Infortuni, il buon recupero inizia dall’aspetto mentale

28.07.2023
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La vita dei ciclisti è legata strettamente a risultati e prestazioni ma, come in un grande iceberg, al di sotto della linea di galleggiamento ci sono tanti fattori che li determinano. Uno di questi sono gli infortuni ed il relativo recupero ma guarire non è solo una questione fisica. Prima c’è l’aspetto psicologico che è alla base della ripresa totale e forte dell’atleta (in apertura, Elisa Longo Borghini taglia il traguardo di Ceres al Giro Donne dopo una caduta, scortata e consolata da Shirin Van Anrooij. L’indomani non ripartirà).

Gli infortuni di Pogacar e Balsamo ci hanno dato lo spunto per capire come si procede appena succede un incidente e in quel momento saltano i programmi di mesi. Abbiamo approfondito l’argomento con Elisabetta Borgia, psicologa dello sport della Lidl-Trek e della nazionale italiana.

Prima la salute

Pogacar si presenta alla Liegi da grande favorito dopo le vittorie in sequenza di Freccia Vallone, Amstel, Fiandre e tutte le altre ottenute a marzo e febbraio. Al chilometro 85 però viene coinvolto in una rocambolesca caduta. Il 24enne della UAE Team Emirates capisce subito che qualcosa non va. Frattura dello scafoide sinistro in cinque punti. La preparazione al Tour de France subisce un grosso rallentamento.

A fine maggio va peggio a Balsamo. L’ex iridata della Lidl-Trek finisce a terra due volte nel giro di pochi chilometri nella prima tappa della Ride London. L’esito è crudo. Anche per lei frattura dello scafoide (destro) con l’aggiunta della frattura della mandibola sinistra e destra. Il suo programma di avvicinamento al mondiale si complica. Come si riparte il giorno dopo queste botte?

Elisabetta Borgia è la psicologa dello sport della Lidl-Trek. Il suo lavoro con gli atleti spazia su tanti fronti, compreso il recupero da un infortunio
Elisabetta Borgia è la psicologa dello sport della Lidl-Trek. Il suo lavoro con gli atleti spazia su tanti fronti, compreso il recupero da un infortunio

«E’ un percorso articolato – analizza Borgia – perché bisogna partire da molto prima. Ogni atleta ad inizio stagione fa un suo “goal setting” alla luce del calendario agonistico con la definizione di strategie e momenti di verifica che indicano se stai lavorando in maniera efficace. Si pianifica, si organizza e si cerca di dare prevedibilità al futuro definendo le mosse da fare. Nel momento in cui si presentano gli intoppi (infortuni, malattie o anche solo risposte inaspettate ai carichi di lavoro) viene valutata la situazione in ogni singolo punto. Non tutti gli infortuni sono uguali, lo abbiamo visto proprio con i casi di Pogacar e Balsamo. Di sicuro gli interventi chirurgici hanno facilitato il loro decorso, benché con tempistiche diverse.

«In quel momento il goal setting originale viene modificato ed il primo obiettivo, spesso dato per scontato, diventa la salute, assieme alle strategie più efficaci per raggiungerla (terapie, riposo, etc..). Il piano A, il più auspicabile, non esiste più e l’atleta deve rifocalizzarsi su un nuovo piano senza continuare a fare confronti con il vecchio piano ormai irrealizzabile. Questo è l’errore che si tende a fare anche per eccesso di volontà e voglia di rivincita. Bisogna ascoltare il proprio corpo e dargli il modo fisiologico di recuperare. Che poi il fisico di uno sportivo di alto livello ha sempre tempi più corti rispetto al normale però non bisogna forzarli».

Evenepoel Lombardia 2020
Uno degli incidenti recenti che ha richiesto il maggior tempo di recupero fu quello di Evenepoel al Lombardia 2020
Evenepoel Lombardia 2020
Uno degli incidenti recenti che ha richiesto il maggior tempo di recupero fu quello di Evenepoel al Lombardia 2020

Fase 2, il riadattamento

Nel frattempo sia Pogacar che Balsamo sono rientrati alle gare. Lo sloveno è arrivato secondo al Tour vincendo due tappe e pagando dazio in altrettante giornate nella terza settimana. La 25enne cuneese è in corsa al Tour Femmes e nella terza frazione si è fatta rivedere negli ordini d’arrivo con un incoraggiante quinto posto in volata. Il loro periodo lontano dalle corse come lo hanno vissuto?

«Appurato il proprio stato di salute – prosegue Borgia, dottoressa in psicologia – la seconda fase è riprogrammare tutto e riadattarsi mentalmente il più in fretta possibile. A parte il recupero fisico, gli obiettivi diventano altri e non necessariamente agonistici. Immagino che Pogacar abbia dovuto vedere come stava il polso nei gesti quotidiani. Poi in bici, sotto sforzo, nella presa del manubrio e via così. Elisa ha avuto una convalescenza molto più dura. Nella prima fase faceva fatica a mangiare cibi solidi e quindi ha dovuto modificare anche la sua alimentazione».

Baroncini, caduto alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne, è rimasto fermo più di due mesi. Ha dovuto rivedere gli obiettivi ma ora la forma è tornata
Baroncini, caduto alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne, è rimasto fermo più di due mesi. Ha dovuto rivedere gli obiettivi ma ora la forma è tornata

«Con lei – va avanti – fissavamo piccoli obiettivi settimanalmente. Si lavora in questo modo quando l’obiettivo finale sembra essere molto lontano. Quindi è importante inserire piccoli obiettivi sfidanti ma raggiungibili che rinforzano, motivano e aiutano l’atleta a sentire di avere controllo. Se pensiamo alla difficoltà di tornare a muovere la bocca normalmente, il Tour o il mondiale passano in secondo piano. O meglio, restano obiettivi che riprendono la scena nuovamente quando i tuoi continui step di crescita te lo permettono. Sappiamo che è difficile rifare una sorta di gerarchia e ripartire dai primi step specialmente per chi è abituato a prestazioni di alto livello. Ma è un sacrificio, se così vogliamo definirlo, che va fatto per tornare proprio ad alto livello».

Niente esagerazioni e rientro

Il ciclista per natura vuole sempre recuperare il tempo perso. Che sia per una foratura, magari con l’assistenza tecnica lontana. Che sia per una caduta o infortunio. Ma sono tutti casi non paragonabili fra loro.

«Gli uomini e le donne di sport – continua la psicologa piacentina –sono proiettati sul “problem solving”, ovvero sul cambiare una situazione non ideale o che non li fa sentire in comfort. Sono molto meno abituati invece, forse perché erroneamente viene visto come segno di resa, ad accettare, prendere atto di una situazione quando quest’ultima non può essere modificata. E’ importante tuttavia essere in grado di analizzare e contestualizzare ciò che è successo con lucidità, così anche da poter fare la prossima mossa correttamente.

«A volte la miglior mossa, anche se totalmente opposta a ciò che verrebbe impulsivo fare per non perdere terreno, è riposare ed ascoltarsi. A volte è prendere atto che, nonostante tutto, sarebbe potuto andare anche molto peggio. Guardate Longo Borghini al Giro Donne. Con quella caduta ha dovuto abbandonare la corsa e dire addio alle speranze di vincere il Giro. Però se fosse caduta ancora più in là c’era un muretto, poteva farsi molto più male e perdere il resto della stagione.

Sorride Pogacar nonostante la frattura dello scafoide alla Liegi. Un buon recupero passa da un buon morale (foto instagram)
Sorride Pogacar nonostante la frattura dello scafoide alla Liegi. Un buon recupero passa da un buon morale (foto instagram)

«Naturalmente – conclude Elisabetta Borgia – ci deve essere un lavoro di equipe perché altrimenti non si può riprogrammare nulla. Servono comunicazione e condivisione, come è successo nel caso di Balsamo, tra medici, diesse e preparatori. Tutto il nostro staff ha partecipato al suo rientro in bici. Ognuno ha fatto la propria parte, dal primissimo supporto morale, quando era difficile darsi tempi e modi di rientro, fino alla pianificazione dei nuovi obiettivi durante il recupero. Dopodiché le nuove valutazioni si fanno gara dopo gara, non limitandosi solo al risultato ma alla prestazione a 360 gradi, tenendo in considerazione sia le cose positive che le aree ancora da migliorare con lucidità e freddezza».

Professionista, piede e scarpa. Approfondiamo con Pallini

28.04.2023
5 min
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Uno dei tre punti di contatto. Il piede rappresenta la “molla” dell’azione del ciclista. La parte degli arti inferiori che completa la trasmissione di potenza direttamente sul pedale. Nella biomeccanica dell’azione è la parte finalizzatrice di tutto il nostro motore.

Quando ci si allena però difficilmente si pensa a questa parte del corpo e così lo stesso per quanto riguarda la scelta delle scarpe, che spesso insegue gusto o semplici indicazioni dovute alla larghezza della pianta dopo una breve calzata. Quale universo si nasconde dietro al piede del ciclista? Per scoprirlo, ci siamo affidati al parere esperto del massaggiatore Michele Pallini

Pallini e Nibali hanno condiviso momenti indimenticabili: qui al Tour 2014
Pallini e Nibali hanno condiviso momenti indimenticabili: qui al Tour 2014
Partiamo da questo spunto. Per i corridori, i piedi, sono una parte delicata?

Ho collaborato con Vincenzo Nibali per diversi anni e lui per quanto riguarda le scarpe era un meticoloso, anzi fanatico. Aveva il problema di avere il piede fine e piccolo. Quindi aveva bisogno di una scarpa su misura. Era molto difficile fare una calzatura custom per una parte anatomica del corpo che in bici cambia la forma per tanti motivi. E’ multifattoriale il problema del piede. Trovare una scarpa adatta non è stato semplice. La scarpa quando viene studiata, viene provata non in condizioni di utilizzo e stress, ma a riposo. Quindi anche il piede non è nella condizione di comportarsi come quando è nello sforzo in bici. 

Utilizzare scarpe su misura è la soluzione?

Diventa un po’ un cane che si morde la coda. La provi e senti un dolorino, ma a riposo sembra ok. Se la provi in un periodo non ottimale di forma allora dà una sensazione, viceversa quando si sta bene. La scarpa ha una multifattorialità vastissima. E’ quasi impossibile trovare una scarpa che calzi a pennello

Quindi come ci si comporta?

La cosa più intelligente che si può fare è realizzare una scarpa leggermente più grande. In questo modo la stringi quando vuoi sentire più feeling con la bici e la allenti quando ci sono temperature più alte, come capita d’estate quando il piede si gonfia. 

Per fare la scarpa su misura si passa attraverso varie rilevazioni
Per fare la scarpa su misura si passa attraverso varie rilevazioni
I pro’ cercano solo la performance?

Il problema entra quando corridori come Valverde o anche Nibali, sono personaggi che hanno grande feeling con la bici e fanno come gli sciatori. Preferiscono avere una scarpa più piccola per sentire la bici al meglio. Poi però si arriva al problema appena citato. Qualsiasi scarpa tu prenda, non troverai mai la tua. Se ne può trovare una che si adatta maggiormente al piede. Ma per quanto si possa fare su misura, il cuoio, la tomaia cambiano e si trasformano in base alla stagione e quasi mai seguendo il piede. Inoltre c’è un altro problema.

Quale?

Tutte le suole sono molto rigide. Le aziende ormai lavorano quasi esclusivamente con il carbonio. Questo crea maggiori stress. Qualsiasi sconnessione o vibrazione la si sente ridistribuita sui tre punti di appoggio, tra cui il piede. 

A che dolori si va incontro?

Si passa dal banale dolore, ad avere un problema di conflitto femoro-rotuleo o anche infiammazione della bandelletta ileo-tibiale.

Quali possono essere le cause?

Oltre alle rigidità eccessive, il problema sta anche nel come vengono fatte le suole. Non sono più “piatte” ma gli viene dato un valgo. In modo tale da spingere con la pianta del piede inclinata di 30° circa. Non tutti recepiscono positivamente questa angolazione del piede e spesso però ci si imbatte nel problema. Un anno Vincenzo ha dovuto cambiare le scarpe in corso d’opera e utilizzare un modello precedente, proprio perché quel nuovo materiale gli aveva causato un conflitto femoro-rotuleo.

Le ossa e i muscoli che compongono il piede sono molteplici così come le differenze di dimensioni per persona
Le ossa e i muscoli che compongono il piede sono molteplici così come le differenze di dimensioni per persona
Che tipo di dolore è?

E’ un dolore che non è così localizzabile, ma precisamente lo si percepisce nella parte laterale del ginocchio. 

Realizzare delle solette o plantari su misura può aiutare?

Non sempre. Perché spesso si usano delle solette o plantari che portano ad una curvatura del piede dove il podologo di turno ti presenta dati di miglioramento effettivi solo sotto il punto di vista della potenza espressa, ma che ti distraggono dal comfort. Questo può portare a tendiniti della bandelletta tibiale. Se poi si insiste sopra, si arriva a degli stop anche di un mese. 

Non sempre il plantare rappresenta una soluzione…

Tu lo provi sul rullo e vedi tramite i sensori che esprimi più potenza, poi però ci possono essere come detto infiammazioni o infortuni dietro l’angolo. Questo però può essere causa anche dalle scarpe stesse. 

Dal punto di vista del massaggio, il piede è una zona che viene trattata?

Per me sì, molto. Nel massimo sforzo il piede va in “griffe”, è un termine tecnico che utilizzano i podologi. Nel senso che va in flessione plantare. E’ come se si volesse chiudere. Quando si spinge si pensa che il piede sia in iperestensione, mentre in realtà la spinta avviene con la pianta del piede in flessione. E’ come se le dita chiudessero. E’ un gesto naturale.

Qui un calco del piede eseguito da Luigino Verducci nella sede olandese della Jumbo-Visma
Qui un calco del piede eseguito da Luigino Verducci nella sede olandese della Jumbo-Visma
Il massaggio è quindi molto importante?

Nel ciclista meno, però il trattamento del muscolo soleo, del polpaccio e dei gemelli sono importanti per evitare problemi al fascite plantare (patologia comune ai maratoneti). Ha un meccanismo di retrazione sul calcagno. A livello fasciale è quasi una continuazione del tendine d’Achille. Quindi se si tiene in scarico tutta la fascia plantare si riesce a rilassare ed escludere problemi.

Insomma il rapporto che c’è tra piedi e performance è perennemente in conflitto ed evoluzione?

Che alcuni ciclisti professionisti abbiano dei problemi al piede è comune, anzi quasi tutti lo hanno. Mario Cipollini ne era soggetto per fare un esempio Se tu guardi i piedi dei ciclisti non sono martoriati come quelli dei calciatori, ma poco ci manca. Hanno dei calli sparsi qua e là. Questo è dovuto non solo alle molte ore in sella, ma anche a scarpe sbagliate. Fra tutte le squadre WorldTour, credo si contino sulla dita di una mano quelle che lasciano scelta al corridore su questo materiale.

Ogni ciclista sarà sempre alla ricerca del miglior compromesso tra performance e comfort?

Bisogna capire che la scarpa è un contenitore e non sarà mai come un guanto. 

Così Broccardo ci ha riconsegnato la “Pater” vincente

31.10.2021
5 min
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«Gli atleti più sensibili sono anche quelli in grado di dare di più in certi momenti. E più gli appuntamenti sono importanti e più rendono». Dario Broccardo presenta così la sua campionessa.

Con il tecnico trentino cerchiamo di capire la rinascita della Paternoster. Quanto c’è di suo? Letizia aveva detto che Dario era tra i pochissimi a non averla abbandonata. 

Dario Broccardo, per tantissimi anni è stato il tecnico della pista
Dario Broccardo, per tantissimi anni è stato il tecnico della pista

La sensibilità della Pater 

Tutto era nato dal ringraziamento pubblico che la trentina aveva fatto nei confronti del suo tecnico. Letizia si era lasciata ad un pianto a dirotto. Anche se gioiva veramente. E questo ve lo possiamo garantire.

«La sua è stata un’uscita a caldo – dice Broccardo – quel pianto liberatorio al primo giro di pista dopo il traguardo è stato la chiusura di un anno e mezzo vissuto con difficoltà. Era dal primo marzo del 2020, dal mondiale nella madison corsa con una Balsamo che andava meno di lei, che non aveva certe buone sensazioni».

«Letizia è molto sensibile. E’ emotiva e come tutti gli atleti vincenti che ho avuto e che lo sono, ho capito che riescono a tirare fuori il massimo in certi momenti. Proprio con questa loro sensibilità riescono ad irrorare ogni fibra del muscolo. Danno qualcosa in più degli altri. Il primo che ho avuto così è stato Giovanni Lombardi. Iniziai con lui la mia carriera da tecnico. Era uno junior ma capii subito di che pasta era fatto. Gli dissi: fra quattro anni vinciamo le Olimpiadi e così andò».

Letizia Paternoster in allenamento sulle sue strade trentine
Letizia Paternoster in allenamento sulle sue strade trentine

Da un trentino all’altra

La storia fra Broccardo e Paternoster inizia tre anni e mezzo fa. Dopo aver vinto tutto tra le juniores Letizia rimase senza tecnico.

«Venne a parlarmi con suo papà – racconta Broccardo – e per me questa cosa fu strana. Di solito era il contrario. Ero io che, da tecnico, “sceglievo” gli atleti. E poi avevo più da perdere che da guadagnarci: se fino adesso ha vinto tutto e con me non vince è colpa mia, diranno… Ma alla fine ci accordammo per fare una prova. Vediamo come va, ci conosciamo meglio. Con una ragazza del suo talento il preparatore deve solo non commettere grandi errori.

«Questa sensibilità è una dote che però richiede un prezzo. E si paga. Tanto più lei che è una donna e le donne sono più sensibili. Una parola sbagliata e Letizia non ci dorme la notte. Oppure fino a pochi giorni dall’appuntamento che conta non rende. Trova la fiducia solo in corsa e nel finale diventa vincente».

Ed è proprio quello che è successo alla Paternoster. Fino all’europeo non stava benissimo, ma quelle gare anche se di livello inferiore, le hanno dato fiducia. Nell’eliminazione ai campionati europei fino a che non sono rimaste in 5-6 Letizia non ci credeva così tanto. Ma da lì la sua testa ha fatto “click”. 

«Una campionessa così, una vincente, neanche ragiona in certi momenti ma si muove per istinto. A quel punto tira fuori anche quello che non ha. Oggi si misura tutto: potenza, secondi, pedalate.. Io non so cosa di preciso abbia fatto lei ai mondiali, ma si sicuro è andata oltre le sue possibilità. E ha vinto contro chi aveva più forza e più esperienza. Come quando in caso di guerra, col fucile puntato riesci a scavalcare un muro alto che in una situazione di normalità sarebbe impensabile».

Letizia sul podio di Roubaix con la maglia iridata nell’eliminazione
Letizia sul podio di Roubaix con la maglia iridata nell’eliminazione

Il lavoro in palestra

Tanto lavoro di testa quindi. Un aspetto che Broccardo sottolinea più volte durante la nostra chiacchierata. E’ questo che fa la vera differenza tra certi bravi campioni e i veri talenti. E la sensibilità, come abbiamo visto, ha il suo bel peso. Ma l’ex tecnico della pista ha lavorato anche sulla parte atletica.

«Letizia in questo anno e mezzo – spiega Broccardo – a volte è anche andata benino. Si era ripresa, ma poi ecco la “botta” successiva. La clavicola, la tendinite, il covid, le costole… di fatto come usciva dal tunnel trovava dei tornanti. 

«Per le Olimpiadi era tornata a buoni livelli, ma anche le altre erano cresciute. Lei mi chiedeva come sarebbe andata. Io le dicevo che queste Olimpiadi ormai erano andate, ma erano comunque importanti per fare esperienza. Posto poi che nell’omnium proprio per quel che abbiamo detto sarebbe andata bene, avrebbe reso più dei suoi normali valori. Ma Salvoldi conosceva i valori delle altre ragazze e giustamente ha fatto le sue scelte. Però per il mondiale Letizia stava bene.

«Le mancava la potenza esplosiva. Non abbiamo potuto lavorarci con le costole incrinate. E così ha lavorato di più in palestra in modo statico. Non ha fatto partenze da ferma. E non era la stessa cosa. Poi in corsa è stata bravissima.

«Da fuori sembra che rischi tanto, in realtà lei si volta due, tre volte a giro e ha sempre tutto sotto controllo. Me ne rendo conto quando ci parlo dopo la gara e la rivedo. Ecco, qui hai rischiato, le dico. E lei: no, no… avevo visto che ero in quel punto. E questo le consente di non sprecare energie o di fare come le altre che cercano solo di mettere la ruota posteriore più avanti. L’unico atleta più bravo di lei in assoluto è dell’altro sesso ed è Elia Viviani».

La “Pater” in azione. Secondo Broccardo è sempre super attenta alla sua posizione e a quella delle avversarie
La “Pater” in azione. Secondo Broccardo è sempre super attenta alla sua posizione e a quella delle avversarie

Le parole giuste

Broccardo parla poi di un grande amore per la pista da parte della Paternoster. Certamente farà qualcosa di più su strada, specialmente nella prima parte della stagione 2022, ma certo se le si chiedesse cosa preferisce, Broccardo non ha dubbi. «La pista. Lei già pensa a Parigi».

E alla fine chiediamo al tecnico quali parole abbia usato per rilanciare Letizia. Visto che contano così tanto con una ragazza tanto sensibile.

«Certe cose non si dicono. Anche perché cambiano in continuazione. E’ un dialogo costante, posso dire però che la cosa più frequente che mi chiedeva era: tornerò quella di prima?». A quanto pare proprio sì, cara Letizia. Broccardo ha proprio trovato le parole giuste!