con altre temperature e un gruppo ristretto. Ti è sembrato molto diverso?

La parte che era veramente uguale alla fine era quella di Montmartre: l’attacco, la salita e la discesa. Perché poi, per il resto, era completamente diverso. Poi un conto è farlo in una corsa di un giorno e un conto è farlo al termine di una gara di tre settimane, con le energie al lumicino. E per come è andata la tappa è stato come ritrovarsi a correre una classica. Perché di fatto è stata quasi una classica. E non è facile per le gambe degli atleti. Anche tatticamente è difficile fare un paragone tra quella gara e quella di oggi.

L’apporccio allo strappo era complicato e tecnico. ma nel complesso secondo Luca l’anello proponeva qualche curva in meno
L’apporccio allo strappo era complicato e tecnico. ma nel complesso secondo Luca l’anello proponeva qualche curva in meno
Una cosa che abbiamo notato è che Pogacar stava sempre un po’ più lontano rispetto a chi lo precedeva…

Li ho visti affrontare le curve con tanta attenzione, soprattutto in frenata. Bisogna essere molto delicati, sentire proprio la frenata e la ruota, perché era scivolosissimo, specie con tutto quel pavé. E’ vero, Pogacar si teneva più lontano rispetto agli altri, ma il motivo è semplice: lui aveva molto da perdere. Comunque, okay la neutralizzazione del tempo, ma la bici la devi portare all’arrivo. Quindi okay rischiare, ma non oltre il limite. Gli altri erano lì per la vittoria di tappa e si giocavano il tutto per tutto. Poi bisogna considerare un’altra cosa.

Quale?

Che in una grande metropoli come Parigi, tra smog, polvere, foglie, le strade sono sempre un po’ più scivolose. E con questo bagnato e lo sconnesso degli Champs Elysées tutto diventa più insidioso. Per me Tadej ha fatto bene a non prendere rischi eccessivi.

Il momento decisivo. Terza tornata. Pogacar affonda il colpo, Van Aert sulla destra spinge ancora più forte
Rispetto a Parigi 2024, tu mi hai detto che il circuito era un po’ diverso: in cosa?

Alle Olimpiadi la parte in asfalto aveva molte più curve, e una sezione era veramente tecnica prima di prendere la salita. Qui invece, dopo l’Arco di Trionfo, era più lineare. Ma ripeto: sono due corse del tutto differenti.

Come li hai visti guidare?

Con attenzione. Vista la situazione, non mi è sembrato di vedere qualcuno che abbia preso più rischi del dovuto. Le uniche due discese veramente fatte a rotta di collo sono state quella di Matej Mohoric e quella finale di Van Aert. Lì bisognava davvero rischiare: Mohoric per rientrare, Van Aert per allungare. Con i sampietrini bisogna essere sensibili. Mai essere bruschi sui freni: il rischio di bloccare la ruota è un attimo.

Bravissimo Davide Ballerini, secondo davanti a Mohoric. E sullo sfondo Pogacar festeggia il suo 4° Tour
Bravissimo Davide Ballerini, secondo davanti a Mohoric. E sullo sfondo Pogacar festeggia il suo 4° Tour
Pogacar ci ha rimesso di più con la pioggia? Senza contare che Van Aert è anche più pesante di lui, e ai fini della trazione non era poco…

Un po’ sì, ma alla fine mi è sembrato vederlo aver speso un po’ di più nel corso di questa giornata. Proprio per non prendere rischi ha preso più aria degli altri e del necessario. E’ rimasto da solo presto al primo giro. Ha fatto lui la selezione e alla fine forse era un filo meno brillante: ma il gioco valeva la candela. Almeno queste sono mie sensazioni. Magari lui ci direbbe il contrario!

Era più duro questo o quello delle Olimpiadi?

Bisognerebbe farlo! Vedendo l’ultimo giro, questo è sembrato davvero tanto impegnativo. In fuga si staccavano pur essendo stati all’attacco per un’ora. I ritmi erano folli. Ma le due gare, ripeto, erano diverse e, come si dice, le corse le fanno i corridori. Io alle Olimpiadi ho sofferto, ma entrambi i percorsi erano selettivi. E il fatto che sia arrivato un atleta in solitaria vuol dire molto.

Van Aert a fine tappa ha parlato di fiducia da parte della squadra e in sé stesso. Visma che anche oggi lo ha supportato alla grande
Van Aert a fine tappa ha parlato di fiducia da parte della squadra e in sé stesso. Visma che anche oggi lo ha supportato alla grande

La firma (e la fiducia) di Wout

Il Tour de France si archivia quindi con la vittoria – bella e meritata, lasciatecelo dire – di un grandissimo campione. Alla fine, se ci si pensa, Wout Van Aert si è portato a casa i due arrivi simbolo di Giro e Tour: Siena e Parigi. Le lacrime della moglie al traguardo, il suo essersi “nascosto” sulle Alpi (almeno rispetto ai suoi standard), la dicono lunga su quanto e come avesse preparato questo assalto.

«E’ stata una giornata unica – ha detto Van Aert – E’ davvero speciale poter vincere di nuovo sugli Champs Élysées, per la prima volta con la salita di Montmartre nel finale di tappa.
Le condizioni a Parigi erano difficili. La pioggia rendeva la corsa rischiosa, ma la mia squadra ha continuato a credere in me».

«Ci abbiamo provato più volte durante questo Tour, anche ieri, ma non sempre sono stato bene. La parte più difficile in questi giorni è stata mantenere la fiducia in me stesso. Per fortuna le persone che avevo intorno continuavano a crederci. Anche oggi i ragazzi non hanno perso fiducia nelle mie capacità. Siamo riusciti a controllare la tappa. Sull’ultima salita ho dato il massimo: era il nostro piano anche prima della partenza, e ha funzionato».

Tour, rivoluzione a Parigi: 3 volte Montmartre, addio volata

23.05.2025
6 min
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«Quasi quasi – riflette Bennati sorridendo – per il corridore che ero e la gamba che avevo quell’anno, avrei vinto anche meglio se ci fosse stata anche allora la salita di Montmartre. Ma capisco che per come l’hanno disegnata adesso, l’ultima tappa del Tour non sarà più per velocisti. Non che prima fosse facile, tra il rettilineo che tirava e il pavé. E nemmeno sui Campi Elisi ha vinto sempre un velocista. Ma secondo me adesso uno come Pogacar potrebbe provare a vincere anche a Parigi…».

Tanto più che alle Olimpiadi, quale che ne sia stata la ragione, il campione del mondo non c’era e essersi perso quella scena così esaltante in qualche modo non deve essergli andato giù.

Il Tour a Montmartre

Qualcuno magari non lo sa ancora. Con un trafficare silenzioso e segreto, che ha avuto bisogno persino del benestare del governo francese, gli organizzatori del Tour hanno messo mano all’ultima tappa. Colpiti dalla baraonda delle Olimpiadi sulla salita di Montmartre, che Prudhomme ha definito l’immagine più potente di tutte le Olimpiadi di Parigi, i tracciatori di ASO sono riusciti a inserire tre passaggi sulla stretta salita in pavé

L’ultima tappa non sarà dunque la consueta attesa della volata finale, ma potrebbe addirittura incidere sulla classifica, qualora i distacchi fossero ancora minimi. Il gruppo infatti percorrerà 4 giri del classico circuito degli Champs Elysées. Nel corso del quarto cambierà direzione a Place de la Concorde e punterà verso Rue Lepic (con un attacco leggermente diverso da quello dei Giochi, a causa dei lavori stradali).

A questo punto i corridori avranno da affrontare un anello di circa 16 chilometri da ripetere per 3 volte. Dall’ultimo scollinamento all’arrivo mancheranno a quel punto 6 chilometri.

Daniele Bennati ha conquistato la tappa degli Champs Elysées al Tour del 2007
Daniele Bennati ha conquistato la tappa degli Champs Elysées al Tour del 2007

La delusione di Milan

Mentre il capo della polizia Laurent Nuñez ha garantito la fattibilità del cambiamento e ha detto che a suo avviso la modifica resterà anche in futuro, le reazioni dei corridori sono state altalenanti. Vale la pena annotare quella del nostro velocista di punta, Jonathan Milan, che il prossimo luglio farà la conoscenza del Tour.

«Gli Champs Élysées da velocista sono un sogno – ha detto il friulano della Lidl-Trek – quindi, per vari motivi, è un peccato vedere il percorso cambiato prima del mio primo Tour. L’aggiunta della salita di Montmartre avrà ovviamente un impatto sulla dinamica della gara, ma quanto complicherà le cose per noi velocisti dipenderà ovviamente da come verrà gestita e anche dalla situazione generale man mano che ci avviciniamo all’ultimo giorno. Ma non voglio pensarci ora, prima di Parigi ci saranno tanti altri obiettivi».

Parigi 2024, l’attacco di Evenepoel a Montmartre. Per un po’ Madouas resiste, poi deve arrendersi
Parigi 2024, l’attacco di Evenepoel a Montmartre. Per un po’ Madouas resiste, poi deve arrendersi

Minaccia Pogacar

Noi abbiamo pensato di affidare il commento a Daniele Bennati, ultimo italiano a vincere sui Campi Elisi e tecnico della nazionale che lo scorso anno sul circuito di Parigi partecipò alle Olimpiadi vinte da Evenepoel.

«Se non sbaglio – dice il toscano, attualmente al Giro come opinionista al Processo alla Tappa – alle Olimpiadi i chilometri dalla salita all’arrivo erano circa 10, quindi i 6 del Tour sono davvero pochi. Ovviamente cambia tutto. Se Van der Poel o Van Aert, come pure Pogacar decidono di farla forte, per i velocisti non c’è scampo. Se Tadej decide di fare un attacco sul terzo giro di Montmartre, può andare via. Anche perché all’ultima tappa non ci arrivi con tante energie e quelli di classifica ne hanno sempre più degli altri…».

Dopo aver dominato le volate del Giro del 2024, quest’anno Milan debutterà al Tour: la notizia lo ha spiazzato
Dopo aver dominato le volate del Giro del 2024, quest’anno Milan debutterà al Tour: la notizia lo ha spiazzato

Per i velocisti cambia

Non si è sempre arrivati in volata ai Campi Elisi, anche se trovare eccezioni recenti è un lavoro da archivisti. L’ultimo fu Vinokourov nel 2005, ma nel ciclismo di oggi scappare a velocità così esorbitanti è davvero un esercizio per pochi.

«Milan è un velocista – prosegue Bennati – ma forse non solo. Quindi potrebbe avere nelle sue corde uno sforzo di 3-4 minuti fuori giri. Potrebbe anche pensare di provarci, però tutto dipenderà da come faranno la salita le prime due volte. In ogni caso è una scelta che per un verso capisco e per un altro toglie una tappa comunque storica. Sicuramente a livello di spettacolo si rivelerà una mossa vincente. A Parigi non è difficile creare spettacolo dal punto di vista televisivo ed è evidente che la tappa con Montmartre sia più bella, però è chiaro che per i velocisti cambia tutto».

Tappa esplosiva

L’unico appiglio che potrebbe impedire agli uomini forti di scavare un baratro è la distanza. La nuova tappa misurerà 132,3 chilometri (la distanza va ancora definita nei dettagli), la gara olimpica ne prevedeva 272.

«Remco arrivò da solo facendo davvero il vuoto – chiosa Bennati – ma c’è anche da dire che alle Olimpiadi c’erano 70 corridori e quasi 280 chilometri da fare. E’ vero che arriva dopo tre settimane, ma con 132 chilometri non ci saranno problemi di distanza. Però sarà una tappa esplosiva. E davvero se la classifica fosse ancora aperta, ne vedremmo delle belle…».