Una dodicenne, una poesia e l’eroe in bicicletta

Giada Gambino
13.01.2021
2 min
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Avevo dodici anni quando chiesi a mio padre di aiutarmi a scrivere una poesia che avrei dovuto leggere, il giorno dopo, a scuola.

Fu in quell’occasione che, per la prima volta, sentii quel nome: Marco Pantani.

Mio padre mi raccontò di quanto fosse forte, unico ed imprevedibile; di quanto le sue imprese fossero così emozionanti da far fermare il tempo.

Tutto il mondo si concentrava sulle sue vittorie, sui suoi scatti, sulle sue fughe. Mentre lo ascoltavo mi immaginavo questo eroe in bicicletta che si levava la bandana ogni qualvolta andava all’attacco per conquistare sempre più terreno, i miei occhi brillavano e percepivo il mio cuore battere sempre più forte.

I primi video

Così, un giorno, decisi di cercare su internet i video delle vittorie del Pirata e, inevitabilmente, me ne innamorai. Dal Giro d’Italia al Tour de France scoprii il ciclismo vero, quello non calcolato nei minimi dettagli, quello che ti entusiasma e ti fa venire la pelle d’oca anche quando stai vedendo una corsa registrata e sai già come andrà a finire.

La grandezza di Pantani si vede anche in questo: a distanza di anni, nonostante non sia più con noi, riesce comunque a catturare dei tifosi che, come la me allora dodicenne, rimangono estasiati dinanzi ad una vera e propria leggenda.

Charly Gaul, Marco Pantani, Tour de France 1998
Sul podio di Parigi, anche Charly Gaul, uno dei più grandi scalatori di sempre
Charly Gaul, Marco Pantani 1998
Sul podio di Parigi, anche Charly Gaul, uno dei più grandi scalatori di sempre

Quel giorno mio padre mi raccontò anche del Giro del 1999, dei tragici fatti di Madonna di Campiglio, del declino del Pirata e di quello che, ormai, molti considerano un omicidio. Sentire tanta brutalità attorno a qualcuno che doveva solo ricevere affetto, stima e sostegno mi fece sentire piccola e impotente.

Proprio per questo ogni qual volta mi alleno in bicicletta, salendo su Monte Pellegrino a Palermo e leggo per terra la scritta “ W PANTANI” un brivido di emozione mi attraversa tutto il corpo, sorrido e getto la treccia dei miei lunghi capelli all’indietro (involontariamente, forse, per simulare il gesto della bandana) e affronto la salita sempre con una carica in più.

La poesia, comunque, la ricordo ancora e recita così:

14 Febbraio 

Coppie scoppiettanti di amori accesi

si incontravano per farsi doni e stare assieme; 

solo, in uno squallido albergo, mi ritrovavo ad affrontare la mia ultima fuga. 

Mai più discese o ripide salite, 

mai più Alpi o Pirenei scalati a perdifiato col cuore in gola

per rendere più breve l’agonia. 

Sei morto da solo, ma vivi per tanti.