Giovani corridori e aspettative: come si lavora?

24.01.2023
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Nel guardare le varie statistiche sui siti di riferimento ci ha colpito la grande differenza che si trova nei giorni di corsa tra i neoprofessionisti: ragazzi giovani che si affacciano al mondo dei grandi. Così abbiamo voluto indagare tra le varie squadre per capire come gestiscono i loro ragazzi. Tra i team selezionati sono rientrati due professional e due WorldTour. 

Felix Gross è uno dei giovani della UAE che sta facendo un percorso graduale di crescita
Felix Gross è uno dei giovani della UAE che sta facendo un percorso graduale di crescita

Per la UAE parla Baldato

La prima persona interrogata su questo delicato tema è Fabio Baldato, diesse della squadra degli Emirati. Tra i ragazzi visti dal veneto spicca il nome di Ayuso, spagnolo classe 2002 che alla prima partecipazione alla Vuelta ha chiuso al terzo posto nella classifica generale. 

«Prima di tutto – inizia Baldato – è tutto molto soggettivo, ci sono giovani che hanno bisogno di un ambientamento più lungo. Altri, invece, vedi che sono già pronti, ma anche in questi casi il lavoro da fare è delicato. Ayuso lo abbiamo “rallentato” cercando di tenere la sua esuberanza a bada. Non è il primo corridore già maturo che mi capita tra le mani, in BMC ho avuto Kung e Dillier che erano già pronti. In questi caso noi diesse dobbiamo essere bravi a valutare, non bisogna mai esagerare, spesso i ragazzi giovani non si pongono limiti. Sono più spavaldi, si vede dall’atteggiamento in corsa. Ti ascoltano fino ad un certo punto, predicare va bene ma poi bisogna mettersi nei loro panni. Sono consapevole del fatto che noi diesse possiamo insegnare qualcosa ma quello che rimane è la “batosta”. Ayuso stesso ad inizio 2022 ne ha prese alcune ed è cresciuto».

«Poi ci sono i corridori normali, uno che abbiamo in UAE è Felix Gross. Lui ha fatto lo stagista nel 2021 con dei buoni dati ma senza cogliere risultati. La scorsa stagione ha avuto più continuità ed ha ottenuto un bel quarto posto in una tappa al Giro di Germania. I corridori così vanno sostenuti, anche mentalmente perché devono capire che la loro crescita deve essere graduale e passa prima da corse minori dove imparano ad essere competitivi».

Lato Intermarché

L’Intermarché Circus Wanty ha un progetto di crescita solido da molti anni, al quale ha affiancato anche la nascita del Development team. Valerio Piva, diesse della squadra belga ci racconta anche che relazione hanno tra di loro le due squadre

«La squadra development ha una struttura a parte – spiega – l’obiettivo è prendere ragazzi giovani e far nascere dei corridori. Lo scambio tra una squadra e l’altra ci sarà, lo stesso Busatto farà qualche gara con noi. Per quanto riguarda il team WorldTour l’obiettivo è diverso, i ragazzi giovani che prendiamo arrivano da team professional o continental. Non crediamo nel “salto di categoria” da junior a professionisti, i ragazzi devono fare uno step intermedio: gli under 23. I ragazzi devono imparare a gestire l’impatto della corsa e le diverse tipologie di allenamento. In un ciclismo che viaggia sempre più rapido è bene ricordare che i margini di errore sono al minimo e si rischia di bruciare l’atleta pretendendo qualcosa che non può fare. I giovani che abbiamo nella squadra WorldTour li inseriamo gradualmente, non li vedrete mai partecipare a corse di primo livello». 

«In questa stagione la squadra ha fatto una rivoluzione – continua Piva – prendendo tanti giovani e perdendo corridori di esperienza come Kristoff. Non è che non credessimo in lui, ma abbiamo preferito un progetto più a lungo termine. Non vinceremo tante corse come lo scorso anno ma è una cosa che abbiamo preventivato, fa parte di quello che è il ricambio generazionale. Gerben Thijssen, è un corridore sul quale nel 2022 abbiamo speso molto in termini di uomini e di occasioni. Ha dimostrato qualcosa di buono e quest’anno è chiamato al salto di qualità, ma è stato tutto graduale. Per il suo bene e quello del team».

La visione delle professional

La Green Project Bardiani è la squadra professional che ha un progetto diverso dalle altre, i giovani vengono presi e diventano subito professionisti. Almeno a livello di contratto, poi però all’interno del team si opera una distinzione, creando praticamente due squadre distinte. Rossato diesse di riferimento per questi ragazzi ci spiega il metodo di lavoro e le sue “criticità”. 

«La prima cosa – racconta dalla Vuelta a San Juan – è cercare di non stressare troppo i ragazzi. Quelli che arrivano dall’ultimo anno di juniores hanno la scuola e per loro deve essere una priorità. L’anno scorso a Pinarello e Pellizzari abbiamo costruito un programma idoneo. A livello di ambientamento per loro è un sogno: avere uno staff dedicato ed essere seguiti in questo modo è una bella cosa. Non dimentichiamo che gli juniores l’anno scorso avevano ancora i rapporti bloccati, una volta con noi abbiamo dovuto insegnargli anche a gestire questa cosa. Si è lavorato anche tanto sull’alimentazione, sul peso e l’allenamento. Dettagli che quando sei professionista fanno la differenza. Dai giovani dell’anno scorso abbiamo ottenuto dei bei risultati. Pellizzari e Pinarello, a fine stagione, hanno corso con i professionisti il Giro di Slovacchia e la Tre Valli. Siamo stati molto contenti della loro risposta».

«Chi arriva da noi che ha già fatto qualche stagione da under 23 fa un programma più intenso. Sempre ponderato alle qualità ed al fatto che sono alla prima esperienza con i professionisti. I corridori che possono correre anche da under fanno calendari misti con diverse esperienze. Marcellusi prima di vincere il Piva ha corso in Turchia e la Milano-Torino, due belle palestre per crescere. Tolio è un altro che ha corso molto tra gli under 23 ed i professionisti, aggiungendo al suo calendario corse importanti come Strade Bianche e Lombardia. Sono corse che un ragazzo giovane può guadagnarsi, sono come un premio che arriva alla fine di un bel percorso di crescita».

Ultima parola alla Eolo

La Eolo Kometa ha nella sua idea di team una visione diversa, con due squadre divise: la professional e la under 23. Stefano Zanatta ha lavorato per tanti anni con i giovani e di cose ne ha viste.

«Le nostre due squadre sono direttamente collegate – apre il discorso Zanatta – vedi da subito i ragazzi giovani e ne segui la crescita. Questo perché una volta che passano in prima squadra hai già un’idea di che corridore ti trovi davanti. Io credo che anche i grandi campioni abbiano bisogno di un anno tra gli under 23. Anche in Liquigas, dove avevamo corridori come Kreuziger e Sagan, abbiamo tenuto la stessa ideologia. Prima almeno un anno di esperienza nella categoria giovanile. I corridori possono anche aver talento ma hanno bisogno di una crescita umana e fisica. Anche i nostri giovani che arrivano dalla squadra under 23 avranno bisogno di adattarsi alle corse. Non vogliamo caricarli di pressioni o aspettative troppo alte».

«Il percorso per i ragazzi che arrivano da noi – continua il diesse della Eolo – è di partire da corse più semplici. Poi si passa a quelle di qualità superiore e si prova a vedere come reagisce un ragazzo nel correre da protagonista. Dalla mia esperienza posso dire che un ragazzo arriva ad avere risultati tra i 24 e i 25 anni. Nibali stesso ha fatto tanta esperienza maturando, successivamente ha ottenuto i risultati che tutti conosciamo. Serve un’attività continua ma equilibrata: una cinquantina di giorni di corsa sono giusti. La cosa migliore è dare ai ragazzi delle pause e farli recuperare, senza creare buchi troppo grandi nel calendario, altrimenti si perde il lavoro fatto. Ora ai giovani è concesso meno sbagliare, non è corretto nei loro confronti perché li si sottopone a pressioni maggiori. Forse devi essere più forte mentalmente per fare il corridore ora».

Green Project Bardiani-CSF Faizanè: arriva Wepere

20.01.2023
3 min
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La stagione è agli inizi e il team Green Project Bardiani-CSF Faizanè ha ufficializzato appena qualche giorno fa una nuova e rilevante collaborazione e partnership tecnica con il brand Wepere che fornirà supporto al team con diversi dispositivi elettromedicali, ciascuno caratterizzato da funzionalità molto precise. Una collaborazione, quella definita tra la Green Project Bardiani-CSF Faizanè e Wepere, che ha l’obiettivo di ottimizzare il recupero e di conseguenza le prestazioni dei corridori, ma non solo. Lo staff medico del team italiano, composto da Maurizio Vicini, Andrea Giorgi e dal preparatore atletico Borja Martìnez, condurrà nel corso dell’anno alcuni studi sui singoli corridori per testare l’efficacia dei dispositivi Wepere, misurando il recupero in modo statistico ed oggettivo.

Wepere ha messo a disposizione della Green Project Bardiani-CSF Faizanè i dispositivi Restart (ideale per rilassare i muscoli contratti, aiutare l’assorbimento dei liquidi sottocutanei e, favorendo la microcircolazione, alleviare il dolore ed accelerare la risoluzione dei processi infiammatori), quello per la pressoterapia Arya (che agisce come un massaggio linfodrenante per favorire la corretta circolazione sanguigna e linfatica ed il drenaggio di liquidi e tossine, riducendo i tempi di recupero dopo l’attività fisica). Inoltre sono disponibili anche altri prodotti: come il LOB per la magnetoterapia e Novaspin, la cui principale caratteristica è quella di concentrarsi a ridurre le sintomatologie dolorose nelle patologie muscolo-scheletriche croniche accelerando il recupero degli infortuni post-traumatici anche in fase acuta. 

Wepere offre un’ampia gamma di prodotti per il recupero: questo è il Novaspin
Wepere offre un’ampia gamma di prodotti per il recupero: questo è il Novaspin

Un progetto per lo sport

«E’ un onore per noi collaborare con un team ciclistico italiano storico come appunto la Green Project Bardiani-CSF Faizanè – ha dichiarato Massimo Marcon, presidente I.A.C.E.R. la società proprietaria del brand Wepere – un sodalizio che dà valore allo sport e investe, come noi, nei giovani, nella formazione e nell’innovazione. Fare ricerca e attività clinica rientra nel nostro DNA e per noi è molto importante poter condividere con il team e con tutti i suoi professionisti un progetto 100% dedicato allo sport».

I ragazzi di Reverberi potranno utilizzare tutti i prodotti di Wepere, come il Restart, ideale per rilassare i muscoli contratti
I ragazzi di Reverberi potranno utilizzare tutti i prodotti di Wepere, come il Restart, ideale per rilassare i muscoli contratti

«L’utilizzo di queste apparecchiature elettromedicali, riconosciute di altissima qualità ed efficacia – ha aggiunto Maurizio Vicini, medico specialista della Green Project Bardiani-CSF Faizanèci permetterà di intervenire prontamente su eventuali patologie post traumatiche osteo-muscolo-tendinee, favorendo il recupero funzionale degli atleti. Siamo davvero entusiasti di questa collaborazione che ci mette a disposizione diversi strumenti in grado di salvaguardare e proteggere la condizione fisica dei nostri atleti».

Wepere

Paletti a 18 anni ha le idee chiare anche tra i pro’

19.01.2023
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Luca Paletti ci aveva avvisato: «Farò la scelta migliore per il passaggio di categoria, ma non voglio ostacoli nel mio orientamento su come continuare la doppia attività». Così il figlio d’arte classe 2004, aveva chiuso la nostra intervista. A distanza di sei mesi Luca si è messo in tasca un quadriennale con la Green Project Bardiani Csf Faizanè. Ha fatto il grande salto nei pro’ e ha aggiunto una postilla al suo contratto che gli darà la possibilità di portare avanti la sua passione per il cross

Proviamo a chiamarlo, ma non ci risponde. Luca è a scuola, giustamente il diciottenne è all’ultimo anno di superiori. Per lui infatti il passaggio di categoria sarà graduale e dalle sue parole si percepisce che i piedi sono ben saldi a terra e che i passi che farà saranno attenti e misurati. Complice una famiglia che respira ciclismo da tre generazioni.

Per Paletti il contratto firmato prevede quattro anni
Per Paletti il contratto firmato prevede quattro anni
Come sta andando il tuo inserimento in squadra?

Abbiamo fatto un ritiro a dicembre di quindici giorni e poi ne abbiamo fatto uno a ottobre dove ci siamo conosciuti tutti. Sto facendo una settimana tranquilla dopo l’italiano, per poi iniziare la preparazione e iniziare esclusivamente su strada. 

Cosa vuol dire andare a scuola la mattina e indossare la maglia Bardiani al pomeriggio?

É un po’ difficile perchè tra impegni legati allo studio e quelli sportivi, trovare una quadra non è semplice.  Ma è un orgoglio. Per esempio oggi tra compito e studio non sono riuscito ad uscire in bici perchè si è fatto buio. Ma con la squadra ne abbiamo parlato e mi vengono molto incontro. 

Senti pressioni per questo salto di categoria?

Sia la scuola che mi da una mano, sia il team che non mi mette pressione, tutti capiscono l’impegno. Quindi per la prima parte della stagione sarà strutturata in questo modo senza riempirla di impegni per riuscire bene in tutto. 

Che anno ti aspetti?

Sarà un anno dove soffrirò un po’ ma come percorso so che avrò dei guadagni in futuro. So che non sarà facile e soffrirò con la testa, dovrò tenere duro. 

Qui la prima vittoria in maglia Bardiani al 4° Trofeo Città di Flero
Qui la prima vittoria in maglia Bardiani al 4° Trofeo Città di Flero
Con la preparazione stai aumentando i chilometraggi?

Diciamo che nel ritiro che abbiamo fatto a dicembre mi avevano avvisato che avrebbero fatto le ore da professionisti e mi sono preparato per arrivare la con qualche chilometro in più nelle gambe

Domenica hai fatto nono al campionato italiano di ciclocross. Che gara è stata?

Purtroppo abbiamo avuto un problema con la squadra, nella comunicazione della partenza. Sono arrivato tardi fisicamente alla partenza. L’orario ufficiale era 11:30 e io sono arrivato esattamente a quell’ora. Le griglie erano già schierate. Sarei dovuto partire in prima fila ma alla fine sono partito nell’ultima. E’ stata tutta una gara in rimonta. Ho chiuso nono ma si poteva fare molto meglio.

Un banale errore di comunicazione…

Purtroppo è stata proprio una svista da parte nostra e di tutto lo staff. C’era la convinzione che si dovesse partire alle 11:45. Era tutto nuovo anche per loro

Il podio di Paletti davanti al duo della Selle Italia Guerciotti Elite formato da Ettore Loconsolo e Samuele Leone
Il podio di Paletti davanti al duo della Selle Italia Guerciotti Elite formato da Ettore Loconsolo e Samuele Leone
Avevi buone sensazioni?

Stavo bene, partivo dalla prima fila il percorso era adatto alle mie caratteristiche, c’è molto rammarico. Un po’ di rabbia anche ma fa bene provarla, sarò più carico al prossimo anno. 

Hai sempre rimarcato la voglia di praticare la multidisciplina. Lo avete scritto nero su bianco?

Sì è stata una cosa che abbiamo inserito nel contratto per avere questa possibilità. Farò la mia stagione su strada poi mi confronterò con il mio preparatore per organizzare quella del ciclocross. 

Come mai questa volontà?

E’ una disciplina che mi piace molto, i primi anni sarò un po’ indietro su strada, quindi è una cosa che mi farà crescere se continuo a praticarla. Per i primi due anni ci tengo, perchè già è un passaggio grosso da compiere, facendo un po’ di cross mi darà una mano

Quindi non pensi che possa appesantire la stagione?

Io lo vedo come un aiuto per la strada. Poi dipende da come lo fai. Ci sono atleti come Iserbyt che fanno ciclocross da inizio settembre fino a febbraio. Invece Van Aert lo fa per tre mesi e ne ricava una preparazione ottima. 

Qui, Paletti nelle ripetute al ritiro con la squadra a dicembre
Qui, Paletti nelle ripetute al ritiro con la squadra a dicembre
Che intenzioni hai rispetto a questa disciplina per l’anno prossimo?

Se viene un risultato non lo butto di certo via. Quest’anno ci ho puntato, dai prossimi anni sarà più inteso come un allenamento

Correrai solo in Italia o anche all’estero?

Vedremo, ne ho parlato un po’ con i miei direttori e loro mi hanno detto che se voglio fare qualche esperienza all’estero mi daranno la possibilità e mi accompagneranno. 

Gareggerai con gli under o con i pro’?

Questo sinceramente non lo abbiamo definito. Teoricamente nel cross posso correre negli U23 nelle gare internazionali. Così come su strada, essendo una squadra professional posso partecipare solo alle corse internazionali. Per questo il calendario classico under inizia con la Coppa San Geo, ma non essendo internazionale sarò costretto a partire dalla Croazia a inizio marzo. 

Il test su strada. Dati più reali, ma più complesso da eseguire

25.12.2022
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Il test del lattato su strada. Il ritiro in Toscana della Green Project Bardiani Csf Faizanè ci ha concesso l’occasione per assistervi dal vivo. Ed è stata un’esperienza interessante. Un lavoro sul campo che ci ha portato nei fatti. Nel concreto.

L’ormai nota triade dello staff medico appena arrivata in Bardiani, Maurizio Vicini, Borja Martinez Gonzalez e Andrea Giorgi, ci ha mostrato come si effettua questo test.

Tra l’altro è stata un’occasione interessante quella di questo test sul campo, che viene dopo aver assistito ad un test in laboratorio 

La salita ideale

«Il test – spiega il dottor Vicini – si svolge su una salita, la cui lunghezza è di 1.930 metri. Deve essere una salita abbastanza costante e senza curve troppo strette che interrompano la pedalata. Una volta arrivati in cima preleviamo dall’orecchio dei ragazzi una quantità minima di sangue, una goccia. Si prendono i dati sia del lattato che dei suoi watt».

«A quel punto l’atleta torna giù e ripete la salita con uno sforzo maggiore. Qui partiamo da un impegno medio (2 millimoli di lattato, ndr), per fare poi degli step crescenti di 20-30 watt per salita fino a che arriva alla soglia. Soglia che individuiamo nei canonici 4 millimoli di lattato nel sangue.

«Una volta raggiunta questa soglia, gli facciamo fare un ulteriore test, un’altra salita, questa volta a tutta. In questo modo vediamo la quantità massima di acido lattico che l’atleta riesce a produrre».

Sul campo

Nel giorno in cui abbiamo assistito al test, i ragazzi erano quattro: l’americano Jared Scott, l’eritreo Henok Mulubrhan, Luca Paletti che veniva dal ritiro in azzurro con la nazionale di ciclocross, e Matteo Scalco.

Apparentemente il test è molto semplice, è un classico test incrementale, ma poi ci sono tante sfaccettare che stando sul campo possono inficiare sullo svolgimento e quindi sull’esito dello stesso test.

Due esempi molto pratici. Il ragazzo eritreo era la seconda volta che lo faceva in quanto nella precedente non aveva capito che doveva incrementare il wattaggio già alla seconda salita (problema di lingua). Il giorno del test a cui abbiamo assistito, ad un certo punto si alzato il vento e questo è stato annotato dai medici. Hanno chiesto ai ragazzi se si sentiva effettivamente (problema ambientale). Ma tutto questo fa parte della realtà.

Come per esempio è stato curioso vedere come alla seconda salita a fronte di frequenze cardiache più elevate, il lattato registrato è stato inferiore. 

«E’ un adattamento fisiologico – ci dice il dottor Giorgi – nonostante per venire qui abbiano fatto 40′ e passa minuti di riscaldamento con due piccole “puntate” al medio, succede che pedalando in salita trovino un adattamento muscolare. Ma dalla terza salita tutto si ristabilirà. Vedrete…».

Tutti e quattro sono partiti da 240 watt, per poi proseguire, come accennato, con incrementi di 20 o 30 watt nella scalata successiva. Venti o trenta a seconda dei dati raccolti dai dottori. Infatti se l’incremento di acido era molto basso la forbice passava da 20 a 30 watt. E al contrario veniva abbassata nelle ripetute finali.

Da questo test poi si estrapolano le intensità, con le quali l’atleta poi si allena ed esegue le sue tabelle. Una volta erano chiamate fondo lungo, medio, soglia, fuori soglia… Oggi Z1, Z2, Z3…

Laboratorio o strada

Ma se il vento, o come è successo un cinghiale che si è affacciato dalla strada, possono influire sull’andamento dell’atleta durante la salita e quindi sulla prestazione, perché si dovrebbe fare un test su strada? Perché non si fa in laboratorio?

«Il test in laboratorio – prosegue Vicini – è un test di partenza che serve per valutare i ragazzi e per prendere i primi dati, comunque molto importanti, per farli lavorare e anche per questo test. Ma lì si pedala su cicloergometro, da fermi. Non c’è da affrontare la componente dell’equilibrio, dell’attrito con l’asfalto e con l’aria soprattutto, manca dunque tutta quella parte di lavoro lavoro meccanico-muscolare che si ha su strada. Il test in laboratorio ci dà le condizioni fisiologiche, di potenza dell’atleta, diciamo così, il test più corretto è quello su strada.

«In laboratorio di solito si ha un vantaggio. Con variazioni che oscillano dal 5% al 20% di watt in più». 

Una differenza pero, ci ha detto il dottor Giorgi che varia anche in base alla tipologia di test che si fa e di cicloergometro che si usa in laboratorio.

Da segnalare che una volta raccolti i dati, prima di darli agli atleti e renderli definitivi, questi vengono rivisti, “aggiustati”. Il vento, gli incrementi troppo rapidi o troppo bassi… I medici rendono precisi i dati finali. Ma si tratta davvero di aggiustamenti minimi, magari di un battito o due alla soglia o di poche unità di watt.