La repentina affermazione del gravel sta creando non pochi movimenti in Federazione. Alla vigilia di quella che dovrebbe essere la prima vera stagione agonistica strutturata attraverso un calendario, ci sono alcuni aspetti ancora nebulosi, sulle attribuzioni delle competenze ma anche, anzi soprattutto, sulla struttura stessa dell’attività, figlie di un regolamento internazionale che l’Uci ha realizzato, probabilmente in fretta, lasciando aperta la porta ad interpretazioni, il che significa che le strade possono essere diverse da Paese a Paese.
Andiamo per ordine e partiamo dalla responsabilità tecnica. Inizialmente (quando ancora era in fase di costruzione tutto il settore federale che ha visto numerosi cambi, in primis quello di Bennati chiamato alla guida della strada) era previsto che l’ex cittì del ciclocross Fausto Scotti assumesse l’incarico di gestore dei settori gravel, endurance ed E-bike. Alla resa dei conti, mentre questi ultimi due sono andati al tecnico romano, il gravel è stato accorpato al ciclocross e affidato a Daniele Pontoni.


Una normativa lacunosa
Scotti intanto aveva messo mano alla normativa gravel, provando a sviluppare una serie di punti per la gestione dell’attività; d’altronde senza un documento specifico di base che regolamenti l’organizzazione, ogni disciplina non può esistere. Il suo lavoro e i suoi contatti con la Federazione sono stati rallentati dal Covid, che il tecnico romano ha preso in maniera forte, passando le feste natalizie in ospedale e dal quale solo ora si sta riprendendo.
In Fci però non erano rimasti a guardare e la Commissione Fuoristrada guidata da Massimo Ghirotto aveva già redatto una normativa, mutuata direttamente da quella Uci. Normativa che da una parte specifica in maniera molto dettagliata modalità di partecipazione agli eventi da parte dei corridori, divisione delle categorie e via discorrendo. Dall’altra è ancora piuttosto lacunosa su come un evento di gravel debba essere organizzato.
«E’ proprio questo l’aspetto sul quale ho lavorato – specifica Scotti, che appena ripresosi ha in programma di affrontare il tema con i vertici federali – serve una normativa attuativa che non guardi solamente all’agonismo. Non deve essere solo a uso e consumo dei praticanti. Gli organizzatori devono avere un quadro chiaro di come si organizza un evento. Non basta dire che la distanza deve essere fra 50 e 200 chilometri e che l’asfalto non deve superare il 20 per cento del totale».


La costruzione dei percorsi
Che cosa manca quindi? «Il gravel – prosegue Scotti – è qualcosa di differente sia dalla strada che dal cross country di Mtb: fare un percorso in linea su quelle distanze è molto complicato, significa che devi transitare per più comuni, su strade spesso private dovendo chiedere permessi; inoltre la normativa vigente impone paletti severi, come l’evitare prati, ridurre al minimo i single track, ecc. Il problema principale è il controllo di un tracciato di gara prevedendo velocità maggiori a quelle della Mtb e una marea di incroci. Per certi versi è più facile allestire un circuito, anche di 40-60 chilometri, più gestibile. Senza dimenticare poi che il gravel non è solo agonismo, dobbiamo pensare alla gestione di un movimento legato molto all’escursionismo. Ne parlerò al più presto in federazione».
Ghirotto perentorio
La normativa però c’è già e non si tocca, su questo Ghirotto è stato perentorio. Era fondamentale sentire anche la sua voce e il responsabile della commissione fuoristrada tiene a specificare come il lavoro di redazione della stessa normativa vada inquadrato in un discorso più ampio che coinvolge tutto l’offroad.
«Noi dobbiamo uniformarci ai regolamenti internazionali – dice – ma questo non vale solamente per il gravel ma per tutte le discipline. E’ un lavoro grande ma necessario perché nel corso degli anni le cose sono cambiate in ogni specialità e spesso siamo rimasti indietro. Sul gravel l’Uci sta procedendo velocemente, prima ad esempio si parlava di bicicletta gravel, ora la filosofia è diversa perché bisogna contemplare il territorio, i percorsi di gara».


L’evoluzione del gravel
«In commissione ne abbiamo parlato – riprende Ghirotto – perché definire una gara gravel non è semplice. Qui ad esempio dobbiamo pensare a percorsi prevalentemente ghiaiosi, ma senza trasformarli in qualcosa tipo Strade Bianche perché allora rientriamo nel ciclismo su strada. Poi c’è l’aspetto della partecipazione, pensare a modulare le gare in maniera diversa in base alle categorie (per i più giovani non si possono prevedere le stesse distanze dei grandi) e considerare anche le disposizioni da dare sul comportamento dei partecipanti. C’è tanto da fare, ci rendiamo conto anche noi che la normativa internazionale va ancora perfezionata».
Torna a galla il problema delle distanze, che a lungo ha caratterizzato anche il mondo delle gran fondo di Mtb, esponendo l’Uci a critiche senza che si trovasse una definizione chiara.
«Il regolamento dice che l’asfalto non deve superare il 20 per cento, il che significa che dovrebbero essere costruiti percorsi fuoristrada per l’80 per cento, ma dove li trovi? Forse si può pensare a superare il 50 per cento… Un altro discorso è legato al cambio ruote che fino al 2021 non era possibile. Noi abbiamo mutuato l’esperienza della Mtb e previsto aree tecniche dove poter provvedere. Come detto, è un discorso in evoluzione legato a una disciplina che si sta affermando a una velocità impressionante».


La Serenissima Gravel
Un grande peso, anche per verificare sul campo tutto quel che va fatto, lo ha avuto l’esperienza della Serenissima Gravel allestita da Filippo Pozzato.
«E’ stato indubbiamente un bel test – sottolinea Ghirotto – in quel caso ad esempio tutti hanno parlato di gara professionistica, ma non era così. Era una prova elite a invito, tanto è vero che hanno partecipato anche atleti di Mtb come i fratelli Braidot. Noi abbiamo stabilito delle linee guida alle quali gli organizzatori dovranno attenersi e sulla base delle quali verrà sviluppato il calendario della nuova stagione».
Effettivamente molto c’è da fare per un settore ancora in piena evoluzione. Il gravel, dal punto di vista agonistico, può essere un punto d’incontro fra specialisti della strada e della Mtb, ma molti addetti ai lavori sono convinti che a breve termine diventerà una disciplina a sé stante, con propri protagonisti, senza però dimenticare che il ciclismo moderno è fatto anche da gente come Van Der Poel o Pidcock che svaria indifferentemente da una bici all’altra. Questi però sono fattori successivi alla necessità di una regolamentazione chiara e completa, un traguardo che appare ancora lontano.