Alla scoperta di Joseph Blackmore. Sarà il nuovo Froome?

07.05.2024
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Tre gare a tappe in tre diversi continenti, ma il responso finale è stato sempre lo stesso: vittoria. Se poi a questi si aggiunge il successo alla Liegi-Bastogne-Liegi U23 è chiaro perché Joseph Blackmore è uno dei nomi più chiacchierati nell’ambiente ciclistico in questo periodo, con una marea di occhi di osservatori e diesse puntati su di lui. D’altro canto non sono solamente i risultati a far parlare di lui, ma anche come riesce a ottenerli.

Il britannico distrutto dopo l’arrivo a Liegi. Finora ha colto 7 vittorie e 12 piazzamenti nei 10 (foto Dancerelle/DirectVelo)
Il britannico distrutto dopo l’arrivo a Liegi. Finora ha colto 7 vittorie e 12 piazzamenti nei 10 (foto Dancerelle/DirectVelo)

Federico Savino, che l’aveva affrontato al Circuit des Ardennes era stato esplicito nel cantare le lodi del corridore del devo team dell’Israel Premier Tech, dopo la sua autoritaria condotta di gara nella tappa finale per ribaltare le sorti della corsa, riuscendoci. Dopo il successo a Liegi i giornalisti si sono avventati su di lui, passato qualche giorno abbiamo però trovato tempo e modo per ascoltarlo e farci raccontare qualcosa di questo talento del futuro già diventato presente.

«Ho sempre navigato nel ciclismo partendo da un piccolo club delle mie parti quand’ero bambino. Io sono di Sidcup, nella zona a sud-est di Londra. Inizialmente mi dedicavo un po’ a tutto, dalla strada alla mountain bike e al ciclocross d’inverno. Ultimamente però mi sono concentrato più sulla strada. Inizialmente era tutto divertimento, poi con il passare degli anni l’impegno è diventato sempre maggiore».

Tre corse a tappe vinte in 2 mesi. Qui a Taiwan, davanti a Koishi (JPN) e Bettles (AUS)
Tre corse a tappe vinte in 2 mesi. Qui a Taiwan, davanti a Koishi (JPN) e Bettles (AUS)
Lo scorso anno avevi ottenuto buoni risultati soprattutto nelle corse a tappe, con il 12° posto al Tour de l’Avenir, ma quest’anno hai avuto una vera esplosione. Qual è la differenzia del Blackmore di oggi rispetto a quello del 2023?

Probabilmente un inverno senza ciclocross. Mi sono allenato, sì, anche sui prati, ho fatto i raduni con la squadra, ma aver evitato quasi del tutto la stagione agonistica (una sola gara nazionale chiusa al 4° posto, ndr) mi ha giovato. Ho curato di più la preparazione su strada e sono arrivato pronto all’inizio di stagione. Poi ci sta anche che ho un anno di esperienza in più. Non nascondo che non fare offroad un po’ mi pesa, ma ci vuole solo un po’ per abituarsi.

E’ rarissimo vedere un corridore che vince tre gare a tappe di seguito: qual è stata la più difficile e quale quella che ti ha dato più soddisfazione?

Penso che sia stato probabilmente il successo in Ruanda, forse il più difficile, nella corsa più lunga e nelle condizioni più diverse da quelle alle quali siamo abituati. Anche se abbiamo avuto anche alcune tappe brevi, erano tappe super dure. Le condizioni, il caldo, l’altitudine erano tutte variabili difficili, ma anche la corsa di Taiwan non è stata una passeggiata, con l’umidità, il caldo alcuni giorni e freddo in altri… La terza aveva connotati a noi più abituali, pur considerando le strade strette. Uno stile di corsa diverso, mettere insieme tutte e tre penso indichi la mia completezza. Poi al Ruanda sono legato perché ho vinto la tappa di Kigali nel giorno del mio compleanno…

Il successo nella tappa di Kigali in Ruanda, il modo migliore per festeggiare i suoi 21 anni (foto Israel Premier Tech)
Il successo nella tappa di Kigali in Ruanda, il modo migliore per festeggiare i suoi 21 anni (foto Israel Premier Tech)
Al Circuit des Ardennes Federico Savino ci ha detto di essere rimasto impressionato da come hai condotto l’ultima tappa, per prendere i 7” che ti separavano dalla vetta. Ti eri fatto un piano per vincere la corsa?

Sapevo che era molto vicino e quindi c’erano tutte le possibilità per ribaltare la situazione in extremis. Dovevo solo vincere questa tappa finale, ma prima di tutto volevamo isolare la maglia gialla in quel momento e farla soffrire. Ma alla fine era ancora nel gruppo di testa, quindi aveva una forte carica. Dovevo giocarmela fino alla fine, evitando che prendesse secondi di bonus e puntando tutto sulla volata. Ho vinto la classifica generale perché non stavo correndo solo per vincere la tappa, ma con uno sguardo d’insieme.

Che tipo di corridore sei, più adatto alle corse d’un giorno o a quelle a tappe?

Probabilmente – e potrà sembrare strano – forse più adatto alle classiche in linea, diciamo che per ora sono quelle che mi si attagliano di più in questo percorso di crescita. Poi è un giudizio legato al momento, ne sapremo di più col passare dei mesi o forse nei prossimi due anni. E’ vero anche che ho vinto tre corse a tappe di diversa durata, dai 4 giorni delle Ardenne ai 5 di Taiwan e addirittura 8 in Ruanda.

In mtb è campione nazionale U23, nel ciclocross ha vinto l’argento mondiale in staffetta 2023 (foto Maxppp)
In mtb è campione nazionale U23, nel ciclocross ha vinto l’argento mondiale in staffetta 2023 (foto Maxppp)
La Liegi-Bastogne-Liegi era un altro dei tuoi obiettivi, come hai costruito quella vittoria?

Sì, era un appuntamento centrale della stagione. Molto ha influito la fiducia che mi sono costruito nelle settimane precedenti. Poi abbiamo costruito un piano alla vigilia, per attaccare sull’ultima salita ed ero in una buona situazione per portarlo a termine con un gruppo ridotto. Mi sentivo comunque abbastanza bene. E’ stato importante perché è stata la prima corsa nella quale mi sentivo guardato a vista, il riferimento del gruppo, l’uomo più pronosticato e vincere in queste condizioni non è mai facile.

C’è un corridore al quale ti ispiri?

Non potrei che dire Chris Froome, mio compagno di camera in Ruanda. Un vero riferimento con tutto quello che ha vinto e che ha fatto, stare con lui mi insegna tanto. Poi, al di fuori del nostro team, sicuramente Van der Poel, per tutto quello che fa, per la bellezza delle sue imprese che sono uno stimolo a imitarlo.

Froome è stato suo compagno di camera in Ruanda (foto Sirotti)
Froome è stato suo compagno di camera in Ruanda (foto Sirotti)
Il prossimo anno entrerai in prima squadra e molti già vedono in te il nuovo Froome, l’uomo per i grandi giri. Hai paura che questo ti dia troppa pressione?

Cerco semplicemente di non pensarci, di non ritenermi uomo per grandi giri. E’ troppo presto per dirlo. Amo le grandi salite, è vero, vado abbastanza bene sul passo, ma serve tempo per costruire un motore adatto per una corsa di tre settimane. Devi avere un livello altissimo per l’alta montagna e probabilmente è molto diverso dal modo in cui corro in questo momento.

Che obiettivi hai da qui alla fine della stagione?

Non lo so sinceramente, mi vengono in mente i mondiali su strada come quelli di mtb, ma io non sono abituato a pormi obiettivi lontani, vado avanti di giorno in giorno meglio che posso.

Tra podi e vittorie, De Pretto sta cambiando pelle

09.05.2023
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Se si vanno a leggere i resoconti ciclistici di ogni fine settimana, il nome di Davide De Pretto c’è pressoché sempre. Persino sabato, al Giro di Castiglion Fiorentino, il portacolori della Zalf ha scortato verso la vittoria il compagno Manlio Moro esattamente come aveva fatto lo scorso anno. Eppure si sa che nel ciclismo tanti piazzamenti non fanno una vittoria e il sapore di questa a Davide mancava, finché al Trofeo General Store non è toccato il suo turno (in apertura, foto Rodella) e la stagione ha preso un’altra piega.

Il fatto è che il corridore di Thiene è un altro della generazione dei Pogacar: non parte mai per essere una semplice comparsa, ogni corsa a prescindere dal suo valore deve vederlo protagonista, possibilmente nell’ordine d’arrivo. Non è un caso se tra gare nazionali e internazionali su 12 giorni di gara (tutti di corse d’un giorno) è nella Top 10 ben 7 volte con la perla del podio conquistato alla Liegi-Bastogne-Liegi.

Il podio del Trofeo General Store, dove De Pretto ha preceduto il russo Gonov e Epis
Il podio del Trofeo General Store, dove De Pretto ha preceduto il russo Gonov e Epis

Quella vittoria però ha un po’ cambiato il suo modo di vedere le cose: «Non posso certo dire che non fossi contento visto il mio rendimento generale, ma vincere ci voleva dopo tanti podi. Nel ciclismo è così, quando finisci su quei gradini che non sono il più alto, qualcosa in fondo all’anima ti rimane…».

Sei stato sul podio al Piva, al Belvedere e alla Liegi considerando solo le gare più prestigiose. Qual è quella che ti ha lasciato con più rammarico?

Probabilmente il Belvedere perché quel giorno stavo particolarmente bene, ma mi sono trovato contro una vera armata della Jumbo-Visma. Erano in 3 contro di me, magari con due potevo giocarmela… Al Piva ho sbagliato la volata, lo ammetto, mentre alla Liegi obiettivamente non potevo fare molto di più, quel podio ha un grande valore. Il Giro del Belvedere era la gara di casa per il nostro team e volevo onorarla con il risultato migliore.

Il veneto con la maglia azzurra sul podio della Liegi U23, vinta da Busatto sul francese Huby
Il veneto con la maglia azzurra sul podio della Liegi U23, vinta da Busatto sul francese Huby
Tu stai acquisendo sempre più esperienza nel correre contro i migliori elementi stranieri, anche all’estero. C’è davvero una tale differenza con i nostri?

Sì, è innegabile, nelle classiche fine a se stesse forse si vede meno, ma quando ce ne sono a stretto giro te ne accorgi. Faccio un esempio: Belvedere e Recioto si corrono a distanza di 24 ore, lì mi sono accorto che mentre molti dei nostri mostravano le scorie del giorno prima, i team “devo” avevano invece la stessa brillantezza e questa deriva dall’abitudine a correre gare a tappe, che ti danno un’altra gamba.

A proposito di gamba, il tuo rendimento è cambiato rispetto allo scorso anno?

Sì, indubbiamente, mi sento molto meglio in gara. L’anno scorso quando arrivavo ai -50 pensavo “oddio, non finisce mai…”. Oggi no, sono più tranquillo e arrivo più fresco, anche mentalmente e questo pesa nella gestione della corsa. Ora la lunghezza non mi pesa, anche i 200 chilometri non mi fanno paura e questo significa che ormai sono da questo punto di vista pronto per il mondo professionistico.

Come nel 2022, De Pretto ha fatto da scorta a Manlio Moro sul traguardo di Castiglion Fiorentino (foto Scanferla)
Come nel 2022, De Pretto ha fatto da scorta a Manlio Moro sul traguardo di Castiglion Fiorentino (foto Scanferla)
Quando si parla di De Pretto, emerge sempre il discorso ciclocross legato al tuo passato. All’estero la doppia attività viene vista molto più favorevolmente che in Italia. Un impegno nel ciclocross anche solo come preparazione per la strada è contemplabile?

Obiettivamente lo vedo difficile. So che serve per avere una buona condizione per l’inizio della stagione su strada, anche senza pensare di tornare ai livelli di quand’ero junior. Io penso che dopo una stagione lunga e stressante come quella su strada ci sia bisogno di staccare la spina e riprendere gradatamente. Poi molto dipende da quella che sarà l’impostazione dell’attività in seno alla squadra (a fine anno De Pretto dovrebbe passare definitivamente al Team Jayco, ma non c’è ancora l’ufficialità, ndr).

De Pretto con i ragazzi del Team Jayco nel 2022. Uno stage che gli ha insegnato molto
De Pretto con i ragazzi del Team Jayco nel 2022. Uno stage che gli ha insegnato molto
Che tu sia un grande prospetto per il movimento italiano per le classiche è ormai chiaro, ma la tua dimensione nelle corse a tappe qual è?

Dipende dalla condizione e dalla mia crescita. Attualmente si potrebbe pensare a me come a un cacciatore di tappe, ma sono convinto che se miglioro ancora in salita posso dire la mia anche in qualche classifica generale, in base al tipo di gara e alla sua lunghezza.

Che cosa ti ha lasciato l’esperienza alla Liegi?

Bellissima. All’estero si corre in modo diverso, attaccano tutti, sembra più una corsa delle categorie inferiori, ma bisogna saper interpretare quello che c’è dietro, perché le squadre fanno sentire la propria presenza e il proprio controllo. Il livello è più alto, si corre a un altro ritmo, è chiaro che facendoci l’abitudine la condizione cresce.

Per De Pretto, bronzo europeo lo scorso anno, ora i fari sono puntati sul Giro d’Italia di categoria
Per De Pretto, bronzo europeo lo scorso anno, ora i fari sono puntati sul Giro d’Italia di categoria
Tu hai già fatto un’esperienza alla Jayco, c’era tanta differenza rispetto a quel che si fa qui?

Ci si allena di più. Mi sono ritrovato a fare anche più di 6 ore e mezza in bici, qui è impensabile. Si fanno normalmente tre blocchi di allenamento, di 4, 5 e 6 ore, poi c’è lo scarico. Quando si fa distanza non ci sono particolari tipi di lavori mentre nelle altre giornate si fanno più richiamo di forza e lavori in soglia. E’ un’impostazione diversa.

Che cosa vorresti ora?

Vincere almeno una tappa al Giro e magari andar bene nella generale, poi guadagnarmi la convocazione per il mondiale che si corre su un tracciato che sento molto mio come caratteristiche. Se riuscissi a strappare una maglia vincendo una gara all’estero sarebbe ancora più bello…

Un lampo a Liegi: la prima di Busatto è un’impresa

16.04.2023
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Per la prima vittoria da quando ha iniziato a correre, Francesco Busatto ha scelto la Liegi-Bastogne-Liegi U23, partita ieri mattina da Bastogne e arrivata a Blegny dopo 174,1 chilometri. Il programma prevedeva nove cote, fra cui la serie Stockeu più Haute Levée, la Vecquée e la Redoute a 40 chilometri dall’arrivo.

Il vicentino di Bassano del Grappa, che alla fine del 2022 ha salutato la General Store e si è accasato alla Circus-ReUz (la development della Intermarché-Wanty-Gobert), ha rotto il ghiaccio su uno dei palcoscenici più belli. Quelli su cui si temeva che non saremmo mai più stati protagonisti e che invece ha visto vincere lui e piazzarsi al terzo posto De Pretto in maglia azzurra. Nessun italiano l’aveva mai vinta dal 1987 della prima edizione. Il solo ad essere salito sul podio era stato Andrea Bagioli, secondo dietro Almeida nel 2018.

Busatto si è imposto sul traguardo di Blegny dopo 174,1 chilometri (foto Cyclingmedia Agency)
Busatto si è imposto sul traguardo di Blegny dopo 174,1 chilometri (foto Cyclingmedia Agency)

La prima vittoria della vita

Per chi non lo avesse seguito finora, il 2023 di Busatto aveva parlato sinora di 17 corse e parecchi piazzamenti. Nell’ultimo test prima della Liegi, corso con la WorldTour alla Freccia del Brabante vinta da Godon, Francesco si è piazzato al 14° posto, migliore dei suoi. Ci abbiamo parlato poco dopo le premiazioni, quando non aveva ancora capito il bello di vincere una classica in Belgio.

«Sinceramente – ha detto – non ci credo ancora. Non avevo mai vinto, neanche da giovanissimo. Sono stato sempre più bambino degli altri, anche per questo ho sempre fatto più fatica. A forza di arrivare sempre secondo e terzo, la prima vittoria sembra quasi un sogno. In realtà alla partenza neanche stavo bene, ero ingolfato. E poi per tutta la corsa ho sentito i rimasugli della fatica che ho fatto al Brabante. Mercoledì sono andato un po’ oltre il limite e me la sono portata anche oggi. Nei giorni scorsi mi sentivo bene, però finché non corri, non puoi sapere realmente come stai».

Appena arrivato nella Circus-ReUz, Busatto è diventato già il beniamino dei compagni (foto Florio Santin)
Appena arrivato nella Circus-ReUz, Busatto è diventato già il beniamino dei compagni (foto Florio Santin)
E tu come stavi?

A metà gara, ho detto fra me e me: «Qua è tanto se non mi stacco!». Però, cercando di risparmiare il più possibile e mangiando quando serviva, sono arrivato nel finale che ero più fresco degli altri. A quel punto sull’ultima salita (Cote de Bolland, ndr) ho visto che ero con i migliori e ci ho creduto.

E cosa hai fatto?

Avevo ancora accanto un compagno di squadra, il francese Faure Prost. Gli ho chiesto di tirare per cercare di mantenere la corsa chiusa e arrivare compatti nel finale. Insomma, sapendo di essere più veloce di quelli che erano rimasti, abbiamo deciso di giocarcela così ed è andata bene. All’inizio dello sprint sono stato un po’ chiuso, poi si sono spostati, sono riuscito a venir fuori e alla fine la gamba era migliore di quello che pensavo.

La squadra ci ha creduto quanto te se non di più?

Il piano era quello di correre per me e io ho parlato con i miei compagni. Gli ho detto che non sapevo come stessi davvero e ho proposto di fare un’azione sulla Redoute con Faure Prost, che infatti è salito parecchio forte. Io ho cercato di stare il più possibile in gruppo e in quel momento ho preso confidenza. Non mi sono staccato e non ho neanche perso posizioni e alla fine i miei compagni hanno lavorato comunque per me, cercando di mantenere sempre il più possibile la corsa chiusa. Hanno corso veramente bene, li ringrazio tantissimo.

Sulla Cube di Busatto, il numero 13 al rovescio: la scaramanzia dei meccanici non guasta (foto Cyclingmedia Agency)
Sulla Cube di Busatto, il numero 13 al rovescio: la scaramanzia dei meccanici non guasta (foto Cyclingmedia Agency)
Nelle foto dopo la vittoria sono tutti attorno a te come in una foto di famiglia: si è creato un bel gruppo?

Sì, sì, veramente. Questa squadra è davvero una famiglia, anche i professionisti. Penso che un clima così non l’ho trovato da nessun’altra parte. La scelta di venire su si sta rivelando azzeccata.

Eri riuscito a provare le strade della Liegi oppure hai corso senza sapere quel che ti aspettava?

Sono andato a provarle prima del Circuit des Ardennes (corsa di 4 tappe, chiusa al 6° posto finale, ndr) e ho fatto gli ultimi 100 chilometri, perché era una corsa cui puntavo da parecchio tempo e per la quale la squadra aveva indicato me come leader da quando hanno messo giù il calendario. Quindi non potevo farmi trovare impreparato. Diciamo che durante la corsa non mi ricordavo tutto, ma sapevo dove bisognava stare davanti. E comunque venerdì ho provato di nuovo gli ultimi 10 chilometri, tanto per essere sicuri…

Pensavi di essere vincente già al primo anno?

In realtà non sono mai stato vincente. Le persone che mi seguono e mi sono a fianco ci credono molto più di me. Non che io non sia convinto, però finché non provi, non puoi sapere. Puoi dire a te stesso di avere la gamba, ma in realtà prima di oggi (ieri, ndr) non sapevo neanche come si vincesse. Però penso di aver trovato l’ambiente giusto per cominciare a farlo. Spero di continuare. Spero che da qui in poi mi posso sbloccare, con tutti i secondi e terzi posti che ho fatto fino ad ora. Non sento la pressione, posso anche non vincere così tanto, perché alla fine penso che questa corsa qui valga abbastanza. Perciò adesso mi godo la vittoria, ma sicuramente poi ho degli altri obiettivi.

Alla Liegi anche l’Italia U23, con De Pretto, Villa, Pinarello, Fede, Martinelli e Mosca (foto Florio Santin)
Alla LIegi anche l’Italia U23, con De Pretto, Villa, Pinarello, Fede, Martinelli e Mosca (foto Florio Santin)
Il Giro d’Italia U23 potrebbe essere uno degli obiettivi dei prossimi mesi?

Sì, ma penso che andrò per le tappe, perché la generale è un po’ difficile. Non sono proprio un corridore resistentissimo, ma abbiamo una carta da giocarci ed è il francese Faure Prost, che va molto forte. 

A Liegi è arrivato terzo De Pretto: secondo te si nota già la differenza fra te che fai tanta attività internazionale e lui che corre più spesso in Italia?

Non è la prima volta che siamo sul podio insieme. Davide è nella mia stessa situazione dell’anno scorso, tanti piazzamenti e manca la vittoria. E’ un gran bel corridore, quindi non penso che si debba abbattere, avrà le sue occasioni. Però sono convinto che l’attività che facciamo mi dia una marcia in più. Ovviamente è tutto programmato. Penso che correndo solo in Italia, il sabato e la domenica, si trovi un livello meno alto. La differenza la senti sicuramente.

In cosa la vedi?

Qui si programmano gli appuntamenti come si fa tra i professionisti. Periodi di distacco, periodi di allenamento e poi periodi di corsa. Ho appena fatto 15 giorni di corsa e adesso sarò a casa per altri 25. Funziona così e ti dà una grande gamba, ti permette di preparare molto bene gli appuntamenti. Penso che questa sia la prima differenza. E poi correre sempre a un livello così, è come fare sempre Recioto e Belvedere. Quindi sicuramente è un altro modo di correre.

Due italiani sul podio della Liegi, ma per De Pretto un filo di amarezza: la vittoria sfugge (foto Florio Santin)
Due italiani sul podio della Liegi, ma per De Pretto un filo di amarezza: la vittoria sfugge (foto Florio Santin)
Finora hai fatto 18 giorni di corsa, ti hanno già detto quanti ne farai fino a fine anno? 

Il programma è già fissato, anche se può cambiare. Penso che chiuderò il 2023 sulla cinquantina di corse: non poche, ma neanche tantissime.

Sei tipo da brindisi con birra oppure vino?

Entrambi. Mi piace gustarli entrambi, senza esagerare ovviamente, sia un buon vino sia una buona birra. Abbiamo come sponsor una birra analcolica, la Biere des Amis, come atleti è giusto condurre un certo stile di vita. Magari però per il brindisi alla Liegi s’è potuto chiudere un occhio…