I tre anelli di Pesaro Rebirth? Ve li spieghiamo noi

14.07.2022
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Il Carpegna che abbiamo affrontato nel nostro tour si trova nella provincia di Pesaro-Urbino e si affianca ai tre anelli proposti da Marche Outdoor per quest’area. La traccia dell’ascesa e i suoi dati tecnici sono comunque riportati nel medesimo portale web come meta imprescindibile per ogni appassionato di ciclismo. Tuttavia, come detto, i tre anelli di Pesaro-Urbino Rebirth si trovano leggermente più a sud. Vediamoli da vicino.

Colline a perdita d’occhio, le Marche hanno poco da invidiare ad altre regioni
Colline a perdita d’occhio, le Marche hanno poco da invidiare ad altre regioni

Pesaro Rebirth, il primo

Il primo parte proprio da Pesaro e si snoda per 131 chilometri in parte lungo la costa, in parte nell’entroterra. Si lascia il capoluogo verso Nord e subito si sale sul promontorio di Gabicce con uno strappo di 2 chilometri e mezzo, ma prima di entrare in Romagna si svolta per scendere nell’entroterra verso Gradara, dominata dal famoso castello in cui, secondo la leggenda, si è consumata la tragica vicenda di Paolo e Francesca raccontata da Dante nella Divina Commedia.

Di qui una salita di 5 chilometri al 5 per cento porta fino a Monteluro, e la successiva discesa fino alla valle del Foglia. Al chilometro 40, nei pressi di Gallo, si deve affrontare uno severo strappo di 2,5 chilometri con pendenza media dell’8 per cento per arrivare a Petriano, piccolo borgo con annesso castello medievale. Si rimane a quote collinari per circa 5 chilometri e poi si scende verso la valle del Metauro, il maggiore fiume delle Marche, fino a Fossombrone.

Fossombrone è il punto di partenza e di arrivo del secondo anello
Fossombrone è il punto di partenza e di arrivo del secondo anello

Sull’altra sponda si sale per 2 chilometri al 6 per cento fino al paese di Sant’Ippolito, caratterizzato da una notevole torre dell’orologio in ferro, e poi ancora per un falsopiano per altri 4 chilometri. Il ritorno verso il mare è costellato da saliscendi, fino a Marotta, sul litorale. Gli ultimi 25 chilometri per il rientro a Pesaro sono lungo la Statale Adriatica, con transito nella città di Fano. Dislivello totale: 1.412 metri.

Pesaro Rebirth, il secondo

Il secondo anello di Pesaro-Urbino Rebirth proposto da Marche Outdoor è lungo 138 chilometri, con un dislivello di 1.768 metri. Si parte da Fossombrone e si gira in senso antiorario. La perla di questo tracciato è senz’altro Urbino, con il suo Palazzo Ducale ed i capolavori di Raffaello che qui vi nacque nel 1483. Tuttavia la città simbolo del Rinascimento va prima conquistata superando una salita di 7 chilometri al 5,7 per cento di pendenza media che parte a Isola del Piano.

Urbino fa parte del secondo anello Di Pesaro Rebirth
Urbino fa parte del secondo anello Di Pesaro Rebirth

Da Urbino si rimane in zona collinare con vari saliscendi fino a scendere ad Urbania, posta nella valle del Metauro. Quindi ecco un’altra salita di 7 chilometri, un po’ più facile della precedente, per passare alla vallata sottostante, quella solcata dal Fiume Candigliano, dominata dai 1.525 metri del Monte Nerone. Da Piobbico a Cagli si succedono una trentina di chilometri di sostanziale pianura, prima di ritrovare ascese di rilievo in località Biscina

Di nuovo leggerissima pianura a scendere per circa 25 chilometri, transitando per Pergola, ed in località Passo Castelleone si svolta a sinistra per prendere l’ultima asperità di giornata: 5 chilometri al 5 per cento per salire a Frate Rosa, prima degli ultimi 14 chilometri per il facile rientro a Fossombrone.

Il Monte Catria è una presenza costante di tutti i giri nel territorio pesarese
Il Monte Catria è una presenza costante di tutti i giri nel territorio pesarese

Pesaro Rebirth, il terzo

Il terzo anello è invece un richiamo per gli scalatori, con i suoi 2.562 metri di dislivello collezionati in 136 chilometri. Partenza e arrivo a Pergola: i primi 40 chilometri ripercorrono a ritroso il facile tratto dell’itinerario precedente, quello che passa per Cagli e Piobbico. Qui però la pianura finisce e, dapprima un falsopiano sale verso Pian di Molino, quindi iniziano i 7 chilometri che portano ai 760 metri di Pian di Trebbio.

Sul Monte Catria il Giro è passato nel 2009, con arrivo sul Petrano, con vittoria di Sastre
Sul Monte Catria il Giro è passato nel 2009, con arrivo sul Petrano, con vittoria di Sastre

Si scende proseguendo verso sud-est per altri 25 chilometri, prima di arrivare alla frazione di Chiaserna, poco prima del confine con l’Umbria.

Ora inizia la massima difficoltà di giornata, ovvero la salita al Monte Catria, ovviamente quella del versante marchigiano. Si tratta di una salita vera, 14 chilometri al 6,4 per cento (dislivello di 900 metri) per arrivare a quota 1.400 metri. Segue un’altrettanto lunga discesa verso Frontone, poi l’itinerario ritorna verso l’Appennino per andare a pescare la salita che precede il Monastero di Fonte Avellana (4,6 chilometri al 6,3 per cento), anteriore all’anno Mille e nel cui eremo, secondo la tradizione, vissero 76 tra santi e beati. Discesa e rientro senza particolari difficoltà a Pergola.

Nel silenzio del Carpegna, sotto il cielo del Pirata

14.07.2022
7 min
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Marche Outdoor propone varie soluzioni per gli amanti della bici da strada. Nella provincia di Pesaro Urbino ci sono tre anelli contigui per sbizzarrirsi a piacimento ma, oltre ad essi, nel portale web trova spazio anche la traccia della salita del Monte Carpegna. E noi abbiamo messo nel mirino proprio quella.

Carpegna vuol dire Pantani, non perché il Pirata vi abbia infiammato le folle, ma perché qui costruiva le sue imprese, scendendo da Cesenatico nei suoi allenamenti. Sentiamo che sarà una giornata particolare e che qualcosa succederà..

Via da Ca’ Virginia

Partiamo dal Ca’ Virginia, una country house nell’entroterra tra Pesaro e Urbino. Anticamente era un rustico padronale dei primi del ‘400, mentre ora è una pregiata sistemazione “amica” dei ciclisti. Giacomo Rossi, il titolare, è infatti un cicloamatore reduce dall’ultima Nove Colli e sarà lui a condurci in questo itinerario che lambisce il confine romagnolo.

Inforchiamo le bici sotto un cielo velato, a tratti plumbeo e la prima difficoltà che incontriamo è quella che porta a Sassocorvaro. Si costeggiano le paratie della diga che forma il Lago di Mercatale, si supera il livello dell’invaso e in pochi ma severi tornanti si arriva al paese che domina lo specchio d’acqua dall’alto. Alle nostre spalle si impone la Rocca Ubaldinesca, rinascimentale, soprannominata “Arca dell’Arte” perché durante la Seconda Guerra Mondiale custodì migliaia di capolavori di artisti del calibro di Raffaello, Tiziano, Piero della Francesca, Mantegna… per evitare che fossero trafugati dai nazisti in ritirata o distrutte dai bombardamenti alleati.

Il museo degli spaventapasseri

Riagganciamo i pedali, diamo una tirata di freni per controllare che sia tutto in ordine e ci ributtiamo in discesa per poi puntare al secondo borgo, stavolta arroccato in cima ad uno sperone roccioso. Il suo nome è Frontino, non è molto noto come meriterebbe, ma si fregia di essere nel circuito dei Borghi più belli d’Italia. E in effetti è un piccolo scrigno, dato che in un paio di vie ciottolate lunghe due centinaia di metri racchiude una torre dell’orologio completamente coperta da verdissima edera che lascia libero solo il quadrante con le lancette. C’è poi il museo degli spaventapasseri con i buffi manichini che sbucano da un porticato. Infine ospita il giardino intitolato a Giacomo Leopardi con tanto di busto del poeta portato in dono dalla cittadinanza di Recanati.

La salita è evidentemente dedicata a Pantani e al suo cielo
La salita è evidentemente dedicata a Pantani e al suo cielo

Destinazione Carpegna

Ma è tempo di riprendere il cammino. Ci avviciniamo di buon passo verso gli 800 metri del paese di Carpegna.

«Andrea vuoi due ciliegie?», chiede Giacomo che già si è fermato a bordo strada a saccheggiare l’albero. «Eccolo lì il Carpegna – dice – saliremo al Cippo dal versante est, quello classico».

Aggirato il seicentesco Palazzo dei Principi, iniziano ben presto i 6 chilometri al 10 per cento, tra faggi, querce e cerri. I primi due chilometri ce li prendiamo per studiare la salita, ma arrivati al tornante che mostra “il cielo del Pirata”, come indica la scritta sul muretto, ci rendiamo conto di dove siamo».

Andrea, vuoi un po’ di ciliegie? La stagione è quella giusta…
Andrea, vuoi un po’ di ciliegie? La stagione è quella giusta…

«E’ dura, d’accordo – prosegue – e ci affidiamo all’ultimo pignone. Ma nonostante ciò (o forse proprio per questo) nulla impedisce alla mente di vagare con l’immaginazione e vedertelo lì davanti a te. Pantani che si allena, sfuggire via sui pedali dietro uno dei ventidue tornanti, magari con la divisa rosa del Tour del 2000, oppure con quella classica gialla della Mercatone Uno, con la bandana o forse senza.

Una strada per pensare

«Questa è una salita da meditazione – dice Giacomo tra un respiro e l’altro – fra un po’ supereremo la sbarra che chiude il transito alle auto, la strada si restringerà ulteriormente e io spesso ci vengo apposta anche da solo. In autunno, poi, diventa un tappeto rosso».

Il Pirata romagnolo era solito allenarsi fin quassù
Il Pirata romagnolo era solito allenarsi fin quassù

Ha ragione, è una salita intima: per il suo fascino, per essere immersa nel bosco e dunque sempre all’ombra, per i suoi tornanti che si contorcono su di essa.

Nel silenzio più totale, alla nostra sinistra un piccolo ramo nel bosco si spezza e cade sull’erba. Poi una vocina sbuca dai faggi, taglia le fronde e arriva a noi.

«E’ sul Carpegna che ho preparato tante mie vittorie. Non ho bisogno, prima di un Giro o un Tour, di provare una ad una tutte le grandi salite. Una volta sola, se ricordo bene, sono andato a dare un’occhiata in anticipo al Mortirolo e al Montecampione. Ma in macchina. E non mi è servito neanche molto. Il Carpegna mi basta».

Anche Merckx brillò su questa salita nel 1973: un cartello lo ricorda
Anche Merckx brillò su questa salita nel 1973: un cartello lo ricorda

Una voce nel bosco

Giacomo, ma tu lo hai mai visto Pantani quassù? «Capitava a volte di vederlo sfrecciare in discesa davanti al bar di Carpegna. Oppure sai che faceva? Arrivava qui sopra al Passo Cantoniera, dal versante romagnolo. Li c’è la locanda “Il Mandriano” (dopo ti ci porto). D’inverno Marco… costringeva Roberto, il gestore di allora, a seguirlo con lo scooter per la discesa verso Carpegna che faremo anche noi. E poi di nuovo su per questa salita, in modo da essere più sicuro, in compagnia, soprattutto in questo tratto dove le macchine non passano. Ogni volta che Roberto lo racconta gli si inumidiscono gli occhi…».

L’acqua non manca. Qui ci si rinfresca prima della salita finale
L’acqua non manca. Qui ci si rinfresca prima della salita finale

Una pigna rotola giù lungo il ciglio della strada, la schiviamo con un supplemento di fatica e la voce del bosco si rifà viva: «Da Coppi in poi è una salita che ha fatto la storia del ciclismo e ogni tanto anche il Giro c’è passato. Io non le conto più le volte che l’ho fatta, allenandomi. Direte che sono un tradizionalista…».

Anche Pogacar

Ci ritroviamo d’istinto a forzare la mano, scattando in presa bassa sul manubrio, anche se per pochi metri. Ci sono cartelli che suddividono l’ascesa in tratti dai nomi evocativi. Ad esempio il settore “Fuga Merckx” misura 2 chilometri, ha una pendenza media del 12 per cento e massima del 18…

Al Cippo sembra quasi di sentir parlare Pantani: la sua storia è qui
Al Cippo sembra quasi di sentir parlare Pantani: la sua storia è qui

E oltre alle ruote di Pantani, Coppi e Merckx, all’ultima Tirreno-Adriatico qui hanno “bruciato” l’asfalto anche quelle di Pogacar, con la doppia ascesa del Carpegna innevato, in una sorta di fil rouge che lega questi fuoriclasse e le loro epoche distanti decenni, ma non così lontane come sembra.

Finalmente in cima esce il sole, c’è anche una benedetta fontanella poco prima della divertente e panoramica discesa con vista sul Sasso Simone e Simoncello. Ottimo per asciugarsi il sudore prima di tornare in paese. E’ qui, sul valico posto a 1.415 metri di quota, al fianco della gigantografia di Pantani vittorioso a Courchevel nel suo ultimo Tour de France, che la voce degli alberi conclude il suo discorso.

«Direte che sono un tradizionalista. Forse sì. Sempre ad allenarmi sulle stesse strade di casa. Sempre a spingere gli stessi rapporti che uso in corsa. Sempre in giro senza borraccia, perché mi bastano quelle quattro fontane che so io dove sono. Una proprio a Carpegna».

Passi silenziosi nelle Marche ferite, mentre la vita rinasce

10.07.2022
5 min
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Una palestra naturale per chi ama scalare le montagne: questi sono, in sintesi, il secondo ed il terzo anello di Sibillini Rebirth firmati Marche Outdoor, attraverso paesi e contrade che nel 2016 vennero rasi al suolo dal terremoto e che si stanno faticosamente rialzando. La parola Rebirth in questo caso è più che mai appropriata.

Verso Visso

Cominciamo con il secondo anello. La partenza è dalle azzurre acque del Lago di Fiastra e, per i primi 15 chilometri, si sale costantemente in leggero falsopiano fino al Santuario di Macereto (foto di apertura). E’ un complesso religioso, che sorge sull’omonimo altopiano a circa 1.000 metri di quota e che è monumento nazionale fin dal 1902.

Questa è Visso, in cui la ricostruzione è finalmente partita (foto Prima Pagina Online)
Questa è Visso, in cui la ricostruzione è finalmente partita (foto Prima Pagina Online)

Si pedala alle pendici del Monte Bove, una delle cime più imponenti dei Sibillini, caratterizzata dal calcare massiccio di tipo dolomitico. Per raggiungere il valico occorre continuare per altri due chilometri al 5 per cento di pendenza media. Quindi, a quota 1.110 metri (punto più alto dell’itinerario) inizia la discesa verso Ussita, che in realtà è un comune sparso formato da più località. Dopo altri 5 chilometri di facile discesa, si raggiunge Visso. E’ la porta della Valnerina, sfregiata dal sisma del 2016 e faticosamente avviato a un ritorno alla normalità.

Ritorno a Fiastra

Svolta a destra e si risale per 5 chilometri al 4 per cento superando Borgo Sant’Antonio, per poi ridiscendere verso Capriola. Inizia ora una zona lontana dalle vie di comunicazione principali che, dopo Pievebovigliana, sede delle celebri Distillerie Varnelli, sfocia nella vallata del Chienti, dove infatti transita la superstrada SS 77. Si costeggia quindi il Lago di Polverina, un bacino artificiale posto in un’oasi di protezione faunistica. Qui trovano rifugio varie specie di uccelli, come l’airone cenerino, la nitticora, i cormorani e lo svasso maggiore. Si può anche praticare la pesca sportiva o passeggiare lungo le sponde.

Superato il lago si svolta a destra per passare dai 400 agli 800 metri di quota in 8 chilometri. La pendenza media è del 5 per cento, transitando per gli abitati di Collevecchio, San Marco e Cicconi. La discesa su Fiastra non è diretta, ma consente di gustarsi il lago da varie prospettive, prima dall’alto, quindi costeggiando le sue rive, per poi tornare al punto di partenza e chiudere questo anello di 75 chilometri e 1.480 metri di dislivello.

Le salite non hanno pendenze proibitive, ma si sale di quota senza flessioni
Le salite non hanno pendenze proibitive, ma si sale di quota senza flessioni

Ai confini con l’Umbria

Il terzo anello di Sibillini Rebirth ha uno sviluppo simile, con 71 chilometri e 1.409 metri di dislivello. Attenzione però, è concepito per bici gravel. I tratti non asfaltati coprono circa un quinto del totale, mentre la restante parte si snoda soprattutto su strade con asfalto rovinato.

Si parte da Visso, ai piedi dei Sibillini, e si prosegue per i primi 6 chilometri nella gola della Valnerina, quindi si svolta a destra per arrampicarsi in una zona isolata, grazie ad un’ascesa impegnativa (6 chilometri all’8,2 per cento di pendenza media).

Si rimane in quota tra i 1.000 e gli 800 metri fino a raggiungere l’abitato di Cesi. Da qui si entra nell’Altopiano di Colfiorito, condiviso con la vicina Umbria. Si tratta di una vasta area composta da sette conche che un tempo costituivano il fondale di antichi bacini lacustri. Dopo aver attraversato per la seconda volta la superstrada SS 77 inizia un’altra salita da non sottovalutare. Sono 6 chilometri al 7 per cento, con valico nei pressi del Monte Miglioni.

L’altopiano di Colfiorito divide le Marche dall’Umbria (foto Più Turismo)
L’altopiano di Colfiorito divide le Marche dall’Umbria (foto Più Turismo)

Va precisato che questo tratto interno (almeno fino a Collattoni) non è soggetto a sgombero di neve, per cui nei mesi invernali potrebbe essere impraticabile. E’ bene semmai informarsi preventivamente presso il Comune di Fiastra. Tuttavia è comunque possibile bypassarlo grazie alla SP 95 per Pieve Torina e poi prendere la SP 209 Valnerina.

Formaggi e ciauscolo

Siamo in realtà anche qui su di un altopiano, quello di Selvapiana, che infatti superiamo prima di iniziare la discesa tra strette vallate. Raggiungiamo Monte Cavallo, quindi si svolta a destra in direzione di Cavriglia. Il tratto collinare e tortuoso che fa ritorno a Visso è quello percorso al contrario dall’anello precedente, con l’attraversamento di Borgo Sant’Antonio.

Giunti a destinazione, nonostante le ferite del sisma del 2016, è possibile ammirare i palazzi gentilizi rinascimentali, le imponenti mura e le torri di questo che è uno dei Borghi più Belli d’Italia.

E se volete deliziare il palato, potete provare i formaggi o salumi, come il ciauscolo. E un salame spalmabile costituito da un impasto di carne di maiale: un peccato di gola per chiudere in bellezza il vostro giro gravel.

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Le vacanze sui Sibillini, nel regno magico di Scarponi

Le vacanze sui Sibillini, nel regno magico di Scarponi

10.07.2022
7 min
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Oggi il menù di Marche Outdoor ci propone una delle sue portate più succulente, ovvero una pedalata nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini, terra di fate e natura incontaminata, ma soprattutto terreno di caccia per veri grimpeurs, con valichi che vanno ben oltre i 1.000 metri di quota.

L’uovo di Sarnano

Il luogo di partenza è Sarnano e il nostro amico Davide, marchigiano doc che dalla piccola Offida (Ascoli) spesso viene a sfidare le salite di questo versante, ci parla di un misterioso “uovo”.

«E’ un reperto archeologico – spiega – ritrovato oltre trent’anni fa in un torrente qua vicino. Andiamo, si trova nella piazza che è in cima al paese».

Sarnano, si parte in salita per raggiungere Piazza Alta
Sarnano, si parte in salita per raggiungere Piazza Alta

E così partiamo, muovendo le prime pedalate tra un nugolo di abitanti chini sull’asfalto che stanno preparando la coreografia per un’infiorata (foto di apertura). Le rampe per salire al centro storico sono davvero micidiali, per cui è d’obbligo per entrambi il rapporto più corto. Dopo aver rotto il fiato sui sampietrini dei vicoli eccoci sbucare in Piazza Alta (nome più che appropriato) e, accanto al Palazzo del Podestà, ecco sbucare l’Uovo di Sarnano dietro l’angolo.

E’ un blocco di calcare alto 1,20 e pesante 3 tonnellate, cavo all’interno e aperto in alto. Sulla sua funzione si sono fatte le ipotesi più varie: un cippo di età augustea o, più probabilmente, un manufatto celtico. Ma anche uno strumento, dopo essere stato riempito d’acqua, per scegliere le coltivazioni più feconde o addirittura per l’osservazione degli astri. Teorie che si intrecciano con i miti della Sibilla e la cultura alchemica di cui i Sibillini sono stati per secoli un punto di riferimento, quando astronomi, alchimisti, eretici e negromanti giungevano da tutta Europa per salire su queste montagne assetati di conoscenza.

San Ginesio resiste

Noi riempiamo le borracce nella fontana riparata dal Palazzo del Podestà e riprendiamo la ripida discesa per lasciare Sarnano e dirigerci verso est, allontanandoci in questo primo tratto dai monti. Un paio di salite e discese ci portano a superare i centri di Gualdo e Sant’Angelo in Pontano, quindi si ritorna verso le montagne che ci attendono nella seconda parte di questo duro percorso, che alla fine misurerà 85 chilometri e 1.900 metri di dislivello.

C’è ancora spazio per la terza salita in successione, quella che porta a San Ginesio, borgo sospeso tra i Sibillini che si ergono a sinistra e la distesa di colline che proseguono nel Fermano e nel Maceratese, a destra. Anche qui sono ancora visibili i segni del terremoto di sei anni fa, ma il paese resiste nei tavolini dei bar in Piazza Gentili dove gli anziani si ritrovano e nei giardini pubblici dove i bambini si rincorrono. Di fronte al bel portale della Chiesa Collegiata di Santa Maria Assunta campeggiano dei poster disegnati di Alberto Sordi, Monica Vitti e altre celebrità del nostro cinema migliore, a promozione del Ginesio Fest in programma per agosto (dal 18 al 25).

Il lago di Fiastra

Scendiamo verso Morichella, la piana si allarga tra campi di grano. Siamo quasi sorpresi di questo ampio tratto di pianura, ma è solo un’illusione perché presto ci addentriamo nella Gola del Fiastrone, con la strada che torna a salire. Le pareti dei Sibillini si avvicinano e noi cerchiamo con lo sguardo una via di fuga verso l’alto tentando di capire in che punto svalicheremo per scendere al Lago di Fiastra.

E’ durante la discesa nel versante ovest della gola che il lago appare dietro una curva a sinistra, senza avvertire, oltre le chiome degli alberi. Lo specchio d’acqua è di un azzurro carico, forte e reso ancora più intenso dal sole a picco. Superiamo la diga da cui parte il trekking per le famose Lame Rosse di Fiastra (singolari successioni sedimentarie caratterizzate da pinnacoli scolpiti dagli agenti climatici) e costeggiamo le piccole spiagge: qualcuno prende il sole, qualcuno si cimenta nel barbecue, qualcuno si regala perfino qualche bracciata nelle sue acque.

A San Lorenzo al Lago riempiamo le borracce poi ci scambiamo uno sguardo con Davide: «Ci siamo…».

Il lago di Fiastra si schiude all’improvviso lungo la discesa
Il lago di Fiastra si schiude all’improvviso lungo la discesa

Sassotetto, si sale

Inizia la salita verso Sassotetto, una delle più impegnative e suggestive dell’intero Parco. Da questo versante, quello di Bolognola, sono 15 chilometri al 5,5 per cento, ma nella parte centrale le pendenze si tengono costanti al 7 per cento.

I primi chilometri hanno dei tratti in contropendenza che aiutano a… prendere le misure con la salita. Tuttavia, superate le Fonti di Acquacanina, da cui zampilla la freschissima acqua dei Sibillini, inizia la vera sfida. Il Lago di Fiastra è ormai tra i ricordi, mentre ai lati della strada le nostre pedalate sono scandite dai pali giallo-nero che servono ad indicare la carreggiata in inverno, quando l’asfalto è innevato. In lontananza, sulle pendici alla nostra destra, una sterrata bianca sparisce in una vallata laterale mentre davanti a noi si impone il verde profilo tagliente della montagna che culmina ai 2.092 metri del Pizzo Tre Vescovi.

I tornanti di Pintura

A Bolognola superiamo due bar e una chiesa e una fontanella diventa nostra facile preda. L’ascesa continua imperterrita ma, complice la nuova acqua fresca nella borraccia insieme al maestoso panorama montano che si apre sempre più, ci sembra di aver trovato dentro di noi nuove energie per affrontare i tornanti che portano a Pintura.

Da qui parte la mulattiera verso il Rifugio del Fargno, mentre noi proseguiamo su asfalto in direzione dei Piani di Ragnolo. Il panorama rimane sempre da cartolina, ma almeno le pendenze sono più abbordabili. L’ultimo scatto sui pedali serve per arrivare ai 1.440 metri del valico, cui seguiranno 15 chilometri di veloce discesa per rientrare a Sarnano.

“Correte in bici, divertitevi, inseguite un sogno”: benvenuti nel regno di Scarponi
“Correte in bici, divertitevi, inseguite un sogno”: benvenuti nel regno di Scarponi

Lo sguardo di Michele

In cima al punto dove si scollina il Sassotetto, nei pressi di una piccola baita col tetto rosso logoro dalle intemperie, dallo scorso ottobre campeggia un monumento dedicato a Michele Scarponi (a tagliare il nastro d’inaugurazione fu il suo amico Vincenzo Nibali). Leggere la citazione dello sfortunato campione di Filottrano, sopra un disegno bianco-blu che lo ritrae a braccia alzate, è un regalo ulteriore per chi arriva quassù con la sola forza delle proprie gambe. Sono parole semplici: “Correte in bici, divertitevi, inseguite un sogno”.

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Fermo, altri due anelli che rubano gambe e cuore

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Fermo Rebirth, altri due anelli che rubano gambe e cuore

07.07.2022
5 min
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Il secondo anello di Fermo Rebirth, uno dei circuiti di Marche Outdoor dedicati alla rinascita del suo entroterra, si snoda in un’area della regione meno conosciuta, ma non per questo meno accattivante dal punto di vista ciclistico. Nel primo anello abbiamo descritto le colline fermane come un susseguirsi di strappi e discese ed anche in quest’occasione di pianura ce n’è davvero poca. Alla fine si accumuleranno 1.800 metri di dislivello in 74 chilometri. 

Secondo anello, si va

Il percorso inizia a Servigliano, uno dei Borghi più Belli d’Italia, e corre in senso antiorario. Lasciata la spaziosa Piazza Roma ci si muove verso nord, incontrando il primo strappo dopo 3 chilometri. Si tratta di appena un chilometro, ma la sua pendenza media rasenta il 10 per cento, ottima per… rompere il fiato.

La festa della Nzegna a Falerone, ad agosto le otto contrade del paese realizzano carri allegorici con il grano (foto MCH)
La festa della Nzegna a Falerone, ad agosto le otto contrade del paese realizzano carri allegorici con il grano (foto MCH)

Passiamo il paese di Falerone, dove la seconda settimana di agosto viene festeggiata la “Nzegna”, una festa dove le otto contrade del paese realizzano carri allegorici composti prevalentemente da grano. Si continua in direzione di Sant’Angelo in Pontano, che però vediamo solo in lontananza. Infatti svoltiamo a sinistra in direzione sud. Tra i vari saliscendi troviamo un altro chilometro al 10 per cento in località Saline (chilometro 15). Quindi altri 3 chilometri di falsopiano per raggiungere Penna San Giovanni, vera e propria perla dell’antica Marca Fermana. Qui ci fermiamo: merita una visita il settecentesco Teatro Comunale, interamente ligneo.

Profumo di Sibillini

All’orizzonte si ergono i 2.300 metri del Monte Priora, già facente parte dei Sibillini. In una decina di chilometri si superano due vallate, lasciandosi alla propria destra Monte San Martino e pedalando su strade secondarie in cui è davvero raro incontrare un’automobile. Al chilometro 29 ci si immette sulla vecchia Statale Fermana-Faleriense, svoltando a destra e concedendosi 5 chilometri di tregua risalendo il corso del Fiume Tenna.

Quando Fermo Rebirth si lascia il mare alle spalle, la strada sale inesorabilmente
Quando Fermo Rebirth si lascia il mare alle spalle, la strada sale inesorabilmente

Poi si svolta a sinistra ed inizia la principale difficoltà di giornata, ovvero la salita verso Smerillo: 8 chilometri al 6,3 per cento di pendenza media, ma con punte di pendenza massima in doppia cifra, tanto che nella seconda parte dell’ascesa si contano diversi tornanti. Prima dell’abitato di Smerillo si svolta a destra, si svalica a quota 805 metri e si raggiunge il centro abitato di Monfalcone Appennino. Abbiamo da poco superato la metà dell’itinerario ma le maggiori difficoltà sono ormai alle spalle.

Si scende infatti verso Santa Vittoria in Matenano e si tocca Montelparo ed un breve tratto del primo anello di Fermo Rebirth, quindi si continua in discesa verso Monteleone di Fermo. Arrivati in Val d’Ete e superato l’omonimo fiume si risale dalla sponda opposta verso Belmonte Piceno (4 chilometri al 4 per cento), prima di fare ritorno a Servigliano.

Montefalcone Appenninico, famoso per i suoi fossili: il mare un tempo arrivava fin qui
Montefalcone Appenninico, famoso per i suoi fossili: il mare un tempo arrivava fin qui

Terzo anello, si sale

Con il terzo anello di Fermo Rebirth si vanno a lambire i Monti Sibillini, entrando per buona parte nel Parco Nazionale. Ne consegue un itinerario impegnativo, con un dislivello di 1.830 metri in 86 chilometri.

Partenza e arrivo sono situati presso l’Abbazia dei Santi Ruffino e Vitale, a circa 6 chilometri da Amandola, nei pressi del Lago di San Ruffino. Dopo i primi 6 chilometri pianeggianti, si percorre a ritroso un tratto del secondo anello, quello con lo strappo nelle vicinanze di Monte San Martino e, soprattutto, la salita che porta a Penna San Giovanni (4 chilometri al 7,5 per cento).

L’Abbazia dei Santi Ruffino e Vitale è partenza del terzo anello di Fermo Rebirth
L’Abbazia dei Santi Ruffino e Vitale è partenza del terzo anello di Fermo Rebirth

Da qui inizia un lungo tratto vallonato sempre tra i 500 ed i 600 metri di quota, in cui la difficoltà principale è rappresentata dallo strappo di Monte Santa Lucia (3 chilometri al 6 per cento), posto più o meno a metà strada tra i centri di Sarnano e Amandola.

La maga Sibilla

Proprio poco dopo Amandola inizia la principale salita di questo anello, ovvero, gli 11 chilometri al 5 per cento che portano a Montemonaco (940 metri di quota) dopo aver superato anche l’abitato di Montefortino. Siamo praticamente ai piedi del Monte Sibilla che dà il nome a questo massiccio appenninico ma, invece di svoltare a destra per addentrarci alle pendici del Vettore, prendiamo a sinistra la via del più tranquillo ritorno.

Lunga discesa sino a Comunanza (dichiarato “paese della longevità” grazie alla presenza di diversi ultracentenari), dapprima più ripida, poi in falsopiano, quindi ancora un “dentello” di 2 chilometri al 7 per cento prima della picchiata sul Lago di San Ruffino e sull’omonima abbazia per completare questo impegnativo percorso tra fiumi, laghi e montagne, avvolti in un rilassante silenzio.  

I muri di Fermo e della Tirreno, altra perla di Marche Outdoor

07.07.2022
6 min
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Il percorso fermano di Marche Outdoor, primo anello di Fermo Rebirth, parte dal lungomare di Porto San Giorgio, dove, seduto su un muretto all’ombra, ci attende Mauro Fumagalli di MarcheBikeLife. Davanti a lui si srotola la ciclabile bidirezionale che è stata inaugurata di recente, il cui asfalto è stato pitturato di un azzurro intenso.

«E’ stata ricavata sacrificando una corsia della carreggiata – spiega – che ora per le auto è diventata a senso unico e togliendo qualche parcheggio qua e là».

La ciclabile di Porto San Giorgio ha dato ordine al lungomare e sicurezza ai ciclisti
La ciclabile di Porto San Giorgio ha dato ordine al lungomare e sicurezza ai ciclisti

Una scelta saggia da parte dell’amministrazione locale che ha vinto qualche resistenza dei residenti, ma ha reso più fruibile e sicuro l’accesso alle spiagge.

Dalla spiaggia al cielo

Ci mettiamo in marcia verso sud, proprio mentre i primi vacanzieri di giornata si infilano sotto l’ombrellone.

Il riscaldamento finisce presto perché dopo aver attraversato la Statale Adriatica inizia la prima delle (tante) ascese di questo giro che alla fine misurerà 92 chilometri e 1.700 metri di dislivello. In un paio di chilometri al 7-8 per cento siamo a Torre di Palme, grazioso borghetto che si affaccia sull’Adriatico. Dal suo belvedere si scorge la costa fino al Conero, mentre alle spalle il paese e i suoi vicoli di ciottolato sono “protetti” dalla fascia verde del bosco del Cugnolo.

Torre di Palma, primo stop e prima salita. Da quassù si vede il Conero: sono 50 chilometri
Torre di Palma, primo stop e prima salita. Da quassù si vede il Conero: sono 50 chilometri

La torre di Moresco

Salutiamo la tavola blu e ci addentriamo nell’entroterra, nelle colline fermane costellate da piccoli paesi. Il prossimo è Lapedona, con una porta d’ingresso caratterizzata da un arco a sesto acuto e i merli della fortificazione. Uscendo dal paese ci colpisce una pianta di banano lungo la strada, quasi adagiata al muro di una casa signorile, con i frutti ancora in formazione.

Poi, riprendendo a salire, al bivio prendiamo a destra verso Moresco, dominato da una trecentesca torre eptagonale alta 25 metri, dalla cui sommità, nelle giornate limpide, si scorge fino al Gran Sasso.

Le strade interne del fermano sono isolate, con poco traffico ma con un ottimo fondo, quindi perfette per andare in bici.

Pieno d’acqua a Moresco, uno dei Borghi più Belli d’Italia
Pieno d’acqua a Moresco, uno dei Borghi più Belli d’Italia

«Di pianura però c’è n’è poca – dice Mauro – quando porto in giro gli altri cicloturisti, dico loro di preoccuparsi quando affrontano un tratto di discesa più lungo del solito…».

Benvenuti in Val d’Aso

In effetti le colline si susseguono a tamburo battente: questo territorio sembra quasi un concentrato delle intere Marche, con creste e valli l’una accanto all’altra.

La valle che scorgiamo ora alla nostra sinistra, dal crinale della collina che stiamo salendo per arrivare a Monterubbiano, è la val d’Aso, più ampia di quelle che si vedono a destra. Questa sua conformazione morfologica, assieme alla combinazione dei venti che entrano dall’Adriatico e all’esposizione al sole, l’hanno fatta diventare il distretto di produzione di svariati tipi di frutta della zona.

A ogni discesa corrisponde una salita. Siamo nelle Fiandre delle Marche
A ogni discesa corrisponde una salita. Siamo nelle Fiandre delle Marche

Monterubbiano si trova a 450 metri di altitudine e, dopo un’ora abbondante di pedalata, finalmente troviamo un tratto discendente che anticipa il falsopiano verso Petritoli. Qui la porta d’ingresso al paese è davvero notevole, con i tre archi in stile neogotico realizzati nella seconda metà dell’Ottocento, “aprendo” l’originale cinta muraria medievale (foto di apertura).

Gianni, il Tiralento

Nella piazza centrale del borgo, Mauro incontra e ci presenta Gianni Traini e la sua ciurma di cicloturisti. Vanno in direzione opposta alla nostra e notiamo che la bici di Gianni è una bici d’epoca, con freni a pattino, quantomeno degli anni Settanta. Lui stesso indossa scarpette di cuoio e una maglia in stile vintage col logo “Tiralento“.

«E’ il nome della sua azienda specializzata nella produzione di abbigliamento e accessori d’epoca per i ciclisti», spiega Mauro. Tutto nel segno dell’artigianalità marchigiana.

A Petritoli l’incontro con Gianni Traini, titolare di Tiralento che produce abbigliamento vintage
A Petritoli l’incontro con Gianni Traini, titolare di Tiralento che produce abbigliamento vintage

Dislivello per tutti

Il falsopiano prosegue fino al paese successivo e anzi l’ultimo chilometro per arrivare a Monte Vidon Combatte è abbastanza impegnativo. A perdita d’occhio ogni collina ha il suo poggio e ogni poggio un paese in cima il cui nome inizia con “Monte…”, per cui è facile accumulare centinaia di metri di dislivello in poche pedalate.

Discesa per Ortezzano (indimenticabile il muro pazzesco, spesso protagonista della Tirreno-Adriatico), 5 chilometri di salita al 5 per cento per Monte Rinaldo, poi ancora più su per Montelparo (unica località del tour sopra i 500 metri di quota), quindi si torna indietro per le colline che prima vedevamo alla nostra destra.

Lunga discesa verso Montottone dove si comincia a risentire il profumo dell’aria che viene dal mare. Come ci diceva la nostra guida, non si scappa: ad una lunga discesa, da queste parti bisogna prepararsi a ritornare in presa alta sul manubrio.

A Montottone si arriva dopo una lunga discesa, cui però segue l’immancabile salita…
A Montottone si arriva dopo una lunga discesa, cui però segue l’immancabile salita…

Fermo e i pro’

Per agguantare quella birra nel centro di Fermo che sogniamo da un po’, dobbiamo affrontarne ben due di salite, quella di Montegiberto (3 chilometri al 7 per cento) e quella che porta al al centro storico del capoluogo. Quassù quest’anno c’è stato l’arrivo di tappa della Tirreno-Adriatico, conquistato da Barguil nella frazione in cui Pogacar, Evenepoel e Vingegaard hanno sbagliato strada.

«Ma i corridori sono arrivati ancora più su, fino davanti alla Cattedrale di Santa Maria Assunta», puntualizza Mauro mentre, seduti ad un bar in Piazza del Popolo davanti al Palazzo dei Priori di Fermo, accompagniamo una bionda fruttata con un cartoccio di olive all’ascolana.

A Capodarco, si riconosce la stele per Casartelli, 30 anni fa oro a Barcellona 92
A Capodarco, si riconosce la stele per Casartelli, 30 anni fa oro a Barcellona 92

Il mito di Capodarco

Che questa sia terra di agonismo su due ruote ce lo ricorda anche la vicina Capodarco, ultima fatica prima di rituffarci al mare che ci attende laggiù. Il piccolo agglomerato è teatro ogni anno, all’indomani di Ferragosto, di una delle più sentite gare under 23 da cui sono poi sbocciati fior di corridori (uno su tutti, Jai Hindley vincitore quest’anno del Giro d’Italia e primo al Gran Premio di Capodarco nel 2016).

Siamo già in discesa quando superiamo il monumento a Fabio Casartelli (qui primo nel 1991 e secondo l’anno successivo) e scendiamo ancora sull’asfalto veloce costellato dalle scritte sbiadite dei tifosi che verranno rinnovate tra poche settimane.

E prima di salutarsi, una birra in Piazza del Popolo a Fermo ce la siamo proprio meritata
E prima di salutarsi, una birra in Piazza del Popolo a Fermo ce la siamo proprio meritata

Ritornati sul lungomare di Porto San Giorgio ci sentiamo come all’uscita di una tornata sulle montagne russe, tanto che ora capiamo perché le colline fermane, con i suoi muri (per i più arditi ci sono anche quelli sterrati) sono soprannominate le “Fiandre delle Marche”!

Altri due anelli ascolani, i templari, le sibille e fiumi di vino

03.07.2022
5 min
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Il primo dei tre anelli di Ascoli Rebirth, dopo aver descritto il secondo nel dettaglio, è un’andata e ritorno al mare sulle due sponde della Val Tesino. Partenza e arrivo sono collocate a San Benedetto del Tronto, in uno dei lungomare più curati della costa marchigiana.

Primo anello, si sale

Il tracciato si sviluppa in senso orario per un totale di 84 chilometri e 1.420 metri di dislivello quindi, come abbiamo ormai imparato da questa regione, è bene non prenderlo sottogamba. La pressoché totale assenza di pianura, ad eccezione appunto per i dintorni di San Benedetto, suggerisce prudenza.

La rocca di Acquaviva Picena si specchia sul mare, che si vede in basso: è salita vera
La rocca di Acquaviva Picena si specchia sul mare, che si vede in basso: è salita vera

Si comincia verso sud, ma appena superato il porto si svolta a destra per seguire in direzione di Acquaviva Picena. Dopo nemmeno 4 chilometri dal via ci sono subito pendenze significative (3 chilometri al 6 per cento) per portarsi in cresta alla collina che divide la vallata del Tronto da quella del Tesino. Tutto l’itinerario si svolge in effetti a quote collinari, tra i 250 ed i 500 metri, con continui saliscendi.

Splendida Offida

Superata Acquaviva, sovrastata dalla sua Fortezza Medievale, si superano le frazioni di San Savino e di Borgo Miriam. Si giunge a Offida, piacevole paese ricco di testimonianze storiche, nonché caratterizzato dalla lavorazione artigianale del merletto a tombolo. Si può sostare in Piazza del Popolo per ammirare il Palazzo Comunale. Ma senz’altro è d’obbligo una visita a Santa Maria della Rocca, una chiesa appena fuori dal centro storico, che sorge su uno sperone di roccia a picco sulla vallata sottostante.

La terra del vino

Salendo per la frazione San Barnaba si prende la strada che conduce a Castignano (nella foto di apertura i festeggiamenti di Templaria, ispirati al mito dei cavalieri crociati, che si svolgono ad agosto). Prima di arrivare in paese c’è uno strappo di un paio di chilometri al 6 per cento. Si possono ammirare i calanchi scoscesi egli impervi declivi delle colline, magistralmente lavorate dagli agricoltori del posto. Si distinguono soprattutto i produttori di vini quali il Rosso Piceno e, tra i bianchi, la Passerina e il Pecorino.

Arrivo a Ripatransone

Dopo Castignano si scende leggermente per raggiungere Rotella, dove è possibile ammirare la Torre Civica dell’Orologio ed il Parco delle Rimembranze dedicato ai caduti della Prima Guerra Mondiale. Si è praticamente risalito l’intero corso del Tesino che nasce nelle vicinanze (a Force). Ci si appresta invece a ritornare verso l’Adriatico sulla cresta della collina che prima vedevamo alla nostra destra, ovvero quella che divide la Val Tesino dalla Val d’Aso. Si torna a salire verso Montedinove e Montalto delle Marche (520 metri di quota e punto più alto dell’anello), quindi 5 chilometri di dolce discesa portano in direzione di Cossignano.

L’ultima fatica è quella per arrivare a Ripatransone (4 chilometri al 5 per cento ma con punte nel finale del 7-8 per cento), ripagata dalla stupenda vista sulla vallata sottostante e sulle montagne all’orizzonte, dai Monti della Laga fino ai Sibillini. Ultimi 15 chilometri di discesa per tornare a San Benedetto.

L’insediamento di Ripatransone risale al Neolitico, ma ebbe importanza con l’arrivo dei romani
L’insediamento di Ripatransone risale al Neolitico, ma ebbe importanza con l’arrivo dei romani

Il terzo anello e il Vettore

Il terzo dei tre anelli di Ascoli Rebirth, promosso da Marche Outdoor, è invece quello più interno. Ed anche il più corto con i suoi 57 chilometri (dislivello di 1.200 metri circa). La partenza è situata presso gli impianti sportivi di Venarotta.

Subito ci attende una salita di 4 chilometri al 5 per cento, dove, sulla destra, si può ammirare il Monte Ascensione che domina Ascoli (presenza costante negli ultimi due anelli). Allo scollinamento si prosegue verso sinistra, scendendo a Palmiano, con i Monti Sibillini sullo sfondo. Da questo piccolo borgo di nemmeno 200 abitanti ci sono 18 chilometri di leggero e costante falsopiano (2 per cento) per arrivare ai 920 metri di Monte Propezzano. Quindi tre chilometri di discesa per poi risalire verso Balzo, sempre con pendenze lievi. Siamo ai piedi del Monte Vettore, che si erge davanti a noi con i suoi 2.476 metri. 

Roccafluvione è il paese del Tartufo Nero, prelibatezza locale: pezzo forte del secondo dei tre anelli
Roccafluvione è il paese del Tartufo Nero, prelibatezza locale

Roccafluvione e i tartufi

Proseguendo, potremmo cimentarci con l’impegnativa salita di Forca di Presta, ma il nostro itinerario invece piega verso est. Andiamo a prendere un altro lungo falsopiano, stavolta discendente, che segue il corso del Fluvione (affluente del Tronto). Superiamo l’abitato di Uscerno e raggiungiamo Roccafluvione. Questo paese è noto per il Tartufo Nero Pregiato.

Inizia da qui l’ultima asperità dell’ultimo di questi tre anelli per risalire a Venarotta (3,5 chilometri al 4 per cento) per poi ritornare al punto di partenza di questo itinerario non particolarmente duro, ma molto appagante dal punto di vista paesaggistico.

Ascoli Rebirth: piazze, salite, eremi, fontane e sapori speciali

03.07.2022
7 min
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Prosegue il viaggio cicloturistico nelle Marche. E dopo Ancona e Macerata, per la provincia di Ascoli abbiamo scelto il secondo anello di Ascoli Rebirth, promosso da Marche Outdoor. Si parte proprio dal capoluogo del Piceno ed abbiamo appuntamento con i nostri amici Davide e Stefano nella più antica piazza della città, Piazza Arringo.

Vi entriamo pedalando attraverso il piccolo arco che passa sotto il Museo Diocesano e, una volta fuori, scopriamo che è piena di gente brulicante a causa del mercato settimanale. Due sbracciate in lontananza dei nostri amici richiamano l’attenzione e, dopo i saluti, siamo dal lato opposto della lunga piazza per riempire le borracce alla seconda delle due ottocentesche fontane gemelle.

Una sosta dal fornaio prima di partire: fa strada Davide Falcioni
Una sosta dal fornaio prima di partire: fa strada Davide Falcioni

Il cuore della città

«Ci portiamo qualcosa da mangiare?», fa Davide, che subito ci conduce nell’angusto forno alle nostre spalle, semi coperto da una bancarella. Mettiamo una focaccina nelle tasche, ci dileguiamo dal trambusto del mercato e raggiungiamo la vicina Piazza del Popolo, altro fiore all’occhiello di Ascoli, questa volta rinascimentale, cinta da porticati, dal Palazzo dei Capitani del Popolo e dall’abside della Chiesa di San Francesco.

Anche qui troviamo un mercatino, quello dell’antiquario, e quindi proseguiamo sui sampietrini delle vie limitrofe, superando un recente murales in via delle Canterine e giungendo al punto di partenza ufficiale del tour, che è sul ponte romano di Porta Solestà, che supera il Tronto sin dai tempi dell’età augustea.

Fuori dal mondo

Risaliamo il fiume per quattro chilometri poi, dopo una svolta a destra, prendiamo una stradina tanto isolata quanto “cattiva” per le sue pendenze in doppia cifra. Superiamo gli agglomerati di Galleggiano e Gimigliano, unici due baluastri di civiltà in una vallata stretta e silenziosa, verde e soleggiata.

Quattro chilometri di tregua per arrivare al centro abitato di Venarotta, dove ci colpiscono prima la Chiesa dei Santi Cosma e Damiano, poi quella della Madonna della Grazie, a pianta ottagonale.

Lasciato il paese la strada riprende a salire su strada ampia, ma con pendenze solo appena più lievi di quelle incontrate in precedenza.

Tracce di Templari

Tutto l’itinerario odierno gira in senso orario intorno al Monte Ascensione, che infatti abbiamo costantemente alla nostra destra e risulta visibile per gran parte tour, che alla fine misurerà 75 chilometri e 1.500 metri di dislivello.

La salita finisce con un affaccio sui Monti Sibillini, il panorama si apre notevolmente ad ovest e qualche bosco custodisce degli sterrati su cui ci divertiamo a fare qualche variazione sul tema con le nostre gravel. La particolarità è che si rimane in quota, intorno ai 700 metri, per circa 13 chilometri, incluso lo strappo che porta al borgo di Castel di Croce, nominato a più riprese dagli storici locali per presunte, ma mai documentate, presenze di cavalieri Templari.

Il Piccolo Santo

Ora inizia il primo tratto rilassante della nostra ciclo-escursione, scendendo per ampi tornanti verso Rotella. Davide pensa bene di optare per una sosta all’eremo francescano dove c’è una cella che ospitò il Santo. Suoniamo il campanello del cancello, il frate ci apre, lasciamo le bici sulla ghiaia che delimita il giardino pieno di rose molto ben curate e visitiamo questo posto avvolto dal silenzio.

Poi si riparte. La discesa finisce ben presto, ma prima di riprendere la salita verso Capradosso, prolunghiamo di qualche centinaio di metri per visitare Rotella, la quattrocentesca Torre Civica dell’Orologio ed il vicino Parco delle Rimembranze, dove ogni albero è affiancato da una piccola lapide con il nome di un caduto della Grande Guerra.

Tra calanchi e ferite

Torniamo al bivio per Capradosso ed affrontiamo la terza e ultima ascesa di giornata, quattro chilometri al 5 per cento. Siamo alle pendici settentrionali dell’Ascensione e ci dirigiamo con una dolce discesa verso Sud-Est con, alla nostra sinistra, le colline che si perdono all’orizzonte e finiscono laggiù nell’Adriatico.

Questa è zona di calanchi: «Vedi Andrea? In cresta a quel calanco c’è un single track molto bello da fare con le gravel o mountain bike», ci spiega Stefano mentre ci dà il cambio in un tratto di falsopiano.

La ciclabile lungo il Tronto, che porta dal mare ad Ascoli: si rientra
La ciclabile lungo il Tronto, che porta dal mare ad Ascoli: si rientra

Raggiungiamo Appignano del Tronto che il sole è alto sulle nostre teste. Purtroppo sono ancora visibili i segni del terremoto del 2016, soprattutto nelle “imbracature” antisismiche che sorreggono la Chiesa di San Giovanni Battista ed il suo svettante campanile. Il colore rossiccio dei mattoncini in cotto della chiesa è ancora più vivido con la calura e noi, dopo esserci rinfrescati nella fontanella sotto di essa, ripartiamo verso la vallata del Tronto.

Birra e olive

Transitiamo a Castel di Lama, collocato sulla Salaria ed il cui comune è in realtà suddiviso in Ville, simili alle contrade, per poi svoltare a destra e risalire il Fiume Tronto fino ad Ascoli Piceno. I nostri due scudieri, Davide e Stefano, ci fanno fare una deviazione dal percorso originario, bypassando 3 chilometri di strada statale grazie alla pista ciclabile che si prende dalla Strada della Bonifica e ci porta fino a Monticelli.

Infine, lunghissimo rettilineo per rientrare in Piazza Arringo, dove il mercatino si è concluso, i venditori stanno sfollando e noi ci possiamo sedere e seguire con lo sguardo il lungo Palazzo dell’Arengo che culmina con la Cattedrale di Sant’Emidio ed il vicino Battistero di San Giovanni. Il tutto accompagnato da una birra fresca in una mano e le immancabili olive all’ascolana nell’altra…

Macerata Rebirth, fra abbazie e leggende medievali

28.06.2022
6 min
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L’appuntamento per questo tour in provincia di Macerata è abbastanza inusuale: non una piazza di una città, di un borgo o un lungomare, bensì un’abbazia romanica, isolata da ogni località: l’abbazia di San Claudio. Arriva Mauro Fumagalli, cicloguida di MarcheBikeLife di cui è titolare. Mauro ha contribuito alla realizzazione di vari percorsi di Marche Outdoor e oggi, dopo la nostra prima uscita sulle strade del Conero, oltre alle sue competenze tecniche, ci mette a disposizione anche qualche chicca storica. 

«C’è una sorta di leggenda attorno all’abbazia di San Claudio – rivela – alla fine del giro di oggi ti dirò».

Restiamo incuriositi, ma è tempo di metterci in viaggio. Di certo questo è un territorio ricco di abbazie, tanto che c’è anche un percorso (da fare a piedi o in bici) che le raccorda tutte. Ad esempio noi muoviamo i primi colpi di pedale in direzione dell’Abbadia di Fiastra, collocata nel bel mezzo dell’omonima riserva naturale vasta quasi 2.000 ettari.

L’Abbadia di Fiastra

La raggiungiamo dopo esserci entrati tramite un tratto nel bosco, un tratto adatto alle bici gravel ma con fondo ben battuto, per cui anche i copertoncini da 28 non hanno problemi. Ai nostri lati superiamo le recinzioni che proteggono gli animali in libertà (tra cui caprioli, faine e tassi) nascosti nei 100 ettari della selva di cerri. Uno di essi però deve avere un privilegio, dato che al bar nei pressi dell’abbazia ci accoglie un pavone che passeggia in tranquillità. Ci guarda per un attimo forse incuriosito dalle nostre bici, poi ci lascia passare. Riempiamo la borraccia proprio alla fontanella davanti alla facciata dell’abbazia dominata dal grande rosone e ripartiamo.

Superiamo Urbisaglia dopo aver fatto una deviazione su ghiaia per ammirare i resti dell’antico teatro romano, risalente al I secolo A.C. quindi l’asfalto riprende con i saliscendi che superano campi di grano che a breve verrà mietuto.

Qui Fiastra. C’è un cammino che unisce tutte le abbazie del maceratese
Qui Fiastra. C’è un cammino che unisce tutte le abbazie del maceratese

In salita a Tolentino

La prossima tappa è Tolentino, ma per metterla nel sacco dobbiamo affrontare un paio di salite che rappresentano le difficoltà maggiori di questo itinerario, che si snoda interamente in un paesaggio collinare. Si tratta di strappi di 3-4 chilometri con pendenze massime dell’8 per cento, ideali per saggiare la gamba senza perdere il feeling con l’ambiente circostante, fatto di profili verdi, campi lavorati e cielo azzurro.

Il Ponte del Diavolo di Tolentino porta con sé un bel carico di leggende
Il Ponte del Diavolo di Tolentino porta con sé un bel carico di leggende

Il ponte del diavolo

A Tolentino entriamo dalla porta sud, posta a controllo del Ponte del Diavolo che attraversa il Fiume Chienti

Perché Ponte del Diavolo?

Perché leggenda vuole che fu costruito in una sola notte dal diavolo, che però chiese in cambio l’anima della prima persona che vi sarebbe transitata. Il costruttore invocò l’aiuto di San Nicola che vi giunse con un cagnolino e una forma di formaggio. Lanciò la forma ed il cagnolino passò sul ponte beffando così il diavolo.

Seppur privi di formaggio, lo attraversiamo anche noi e arriviamo al centro storico del paese che è poco più in alto e, in Piazza della Libertà, ammiriamo l’orologio astronomico formato da più quadranti.

«Adesso ti porto da un amico». Mauro ci guida in un vicoletto per poi sbucare in una piazzetta su cui affaccia un piccolo alimentari. Dentro c’è Giorgio, appassionato di ciclismo, che infatti ha letteralmente tappezzato il soffitto in legno con le pagine di alcune riviste del settore. C’è anche una maglia rosa incorniciata dietro l’uscio, e altre ancora sullo stipite antistante. E’ facile intuire che la sua bottega sia tappa obbligata per i ciclisti in transito.

Fra storia e vigneti

L’uscita da Tolentino attraversa i campi di frumento che nel 1815 furono teatro della battaglia tra le truppe austriache e quelle di Gioacchino Murat, re di Napoli fedele a Napoleone. Per alcuni storici fu la prima del Risorgimento italiano.

Le nostre gravel ci consentono inoltre una deviazione verso la prestigiosa Cantina Pollenza, i cui sterrati ben battuti solcano la vasta tenuta costellata da filari che “covano” le uve del Cabernet Sauvignon, del Sangiovese e del Merlot.

Lo Sferisterio

Sorvoliamo il Castello della Rancia, e, dopo un paio di chilometri sui pedali per salire sulla collina che divide la valle del Chienti con quella del Potenza, eccoci al capoluogo di provincia.

Macerata, circondata dalle mura, ha nello Sferisterio la sua peculiarità: è una vera e propria arena all’aperto dove si svolgono vari spettacoli in un’atmosfera unica, con un’eccellente acustica, stando al parere di cantanti e direttori d’orchestra. Transitiamo poi in piazza della Repubblica dove anche qui svetta un orologio astronomico, anzi planetario, dato che fornisce le posizioni degli astri conosciuti nel XVI secolo, quando fu costruito.

L’acqua non manca neppure in estate: un valore aggiunto per le uscite più lunghe
L’acqua non manca neppure in estate: un valore aggiunto per le uscite più lunghe

La tomba di Carlo Magno

L’ultima parte del tour la pedaliamo sempre sul dorso della collina che funge da spartiacque tra i fiumi Potenza e Chienti.

«Si potrebbe pedalare in cresta – dice Mauro mentre ci dà il cambio – addirittura fino a Civitanova Alta».

Ovvero fino al mare. E invece noi sterziamo a destra e ci rilassiamo in discesa per ritornare all’abbazia di San Claudio. Eccola, sbuca dietro un grande albero che regala un po’ d’ombra a questa stradina secondaria, sola nel bel mezzo della vallata del Chienti.

Mauro, ma qual era la leggenda che ci dicevi quando siamo partiti?

In realtà – risponde la nostra guida togliendosi il caschetto – più che una leggenda potrebbe essere una vera rivoluzione storica. Secondo le tesi del Professor Carnevale, scomparso lo scorso anno, qui ci sarebbe nientemeno che la tomba di Carlo Magno.

Colline e salite come strappi lungo questo anello di Macerata Rebirth
Colline e salite come strappi lungo questo anello di Macerata Rebirth

Un motivo in più

Possibile? E’ una bufala dei nostri tempi? In realtà gli studi del professore sono andati avanti per oltre venti anni, ritenendo che la vera Aquisgrana, il centro della corte del Sacro Romano Impero, non fosse nell’odierna Aachen, in Germania, ma in quest’angolo di Marche in cui oggi risplende l’abbazia. Gli stessi storici tedeschi hanno dovuto fare delle… aperture. Mancano ovviamente delle prove certe, dei ritrovamenti di reperti o documenti, ma il dibattito è aperto. E se un domani si dovessero riscrivere i libri sul Medioevo, avrete un motivo in più per inforcare la bici e venire a pedalare tra queste colline ammantate di storia… 

Macerata Rebirth ha altri due anelli, il primo e il terzo, con percorsi che si avventurano sui crinali delle colline e verso le prime montagne, consultabili a questo link.