Michele Coppolillo, Sestriere, Giro d'Italia 1994

Coppolillo e la bici: ieri, oggi e domani

24.10.2020
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Una foto su Facebook, un ricordo che riaffiora, i casini di ieri: sentire Coppolillo sarà certo un bel viaggio nella memoria e dalla memoria al futuro. Perché il futuro si costruisce sulla corretta elaborazione del passato. E chi invece pensa o vuole cancellarlo dovrebbe prima quantomeno conoscerlo.

11 giugno 1994

La foto del ragazzo biondo in maglia verde viene dal traguardo di Sestriere al Giro d’Italia del 1994. Era l’11 giugno. Il giorno prima la corsa aveva applaudito l’ultimo attacco di Pantani sul Colle dell’Agnello, vanificato dalla poca collaborazione di Buenahora sul Lautaret che annunciava Les Deux Alpes. Il Giro d’Italia si sarebbe chiuso con la tappa di Sestriere che annunciava la volata di Milano. Berzin resisteva in maglia rosa, conquistata il quarto giorno e mai più mollata.

Neve a Sestriere

«Fu il classico giorno da pronti, via – ricorda Coppolillo – con il Lautaret, il Monginevro e due volte Sestriere. Nevicava. Andai in fuga e speravo che al primo passaggio sul traguardo ci avrebbero fermato, invece no. Ci tengo a dire che per me era la quarantunesima tappa, perché avevo fatto anche la Vuelta che finiva sette giorni prima del Giro. E l’avevo fatta sempre all’attacco, perché ero e resto un operaio del ciclismo. Insomma, come fu non ricordo. Ma sul Lautaret vidi che partiva la fuga e mi buttai dentro».

Mauro Vegni, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Mauro Vegni a Morbegno, messo davanti al fatto compiuto
Mauro Vegni, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Vegni, nel giorno dello sciopero

Gestione sbagliata

Le lotte sindacali, qualunque sia l’ambito di cui si vuole parlare, sono state e vengono ancora fatte per migliorare le condizioni di lavoro. Anche il ciclismo ha intrapreso questa strada. Ha ridotto i chilometraggi rispetto agli anni in bianco e nero. Ha umanizzato gli orari di gara. Ha imposto l’uso del casco. Ha sposato la tutela della salute, combattendo il doping e le condizioni climatiche estreme. Ha avallato l’utilizzo dei pullman per non lasciare i corridori al freddo delle partenze e degli arrivi. Poco sta ancora facendo per la sicurezza stradale a vantaggio di chi usa la bici ogni giorno. Ma non ha voltato le spalle alla sua storia, che lo vede sport di fatica e sacrificio. Il solo capace di guardare negli occhi il calcio e far dire ai suoi attori e ai suoi appassionati che «noi non ci fermiamo perché piove, noi non siamo signorine!». Quello che è successo ieri poteva avere un fondamento condivisibile, ma è stato fatto in modo poco corretto, con l’atteggiamento degli studenti che si parlano in una chat segreta per non farsi sentire dai professori. E i professori sono i loro direttori sportivi e i team manager.

Anche Michele è direttore sportivo di una squadra U23, che si chiama #InEmiliaRomagna.

La storia insegna

«Ci sono le tappe in cui le condizioni sono avverse – dice Coppolillo – la storia insegna. E’ stato sbagliato il metodo, piuttosto davanti a un problema serio bisognava organizzarsi prima, non a mezz’ora dalla partenza. E poi se parti, arrivi. Non ti fermi dopo dieci chilometri. Tutti sanno e nessuno sa. Quando succedono queste cose, vengono fuori tutte le debolezze di questo mondo. Io ai miei ragazzi insegno che ciclismo significa anche sacrificio, freddo e pioggia. E anche io penso che la sicurezza venga prima di tutto. Non mi piace dire come fossimo ai miei tempi. Il Giro a ottobre forse è una forzatura, ma questo abbiamo. Due mesi fa non si sapeva nemmeno se si sarebbe ripartiti. La tappa di 250 chilometri fra i tapponi c’è sempre stata. Quella che va insegnata nelle categorie giovanili è la vera essenza del ciclismo. Se un padre è troppo indulgente, il figlio non cresce bene».

Michele Coppolillo, Michele Bartoli, NoiConVoi 2016
La bici ora è un piacere: Copolillo con l’ex capitano Michele Bartoli
Michele Coppolillo, Michele Bartoli, NoiConVoi 2016
Con l’ex capitano Michele Bartoli

Rosa Berzin

A Sestriere vinse Pascal Richard, che con quei posti doveva avere una qualche affinità, dato che l’anno successivo a Chianale avrebbe vinto la tappa fermata in anticipo per le slavine sul Colle dell’Agnello. Secondo arrivò Ruè, mentre Coppolillo si piazzò al terzo posto, staccato su quell’ultima salita di 1’31” dallo svizzero. Pantani e gli altri di classifica arrivarono a 4’36”, consacrando la rosa del russo Berzin.

Il vento in faccia

«Agli atleti – riprende Coppolillo – bisognerebbe far toccare con mano che cosa significa gestire una squadra, magari d’inverno. Mettersi lì e far vedere cosa c’è in ballo. Io da corridore non me ne rendevo conto e anche Cunego ieri in diretta ha ammesso di aver scoperto un lato del ciclismo che non conosceva. So anche di aver fatto tappe peggiori di quel giorno a Sestriere. Quella di Corvara al Giro del 1992. Certi giorni alla Vuelta, che si correva ad aprile, sulla Sierra di Madrid, sempre nella neve. Le corse del Belgio, che in un solo giorno vedevi le quattro stagioni. Ho letto qualche commento sul fatto che è sempre facile commentare dal divano, ma la bicicletta è questa. E non parlo così perché ho dimenticato, ma proprio perché lo so bene. Anche io ho partecipato ai miei scioperi, ma ieri si poteva correre. I ragazzi dobbiamo formarli a tutto tondo, non solo perché siano delle macchine da corsa. Lo vedo bene che adesso vanno fortissimo, però hanno queste lacune e in certi momenti sono un po’ molli. Il vento in faccia è diverso da quello di su un rullo, ma mi rendo conto che non tutti la pensano così».

Mauro Vegni, sciopero corridori, Morbegno, Giro d'Italia 2020

Asti, storia di un pasticcio all’italiana

23.10.2020
5 min
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Josef Cerny ci ha provato a dire che la storia non terrà conto delle proteste di stamattina e che ad Asti ha vinto lui. Lui ha vinto la sua tappa e poco gli importa di dare risposte sul perché non si sia partiti da Morbegno.

«Non era così freddo da non partire – dice – ma andiamo a tutta da Palermo e pioveva ed è stata una buona occasione da cogliere».

Succede solo al Giro, quando mai si sarebbero sognati di imporlo ai francesi del Tour?

Vegni furioso

Vegni è inviperito. Il suo punto di vista è ineccepibile: ha disegnato un percorso che è stato approvato e nessuno, nel momento in cui lo stesso è stato rimodulato per ottobre, si è preso la briga di verificare la fattibilità delle tappe. Le associazioni di categoria servono a questo.

Cristian Salvato, sciopero corridori, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Cristian Salvato, presidente italiano dei corridori e delegato del Cpa
Cristian Salvato, sciopero corridori, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Cristian Salvato, presidente Accpi

«Finirà che sono stato io a decidere – dice il patron del Giro d’Italia – e che non me ne sono neanche accorto, mentre si è trattato di un tranello. C’è rammarico per la brutta figura. Una giornata così oscura tutto quanto di buono abbiamo fatto fino adesso per portare alla fine il Giro d’Italia. Non c’erano presupposti per una decisione simile. A me non è arrivata nessuna proposta. E’ evidente che tra i corridori e le loro squadre non c’è dialogo. Perché stamattina, molti corridori si domandavano cosa stava succedendo? Perché c’erano corridori schierati alla partenza? Perché i manager delle squadre chiedevano a me cosa stesse succedendo e io non sapevo nulla?».

Salvato indeciso

I direttori sportivi italiani si sono tutti schierati contro la decisione, ma è parso che nessuno li abbia interpellati, quasi che la decisione sia stata presa dalle squadre straniere.

«Una volta al Giro – si è lasciato scappare in mattinata Cristian Salvato, presidente dell’Accpi e delegato del Cpa – c’erano dodici squadre italiane e avevano gioco facile a trovare un accordo. Una volta in una situazione simile sarebbero partiti di sicuro, mentre gli stranieri non si fanno convincere facilmente. E’ stata una decisione giusta. Undici gradi con la pioggia sono freddi, sto con i corridori».

Peccato però che la decisione non sia venuta applicando il Protocollo per le Condizioni Estreme: unico presupposto per cancellare una corsa. E peccato anche che lo stesso Salvato, portavoce dei corridori, non abbia fatto poi molto per farli ragionare. Mentre una decisione del genere, come ha giustamente detto Vincenzo Nibali, non può transitare in una chat su Telegram e avrebbe avuto bisogno di più collegialità.

Wilco Kelderman, sciopero corridori, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Wilco Kelderman, il più contento del taglio della tappa
Wilco Kelderman, sciopero corridori, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Kelderman, il più contento del taglio

Martinelli deluso

Ai microfoni Rai, dopo l’arrivo di Asti, prima Volpi e poi Martinelli hanno preso duramente posizione.

«Abbiamo sbagliato di brutto – dice Martinelli – ma sono arrivato tardi alla partenza e ho trovato tutto già organizzato. I corridori mi hanno detto che c’era una riunione e mi sono subito incavolato e gli ho detto di partire. C’erano tutti i presupposti per correre. Sono con loro, lavoro per loro, ma sarebbero serviti altri modi».

Damiani duro

Roberto Damiani è dello stesso avviso e dal suo hotel di Asti tuona senza mezzi termini.

«Noi siano andati sulla linea di partenza – spiega il diesse della Cofidis – sapete bene come la penso. Ieri sera i corridori hanno detto che stavano arrivando dei messaggi e io gli ho risposto che noi siamo qui per correre e quindi avremmo corso. Potevamo essere i primi ad averne vantaggio, avremmo dovuto controllare per meno chilometri, ma i miei erano là. Pare ci sia stato un accordo tra il Cpa e tutti gli altri. Adam Hansen si è esposto in quanto delegato del Cpa, non so cosa ne pensino i suoi capi alla Lotto. Sarebbe stata una tappa massacrante, ma perché non si fanno queste discussioni quando si presentano i percorsi? Come Roberto Damiani e come Cofidis io mi discosto da quello che è successo».

Joseph Cerny, Asti, Giro d'Italia 2020
Joseph Cerny ha vinto ad Asti, ma domani sui giornali si parlerà d’altro
Joseph Cerny, primo ad Asti

Kelderman fa festa

Il più contento di tutti ad Asti è parso Wilco Kelderman, c’è da capirlo. Avete visto come ha ribadito la bontà della scelta? Avrebbe dovuto pedalare per 258 chilometri sotto la pioggia e con 11 gradi, che poi sono saliti fino a 14. E domani nella tripla ascesa di Sestriere le sue chance di tenere la maglia rosa si sarebbero assottigliate.

«Capisco la frustrazione di Mauro Vegni – ha detto – ma oggi è stata presa la giusta decisione. Siamo stati contenti di correre il Giro e le grandi montagne. Siamo stati contenti di fare lo Stelvio, ma oggi la decisione di tagliare la tappa era la più giusta. E’ stato trovato l’accordo e la decisione è stata presa».

E quando gli è stato chiesto se sapesse fra quali attori fosse stato trovato l’accordo, ha liquidato la domanda parlando del Cpa, che in questo caso era rappresentato da Cristian Salvato, dato che Bugno, presidente dell’associazione, era ad Asti nella postazione Rai.

La morale

Sicuramente un grosso pasticcio in cui ciascun attore aveva qualcosa da difendere. Rcs e la Rai hanno denunciato il danno a un prodotto che per loro riveste una grande importanza strategica. I corridori, facendo sfoggio di scarsi spessore e senso di responsabilità, hanno trovato il modo di risparmiarsi una giornata di freddo e pioggia. I sindacati dei corridori hanno dimostrato la loro inadeguatezza per non essersi mossi con la necessaria tempestività. E la gente per strada, ignara e incolpevole, ha continuato ad aspettarli sperando che prima o poi sarebbero passati.

P.S. E’ arrivata nella serata di Asti la notizia che i premi di giornata saranno devoluti a favore di una struttura sanitaria impegnata nella lotta contro il Covid.