Quanto lavora uno junior francese? Sentiamo Lenny Martinez

16.09.2021
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Un po’ leggenda e un po’ di verità. Sui francesi che in meno di dieci giorni si sono presi il Giro della Lunigiana e due posti sul podio dei campionati europei si snocciolano teorie e suggestioni. Sul numero di corse che fanno ogni anno. Sull’attività con le continental di riferimento. Sul fatto che i nostri juniores saranno pure spremuti, ma anche i cugini d’oltralpe davvero non scherzano. Così, approfittando dell’ottimo rapporto costruito proprio al Lunigiana, abbiamo chiesto a Lenny Martinez (che lo ha vinto) di raccontarci la sua settimana di allenamento. Pur davanti al figlio di un campione olimpico, la sensazione è di trovarci davanti a qualche anomalia rispetto ai nostri standard, ma per ora teniamo i commenti per noi riservandoci nei prossimi giorni di approfondire il discorso. A voi le sue risposte.

Lenny Martinez è nato nel 2003, è uno junior di secondo anno, è alto 1,67 e pesa 52 chili. Nel 2022 correrà con la Groupama Fdj Continental in cui corre anche l’italiano Lorenzo Germani, vittima di una caduta pochi giorni fa e costretto a finire la stagione anzitempo.

Ultima corsa di rifinitura (con vittoria) sulle Alpi prima del Lunigiana (foto Instagram)
Ultima corsa di rifinitura (con vittoria) sulle Alpi prima del Lunigiana (foto Instagram)
Per quante ore ti alleni ogni settimana?

A settimana faccio tra le 12 e le 15 ore in media nell’arco di un anno. A volte faccio belle settimane da 18 ore (grandi blocchi di allenamento) e altre da 8 (blocco di recupero) che permette di non essere monotoni. Pedalare mi piace.

Con chi ti alleni di solito?

Lavoro con il mio agente Dries Smith (direzione sportiva della squadra) e ovviamente collaboro con la Groupama Fdj Continental, soprattutto dal prossimo anno.

Ti alleni con strumenti elettronici oppure seguendo le sensazioni?

Mi piace guardare il misuratore di potenza per essere davvero preciso in tutto quello che faccio. Le intensità, le uscite di resistenza, i tempi nella zona di allenamento, questo è davvero interessante. Però da quasi tre mesi il mio sensore ha smesso di funzionare così mi alleno a sensazione e con il cardiofrequenzimetro, che non è male anche per lo sviluppo di noi giovani per imparare a conoscersi.

Segui delle tabelle di lavoro?

Il mio allenatore mi manda le mie settimane di allenamento. Spesso è molto dettagliato durante le settimane di lavoro di costruzione, ma quando faccio tante gare di fila, mi dice solo di recuperare bene, di seguire le sensazioni. Se sto bene, posso pedalare senza problemi, altrimenti mi riposo. Ho anche molte settimane libere, oppure posso andare in mountain bike o ciclocross a fine stagione per esempio. Normalmente non faccio volumi enormi di allenamento ad alta intensità, preferiamo stare tranquilli. Lavoro più sulla resistenza per gli anni a venire.

Martinez e Brieuc, secondo e primo nella tappa inaugurale di La Spezia al Lunigiana: i francesi volano
Martinez e Brieuc, secondo e primo nella tappa inaugurale di La Spezia al Lunigiana: i francesi volano
Ti piace fare lavori specifici?

Sì, è un tipo di allenamento che mi piace molto, soprattutto con il misuratore di potenza e in salita. Li preferisco a una monotona uscita di diverse ore.

Ci sono dei lavori specifici che preferisci?

Mi piace molto lavorare in salita, perché sento di andare molto veloce. Mi piace molto il Sweet Spot (modo con cui definisce le ripetute all’80-94 per cento della soglia, ndr) anche se non lo faccio più. L’ho fatto l’anno scorso quando mi allenavo da solo. Dà una buona sensazione, sento che si fanno le salite molto velocemente anche non spingendo a fondo. Durante certi esercizi, mi immagino con i professionisti sui grandi Giri, nello sforzo, tirando per il mio leader e con la mia musica preferita nelle orecchie! E poi…

Cosa?

Mi piace anche il lavoro alla massima potenza aerobica, perché è abbastanza breve. Ad esempio dei 30/30 in salita. di solito faccio per due volte 6×30” a 400-440 watt e 30” a 200-250 watt, in una uscita di 2 ore in montagna.

Ci sono dei lavori specifici che non ti piacciono o trovi troppo pesanti?

Tutti i lavori specifici sono buoni da fare, perché anche se sono duri e non mi piacciono, mi faranno bene il giorno della gara. Ma direi forse il lavoro lattacido, gli sprint lunghi di 30” ad esempio, che faccio 2 o 3 volte nell’anno prima dei miei grandi obiettivi. Così come tutti gli sforzi “a tutta”, che non faccio ancora, ma che sono anche molto duri perché si cerca sempre di andare oltre nel dolore.

Mandi ogni giorno i dati al tuo allenatore?

Sì! Con la Groupama Fdj Continental abbiamo una piattaforma dove carichiamo le nostre uscite di allenamento, così gli allenatori della squadra possono fare le loro osservazioni e analizzare la sessione o la gara.

A crono va forte: malgrado il peso piuma, Lenny è stato terzo ai campionati nazionali (foto Instagram)
A crono va forte: malgrado il peso piuma, Lenny è stato terzo ai campionati nazionali (foto Instagram)
Puoi descriverci la settimana tipo fra due domeniche di corsa?

Lunedì un’ora di recupero, preferisco pedalare un po’ che stare tutto il giorno a riposo. Ho un solo riposo a settimana, che viene di martedì. Mercoledì 2 ore lavorando sulla resistenza.

Giovedì?

Giovedì 4 ore lavorando sul fondo, più tre volte 3×10′ al medio in posizione aerodinamica a 100 rpm. Venerdì invece un’ora e mezza di recupero. E sabato un massimo di due ore che chiamiamo sbloccaggio (di solito 10-15 minuti di riscaldamento, poi 3 serie di 2 sprint di 15″ in salita con 1′ di recupero tra ogni sprint e 4′ tra ogni serie. Poi recupero per almeno 10′, ndr).

Qual è stata la distanza più lunga in allenamento e in gara?

La mia distanza più lunga in allenamento è stata di 170 chilometri, mentre in corsa di 177.

Fai molta attenzione all’alimentazione?

Dal punto di vista nutrizionale mangio con gusto, mi dico che poi starò più attento tra i professionisti. Mangio tanto, ma cibi di qualità. Non mangio patatine, bibite, biscotti, perché non servono davvero a niente e neanche ne sono goloso. Abbiamo esempi di pasti equilibrati forniti dalla Groupama Fdj Continental, quindi mi ispiro a questi. Aggiungo solo alcune torte fatte da mia nonna per il piacere di mangiare.

Fine di uno stage con la nazionale, prima del Tour de Valromey in cui Lenny vincerà una tappa (foto Instagram)
Fine di uno stage con la nazionale, prima del Tour de Valromey in cui Lenny vincerà una tappa (foto Instagram)
In che modo ti dividi fra la Fdj e la tua squadra di club?

Per il momento non corro con la Groupama Fdj Continental, quindi faccio gare con la nazionale francese, con la rappresentativa regionale e anche con il mio club.

Nelle gare internazionali, gli juniores hanno il rapporto limitato (di solito il 52×14), è vero che nelle altre corse in Francia non avete limitazioni?

Vero, nelle gare UCI usiamo il 52×14, mentre nelle gare regionali in Francia e a livello nazionale abbiamo scelta di rapporti illimitata, quindi io sulla mia bici ho il 52×11. In allenamento il 52×14 non mi dà fastidio, mentre uso in 55×11 sulla mia bici crono perché il 14 non mi basta durante gli allenamenti.

Di solito rientri sfinito dopo gli allenamenti?

Dopo un’uscita di resistenza di 4-5 ore al massimo, è possibile che rientro sfinito, perché attingiamo davvero alle nostre riserve di carboidrati. Mentre quando si fanno i lavori specifici non spendo troppo, perché non faccio ancora esercizi molto molto duri in allenamento e l’uscita è di circa 2 ore.

Quanti giorni di corsa avrai fatto alla fine del 2021?

Nel 2021 chiuderò con circa 35 gare su strada (contando anche le tappe delle corse a tappe) e con il ciclocross arriverò a 45.

Nel 2019, alla vigilia del passaggio fra gli juniores, Lenny Martinez era già un soggetto di interesse nazionale (foto Instagram)
Nel 2019, alla vigilia del passaggio fra gli juniores, Lenny Martinez era già un soggetto di interesse nazionale (foto Instagram)
Per quanto tempo starai fermo prima di iniziare con il cross?

Mi prenderò una piccola pausa a fine stagione, poi riprenderò tranquillamente con un po’ di ciclocross per prepararmi alla stagione su strada. Penso che farò una decina di quest’inverno, forse uno a settimana se possibile oppure uno ogni due settimane. Non lo so ancora, perché non abbiamo ancora fatto il mio programma per il prossimo anno.

Germani, il vento è girato. Ora si può pensare in grande

07.09.2021
4 min
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Lorenzo Germani inizia a vedere la luce, dopo una prima metà di stagione a dir poco pesante. Anche se alla Groupama-Fdj Continental con i primi anni ci vanno piano, le cinque corse a tappe fino ad agosto erano rimaste nelle gambe. Il suo allenatore continuava a ripetergli che presto il vento sarebbe girato, ma fino al Tour du Pays de Montbéliard credergli era davvero un atto di fede. Eppure la svolta c’è stata davvero.

«In realtà – sorride il laziale, di ritorno verso casa – già ad inizio agosto avevo cominciato a sentirmi meglio. Solo che in Estonia (al Baltic Chain Tour, ndr) il percorso era troppo facile e sono finito indietro. Invece alla vigilia della corsa in Francia mio sentivo bene. Pronto e motivato, convinto di poter fare risultato».

In azione agli europei juniores 2020, quest’anno ha avuto piccole apparizioni in nazionale
In azione agli europei juniores 2020, quest’anno ha avuto piccole apparizioni in nazionale

Squadra contenta

Era la svolta annunciata, quella che in un colpo solo fa capire di aver preso la strada giusta. Lorenzo ha chiuso a 8 secondi nel prologo. Si è piazzato secondo nella prima tappa, battuto in volata da Van Belle. E ha chiuso nel gruppo dei migliori nella terza, portando a casa il secondo posto finale. Il vincitore, maglia Jumbo-Visma, non è l’ultimo arrivato. Lo scorso anno è stato campione europeo juniores nello scratch e nell’omnium a Fiorenzuola. Perciò in salita un po’ paga, ma se rientra vince facile in volata. Così infatti è andata nel secondo giorno di corsa.

«E’ un bel passistone – ride Germani – ma lo stesso la squadra è soddisfatta e avevano ragione gli allenatori quando dicevano che presto sarebbe girato il vento. Adesso che la condizione è buona, anche le prossime corse le guardo con più ottimismo. Dovrei tornare in Francia il 18 settembre per il Tour de Bretagne e poi dal 29 si va alla Ronde de l’Isard».

Al Baltic Chain Tour un percorso troppo facile, ma le gambe giravano
Al Baltic Chain Tour un percorso troppo facile, ma le gambe giravano

Italiani con la valigia

Storie di italiani con la valigia, in un ciclismo che offre esperienze di vita forti a ragazzini poco più che maggiorenni che scelgono di mettersi alla prova. E’ stata la scelta di Germani, lo è stata di Gianmarco Garofoli al Team Dsm e lo sarà di Francesca Barale che dal prossimo anno correrà nella stessa squadra olandese. Ma non tutti i posti sono uguali.

«Con Gianmarco parliamo spesso – ammette Lorenzo – di come vanno le cose, dei programmi. Ci siamo visti al Val d’Aosta e finalmente è riuscito a dimostrare quel che vale. So che all’inizio non è stato facile, ma gli ha fatto vedere con delle belle prestazioni che facevano bene a credere in lui. Io al confronto ho avuto vita più facile. E devo dire che a parte la stanchezza delle corse a tappe, mi accorgo che si corre tanto, ma in allenamento con noi più giovani vanno piano. Se quelli di secondo e terzo anno fanno un lavoro per otto volte, a noi giovani dicono di fermarci a cinque. Piuttosto, avete presente Martinez che ha vinto il Lunigiana? E’ uno dei nostri junior, settimane fa è venuto a fare un test con noi e ha strappato un tempo eccezionale…».

Al Tour du Pays de Montbéliar, chiuso al 2° posto, chiari segnali di ripresa. Il vento è ormai girato (foto Coulon)
Al Tour du Pays de Montbéliar, chiuso al 2° posto, chiari segnali di ripresa. Il vento è ormai girato (foto Coulon)

Tre anni under

E così lentamente prende forma un’idea di carriera, con la costruzione della base atletica e psicologica su cui poggiare i piani più alti.

«Mi ha cercato Amadori per fare delle corse a settembre – dice – niente a che vedere con europei o mondiali, ma ho già degli impegni con la squadra e per questa volta ho passato la mano. Ho messo nelle gambe la fatica giusta e adesso sento di aver recuperato e di poter andare alle corse non solo per subire il passo degli altri. Sento che se anche al secondo anno andassi più forte di così e mi cercassero per passare, chiederei lo stesso di fare un altro anno da under 23. Ne ho 19, passando a 21 sarei più solido perché un anno di esperienza e lavoro in più fa una bella differenza. Avrei meno possibilità di sbagliare. Se penso che ci sono ragazzi che dagli juniores vanno già in squadre professional, mi viene da dire che non li invidio. Ma ognuno fa la sua strada, chiaramente, io comincio a capire dove porta la mia».

Miguel e Lenny, padre e figlio: entriamo in casa Martinez

06.09.2021
5 min
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Il tempo di rimettere in ordine gli appunti del Lunigiana e immediatamente è scattata la domanda. Che cosa pensa Miguel Martinez di suo figlio Lenny? E quale ruolo ha nella sua formazione sportiva? Il suo account Instagram trasuda di orgoglio paterno, le foto di suo figlio saltano fuori da ogni angolo.

«Lenny è fortissimo in salita – dice con tanto trasporto e la sua proverbiale simpatia Miguel – è davvero un piccolo fenomeno. Quando lo porto a fare dietro motore in salita, mi fa sempre segno di andare un po’ di più, un po’ più veloce… E io resto stupito. Non so davvero dove possa arrivare».

Inizi in Mtb, poi a 14 anni…

Certo che con un papà star della mountain bike ci si aspetta che anche il figlio voglia diventarlo, invece qui viene il bello. La strada per Lenny è passione e anche voler dimostrare qualcosa.

«Lenny ha iniziato in Mtb perché io avevo un bike park una volta in Costa Azzurra. Poi lui è rimasto lì con la mamma (i due si sono separati, ndr) e lui per un po’ ha continuato con la Mtb, anche se quando andava alle corse la gente faceva continuamente paragoni con me. Finché a 14 anni, avendo nostalgia di suo nonno Mariano, venne a stare da me.

«In casa c’è una maglia a pois appesa in bella vista. E’ quella di miglior scalatore che mio padre vinse al Tour del 1978. Lo vedevo che la osservava, la guardava sempre pensando a qualcosa… E ho capito che forse Lenny aveva voglia di fare come suo nonno. Riuscire in ciò che non sono riuscito a fare io quando provai su strada. Smarcarsi dai paragoni, glielo vedo nello sguardo».

Consigli, ma non troppi

Miguel segue con amore e pazienza suo figlio, ma ammette anche che fino all’anno scorso, quando lui ancora gareggiava in Mtb ed era comunque un professionista, ogni allenamento era una guerra.

«Eh sì – ride – io volevo staccare lui e lui voleva staccare me, così abbiamo detto basta. Anche perché lui spesso ama fare gli specifici da solo. Usciamo insieme quando deve fare scarico. Fino all’anno scorso gli tenevo testa, adesso no. Impossibile. Gli vado dietro col motorino! E poi Lenny ha il suo allenatore con la Fdj.

«Ma per il resto viviamo insieme. Gli do dei consigli quando vedo che commette dei piccoli errori, ma si appoggia al suo team. Anche perché non è facile da padre a figlio. Non è come da coach a ragazzo. Infatti siamo molto amici. Più amici che padre e figlio, almeno per quel che riguarda la bici».

I due escono in bici solo nei giorni di scarico e per diletto: meglio evitare la competizione (foto Instagram)
I due escono in bici solo nei giorni di scarico e per diletto: meglio evitare la competizione (foto Instagram)

L’occhio tecnico

Infine prima di congedarci, Martinez ci dà un giudizio tecnico su Lenny. Dopo tanti anni ai vertici, sia su strada che in Mtb, e da sempre grande osservatore di talenti, Miguel ha visto tanti corridori.

«Lenny è molto bravo in salita, lì va davvero forte. Ma è bravo un po’ dappertutto. In volata per esempio. Certo non in quelle brevi: lì lo batti. A lui servono almeno 300 metri e magari in falsopiano, che poi è come ha vinto al Giro della Lunigiana l’altro giorno. In quel caso riesce a liberare bene la sua potenza. Pertanto non direi che è così esplosivo. E infatti sapete dove è veramente forte? A crono. Ai campionati nazionali francesi è arrivato terzo a 15” dal primo, che è tra i migliori al mondo, ma se si guarda al rapporto potenza/peso lui è stato il migliore.

Tre parole d’ordine sulla bici di suo figlio: comunicazione, coinvolgimento, padronanza (foto Instagram)
Tre parole d’ordine sulla bici di suo figlio: comunicazione, coinvolgimento, padronanza (foto Instagram)

«Un difetto? Ancora non è fortissimo in discesa, almeno paragonato ai pro’ (proprio nella tappa di Fivizzano i tecnici avversari avevano notato questa lacuna, ndr). L’anno scorso è caduto e ha preso un po’ di paura e infatti se sull’asciutto tutto sommato va bene, sul bagnato ha qualche problemino».

In ogni caso Miguel ci sta già lavorando su, con consigli e con la tecnica.

«Lenny – conclude MiniMig – adesso esce poco in Mtb, giusto qualche volta l’inverno, perché è molto concentrato sulla strada. Però fa ciclocross. E’ arrivato secondo nel campionato nazionale. Davvero non so dove possa arrivare…».

Impresa di Garofoli a Cervinia, fra incredulità e commozione

17.07.2021
7 min
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Ride. Poi si commuove. Puoi ride di nuovo. Si mette le mani nei capelli. Così come aveva fatto anche sul rettilineo d’arrivo. Non ci crede, Gianmarco Garofoli. Non crede neanche lui all’impresa che ha siglato a Cervinia nella seconda tappa del Giro della Valle d’Aosta. Un’azione d’altri tempi, come raramente si vedono. 

Lunga fuga solitaria (quasi 60 chilometri) attraverso valli, monti e discese. E l’arrivo sotto sua maestà il Cervino. Che deve aver visto bene quando ha alzato gli occhi al cielo.

Forcella rotta e sangue freddo

Con Gianmarco avevamo parlato al mattino proprio perché ieri si era fatto vedere parecchio. Aveva tirato per la squadra. Aveva tentato la fuga. Aveva forato. Era rientrato portando le borracce ai compagni e aveva vinto il traguardo volante.

«Eh sì stavo bene. In realtà quando mi avete visto cambiare bici non avevo forato. Bensì avevo rotto la forcella, proprio qui – e ci indica il punto – una paura con quelle discese. Volevo cambiarla prima ma la giuria aveva fatto il barrage delle ammiraglie e così appena ho potuto mi sono fermato».

Garofoli racconta poi del grande lavoro fatto dopo il Giro d’Italia U23, della grande opportunità che la Dsm WorldTour gli darà a breve, vale a dire fare il Tour de l’Ain in programma negli ultimi tre giorni di luglio.

«E magari poter andare al Tour de l’Avenir. Se penso anche al mondiale? Sì, quelle strade le conosco, ma intanto cerchiamo di lavorare per fare bene – le sue parole al mattino – e sono qui proprio per trovare la condizione».

Quello dell’Avenir è un desiderio che probabilmente Marino Amadori dopo la tappa di oggi sarà pronto ad esaudire.

Attacco folle

Valtournenche e Cervinia sono separate da una decina di chilometri, una più a valle dell’altra. Ma chiaramente il Giro della Valle d’Aosta ha fatto un altro percorso per unire le due località. Un percorso ricchissimo di salite. Dislivello monster, oltre 4.500 metri, ma almeno strade più pedalabili e larghe rispetto alla… gimkana di ieri.

Nella discesa dello Tsecore, terzultima scalata di giornata, ci sono diverse scivolate. Cade anche Garofoli, che si rialza, rientra e parte. I big si guardano. Ma dove vuoi che vada questo qui? Si vede proprio che è inesperto, avranno detto. Il ragazzo di Castelfidardo, nelle Marche, è il più piccolo in gara. Deve ancora compiere 19 anni. Nel momento in cui attacca, c’è un tratto di pianura. Stare in gruppo sarebbe ideale. E poi le due salite finali sono lunghissime. Quasi 15 chilometri il Saint Pantaleon e quasi 20 quella che porta a Cervinia.

Intanto Alessandro Verre, la maglia gialla, va in crisi. Garofoli guadagna subito tanto. E il vantaggio continua a crescere, ma in modo più regolare, sul Saint Pantaleon.

Garofoli all’arrivo. Si è alzato solo gli ultimi metri: pensava anche alla generale
Garofoli all’arrivo. Si è alzato solo gli ultimi metri: pensava anche alla generale

Mamma, papà e il Cervino

Lassù, sul Gpm, ci sono anche mamma Cristiana e papà Gianluca, pronti a fare il tifo e a dare l’acqua agli altri ragazzi della Dsm Develompment. Le urla della mamma, che intanto è scesa di qualche centinaio di metri, si sentono sin dal Gpm. Garofoli è super concentrato. Ma il suo volto è disteso e la pedalata è potente. Stamattina ci aveva detto di aver montato un 36×30, ma di certo sta spingendo qualche dente in meno.

Un anziano tifoso chiede al papà: «Come va in discesa?». E lui: «Benissimo». E infatti in fondo, il vantaggio che sul Gpm era superiore ai 2′ diventa di quasi 3’30”. La forcella stavolta è okay e le gomme da 26 millimetri che ha scelto si sono rivelate ideali.

Una cronoscalata

Adesso inizia una lunga cronoscalata per Garofoli. Il vento è anche un po’ contrario. Dietro c’è il compagno Vandenabeele. Poi Thompson, con El Gouzi e qualche altro che man mano si stacca.

Ogni tanto all’orizzonte fa capolino il Cervino. Il bianco è fresco e stacca tantissimo col verde degli alberi. Fino all’altro ieri c’era neve fresca. Di certo Gianmarco non avrà visto tutto ciò. Anche perché l’attraversamento di Valtournenche fa male e lui orami è fuori da tanto tempo.

La pedalata è meno fluida. Perde qualcosa ma assolutamente non crolla. Cinque chilometri, tre, uno… Il tunnel, la folla di Cervinia, l’arrivo e gli occhi al cielo dove il Cervino si gode lo spettacolo. Qui hanno vinto tanti campioni, non ultimo Fabio Aru. Ma un’impresa così in bici forse neanche la “Gran Becca” l’aveva mai vista.

Il marchigiano tra i suoi genitori, mentre fa i rulli per defaticarsi
Il marchigiano tra i suoi genitori, mentre fa i rulli per defaticarsi

Cocciuto sin da bambino

E ritorniamo alla commozione iniziale di Garofoli. Mentre è sui rulli per fare defaticamento, dietro di lui c’è Thompson che se la ride. Grazie alle sue accelerazioni finali infatti, il neozelandese è riuscito a prendere la maglia gialla.

«Mamma mia che numero – racconta Garofoli ancora col fiatone – Un qualcosa d’incredibile, non lo so neanche io… Stamattina il diesse mi diceva: stai calmo, resta con gli uomini della generale. Io gli ho risposto: no Bennie io oggi attacco, voglio rischiare. Voglio provare a vedere cosa succede».

Insomma aveva le idee chiare Gianmarco. E la mamma su quel Gpm ce lo aveva detto: «Le ha sempre avute le idee chiare. A tre anni ha fatto la sua prima corsa in bici, pensate aveva le rotelle, e la vinse. Da quel giorno mi disse: io voglio fare il corridore. E anche a scuola. Le professoresse mi dicevano: suo figlio scrive bene, ma parla solo di ciclismo! Ha sempre avuto questa passione. Mai un’incertezza. Giocava anche a calcio. Era bravo. Ma quando si è trattato di scegliere non ha avuto dubbi».

L’azione potente di Garofoli. Adesso è secondo nella generale a 1’57” da Thompson
L’azione potente di Garofoli. Adesso è secondo nella generale a 1’57” da Thompson

Computerino spento

Un’azione così non si vede tutti i giorni. Forse solo Garofoli se l’era studiata. Forse…

«Più spingevo e più mi sentivo più forte. Sentivo che stavo guadagnando minuti ed è stato un qualcosa d’incredibile. E arrivare qui, nella tappa regina, da solo… la tappa regina, capite!

«Cosa mi passava per la testa? Rivedevo tutti i sacrifici fatti. Perché le vittorie così sì, sono belle, ma si costruiscono a casa con il lavoro. E io dopo il Giro U23 ne ho fatto tanto. Quello è stato il mio punto d’inizio. Sono stato 20 giorni sulle Dolomiti, tra Moena e il San Pellegrino, da solo. Oggi ho avuto un momento di cedimento verso i 5 chilometri dall’arrivo. A quel punto ho spento il computerino, non volevo sapere più niente: chilometri, wattaggio, velocità… Spingevo come potevo. Perché era da tanto che ero a tutta ed ero stanco. Però anche Bennie (Lambrechts, il diesse, ndr) dall’ammiraglia mi ha dato un grande aiuto. Mi è stato vicino. Ma ha detto che stavo facendo un’impresa. Ho fatto qualcosa d’incredibile».

Thompson quarto e in giallo

Una giornata ricca di emozioni per Garofoli. «La dedica è per la mia fidanzata Chiara, che mi supporta tantissimo, per la mia famiglia e per la mia bisnonna Gilda che è morta proprio mentre facevo le ultime pedalate». I genitori gli hanno comunicato la notizia poco dopo l’arrivo.

Peccato solo che questa impresa non si sia conclusa con la maglia gialla. Ma Garofoli era fuori da tantissimo e da solo, mentre Reuben Thompson viaggiava con il drappello dei migliori. E, complice un minor dispendio energetico e la fatica (normale) di Garofoli, nel finale ha recuperato parecchio. Il neozelandese della Groupama-Fdj ieri era giunto secondo a 30” da Verre e la sua regolarità, oggi quarto, lo ha pagato. 

Ma nulla è chiuso. Perché domani si sale ancora e su queste montagne i minuti, si è visto, fioccano. Conta il recupero. Garofoli ha mostrato ottime qualità in tal senso. Lo si è visto anche al Giro. E poi ci è sembrato molto preparato. Mentre faceva i rulli, diceva al massaggiatore cosa passargli, alternando integratori ed acqua con una sapienza da veterano.

Germani è pronto per iniziare l’avventura

16.01.2021
4 min
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Lorenzo Germani si è rintanato da sua nonna a Roccasecca, a 700 metri da casa dei suoi, per allenarsi e non correre rischi.

«Mio fratello va a scuola – dice – i miei genitori lavorano. Niente di pericoloso, ma per evitare rischi prima di Natale sono venuto qui. Le Feste le abbiamo fatte insieme, poi loro sono tornati a casa».

Roccasecca è un paese in collina di neanche 10 mila abitanti nella parte bassa della provincia di Frosinone, dove le strade sono ideali per allenarsi. Più giù c’è Caserta ed è da queste alture boscose che Lorenzo, 18 anni, partirà a febbraio per il primo ritiro con la Groupama-Fdj Continental. La scuola, come ci aveva già raccontato a settembre, l’ha finita un anno prima. E adesso ha scelto di concentrarsi sul ciclismo, con due anni di contratto da sfruttare al meglio.

Lo intercettiamo al ritorno da un allenamento, vestito di tutto punto dei nuovi colori e sulla nuova Lapierre che gli piace un mondo.

Germani, due anni di contratto per imparare il mestiere
Germani, due anni di contratto per imparare il mestiere
Quali contatti hai avuto con la squadra?

Ci siamo visti a ottobre, il solo contatto finora. Abbiamo fatto la biomeccanica e recuperato il materiale. Avremmo dovuto fare un ritiro a dicembre a Calpe, ma il Covid si è messo di mezzo. Adesso dovremmo andare intorno al 10 di febbraio. Abbiamo fatto qualche riunione su piattaforma digitale. Ci siamo sentiti con il direttore sportivo e l’allenatore. Siamo molto seguiti.

E’ cambiato qualcosa nella tua preparazione?

Hanno voluto che facessi 5 settimane di stop totale, poi abbiamo iniziato gradualmente, con calma, aumentando progressivamente il carico. Prima qualche camminata, un po’ di corsa, poi la bici. Ieri sono arrivato per la prima volta quest’anno a fare 4 ore. Quello che però è cambiato di più è l’organizzazione dell’allenamento.

Vale a dire?

Abbiamo il diesse e due preparatori che ci seguono alle corse. Sono loro a suddividere il programma fra strada e palestra e poi entra in scena il coach per la palestra, che carica su un drive i video e le tabelle degli esercizi che dobbiamo fare. E siccome le palestre sono chiuse, mi aiuta un amico che a casa, oltre alla pressa, ha tutto quello che serve.

Ecco la nuova Lapierre Xelius che Germani ha ritirato in Francia a ottobre
Ecco la nuova Lapierre Xelius che Germani ha ritirato a ottobre
Come va con la lingua?

Si parla inglese. Su 13 corridori, solo 5 sono francesi, oltre allo staff chiaramente. In più c’è un insegnante di lingue per l’inglese e il francese. Vogliono formarci prima come persone e poi come atleti e questo è molto interessante. Al primo incontro c’erano un inglese che parlava francese e uno svizzero di lingua francese che parlava in inglese. E’ stato divertente. E io sono andato da loro e gli ho chiesto: «E con me che lingua parlate?». Abbiamo riso.

Una bella esperienza di vita, no?

Infatti. E da marzo vogliono che andiamo tutti insieme nella sede di Besancon, che sarà una bella esperienza anche a livello umano. Ho due anni di contratto, vedremo se sarò in grado di passare nella WorldTour, ma alla peggio mi ritroverò con due lingue in più nel curriculum.

Avete punti in comune con il team dei grandi?

Loro forse sono più francesi di noi, ma gli sponsor e i materiali sono identici. Avevo già tutto in mano da ottobre, tranne l’abbigliamento che è arrivato da poco. Il Garmin, le scarpe, la bici…

Cosa ti pare della Lapierre?

Abbiamo tre modelli. Quella da crono, la Xelius che è più per scalatori e la AirCode per i passisti. Io ho scelto la Xelius e mi ci trovo benissimo.

L’abbigliamento e tutti gli sponsor sono identici a quelli del team WorldTour
L’abbigliamento e tutti gli sponsor sono identici a quelli del team WorldTour
Ti capita di sentire gli ex compagni della Work Service? Resti convinto della tua scelta?

Convintissimo! La mia non è stata una scelta di squadra, ma ho puntato alla crescita personale. Voglio imparare a vivere e correre in altri Paesi, fare le grandi corse. Non so ancora da dove inizierò. Nel calendario ci sono gare in Francia, Belgio, Olanda e anche le più importanti in Italia.

Ti senti spesso con Quinziato?

Abbiamo un bel rapporto, più che un procuratore è un amico. Voleva venirmi a trovare a Roccasecca, ma non potevamo farlo venire fin giù. Per cui la prima volta che ci siamo visti, io e mio padre lo abbiamo incontrato all’aeroporto. Parliamo più di vita che di ciclismo. E’ un riferimento, troppo bravo e tropo simpatico. Ci sentiamo spesso. Sono molto contento di averlo incontrato.

Cosa si aspettano da te?

Non mettono pressione. Vogliono che cresciamo come corridori, che facciamo squadra e che diamo una bella immagine. Non gli interessa chiudere l’anno con 30 vittorie e ci hanno parlato di ragazzi che l’anno scorso non hanno vinto e sono comunque passati nella WorldTour.

E tu cosa ti aspetti?

Sono due anni che non riesco a iniziare la stagione alla prima gara. Due anni fa perché mi sono rotto il femore e nel 2020 per il Covid. Iniziarla normalmente non sarebbe affatto male. E se poi verrà qualche piazzamento, non mi tirerò indietro. Correre bene e farmi vedere. Al secondo anno semmai penserò a qualcosa di più…