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Insieme a Mazzanti nel buio e la (nuova) luce di Sonny

26.11.2022
6 min
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«Credo che Sonny – racconta Mazzanti – vorrebbe soprattutto svegliarsi da questo incubo. Sono convinto che da un certo punto in avanti si aspettasse di dover smettere, ma abbia aspettato sino in fondo per esserne certo e ufficializzarlo. E’ stata l’unica volta che non gli ho dato consigli. Mi sono limitato a dirgli che per me contava più il Colbrelli uomo del corridore. Lui ha ascoltato, ma prima di dire la parola fine ha voluto riflettere bene».

Pomeriggio di quasi inverno, dieci giorni spaccati dopo l’annuncio di Milano, ma sembra una vita. E’ tutto ancora da digerire bene, ma intanto con Luca Mazzanti facciamo un viaggio nel mondo di Sonny Colbrelli, per leggerne la storia attraverso gli occhi di chi l’ha sempre rappresentato come atleta.

Nel 2010 Colbrelli vince a Sona e poi va in stage con la Colnago-CSF, dove passerà dal 1° agosto 2011
Nel 2010 Colbrelli vince a Sona e poi va in stage con la Colnago-CSF, dove passerà dal 1° agosto 2011

Colbrelli fu il suo primo assistito. “Mazza” ci pensa e ricorda quando, ancora corridore, nel 2007 fondò con due soci GL Promotion, l’agenzia di procura per atleti, in cui ancora lavora. Il bolognese, che vive da un po’ a Milano, non immaginava che avrebbe corso ancora per sei stagioni. Ma approfittando del fatto che all’epoca era ancora alla Ceramica Panaria di Reverberi, gli parlò del bresciano che all’epoca era ancora uno junior. Il primo contratto da professionista di Colbrelli porta la data del 2013 e prese forma così, dopo le tre stagioni alla Zalf Fior. Nel frattempo Mazzanti smise di correre e la coppia iniziò a lavorare insieme.

Quattro anni con Reverberi prima di spiccare il volo…

Sonny ha sempre avuto mercato, ma credo che il primo salto di qualità lo fece nel 2014 (in apertura i due sono insieme al Giro di quell’anno, ndr). Mi permisi di consigliarlo tecnicamente, perché mi ero accorto che il peso era un problema. Dimagrì un po’ e cominciarono ad arrivare le vittorie. L’anno dopo invece non andò un granché. Questa cosa del peso diventò un eccesso, ne perse troppo ed ebbe anche una mononucleosi. Anno storto, ma nel 2016 era nuovamente a posto e cominciò a vincere. E a quel punto si fece il salto nel WorldTour con il Team Bahrain-Merida appena nato.

Nel 2016 vince la Tre Valli. E’ più esile e meno strutturato fisicamente: l’anno dopo Sonny firma con il Bahrain
Nel 2016 vince la Tre Valli. E’ più esile e meno strutturato fisicamente: l’anno dopo Sonny firma con il Bahrain
E da lì non se ne è più andato.

Sonny ha corso soltanto in due squadre, perché se si trovava bene e il team era soddisfatto, non aveva necessità di cambiare. Le proposte non gli sono mai mancate, ma con il Bahrain ha sposato un progetto, ci ha creduto ed è rimasto.

Quale progetto?

Vedendo il livello che aveva raggiunto, cercammo una squadra in cui potesse continuare a correre da leader nelle sue corse, come aveva imparato nella professional di Reverberi. La squadra chiaramente era incentrata su Nibali, ma nelle classiche a Sonny fu permesso di correre da punta. Ha continuato nel suo percorso di crescita, non come succede oggi, che i nostri vanno fuori con incarichi che non ci piacciono per niente. Ci ha messo un po’ per consacrarsi e capire come poteva fare, ma è arrivato.

Giro delle Fiandre 2017, Colbrelli è appena arrivato nel WorldTour, ma corre da leader
Giro delle Fiandre 2017, Colbrelli è appena arrivato nel WorldTour, ma corre da leader
Quando c’è stato secondo te il vero salto di qualità?

Ho sempre avuto la certezza che sarebbe arrivato. Aveva vinto la Coppa d’Oro, aveva vinto da junior e da U23. Non tutti hanno gli stessi tempi e forse neanche lui credeva tanto nelle sue possibilità. E quando nel 2020 sembrava che la sua carriera fosse avviata a restare nel mezzo, ha iniziato a farsi seguire da Paola Pagani, la sua mental coach. Lei un po’ l’ha motivato, un po’ gli ha insegnato a raggiungere gli obiettivi. Sta di fatto che il 2021 è stato l’anno che tutti ricordiamo.

Cosa ricordi di quel 21 marzo?

Ero a casa e avevo il televisore rotto. Per questo ho guardato l’arrivo nello smartphone e dopo la volata l’ho messo in tasca e sono uscito per andare al centro commerciale. Solo che mentre andavo, sono cominciati i messaggi e le chiamate per sapere come stesse Sonny. Ho preso il telefono per capire qualcosa. Ho chiamato Miholjevic, che però non era in Spagna. Poi Pellizotti, che era lì. Sul momento, grande paura. Appena è stato possibile, sono andato in Spagna con la moglie Adelina e il padre, ma quando siamo arrivati, sapevamo già che stava bene. A quel punto si pensava già che potesse tornare a correre. Invece era appena iniziato un anno difficile, una cosa così non la voleva nessuno. Ma devo dire che ha avuto una reazione che stupisce anche me.

Il 2021 è l’anno magico: arrivano il tricolore, gli europei e la Roubaix, che mancava in Italia dal 1999 di Tafi
Il 2021 è l’anno magico: arrivano il tricolore, gli europei e la Roubaix, che mancava in Italia dal 1999 di Tafi
Facciamo un passo indietro: come era uscito dal 2021?

Chi lo conosce sa che è sempre stato professionale. Per cui, esaurite le feste e le premiazioni, ha cominciato la stagione. Sfortuna ha voluto che ha preso l’influenza e alla fine non ha fatto un grande inverno. Eppure alla Het Nieuwsblad arrivò secondo dietro Van Aert e quel giorno ci fece capire che, pur non essendo al top, stava davanti con quei corridori. Ecco perché il rimpianto è grande. In Sonny vedevo la mentalità e la sicurezza dei grandi. Saltò la Sanremo e andò al Catalunya proprio per salvare le altre classiche…

Tornato dall’ospedale in Spagna, è sparito…

C’era un po’ il colpo da assorbire e un po’ la privacy. Tutti volevano sapere cose che non sapeva neanche lui. L’obiettivo era tornare a correre. Ha fatto tutti gli accertamenti e tutti i percorsi. E’ stato fatto quel che si doveva, ma alla fine la decisione spettava a lui. Sono stati giorni più o meno belli, ma con l’aiuto dei tifosi, della famiglia e della squadra che gli ha dato la stranquillità economica, è riuscito a ragionare con calma.

A Colbrelli è stato assegnato il ruolo di ambassador per la sua squadra: starà a lui definire l’ambito esatto
A Colbrelli è stato assegnato il ruolo di ambassador per la sua squadra: starà a lui definire l’ambito esatto
Come lo vedi in questo nuovo ruolo?

Ci sarà da capire. E’ un incarico molto ampio, da ambassador e supporto tecnico. C’è da vedere cosa farà, perché la ferita è molto fresca, c’è da capire come ragiona e quale sarà il suo stato d’animo. Sono convinto che la squadra non farà nulla che lo metta in difficoltà. Può anche darsi che ragionando serenamente, trovi subito il ruolo che gli piace, la veste in cui si troverà meglio. Ma dire che se ne sia fatta una ragione forse è un azzardo. Non credo che certe cose si possano metabolizzare tanto in fretta.

Pozzato rilancia, applaude Basso e fa il tifo per Cassani

26.02.2022
4 min
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Ci ha messo un po’ per rispondere. Perché, dice, era in giro per aziende in cerca di soldi. Filippo Pozzato in versione businessman è una macchina da guerra. E se glielo fai notare, giustamente se ne compiace. Dopo i campionati italiani del 2020, lo scorso anno ha dato vita a Ride the Dreamland: una interessantissima quattro giorni di ciclismo in Veneto. E la spinta non si è ancora esaurita.

«Negli ultimi giorni – sorride – sono stato a Monaco, poi ad Alassio per un progetto da fare forse nel 2023. Mi hanno cercato dalla Puglia. L’idea è di fare delle corse in più con la PP Sport Events, ma ai progetti bisogna stargli dietro. C’è in ballo un’altra gara gravel, però la fase delle parole a un certo punto deve cedere posto ai fatti. E per il resto, ci sono le nostre corse: Giro del Veneto, Serenissima Gravel, la gran fondo e la Veneto Classic».

Non deve essere semplice andare in giro in cerca di risorse…

E’ complesso, infatti. Devi mettere giù un progetto credibile, con numeri dimostrabili. Io sono sempre stato onesto, non vado a vendere promesse. E anche se so che posso arrivare a 10, garantisco fino a 9 e intanto lavoro per arrivare a 11. Ma bisogna fare un passo per volta. Ho assunto due persone e vado avanti, mentre sull’altro fronte lavoro con Mazzanti e sono molto soddisfatto.

Parli del lavoro di procuratore?

Esatto, un ruolo per cui Luca ha il tempo che serve ed è molto bravo. Io sarei più aggressivo di lui, ma non ho tempo per stargli dietro. So tutto però, mi tengo aggiornato. Discutiamo sempre, peggio di moglie e marito. Mazzanti mi dice le cose in faccia e preferisco così, di uno che mi dice sempre di sì e poi semmai mi fa le cose alle spalle.

Pozzato è passato dalla bici al lavoro, subentrando anche nell’impresa di famiglia dopo la morte del papà
Dalla bici al lavoro, Pozzato è subentrato anche nell’impresa di famiglia dopo la morte del papà
Hai il punto di vista dell’organizzatore e quello del procuratore: come sta il ciclismo?

Si trova a un livello altissimo e come organizzatore devo essere all’altezza delle grandi squadre. In Italia non ce ne sono ancora, ma ad esempio Ivan (Basso, ndr) sta facendo quello che vorrei fare io da sempre. Cioè una realtà strutturata, la filiera sin dalle giovanili, passione e buon gusto italiano. Stanno comunicando nel modo giusto, facendo passare come prima cosa l’immagine della squadra. Non lo stanno facendo con un grande budget e questo va ancora di più a loro merito.

Vedi all’orizzonte la nascita di una grande squadra?

Faccio il tifo per Cassani, che qualche giorno fa è stato qui e abbiamo parlato a lungo. Fra noi ci sono sempre stati un bel dialogo e una bella collaborazione. Se riesce a far partire il suo progetto e se riesce a costruire qualcosa di nuovo, sono convinto che si metterà in moto un movimento italiano capace di trascinare tutto il resto. Perché i corridori buoni li abbiamo, ma sono disseminati nelle squadre di tutto il mondo. Se l’Italia riparte, magari i prossimi che arrivano riusciranno a crescere in squadre italiane.

Fra Pozzato e Cassani c’è sempre stato molto dialogo. Qui nel 2014, al primo anno di Davide come cittì
Fra Pozzato e Cassani sempre un bel dialogo. Qui nel 2014, al primo anno di Davide come cittì
Tu hai abbandonato l’idea di fare la squadra?

Proprio no, nessuna pietra sopra. Quello resta il mio sogno. Organizzare le corse è anche il modo di coinvolgere qualche grande azienda, sperando di invogliarla a investire di più. Ma bisogna lavorarci. Ad aprile andrò al Fiandre con una decina di grandi imprenditori, con Enrico Pengo come meccanico e Michele Del Gallo come fisioterapista. Voglio che sia una cosa fatta bene. E per il resto mi divido fra Monaco, dove ha sede Montecarlo Royal Motors, e l’Italia. Ho tante cose da fare e fra queste c’è anche l’azienda di mio padre, che sta andando bene. Anche se pochi giorni fa ho dovuto litigare con una multinazionale. Io non ci sto a certi sistemi. Gli ho detto che sarò pure ignorante e vengo da Sandrigo, ma negli affari non mi faccio prendere per il collo