Germani, il vento è girato. Ora si può pensare in grande

07.09.2021
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Lorenzo Germani inizia a vedere la luce, dopo una prima metà di stagione a dir poco pesante. Anche se alla Groupama-Fdj Continental con i primi anni ci vanno piano, le cinque corse a tappe fino ad agosto erano rimaste nelle gambe. Il suo allenatore continuava a ripetergli che presto il vento sarebbe girato, ma fino al Tour du Pays de Montbéliard credergli era davvero un atto di fede. Eppure la svolta c’è stata davvero.

«In realtà – sorride il laziale, di ritorno verso casa – già ad inizio agosto avevo cominciato a sentirmi meglio. Solo che in Estonia (al Baltic Chain Tour, ndr) il percorso era troppo facile e sono finito indietro. Invece alla vigilia della corsa in Francia mio sentivo bene. Pronto e motivato, convinto di poter fare risultato».

In azione agli europei juniores 2020, quest’anno ha avuto piccole apparizioni in nazionale
In azione agli europei juniores 2020, quest’anno ha avuto piccole apparizioni in nazionale

Squadra contenta

Era la svolta annunciata, quella che in un colpo solo fa capire di aver preso la strada giusta. Lorenzo ha chiuso a 8 secondi nel prologo. Si è piazzato secondo nella prima tappa, battuto in volata da Van Belle. E ha chiuso nel gruppo dei migliori nella terza, portando a casa il secondo posto finale. Il vincitore, maglia Jumbo-Visma, non è l’ultimo arrivato. Lo scorso anno è stato campione europeo juniores nello scratch e nell’omnium a Fiorenzuola. Perciò in salita un po’ paga, ma se rientra vince facile in volata. Così infatti è andata nel secondo giorno di corsa.

«E’ un bel passistone – ride Germani – ma lo stesso la squadra è soddisfatta e avevano ragione gli allenatori quando dicevano che presto sarebbe girato il vento. Adesso che la condizione è buona, anche le prossime corse le guardo con più ottimismo. Dovrei tornare in Francia il 18 settembre per il Tour de Bretagne e poi dal 29 si va alla Ronde de l’Isard».

Al Baltic Chain Tour un percorso troppo facile, ma le gambe giravano
Al Baltic Chain Tour un percorso troppo facile, ma le gambe giravano

Italiani con la valigia

Storie di italiani con la valigia, in un ciclismo che offre esperienze di vita forti a ragazzini poco più che maggiorenni che scelgono di mettersi alla prova. E’ stata la scelta di Germani, lo è stata di Gianmarco Garofoli al Team Dsm e lo sarà di Francesca Barale che dal prossimo anno correrà nella stessa squadra olandese. Ma non tutti i posti sono uguali.

«Con Gianmarco parliamo spesso – ammette Lorenzo – di come vanno le cose, dei programmi. Ci siamo visti al Val d’Aosta e finalmente è riuscito a dimostrare quel che vale. So che all’inizio non è stato facile, ma gli ha fatto vedere con delle belle prestazioni che facevano bene a credere in lui. Io al confronto ho avuto vita più facile. E devo dire che a parte la stanchezza delle corse a tappe, mi accorgo che si corre tanto, ma in allenamento con noi più giovani vanno piano. Se quelli di secondo e terzo anno fanno un lavoro per otto volte, a noi giovani dicono di fermarci a cinque. Piuttosto, avete presente Martinez che ha vinto il Lunigiana? E’ uno dei nostri junior, settimane fa è venuto a fare un test con noi e ha strappato un tempo eccezionale…».

Al Tour du Pays de Montbéliar, chiuso al 2° posto, chiari segnali di ripresa. Il vento è ormai girato (foto Coulon)
Al Tour du Pays de Montbéliar, chiuso al 2° posto, chiari segnali di ripresa. Il vento è ormai girato (foto Coulon)

Tre anni under

E così lentamente prende forma un’idea di carriera, con la costruzione della base atletica e psicologica su cui poggiare i piani più alti.

«Mi ha cercato Amadori per fare delle corse a settembre – dice – niente a che vedere con europei o mondiali, ma ho già degli impegni con la squadra e per questa volta ho passato la mano. Ho messo nelle gambe la fatica giusta e adesso sento di aver recuperato e di poter andare alle corse non solo per subire il passo degli altri. Sento che se anche al secondo anno andassi più forte di così e mi cercassero per passare, chiederei lo stesso di fare un altro anno da under 23. Ne ho 19, passando a 21 sarei più solido perché un anno di esperienza e lavoro in più fa una bella differenza. Avrei meno possibilità di sbagliare. Se penso che ci sono ragazzi che dagli juniores vanno già in squadre professional, mi viene da dire che non li invidio. Ma ognuno fa la sua strada, chiaramente, io comincio a capire dove porta la mia».

Germani e la scuola francese. A Besancon tra vento e crono

06.06.2021
5 min
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E mentre l’Equipe Groupama Fdj Continental è in Italia per il Giro U23, c’è un loro ragazzo che invece è rimasto in Francia, Lorenzo Germani, classe 2002 al primo anno nella categoria U23, ammesso si possa ancora definirla così. 

Con il laziale cerchiamo di capire come vanno le cose e perché non è al Giro, lui che è italiano in una squadra straniera.

Fino allo scorso anno Germani era uno junior
Fino allo scorso anno Germani era uno junior
Lorenzo, dove sei in questi giorni?

Sono in Francia. La squadra vuole che siamo qui nella sede-ritiro di Besancon (nella Francia centro-orientale, ndr).

Come ti trovi? Bidet e cibo a parte…!

Ah, ah, ah… Educatamente per andare in bagno diciamo che si va a fare una doccia! Scherzi a parte mi trovo bene. Con il tempo ho migliorato molto sia l’inglese che il francese, perché qui è così e quando sei “costretto” a parlarci fai presto. La squadra ci mette a disposizione dei corsi, ma non è mai come parlare dal vivo. Una cosa che mi piace molto dei francesi però sono le boulangerie (i panifici, ndr): sono bellissimi, dovremmo importarli in Italia. Per il resto il meteo non sempre è dei migliori, ma mi sto abituando, non abbiamo salite lunghissime per allenarci, ma non esiste pianura e il vento è una costante. Però dai, mi trovo “da Dio”. Abbiamo tutto a disposizione.

Come è fatta la sede della squadra?

Sotto ci sono magazzini, uffici, palestra… e sopra i nostri piccoli appartamenti per una o due persone. Tutti forniti con smart tv, wi-fi, cucina, bagno… sono nuovissimi.

Però! E nel modo di correre come ti trovi?

Le corse sono molto più combattute, si corre più alla garibaldina rispetto a noi e c’è meno attesa del finale. I diesse sono molto aperti di mente e ci dicono sempre che non siamo la squadra WorldTour, ma la continental. E ognuno deve avere il suo spazio. Se c’è una corsa piatta, non tiriamo per il velocista dal primo chilometro.

Tutto è più aperto…

Poi chiaramente ci sono stati casi in cui si è corso in modo diverso. Alla Rhone-Alpes per esempio avevamo la maglia di leader, c’erano anche le professional e in quel caso si lavora per difendere la maglia, in modo più tradizionale. Anche perché poi non ti vogliono nella fuga. Serve anche questo: imparare a proteggere la maglia.

Che voto dà sin qui Germani alla sua stagione?

Sono soddisfatto di alcune corse e meno di altre. Al Tour de Mirabelle per esempio speravo in una buona prestazione, ma questa gara veniva tre giorni dopo la Rhone-Alpes, una corsa a tappe di cinque giorni, tra l’altro molto intensi in cui appunto ho tirato per il nostro leader, ed ero stanco. Se penso che ho corso alcune gare con i pro’ non mi aspettavo di finirle e invece. Dai, mi dò un 6,5, promosso!

Prima hai detto che lassù il vento è una costante, stai imparando a correrci?

Caspita se s’impara! La prima cosa che ho capito è che nel ventaglio è meglio girare che stare a ruota, perché in questo caso è più probabile che resti dietro e se prendi due metri è finita. Se invece giri vai più avanti. E quando ci riesci è una gran bella soddisfazione. Ti gasi. Alla Parigi-Trois e al Circuit de Wallonie ci sono riuscito, anche se eravamo in tanti.

Giro U23, come mai non ci sei? Ti sarebbe piaciuto farlo?

Certo che mi sarebbe piaciuto, ma forse è meglio così. Non so se sono pronto per dieci giorni di gara. Io ho fatto quest’anno le mie prime esperienze con le corse a tappe, non le avevo mai fatte prima. Sono un primo anno e si potevano portare solo cinque corridori.

Per Germani è molto il lavoro a crono (foto Instagram)
Per Germani è molto il lavoro a crono (foto Instagram)
Ma non ne hai parlato con loro?

Gli ho fatto capire che mi interessava, ma non ho insistito. Se pensavo razionalmente mi dicevo che non dovevo andare, se pensavo con il cuore sì: mi dividevo tra questi due pensieri. Io mi fido di loro, è così che arriveranno i risultati. In più la squadra punta molto al Giro ed hanno portato una formazione più “grande”, più esperta. Sono tutti di terzo e quarto anno. C’è un solo primo anno, ma è stato inserito all’ultimo perché avevano bisogno di una ruota veloce.

E adesso che gare farai?

Correrò la Mont Ventoux Challenge, in cui ci saranno anche delle squadre WorldTour, poi tornerò in Italia per fare i campionati nazionali a crono e su strada. Successivamente ritornerò in Francia intorno al 5 luglio e poi dovrei fare il Val d’Aosta. Avrei dovuto fare anche la Corsa della Pace con la nazionale, ma dovevo correre con la squadra che invece alla fine ha rinunciato. Mi è dispiaciuto molto, spero non manchino altre occasioni in futuro.

Anche a crono hai detto: usate la bici da crono lassù?

Si usa, si usa. E a volte proviamo anche la cronosquadre. La media è di due o tre volte a settimana ma siamo arrivati anche a quattro.

Germani è pronto per iniziare l’avventura

16.01.2021
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Lorenzo Germani si è rintanato da sua nonna a Roccasecca, a 700 metri da casa dei suoi, per allenarsi e non correre rischi.

«Mio fratello va a scuola – dice – i miei genitori lavorano. Niente di pericoloso, ma per evitare rischi prima di Natale sono venuto qui. Le Feste le abbiamo fatte insieme, poi loro sono tornati a casa».

Roccasecca è un paese in collina di neanche 10 mila abitanti nella parte bassa della provincia di Frosinone, dove le strade sono ideali per allenarsi. Più giù c’è Caserta ed è da queste alture boscose che Lorenzo, 18 anni, partirà a febbraio per il primo ritiro con la Groupama-Fdj Continental. La scuola, come ci aveva già raccontato a settembre, l’ha finita un anno prima. E adesso ha scelto di concentrarsi sul ciclismo, con due anni di contratto da sfruttare al meglio.

Lo intercettiamo al ritorno da un allenamento, vestito di tutto punto dei nuovi colori e sulla nuova Lapierre che gli piace un mondo.

Germani, due anni di contratto per imparare il mestiere
Germani, due anni di contratto per imparare il mestiere
Quali contatti hai avuto con la squadra?

Ci siamo visti a ottobre, il solo contatto finora. Abbiamo fatto la biomeccanica e recuperato il materiale. Avremmo dovuto fare un ritiro a dicembre a Calpe, ma il Covid si è messo di mezzo. Adesso dovremmo andare intorno al 10 di febbraio. Abbiamo fatto qualche riunione su piattaforma digitale. Ci siamo sentiti con il direttore sportivo e l’allenatore. Siamo molto seguiti.

E’ cambiato qualcosa nella tua preparazione?

Hanno voluto che facessi 5 settimane di stop totale, poi abbiamo iniziato gradualmente, con calma, aumentando progressivamente il carico. Prima qualche camminata, un po’ di corsa, poi la bici. Ieri sono arrivato per la prima volta quest’anno a fare 4 ore. Quello che però è cambiato di più è l’organizzazione dell’allenamento.

Vale a dire?

Abbiamo il diesse e due preparatori che ci seguono alle corse. Sono loro a suddividere il programma fra strada e palestra e poi entra in scena il coach per la palestra, che carica su un drive i video e le tabelle degli esercizi che dobbiamo fare. E siccome le palestre sono chiuse, mi aiuta un amico che a casa, oltre alla pressa, ha tutto quello che serve.

Ecco la nuova Lapierre Xelius che Germani ha ritirato in Francia a ottobre
Ecco la nuova Lapierre Xelius che Germani ha ritirato a ottobre
Come va con la lingua?

Si parla inglese. Su 13 corridori, solo 5 sono francesi, oltre allo staff chiaramente. In più c’è un insegnante di lingue per l’inglese e il francese. Vogliono formarci prima come persone e poi come atleti e questo è molto interessante. Al primo incontro c’erano un inglese che parlava francese e uno svizzero di lingua francese che parlava in inglese. E’ stato divertente. E io sono andato da loro e gli ho chiesto: «E con me che lingua parlate?». Abbiamo riso.

Una bella esperienza di vita, no?

Infatti. E da marzo vogliono che andiamo tutti insieme nella sede di Besancon, che sarà una bella esperienza anche a livello umano. Ho due anni di contratto, vedremo se sarò in grado di passare nella WorldTour, ma alla peggio mi ritroverò con due lingue in più nel curriculum.

Avete punti in comune con il team dei grandi?

Loro forse sono più francesi di noi, ma gli sponsor e i materiali sono identici. Avevo già tutto in mano da ottobre, tranne l’abbigliamento che è arrivato da poco. Il Garmin, le scarpe, la bici…

Cosa ti pare della Lapierre?

Abbiamo tre modelli. Quella da crono, la Xelius che è più per scalatori e la AirCode per i passisti. Io ho scelto la Xelius e mi ci trovo benissimo.

L’abbigliamento e tutti gli sponsor sono identici a quelli del team WorldTour
L’abbigliamento e tutti gli sponsor sono identici a quelli del team WorldTour
Ti capita di sentire gli ex compagni della Work Service? Resti convinto della tua scelta?

Convintissimo! La mia non è stata una scelta di squadra, ma ho puntato alla crescita personale. Voglio imparare a vivere e correre in altri Paesi, fare le grandi corse. Non so ancora da dove inizierò. Nel calendario ci sono gare in Francia, Belgio, Olanda e anche le più importanti in Italia.

Ti senti spesso con Quinziato?

Abbiamo un bel rapporto, più che un procuratore è un amico. Voleva venirmi a trovare a Roccasecca, ma non potevamo farlo venire fin giù. Per cui la prima volta che ci siamo visti, io e mio padre lo abbiamo incontrato all’aeroporto. Parliamo più di vita che di ciclismo. E’ un riferimento, troppo bravo e tropo simpatico. Ci sentiamo spesso. Sono molto contento di averlo incontrato.

Cosa si aspettano da te?

Non mettono pressione. Vogliono che cresciamo come corridori, che facciamo squadra e che diamo una bella immagine. Non gli interessa chiudere l’anno con 30 vittorie e ci hanno parlato di ragazzi che l’anno scorso non hanno vinto e sono comunque passati nella WorldTour.

E tu cosa ti aspetti?

Sono due anni che non riesco a iniziare la stagione alla prima gara. Due anni fa perché mi sono rotto il femore e nel 2020 per il Covid. Iniziarla normalmente non sarebbe affatto male. E se poi verrà qualche piazzamento, non mi tirerò indietro. Correre bene e farmi vedere. Al secondo anno semmai penserò a qualcosa di più…

Corazzata Work Service: due sedi e 23 corridori

31.10.2020
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Matteo Berti è il direttore sportivo della Work Service Romagnano. La sua squadra ha una struttura un po’ differente dalle altre realtà sentite in questi giorni. Il team si divide in due grandi sedi, quella toscana e quella veneta.

Una doppia affiliazione, ma un unico team, per questo nelle loro fila figurano 23 juniores. Una vera corazzata.

Al Giro del Friuli hanno vinto una tappa con Christian Danilo Pase
Al Giro del Friuli hanno vinto una tappa con Christian Danilo Pase

Velocisti e scalatori avvantaggiati

«Ci sarebbe piaciuto far fare più attività ai nostri tanti ragazzi – racconta Berti –  ma con le numerose restrizioni non è stato facile. Una stagione normale sarebbe stata gradita vista la nostra rosa! Comunque abbiamo portato a casa sette vittorie e colto diversi piazzamenti importanti. Abbiamo gareggiato a crono e su pista. E se c’è qualcosa di buono che ha fatto questo covid è proprio quello di aver fatto tornare a crescere l’attività su pista.

«Con tipologie di gare molto specifiche a rimetterci sono stati soprattutto quei corridori che vanno bene sui percorsi misti, tutti coloro che non sono velocisti o scalatori. Infatti si sono disputate parecchie gare a circuito piatte o semipiatte e tante cronoscalate e questo non ha dato a tutti la stessa visibilità».

In ritiro nelle due sedi

Il faro della Work Service è stato Lorenzo Germani: 5 vittorie, il titolo regionale, quello di vicecampione italiano e laconvocazione agli europei. Ma anche Mattia Gazzara si è fatto vedere, per lui due trionfi. Bravi anche Samuele Gimignani, Christian Danilo Pase e Vincenzo Russo, che ha colto un successo pur essendo un primo anno.

Per la prossima stagione si continuerà a lavorare con 23 corridori e due gruppi. Da qualche anno hanno acquisito due stabili che faranno da ritiro per i ragazzi. Uno nella zona di Massa e uno nei pressi di Padova. 

«Saranno le due basi – spiega Matteo – poi nei weekend cercheremo d’incontrarci. Durante la settimana i ragazzi si allenano da soli. Noi abbiamo una piattaforma sulla quale possono caricare gli allenamenti e noi li monitoriamo. Le loro bici sono dotate di potenziometro e così riusciamo a seguirli. Inoltre facciamo un paio di ritiri l’anno tutti insieme».

Germani passerà alla Groupama-Fdj Continental
Lorenzo Germani passerà alla Groupama-Fdj Continental

La crescita di Germani

E in uno di quei ritiri in pratica ci è cresciuto negli anni da juniores Germani. Il laziale aveva le idee chiare sin da subito.

«Lorenzo – racconta Berti – da allievo veniva spesso a correre in Toscana. Lo conoscevamo e ci conosceva. Inoltre lui con la scuola era un anno avanti e così da juniores si è trasferito e ha completato gli studi qui da noi. Lorenzo si allenava e poi studiava in quella “casetta” che abbiamo preso per la squadra».

Davvero una grande serietà da parte sua, ma anche del team che lo ha supportato alla grande. E adesso potrà beneficiare di un’importante esperienza all’estero con la Continental della Groupama-Fdj.

Germani

Germani, idee chiare e pedalare. Sentiamolo…

26.09.2020
3 min
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Dopo Antonio Tiberi ecco un altro talento dal Lazio: Lorenzo Germani, ciociaro di Roccasecca (Frosinone), classe 2002.

Il giovane portacolori della Work Service Romagnano è stato secondo al campionato italiano juniores di Montegrotto Terme e ha inanellato poi altri successi nei due anni in questa categoria. Dopo un passaggio non certo facile tra gli juniores, Germani ha trovato fiducia e costanza di rendimento.

Germani
Germani in trionfo al Gp Garfagnana 2019
Germani
Vittoria al Gp Garfagnana 2019
Lorenzo, partiamo dalla corsa tricolore: come è andata? Più gioia o amarezza per la piazza d’onore?

E’ un secondo posto che sa più di amaro che di soddisfazione. Ero contento perché avevo corso bene, ci credevo, ma ho avuto rammarico perché mi è mancato davvero poco (ha perso in volata da Andrea Montoli, ndr).

Avete fatto una fuga lunga…

Siamo partiti a 40 chilometri dal traguardo, prima eravamo un gruppetto di otto corridori e poi siamo rimasti in due. Ho provato a staccare Montoli in tutti i modi ma non ci sono riuscito.

Che tipo di corridore ti senti?

Abbastanza completo direi. Riesco ad adattarmi bene a molti percorsi e a molte situazioni, ma non nelle volate. E mi piacciono le cronometro.

Come dicevamo il tuo primo anno da juniores non è stato facile, ti sei rotto il femore: come è andata?

Era il 9 gennaio e mi stavo allenando. Ho preso una buca e sono finito sul bordo di un marciapiede. Mi sono rotto il femore destro e ho riportato uno strappo nel muscolo vasto mediale della gamba sinistra. E questo mi ha dato molti problemi, però sto recuperando bene.

Cosa hai pensato in quel momento?

All’inizio non ho realizzato bene, sentivo solo un gran dolore. Quando poi ho capito la situazione, ho cercato subito di guardare positivo. In fin dei conti ero un primo anno e avrei avuto tempo per recuperare. Inoltre ho avuto vicino molte persone, a partire dai miei genitori. Sono stato due mesi completamente fermo. Sono anche ingrassato 4-5 chili.

Quando sei risalito in sella?

Il 21 marzo, primo giorno di primavera, una rinascita. E sono tornato in corsa il 28 aprile. Era una gara piatta e sono riuscito a finirla. Mi sono messo a disposizione dei compagni di squadra.

Germani
Il podio del tricolore junior 2020 (da sinistra) Germani, Montoli, Calì (foto Scanferla)
Germani
Tricolori junior (da sin.) Germani, Montoli, Calì (foto Scanferla)
Però, che tenacia!

Sì, ce la metto sempre tutta. La cosa particolare è che il 9 giugno, esattamente sei mesi dopo l’incidente, sono tornato alla vittoria. Era praticamente a casa e sono riuscito a vincere nonostante non fossi in forma. Poi ho conquistato altre due corse, ma quel giorno ho davvero capito che avevo recuperato e che potevo tornare a guardare avanti.

Hai una salita test?

No, qui nella bassa Ciociaria ho diversi percorsi, mi piace cambiare. Per questo preferisco fare gli allenamenti lunghi, quelli di 4 ore. Mentre amo poco gli scatti.

C’è un corridore che ti piace?

Cancellara perché era un vero fenomeno e ha vinto il Fiandre, ma anche De Gent e Wellens. Mi piacciono i corridori che attaccano, che non hanno paura. Mi riconosco in loro perché non si tirano indietro quando c’è da far fatica.

Chi ti ha trasmesso la passione per la bici?

Mio papà Maurizio, lui l’ha presa una decina di anni fa e io l’ho seguito. Lui tra gli amatori e io tra i G3.

Che scuola fai?

Lo scientifico, ma ho già finito perché ho fatto la primina. Per adesso non andrò avanti, voglio vedere come andranno le cose e concentrarmi sulla bici.

Montoli, dalla paura alla gioia del tricolore juniores

26.09.2020
3 min
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Andrea Montòli, con l’accento sulla seconda O. Anche per il grande Gino Bartali c’era un problema di pronuncia del suo cognome quando era agli inizi: a Ginettaccio l’accento glielo mettevano sulla seconda A. Speriamo che questa similitudine sia di buon auspicio per il giovane lombardo.

Scherzi a parte, Andrea Montoli, classe 2002, veste i colori del mitico C. C. Caturino 1902 e questa estate a Montegrotto Terme (Padova) si è laureato campione italiano juniores.

Andrea Montoli primo sul traguardo tricolore di Montegrotto Terme lo scorso 5 settembre
Andrea, partiamo da quel giorno tricolore…

Già dopo pochi chilometri ero in fuga con un gruppetto di 17. Poi ci hanno ripreso e sono ripartito con un altro drappello. Man mano ci sgranavamo e alla fine siamo rimasti in due, io e Lorenzo Germani. In totale ho fatto 110 chilometri di fuga su 140. Ho pensato che se volevo quel risultato me lo sarei dovuto cercare.

Hai sentito la pressione? O meglio, in generale senti la corsa?

Stavo bene e la corsa così ondulata era adatta alle mie caratteristiche, tuttavia non mi aspettavo di vincere. Non ero tra i favoriti. Quel giorno ero un po’ teso, però alla fine mi sono detto che era una gara come le altre. Soprattutto quest’anno, col fatto del covid, eravamo sempre gli stessi. Diciamo che ero più determinato che teso. Di solito non sono uno che si chiude prima del via, non sto in silenzio, scherzo coi compagni.

Hai una storia particolare. Un problema di salute che ti aveva anche impedito di correre e non solo…

Mi hanno trovato un linfoma tre anni fa, ho fatto sei cicli di chemio fin quando a novembre 2017 mi hanno dichiarato ufficialmente guarito. Ora continuo a fare dei controlli. Durante quel periodo ero debole, ho perso i capelli, però un paio di giri al mese con mio padre Mario riuscivo a farmeli. La bici era la mia passione. Quando i medici mi hanno detto che potevo risalire in sella è stato come ripartire da zero.

Come hai vissuto quei mesi?

Sono sempre stato molto motivato. Sapevo che la malattia c’era e che andava combattuta. Era una “cosa da fare” e così l’ho fatta, senza starci a pensare troppo. Ammalarsi a 15 anni non è da tutti. Spero che la mia storia possa essere da esempio per gli altri. Non bisogna arrendersi mai, i limiti si possono superare. Ho sentito la forza di un guerriero, perché è così che mi sentivo. Inoltre dire che i miei genitori me l’hanno “venduta” bene, mi hanno accompagnato pian piano e non hanno mai usato la parola tumore.

Quando sei tornato a correre? E soprattutto tutto ciò ti ha reso più forte?

Sono tornato a correre da allievo di secondo anno. Ora in corsa quando sono in difficoltà mi dico sempre di stringere i denti, che questa fatica è una vera cavolata. Per il resto ci sono le tattiche, i movimenti, i lavori di squadra che sono quelli e che si acquisiscono sempre di più. E in tal senso noi compagni della Canturino ci troviamo e ci muoviamo bene.

Prima hai detto che il percorso ondulato si adattava alle tue caratteristiche: che tipo di corridore ritieni di essere?

Un passista veloce. Mi sono piazzato bene anche nelle gare in salita, però preferisco gli strappi o al massimo le salite di 3-4 chilometri, avendo un buono spunto negli sprint ristretti posso dire la mia.

Dallo scorso anno Montoli corre per il C.C. Canturino, eccolo in posa con la maglia tricolore
E quindi all’italiano ti andava bene arrivare in volata? Conoscevi Germani?

Lui lo conoscevo, sapevo che era tra i migliori. Ho capito che ce l’avrei potuta fare ai 300 metri perché ero in seconda posizione, quella migliore per uno sprint a due.

Ti alleni da solo o con i tuoi compagni?

Esco spesso con i compagni di squadra e mi piace perché è più divertente che allenarsi da soli. Seguiamo i programmi di Ruggero Borghi. Facciamo le sue tabelle, ma senza potenziometro, almeno io. Ancora mi trovo bene solo con il cardio.

Hai un campione preferito?

Vincenzo Nibali, ho anche avuto modo di conoscerlo. E’ stato prima di una Coppa Bernocchi di qualche anno fa. Il nostro medico sociale era Carlo Guardascione che era anche il medico della Bahrain-Merida. Quando siamo andati nel suo hotel il dottore lo ha chiamato e Vincenzo è sceso. Abbiamo fatto le foto e ci ha fatto gli in bocca al lupo. Mi piace anche Peter Sagan e spesso ascolto le storie di Giuseppe Saronni, anche lui è di Parabiago come me.