Arnaud Demare, ritiro

Guarnieri saluta Demare: «Leader silenzioso, pro’ fino al midollo»

19.10.2025
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E’ questo il periodo degli addii. Finisce la stagione e tanti salutano. Quest’anno, più di altre volte, sembrano essere numerosi gli atleti, anche importanti, che lasciano il gruppo. Sembra quasi esserci un cambio generazionale netto. E tra questi c’è anche Arnaud Demare, classe 1991, originario di Beauvais, nel Nord della Francia.

Il francese è stato un velocista particolare: capace di alti e bassi, spesso discusso sia all’esterno sia all’interno del suo team – basti ricordare il “non idillio” con Thibaut Pinot – ma resta il fatto che è stato un grande. Ben 97 vittorie, tra cui una Milano-Sanremo, una Classica di Amburgo, due Parigi-Tours, tappe al Giro d’Italia, al Tour de France e alla Vuelta, oltre a tre titoli nazionali. E se è stato così grande, una parte importante del merito va a Jacopo Guarnieri, il suo ultimo uomo per gli sprint.
Proprio attraverso i ricordi di Jacopo salutiamo Demare.

Arnaud Demare e Jacopo Guarnieri: i due hanno corso insieme per sei stagioni dal 2017 al 2002
Demare, Guarnieri,
Arnaud Demare e Jacopo Guarnieri: i due hanno corso insieme per sei stagioni dal 2017 al 2002
Jacopo, tu con Demare ci hai corso un bel po’. Avete condiviso insieme una parte importante delle vostre carriere…

Sei anni che, se ci pensi, su una carriera di sedici non sono neanche tantissimi. Però, come dici tu, sono stati anni fondamentali. Arrivavo da due stagioni piene di soddisfazioni con Kristoff, perché avevamo vinto 35 gare in due anni. Con lui avevo vissuto solo momenti positivi, ma è nelle difficoltà che si crea il legame più forte. Con Arnaud abbiamo affrontato momenti complicati e proprio quelli ci hanno uniti ancora di più.

Demare era un grande velocista anche dal punto di vista fisico. Aveva bisogno di un treno solido, di cui tu eri il macchinista. Come avete costruito quel treno negli anni?

Abbiamo avuto un triennio molto buono, poi dopo il 2020 le cose sono un po’ cambiate. Ma tra il 2017 e il 2020 siamo stati davvero un punto di riferimento. Arnaud con me è sempre stato molto aperto: mi lasciava carta bianca nell’organizzazione. Ma soprattutto mi portava quasi su un piedistallo. Quando Madiot mi prese, io avevo firmato prima del Tour, non ci credava. Ricordo un episodio curioso…

Racconta…

Al Tour del 2016 una sera noi della Katusha capitammo in hotel insieme all’allora FDJ. Marc Madiot, il team manager della FDJ, mi chiese di incontrarlo. Eravamo io, lui e il fratello di Pinot, che lo aiutava con l’inglese. Madiot mi fece una foto e la mandò ad Arnaud, scrivendogli: “Vedi che non ti sto prendendo in giro. Ho preso Guarnieri”. Démare non ci credeva, pensava fosse impossibile che fossi davvero io ad arrivare nel team. All’epoca, per un corridore non francese entrare in una squadra francese non era affatto comune. Rimase sorpreso, ma mi stimava molto. Da lì nacque la fiducia: mi lasciò organizzare tutto. Il primo anno c’era anche Cimolai, che conoscevo da bambino, e questo rese tutto più semplice. Già in Katusha mi occupavo del treno, quindi portai lo stesso metodo nella nuova squadra. E la prima gara insieme fu… memorabile.

Demare, Guarnieri, treno
Demare diede carta bianca a Guarnieri circa l’organizzazione del treno. Dagli allenamenti alla gara
Demare, Guarnieri, treno
Demare diede carta bianca a Guarnieri circa l’organizzazione del treno. Dagli allenamenti alla gara
In che senso?

Prima tappa dell’Etoile de Bessèges 2017: primo Démare, secondo Kristoff. Avevo lasciato la Katusha perché c’erano dubbi sugli sponsor e mi avevano fatto un’offerta minima, quasi a dirmi “puoi andare”. Kristoff era un ragazzo semplice, anche troppo per certi aspetti, e non disse nulla. Io ero il suo ultimo uomo, quindi la situazione era un po’ assurda. Poteva metterci lui la differenza, come avviene in alcuni casi… Ma non andò così. Al tempo stesso l’idea di lavorare con Demare mi piaceva. Aveva già vinto la Sanremo, un titolo nazionale e corse importanti. Gli mancavano solo le tappe nei grandi Giri e un po’ di continuità.

Che è quella che fa davvero la differenza per uno sprinter…

E’ fondamentale. Anche vincere solo due o tre gare in più cambia la stagione. Nel 2017 il treno si mostrò subito competitivo e nel 2018, con Sinkeldam, facemmo un ulteriore salto di qualità. Poi arrivarono Konovalovas e Scottson, e diventammo praticamente perfetti. Ognuno compensava le caratteristiche dell’altro, e questo ci rendeva molto efficaci. Non vincevamo sempre, ma eravamo sempre lì. E quella consapevolezza ci dava una forza incredibile.

Demare, vince Sanremo 2016
Nel 2016 Demare vince la Sanremo tra le proteste. Dopo una caduta sui Capi, fu accusato da alcuni corridori di essere rientrato attaccato all’ammiraglia. Tuttavia non ci furono proteste ufficiali
Demare, vince Sanremo 2016
Nel 2016 Demare vince la Sanremo tra le proteste. Dopo una caduta sui Capi, fu accusato da alcuni corridori di essere rientrato attaccato all’ammiraglia. Tuttavia non ci furono proteste ufficiali
Qual è stata la vittoria più bella?

La tappa del Tour de France 2018. Arrivammo a quel Tour carichi e motivati. Avevamo vinto al Giro di Svizzera, stavamo bene… ma i primi giorni furono durissimi. Faticavamo più del previsto. Arnaud non riusciva d essere veloce. E la seconda settimana fu ancora peggio: un calvario. Molti sprinter andarono a casa: Greipel, Cavendish, Kittel, Groenewegen, Gaviria… Arnaud spesso arrivava appena dentro il tempo massimo, da solo, senza aiuti.

A dir poco insolito. Vai avanti…

Poi arrivò la tappa numero 18, l’ultima vera occasione prima di Parigi. Ci credemmo fino in fondo. Su un ultimo strappo attaccarono addirittura Simon Clarke e Daniel Martin, e chiudemmo il buco io e un giovanissimo Gaudu. Quel giorno avevo una condizione eccezionale. Konovalovas mi lasciò ai 3 chilometri e condussi lo sprint fino alla volata: lo portai in posizione perfetta. Poteva solo vincere. E vinse. Dopo tanta fatica, fu una liberazione. Quel giorno ero intoccabile, avevo una gamba e una fame…

Anche gli anni successivi furono importanti. Al Giro ha vinto molto, ben otto tappe. E anche due maglie ciclamino…

Il periodo migliore è stato il 2020, ma non solo per il Giro. Quell’anno vincevamo ovunque. Era l’anno del Covid, e noi italiani e francesi in particolare fummo tra i pochi costretti a fermarci davvero. Paradossalmente fu un vantaggio: quando la stagione riprese, eravamo più freschi e motivati rispetto a tanti altri che invece si erano “brasati” a forza di allenarsi a tutta. Avevamo più energie.

Demare, Tour 2018, Pau vittoria
La vittoria di Pau al Tour 2018 raccontata da Guarnieri (che già festeggiava). Demare precedette Laporte
E come persona? Che tipo di leader era Démare?

Quello che si percepiva da fuori corrispondeva alla realtà. Non era il classico leader rumoroso, ma un punto di riferimento silenzioso. Non aveva bisogno di alzare la voce per farsi rispettare. Anche se poi a volte si arrabbiava eccome. Quando serviva, sapeva farsi valere, ma la sua forza era l’esempio. Credeva nel lavoro e nella costanza. Era un professionista impeccabile, fino al midollo. Io scherzavo sempre con lui dicendogli: «Tu sei un atleta, io sono solo uno che va forte in bici». Perché lui lo era davvero, nel senso più completo del termine. Aveva talento, certo, ma anche una grande etica del lavoro. E questo gli ha dato tanto.

A livello tecnico invece? Oggi per i velocisti la ricerca del dettaglio conta sempre di più…

All’epoca eravamo direttamente coinvolti nello sviluppo con Lapierre, e Démare partecipava molto attivamente. La Groupama-FDJ però è sempre stata una squadra molto attenta agli sponsor: tutto doveva essere fatto con i materiali ufficiali, senza scorciatoie. Per esempio: un trattamento alla catena si poteva fare sì, ma solo con i prodotti ufficiali. Non si usciva mai dal seminato… ed era così per tutti. Erano molto rigidi su questo: tutti avevano lo stesso equipaggiamento. Al massimo c’era qualche colorazione speciale per Arnaud o Pinot.

Demare, Guarnieri
Demare lascia dopo 15 stagioni: 12 e mezzo nel gruppo di Madiot e due e mezzo all’Arkea
Demare, Guarnieri, treno
Demare lascia dopo 15 stagioni: 12 e mezzo nel gruppo di Madiot e due e mezzo all’Arkea
Sappiamo che Démare testava direttamente i nuovi telai, specie quelli aero. Confermi?

Esatto. Se usciva un nuovo telaio, Lapierre gli forniva tre versioni con differenti tipi di carbonio. Lui li provava e sceglieva quello che preferiva. Quella diventava poi la bici definitiva per il team. Era un approccio molto professionale e Arnaud lo prendeva davvero sul serio.

La prima volta che vi siete visti da nuovi compagni di squadra, in ritiro, come andò?

In realtà avvenne prima, ad agosto 2016. La prima volta l’ho incrociato all’Arctic Race, quando ero ancora in Katusha. Avevo appena iniziato a studiare francese, quindi non sapevo dire quasi nulla. E lui non parlava inglese. Si avvicinò ma fu molto imbarazzante. Eravamo entrambi a disagio. Quel giorno era anche il mio compleanno e la sera c’era una cena con tutta la corsa. Arriviamo per primi e vedo che i posti erano già assegnati, c’erano i nomi sui tavoli. Penso tra me e me: «Speriamo di non averlo vicino a tavola, non saprei cosa dirgli». Ci ritroviamo uno accanto all’altro! Per fortuna eravamo di spalle. All’inizio silenzio totale, poi grazie anche a un paio di brindisi la conversazione si è sciolta. Da lì è iniziata un’amicizia vera, oltre al rapporto professionale. Ho un bellissimo ricordo di quegli anni e l’onore di aver corso accanto a un campione come lui.

Gregoire: delusione, fame di risultati e Dna da campione

28.04.2025
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LIEGI (Belgio) – Romain Gregoire non è felice dopo la sua Liegi-Bastogne-Liegi. E’ un campione dentro e vorrebbe sempre vincere. La Doyenne è l’occasione per parlare di questo giovane francese che è stato autore di una buona prima parte di stagione e che ha un’ambizione grossa così.

Come per molti altri corridori, la Liegi ha segnato uno stop al calendario per l’atleta della Groupama-FDJ. Di fatto da ieri in tanti sono proiettati verso il capitolo grandi Giri, sia esso l’imminente Giro d’Italia o il Tour de France. Chi punta a questo può iniziare una fase di recupero.

Romain Gregoire dopo la sua seconda Liegi: al debutto, l’anno scorso, fu 24°, quest’anno 19°
Romain Gregoire dopo la sua seconda Liegi: al debutto, l’anno scorso, fu 24°, quest’anno 19°

Delusione da campione

Quello di Gregoire è uno dei musi più lunghi di tutto il post Liegi. Il francese ci teneva moltissimo a questa gara, probabilmente la più adatta alle sue caratteristiche. Dopo i due settimi posti della Freccia Vallone e dell’Amstel, ci era parso davvero motivato e in palla. Anche nel giorno della presentazione delle squadre era convinto. Si muoveva da leader anche nei confronti della stampa. E lo stesso durante la ricognizione. Due volte lo avevamo incrociato e per due volte era lui che conduceva la squadra.

«La condizione era anche buona, ma sono deluso – attacca senza mezzi termini Gregoire – perché la squadra ha lavorato duramente per metterci in posizione ai piedi di La Redoute. Eravamo in gioco sulle salite con Guillaume (Martin, ndr), ma credo che la corsa non sia stata abbastanza selettiva da darci un vantaggio. Non ho trovato l’apertura nello sprint, quindi sono molto frustrato. Ero in ballo per un buon piazzamento, ma… è un peccato non esserci riuscito».

Ieri, così come alla Freccia, ma anche all’Amstel Gold Race, Gregoire non si è mai tirato indietro. Nella mischia ci si butta senza problemi e raramente lo si vede pedalare oltre un certo numero di posizioni. E’ tra i campioni.

Primavera tra alti e bassi

Analizziamo un po’ la stagione di Romain Gregoire sin qui. Parte bene tanto da vincere persino una gara, la Faun-Ardèche Classic, corsa di ottimo livello. Alla Milano-Sanremo a tratti è superlativo. Ricordate l’affondo di Pogacar sulla Cipressa con Van der Poel e Ganna? Ebbene, lui era il quarto uomo. Per carità, poi si è staccato, ma parliamo di lotta fra titani assoluti, motori immensi. E lui ci ha provato senza paura. E poi piace molto questa sua ecletticità nell’affrontare le corse.

Certo, ancora manca di costanza, ma togliendo Pogacar quale giovane ne ha mostrata? Persino Remco aveva i suoi “buchi”. Alla Tirreno-Adriatico Gregoire voleva la classifica, ma nel giorno di Frontagnano si è perso nei tre chilometri finali. E’ chiaro che c’è da lavorare. Ma la strada è questa: insistere. Tanto più che questa è la sua squadra, la sua casa.

E Romain ogni volta che parla a fine corsa il team ce lo mette sempre di mezzo: per ringraziarlo, per “scusarsi” se vogliamo.
Nelle classiche ardennesi sognava un podio e più realisticamente voleva raccogliere una top ten in tutte e tre le prove. L’obiettivo è svanito ieri su Quai des Ardennes, ai 300 metri.

Il talento di Besançon ieri sulla Redoute (foto Getty)
Il talento di Besançon ieri sulla Redoute (foto Getty)

E ora il Tour

Gli facciamo notare che comunque è giovane e che sta continuando il suo processo di crescita. Anche fisicamente ci sembra più formato, decisamente più muscoloso di un tempo.

«Sì, sì… è vero del processo di crescita – riprende mentre traffica con le valigie sotto al bus – ma alla fine sono i risultati che contano. Bisogna concretizzare, soprattutto quando la squadra lavora per te. Se sento la pressione? No, anzi… mi piace, non mi crea problemi». Insomma, lui è pronto a prendersi le responsabilità.

Ora, come accennavamo, Romain si prenderà un piccolo riposo. «Poi – riprende il classe 2003 – farò uno stage in altura in vista del Tour de France. Non so ancora però se farò il Criterium del Delfinato o il Tour de Suisse come rifinitura».

«Quest’anno – aveva detto in tempi non sospetti – siamo più forti. E’ arrivato un corridore di talento come Martin e tra me, lui e Gaudu potremmo dividerci i tre grandi Giri. C’era un po’ di impazienza, a volte un po’ di mancanza di compostezza, mi impegnavo un po’ in ogni cosa quando mi sentivo bene e non canalizzavo davvero i miei sforzi. Questo è l’obiettivo per il 2025: ottenere risultati».

Miche è sponsor ufficiale di Groupama-FDJ Cycling Team

02.01.2025
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La stagione 2025 si preannuncia come un’annata davvero cruciale per Miche, l’azienda veneta con sede a San Vendemiano operativa nel settore delle due ruote e più in generale in quello dei componenti per il ciclismo. Con la sua nuova partnership tecnica con il team WorldTour francese Groupama-FDJ, Miche sarà protagonista in alcune delle competizioni ciclistiche più iconiche: dal Rosa, Giallo e Rosso dei Grandi Giri, alla polvere delle Strade Bianche, fino ai muri del Fiandre e al pavé della Parigi-Roubaix. Questa collaborazione segna un nuovo capitolo per Miche, spinta dalla passione condivisa per la performance e l’innovazione.

L’azienda, nota per il suo approccio verticale alla produzione, sviluppa i suoi prodotti interamente in Italia, garantendo di conseguenza il controllo totale di ogni fase del processo produttivo. Questa caratteristica è stata determinante per il successo della collaborazione con Groupama-FDJ, permettendo a Miche di offrire soluzioni su misura per le esigenze dei corridori professionisti.

Prima volta nel WorldTour

«Siamo orgogliosi di annunciare la nostra nuova partnership in qualità di sponsor tecnico del team WorldTour Groupama-FDJ – ha dichiarato Gregory Girard, General Manager di Miche – e le nostre ruote, già tra i prodotti di punta dell’azienda, saranno per la prima volta utilizzate da un team WorldTour. Questo traguardo è stato raggiunto grazie a un impegno costante nel miglioramento dei prodotti, con numerose sessioni in galleria del vento e test su strada condotti a fianco dei corridori professionisti. Il nostro obiettivo è non solo innalzare il prestigio del marchio, ma anche elevare ulteriormente la qualità delle nostre produzioni. Stiamo già lavorando a nuovi sviluppi per migliorare ulteriormente le soluzioni attuali e progettare prodotti innovativi da portare sul mercato. Siamo fiduciosi che questa partnership ci permetterà di consolidare la nostra presenza nei mercati esistenti e di espanderci in nuovi».

Dal canto suo, Thierry Cornec, Direttore Generale di Groupama-FDJ Cycling Team, ha sottolineato il valore della partnership. «Siamo onorati di collaborare con Miche – a ha ribadito Cornec – un brand iconico nel settore. Fin dal primo giorno, il nostro obiettivo è stato quello di lavorare fianco a fianco per perfezionare ulteriormente la linea di prodotti di alta gamma. Miche è un partner determinato e orientato all’innovazione, pronto ad affrontare con noi le sfide del ciclismo internazionale».

La collaborazione con la Groupama-FDJ sancisce, per Miche, l’ingresso nel WorldTour (foto Sonam.cc)
La collaborazione con la Groupama-FDJ sancisce, per Miche, l’ingresso nel WorldTour (foto Sonam.cc)

I prodotti per la squadra

La gamma “Race Division” di Miche sarà letteralmente al centro della partnership. Tra i prodotti principali spiccano le ruote della famiglia Kleos, ideate per soddisfare le diverse esigenze delle competizioni: la RD 36, leggera e progettata per scalatori, il modello RD 50, versatile per corse “all-round”, e le RD 62 ad alto profilo per alte, altissime velocità…

Per le prove a cronometro, il team avrà a disposizione le ruote lenticolari Crono RD e la ruota anteriore a razze SPX3. Altri componenti includono l’ingranaggio X1 RD, i perni passanti RD e il supporto per computer da bici, tutti progettati per garantire massime prestazioni.

Un’altra firma italiana per il team francese, che oltre alle bici Wilier conterà anche sulle ruote Miche (foto Sonam.cc)
Un’altra firma italiana per il team francese, che oltre alle bici Wilier conterà anche sulle ruote Miche (foto Sonam.cc)

Il prossimo Santos Tour Down Under segnerà il debutto ufficiale della collaborazione tra Miche e Groupama-FDJ Cycling Team. Questa competizione inaugurerà una stagione ricca di sfide, in cui i prodotti Miche saranno messi alla prova sui più prestigiosi percorsi del calendario UCI. Con questa collaborazione, Miche e Groupama-FDJ Cycling Team si preparano a scrivere un nuovo capitolo nella storia del ciclismo mondiale, spinti dalla passione e dalla determinazione a raggiungere i massimi livelli.

Miche

Gregoire ora vince anche fra i pro’. Dove può arrivare?

01.06.2023
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Ormai non è più una novità. Sono almeno due anni che Romain Gregoire fa parlare di sé, ma quel che colpisce è come stia bruciando le tappe. Junior di primissimo piano nel 2021, capace di vincere il titolo europeo e l’argento mondiale. Una pioggia di successi fra gli under 23 nel 2022 fra cui tappe al Giro e al Tour de l’Avenir, sembrava che passando subito fra i pro’ potesse quantomeno rallentare. Per tutta risposta, il ventenne di Besançon ha portato a casa la vittoria alla 4 Giorni di Dunkerque, non proprio una corsetta…

E’ chiaro che le sue vittorie acquistano risalto in un ciclismo, quello transalpino, che gode sì di buona salute, ma che è ancora alla ricerca del campione assoluto: un ruolo che neanche il grande Alaphilippe è riuscito a interpretare appieno, perlomeno nel colpire la fantasia dei tifosi più maturi, quelli rimasti all’epoca delle conquiste di Hinault e Fignon.

Già alla Strade Bianche Gregoire si era messo in luce, finendo ottavo
Già alla Strade Bianche Gregoire si era messo in luce, finendo ottavo

Un talento da tenere stretto

Molti guardano a Gregoire come al loro erede e per questo alla Groupama FDJ cercano di proteggerlo il più possibile. A Dunkerque, a guidarlo c’era Frederic Guesdon, una lunga carriera come corridore e dal 2015 direttore sportivo del team.

«Non lo conosco da molto tempo – spiega – e uniche occasioni in cui l’ho avuto in gara è stato a Morbihan e Dunkerque, ma resto davvero sorpreso nel vedere con quanta autorità corre fra i pro’. Nel team se ne parla molto bene, è un talento che ci teniamo stretto e che va fatto crescere piano piano».

Gregoire in trionfo agli europei di Trento 2021. Era junior, ora già vince fra i pro’
Gregoire in trionfo agli europei di Trento 2021. Era junior, ora già vince fra i pro’
Quali sono i suoi punti di forza?

Da quel che ho visto è un corridore abbastanza completo, che può emergere tanto nelle corse di un giorno quanto in quelle a tappe come a Dunkerque, quindi contenute nei giorni di gara. Io penso anzi che siano proprio queste gare che possano farlo crescere e maturare, noi intendiamo lavorare così con lui. Serve tempo, vogliamo vedere come reagisce nelle gare di alta montagna, poi potremo farci un’idea su quale sarà il suo futuro.

La vittoria di Dunkerque significa che è già adatto al ciclismo professionistico?

Penso di sì, ma questa non è una sorpresa. Come molti altri giovani che appena arrivati nel ciclismo professionistico sono già in grado di emergere e vincere. E’ il ciclismo di oggi, che già al primo anno ti permette di farti vedere. Se hai qualità emergi subito, questo è chiaro.

Gregoire sta attirando su di sé l’attenzione dei media transalpini che sognano un nuovo Hinault
Gregoire sta attirando su di sé l’attenzione dei media transalpini che sognano un nuovo Hinault
Come persona che impressione ti ha fatto?

E’ un tipo semplice, gentile, anche riservato, nel senso che non è uno di quelli che si pone al centro del gruppo. Si è ben adattato al nuovo nucleo di corridori. Sa bene quello che vuole e magari non va a sbandierarlo ai quattro venti, ma lavora in funzione dei suoi sogni con determinazione.

In Francia un corridore capace di lottare per la vittoria al Tour con concrete possibilità è atteso da molti anni. Potrebbe essere Romain quel qualcuno?

Appena salta fuori un nome, subito si pensa al Tour: è un po’ il destino del nostro ciclismo. Io dico che Romain potrebbe anche farlo, ma per saperlo bisogna aspettare. Noi non lo conosciamo ancora su percorsi davvero duri, in alta montagna, con fatiche ripetute. Penso che presto lo sapremo e potremo capire dove potrà arrivare. Io sono ottimista, ma non saprei proprio dire quanto ci vorrà perché arrivi a quei livelli, non dimentichiamo che di Pogacar ce n’è uno…

La più grande vittoria di Guesdon: la Parigi-Roubaix del ’97, su Planckaert e Museeuw
La più grande vittoria di Guesdon: la Parigi-Roubaix del ’97, su Planckaert e Museeuw
Tu sei stato esponente di un ciclismo dove si poteva restare negli anni, hai avuto una lunga carriera. Quando vedi un giovane come Gregoire temi che la loro carriera possa essere più breve?

E’ difficile da dire perché oggi la carriera di un corridore inizia molto prima. Già nelle categorie giovanili hai tanta pressione e impegni importanti, arrivi fra i pro’ giovane ma già rodato. La logica dice che i corridori di oggi non potrebbero avere una carriera così lunga sempre ad alti livelli proprio perché si passa prima e si arriva che si è già al top. Ma solo il tempo potrà dare le risposte.

C’è un corridore del passato o del presente a cui lo paragoneresti?

Per me ha un modo di correre e di porsi che mi ricorda molto Philippe Gilbert. Potrebbe anche essere quella la sua strada, di grande specialista per un certo tipo di classiche e di corse.

Abbiamo visto che nel programma di Romain c’è la Vuelta. Che cosa vi aspettate da lui al suo esordio in un grande Giro?

Deve andare con la mente sgombra, vivendo alla giornata. Non gli poniamo limiti, dovrà capire lui che cosa potrà fare. E’ inutile parlare di classifica o di questa o quella tappa: scoprirà strada facendo che cosa potrà fare e potrà ottenere. Magari qualche frazione che più gli si addice potrebbe davvero metterlo in luce. Diciamo che non passerà inosservato.

Germani a Carnago: rabbia, grinta e un capolavoro tricolore

25.06.2022
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Dopo l’arrivo scoppia in lacrime Lorenzo Germani ed è comprensibile. Ha vinto il campionato italiano under 23 con un’azione che ha dell’incredibile, con metà gara in fuga. Lorenzo è uscito dal gruppo alla fine del quinto dei dieci giri previsti, a più o meno 90 chilometri dall’arrivo. 

Un’azione calcolata, meditata con una precisione scientifica. «Dietro, il gruppo andava abbastanza piano – racconta con i suoi occhi azzurri che ancora brillano dall’emozione – ed avevo paura che non saremmo riusciti a rientrare sui fuggitivi, così ho fatto da solo».

Una lettura perfetta della corsa, Germani ha fatto selezione in maniera lenta ma perentoria. Prima erano in sette e ad ogni passaggio sotto la linea dell’arrivo i compagni di avventura pian piano diminuivano. 

Dopo l’arrivo mani sul casco e commozione a non finire per Germani, il tricolore è suo (foto Benati)
Dopo l’arrivo mani sul casco e commozione a non finire per Germani, il tricolore è suo (foto Benati)

Un percorso tecnico 

Marino Amadori, cittì della nazionale under 23, ce lo aveva detto questa mattina: «E’ un percorso molto tecnico, nervoso, imprevedibile. Difficile pronosticare un vincitore, è una corsa che si presta a tante letture: può arrivare un piccolo gruppo in volata, oppure se qualcuno ha gamba può andare via da solo».

E’ stato proprio così, il corridore della Groupama FDJ Continental ha tagliato il traguardo in solitaria. Solo un corridore ha resistito più a lungo degli altri: Walter Calzoni della Gallina Ecotek.

«Sono uscito al terzo giro perché in gruppo si andava davvero piano. Allora ho pensato che sarebbe stato meglio andare piano in fuga che dietro. Così, se mi avessero ripreso sarei stato già davanti. Il secondo posto brucia – ammette con un lieve rammarico Calzoni – la bella azione rimane e oggi ha vinto un signor corridore».

Wlater Calzoni della Gallina Ecotek, per lui un secondo posto a due facce: dolce-amaro
Wlater Calzoni della Gallina Ecotek, per lui un secondo posto a due facce: dolce-amaro

Gruppo sornione

Non c’era un metro di pianura nei 17 chilometri del circuito di Carnago, provincia di Varese, dove si è corso questo campionato italiano under 23. Continui sali e scendi, strappi che mordono i polpacci, tornata dopo tornata. Mentre i professionisti, domani ad Alberobello saranno sotto la morsa di Caligola, il meteo è stato clemente con i giovani.

La corsa è partita alle 13, sotto un sole luminoso come solo d’estate. Il caldo viene alleviato da un leggero venticello fresco e dai tanti tratti boschivi del percorso. I partenti erano 175: tanti, verrebbe da pensare. Che il ritmo in gruppo non sia mai stato alto lo denota la poca selezione. Solo negli ultimi 30 chilometri si è tentato di alzare l’andatura, ma ormai era troppo tardi. Così Germani festeggia e più di qualcuno si mangia le mani.

Il gruppo ha tenuto un’andatura non elevata e questo ha favorito l’attacco da lontano di Germani e Calzoni
Il gruppo ha tenuto un’andatura non elevata e questo ha favorito l’attacco da lontano di Germani e Calzoni

L’abbraccio degli amici

Lorenzo taglia il traguardo e si perde nell’abbraccio degli amici Cristian e Gioele, coloro che lo hanno accompagnato in questa trasferta solitaria. Questa mattina avevamo visto il laziale parlare con l’ammiraglia neutra per capire in quale auto lasciare le ruote. Questo a sottolineare quanto sia stato difficile organizzarsi.

«Sono venuto qui per divertirmi – aveva detto prima del via il corridore di Roccasecca – i miei genitori non potevano venire con me e mi sono portato i miei due migliori amici. Siamo partiti ieri mattina ed abbiamo dormito a Gallarate, partivo senza pretese e torno a casa con la maglia tricolore».

Le parole faticano ad uscirgli dalla bocca, come fermate da un groppo in gola che fatica a sciogliersi.

«Non so quando realizzerà che cosa ha fatto – dice commosso il suo amico Gioele – è stato davvero incredibile, è forte e oggi lo ha dimostrato».

Lorenzo Germani con Gioele e Cristian, una trasferta tra amici che è valsa un tricolore
Lorenzo Germani con Gioele e Cristian, una trasferta tra amici che è valsa un tricolore

Via qualche sassolino dalla scarpa

Sul palco stringe i denti, quasi a ricacciare in gola le lacrime, ma la commozione è d’obbligo in questi casi. Diventa quasi contagiosa, anche chi gli sta intorno viene travolto dai sentimenti di un giovane che corre in terra francese e che ha fatto tanti sacrifici per arrivare fino a qui.

Dal Giro d’Italia under 23 era uscito con tanta rabbia nei confronti di chi aveva criticato il modo di correre della sua squadra. Questa rabbia l’ha scaricata pedalata dopo pedalata. Prima del via aveva detto: «Noi corriamo a modo nostro ed è giusto così, abbiamo trovato un ragazzo più forte ed ha vinto».