Anche a 40 di media, ci sarà da battere il vento. Ecco perché

27.07.2021
6 min
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E’ da un po’ che si ragiona sulla cronometro di Tokyo e adesso che manca davvero poco per dare un peso ai pronostici, il discorso si sposta anche sul piano tecnico. Malori l’ha detto chiaro: la crono dovrebbe essere un esercizio di velocità, premiando gli specialisti e le migliori dotazioni tecniche. Se invece, come a Tokyo per la gara maschile, la crono diventa una prova di resistenza con più salite e discese che pianure, qual è l’impatto del pacchetto aerodinamico? Conta ugualmente tanto infilarsi bene nel vento?

Vento, il primo nemico

Ci siamo voluti togliere la curiosità bussando nuovamente alla porta di Simone Omarini, responsabile prodotto di Hardskin, che fino a qualche anno fa lavorava come ingegnere meccanico presso la galleria del vento del Politecnico di Milano.

«Ovviamente – dice entrando subito nel tema – conta tanto la velocità media di cui si parla, ma anche a 40 km/h la principale resistenza all’avanzamento è aerodinamica. Se la pendenza è contenuta, facendo un bilancio energetico, ci si rende conto che la resistenza aerodinamica è il fattore più importante da vincere. Il ciclista deve fare i conti con il vento. Circa il 90 per cento dell’energia spesa dall’atleta serve a vincere la resistenza aerodinamica. E se il vento è laterale, bisogna capire in che modo si opponga all’avanzamento. Lo scopo di ogni studio e lavoro in questo campo è ridurre la resistenza aerodinamica».

Neppure Van Aert è uno specialista, ma in bici è perfetto. In apertura Remco Evenepoel
Neppure Van Aert è uno specialista, ma in bici è perfetto. In apertura Remco Evenepoel
Si passa sempre dalla galleria del vento?

In realtà, ci sono tre possibilità. Si può procedere con l’analisi numerica. Si può andare in galleria del vento. Oppure ricorrere a test su campo, ad esempio in velodromo.

Differenze?

Per la prima non usi l’atleta, se non per una scansione 3d iniziale in assetto da gara, ma servono computer o server di calcolo molto potenti. Inserisci l’atleta, gli “spari contro” un vento computerizzato e vedi cosa succede. Non sono simulazioni veritiere finché non sono validate in galleria del vento o in velodromo. Una volta che però hai un modello validato, puoi usarlo per valutare componenti e situazioni. o per progettare nuovi materiali

Il percorso di Tokyo è troppo duro per Ganna? Se è in condizione, se la gioca. Guardate quelle righe sulle maniche…
Il percorso di Tokyo è troppo duro per Ganna? Se è in condizione, se la gioca. Guardate quelle righe sulle maniche…
La galleria del vento?

E’ la più veritiera. Controlli il flusso, la temperatura, l’angolo di incidenza del vento. Hai tutto sotto controllo e puoi simulare le situazioni di gara. Se la galleria è anche grande abbastanza da contenere la scia a valle dell’ultimo atleta, puoi testarci un quartetto intero. Sotto all’atleta si mette una bilancia dinamometrica che permette di valutare tutte le forze e le coppie che agiscono. Tenendo conto della direzione e della velocità del vento e della densità dell’aria, si calcola la resistenza aerodinamica, moltiplicando il coefficiente di drag per l’area frontale. In velodromo queste cose puoi farle, ma spesso non hai la ripetibilità del test. Basta che cambino la temperatura, l’umidità, la resistenza e la densità dell’aria e non hai più le variabili costanti fra i vari test fatti.

Pogacar non è uno specialista, ma se il percorso è duro se la cava con la forza
Pogacar non è uno specialista, ma se il percorso è duro se la cava con la forza
Una volta che si è fatto il test base, come si procede?

Fai le varie comparazioni, misurando lo scostamento che si determina usando body, caschi, ruote e componenti diversi. Ogni atleta fa storia a sé. In questo modo ci si rende conto che lo stesso body, ad esempio, può essere più veloce su uno piuttosto che su un altro. Per questo a volte ti accorgi che lo specialista usa un materiale e lo scalatore ne usa un altro. Si parla di differenze minime, i famosi marginal gains, che richiedono di ripetere più volte il test.

Stessa cosa per il casco?

Il casco deve coniugarsi bene con la postura dell’atleta. Un corridore molto fermo e grande può usare un casco largo e con la coda lunga. Un atleta magro, che magari si muove tanto perché guarda spesso il computerino, andrà meglio con un casco senza una grande coda.

Dennis ha vinto il mondiale 2019 su un percorso molto duro
Dennis ha vinto il mondiale 2019 su un percorso molto duro
Stessa cosa per il manubrio?

Certamente, ascoltando l’atleta. Determini l’altezza delle protesi e la loro larghezza. Fai serie di spostamenti, anche significativi, ma devi sempre passare per il feedback dell’atleta. E’ lui che deve esprimere la potenza necessaria per vincere la resistenza aerodinamica e sempre lui deve guidare la bici. Per cui si studia la posizione, poi gli si dà il tempo di allenarsi e alla fine si ripete il test.

Questo significa che a volerla fare bene, si potrebbe creare un body in base alla velocità stimata?

Esattamente. Lavorando sui tessuti si può fare proprio questo. Ci sono team WorldTour che cambiano materiale in base al percorso che dovranno affrontare. E vi do per certo che è proprio l’abbigliamento che risente maggiormente delle variazioni della velocità media.

Nella crono di Tokyo vedremo in mischia anche Dumoulin, 44° nella prova su strada
Nella crono di Tokyo vedremo in mischia anche Dumoulin, 44° nella prova su strada
Su cosa si interviene per variare l’abbigliamento in base alla velocità?

Dato che il corpo umano è di base un corpo tozzo, coprendolo di tessuto puoi controllarne la penetrazione. Si fa variando la rugosità del tessuto. I buchetti sulla pallina da golf nascono da studi simili, perché si è capito che la pallina in quel modo è più veloce nel vento. Con i body è lo stesso. Si sceglie una velocità media e si valuta il tessuto. Se poi ci sono altri fattori, come ad esempio il grande caldo, si inseriscono fibre come il grafene che dissipano meglio il calore, soprattutto nelle crono. Per cui anche se andranno più piano, l’aerodinamica avrà certamente il suo peso. Sicuro!

Hardskin, a caccia della velocità in galleria del vento

22.03.2021
8 min
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Ricordate il servizio da Montichiari, in cui un’equipe di Pinarello eseguiva le scansioni in 3D per realizzare i manubri degli inseguitori azzurri? Bene, quel lavoro così specifico era stato affidato dall’azienda trevigiana a un pool di tecnici di Hardskin, specializzati in tutto ciò che concerne l’aerodinamica e nella cui base siamo piombati in un giorno di marzo per approfondirne l’attività. La sensazione che ci fosse di più era infatti balenata dopo i primi contatti telefonici con Simone Omarini, ingegnere meccanico, che giorni prima ci aveva spiegato il significato di quel nome così particolare.

«Hardskin – aveva detto – significa “pelle dura” e lo si deve al fatto che ASO H&P, la società di cui è un ramo, è specializzata nella cromatura di aste e tubi. Il concetto di pelle dura associata alla cromatura noi la abbiamo estesa all’abbigliamento più aerodinamico del ciclista».

Da destra, il Ceo Francesco Uberto e Simone Omarini, responsabile del prodotto
Da destra, il Ceo Francesco Uberto e Simone Omarini, responsabile del prodotto

Giganti della cromatura

ASO H&P , se non la conosci e nessuno te l’ha mai raccontata, puoi capirla in parte andando sul sito. Sono specializzati nella cromatura delle aste per le macchine di movimento terra, per i movimenti dei parchi divertimento, per le macchine da fitness, per le pompe del calcestruzzo, per i pistoni dei camion ribaltabili, per i perni delle ruote negli impianti di risalita a fune… Ovunque serva che un componente in metallo sia reso più duro e duri di più, la cromatura gli conferisce una pelle più dura. Il corpo di un atleta, in fondo, potrebbe avere la stessa esigenza. Ma capire come e perché si sia arrivati a questo è lo scopo del nostro viaggio

Nel regno di Elia

La sede di Hardskin si trova presso quella della casa madre a Oppeano di Verona, il paese di Elia Viviani. La palazzina degli uffici è di mattoncini, legno e vetri, accanto il capannone industriale ha un aspetto più austero. Ci accolgono Simone, appunto, e Francesco Uberto, Ceo di ASO H&P che a dispetto del ruolo sta andando a cambiarsi per una corsetta prima di pranzo, essendo un triatleta. Si prende il caffè e si parla di sport. Di ciclismo, dato che Simone è stato un corridore. Poi di triathlon e Ironman, con la certezza dello stesso Francesco Uberto che non appena il mondo sarà liberato dal Covid, gli sport outdoor vivranno un ulteriore incremento, così come un certo modo di fare vacanza, per la voglia della gente di star bene e mettersi alla prova.

La nascita di Hardskin si deve proprio alla passione di Francesco per lo sport e lo scorso anno nel progetto ha coinvolto Simone Omarini, che da quattro anni lavorava nella galleria del vento del Politecnico di Milano e aveva collaborato con Fsa, la federazione italiana e varie altre aziende del mondo ciclo: quelle che producono biciclette e componenti, come quelle che compongono abbigliamento. E proprio da qui è nata la scintilla, con una particolarità assoluta.

Processo inverso

C’è chi disegna e realizza capi di abbigliamento seguendo un’idea e poi va a verificarli in galleria del vento. E poi ci sono loro, che partono dalla galleria e in base agli esiti delle osservazioni, scelgono il tessuto e il tipo di taglio.

«Il 90 per cento dell’energia del corridore – spiega Omarini – se ne va in resistenza aerodinamica. Si ragiona di preparazione e alimentazione, ma l’aerodinamica è un fronte altrettanto importante su cui si potrebbe lavorare di più».

Il body, da crono, strada e triathlon, è la frontiera dell’aerodinamica
Il body, da crono, strada e triathlon, è la frontiera dell’aerodinamica
Che cosa significa partire dalla galleria?

Il materiale andrebbe prima caratterizzato, poiché il tipo di tessuto influenza la scia a valle del ciclista. Si prende quindi un cilindro, lo si veste di tessuto, e lo si mette nella galleria del vento per indagare a che condizione si verifica il buco del drag, cioè della resistenza aerodinamica, individuando in quale punto il tessuto è più performante in funzione della velocità. Si studiano la rugosità e la porosità del tessuto e a quel punto si può procedere alla produzione del capo che si vuole creare. poiché alcune parti del corpo devono essere rivestite con trame rugose, altre più con parti lisce e setose. Il body è la frontiera su cui stiamo lavorando.

Come mai?

Perché il body è davvero una seconda pelle. Copre il corpo del ciclista, non svolazza, aderisce perfettamente, si dilata in base ai movimenti. E ad esempio in una Milano-Sanremo permetterebbe di risparmiare parecchi watt fino all’inizio delle salite. E’ l’insieme a fare la differenza.

L’insieme?

Se si comincia a guadagnare su posizione, casco e body, si capisce facilmente che i benefici siano notevoli. Oltre al body perciò abbiamo sviluppato una vera e propria linea velocità, per la crono e per il triathlon, dove c’è veramente tanto da fare, se pensate che corrono ancora con capi poco coprenti, ovvero che lasciano esposta molta pelle dell’atleta…

La rugosità della manica, per far scivolare l’aria via dalle spalle
La rugosità della manica fa scivolare l’aria sulle spalle
Che cosa sono quelle righe sulle maniche e sulle calze?

Sono rugosità che ottimizzano i flussi dell’aria, perché il tondo non rende. Lo dice la galleria del vento e non a caso i tubi delle biciclette non sono più tondi e gli stessi manubri sono sempre ad ala. Alcuni le usano con le righe in verticale, a noi la galleria del vento ha detto che per le calze funzionano meglio in verticale. Allo stesso modo vengono concepiti gli occhiali per il ciclismo e il running. Abbiamo fatto dei test e su 210 watt di spesa aerodinamica, il body permette un risparmio del 7 per cento. Con un risparmio del 7 per cento dato dal body, il ciclista risparmierebbe circa 15 watt, solo cambiando il vestito che ha indosso.

Con il body da triathlon si nuota, giusto? 

Esatto e per questo si scelgono materiali diversi. Deve avere massima traspirabiità e deformarsi in lunghezza e larghezza perché i movimenti di un atleta che nuota, pedala e corre sono diversi da quelli del ciclista. Il tessuto contiene per questo un elastomero che con il cloro non si rompe ed è talmente sottile che asciuga appena usciti dall’acqua. E poi il fondello non deve impregnarsi come una spugna, deve essere sottile e asciugare subito. Mentre contrariamente ad altri body, la cerniera è davanti, perché magari può capitare di aprirla durante l’ultima frazione di corsa. Anche questo provato in galleria.

Parli del vento come di una creatura animata.

Sono i miei studi, per i quali ho sacrificato la bicicletta. Se guardate le immagini dei flussi in galleria del vento, è esattamente così. Il flusso arriva addosso al ciclista, avverte la sua forma e si allarga per circondarlo oppure si divide. Lo segue. Poi, quando capisce che il corpo sta per avere una curvatura verso il basso, come ad esempio dopo il casco o a metà della schiena, lo abbandona, creando la turbolenza a valle. La differenza aerodinamica dipende tra la differenza di pressione tra monte e valle del ciclista.

Il logo Hardskin sui prodotti in vendita da dicembre
Il logo Hardskin sui prodotti in vendita da dicembre
Per questo il casco ha la coda che si appiattisce sulla schiena?

Esattamente e ci sono studi sulla sua forma. Per lo stesso motivo, se hai qualcuno a ruota che poi non ti batte in volata, quando non tocca a lui tirare, è bene che te lo tieni vicino. Perché la presenza di qualcuno alle spalle porta via la scia a valle e permette a chi pedala davanti di stare meglio nell’aria. Se poi ragioniamo sullo stare in gruppo, abbiamo dati di un corridore che restando a centro gruppo in una Milano-Sanremo di qualche anno fa, arrivò al Turchino praticamente erogando un wattaggio irrisorio rispetto alle potenze medie di un professionista

Tutte le aziende che producono abbigliamento partono come voi dalla galleria del vento?

Non tutte, ma in passato ho collaborato con alcune molto attente all’aerodinamica. Lo studio e l’attenzione del dettaglio è oggi fondamentale. Avete notato che alcuni preferiscono non avere la maglia di leader nell’ultima crono di un grande Giro, per non doverla correre con il body dell’organizzazione?

Ci sono aziende che fanno test in velodromo.

Si può fare, ma quando si fanno dei test bisogna avere un rigido protocollo alle spalle e delle condizioni di misura che rendano le misure affidabili e ripetibili. Ci sono fattori come il peso, l’attrito della catena, il rotolamento delle ruote e varie inerzie che entrano in gioco quando si varia la velocità nel tempo. L’atleta dovrebbe essere solo per evitare i vortici d’aria creati dagli altri e serve uno strumento che misuri la densità e la temperatura dell’aria e la temperatura dell’aria, oltre che la velocità del flusso incidente con il relativo angolo. Non controlli le condizioni, mentre la galleria del vento è un laboratorio in cui hai tutto sotto controllo.

Anche la linea degli occhiali Hardskin nasce in galleria del vento
Anche la linea degli occhiali Hardskin nasce in galleria del vento
I vostri prodotti sono già in vendita?

Abbiamo iniziato nel 2020. Da marzo a settembre abbiamo scelto i tessuti e fatto lo sviluppo in galleria del vento. Poi abbiamo avviato la produzione e lanciato i prodotti a dicembre. E per adesso questa è la nostra attività principale, unita alla produzione di accessori, come zaini e borse, anche se qualche manubrio lo abbiamo già sviluppato. Oltre a Francesco Uberto che è il Ceo e al sottoscritto che è responsabile del prodotto, abbiamo un designer esterno a Milano che si chiama Emanuele Magenta e ci appoggiamo a studi come quello di Johny Mole, che probabilmente conoscete.

Ci sono atleti che usano prodotti Hardskin?

Ce ne sono, ma stiamo anche cercando testimonial di nome, per ora presenziando a tutti gli eventi di triathlon. Prossimo obiettivo sarà realizzare uno spazio espositivo in cui raccontare la nostra storia, mostrando con un sistema di telecamere la misurazione dell’area frontale per stimare il wattaggio. Manca la componente aria, ma la stima che se ne ricava è giusta. Abbiamo cominciato da poco, come voi di bici.PRO. Vogliamo porci obiettivi e andarli a prendere.