Pidcock folletto iridato, Van der Poel si ferma subito

13.08.2023
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GLASGOW – Sugli sterrati di Glentress Forest, delle polemiche e dei regolamenti su misura, la maglia iridata va a Tom Pidcock, che passa sul mondiale di cross country da specialista e non certo da stradista in gita premio, come purtroppo sono parsi Van der Poel e Sagan.

C’era così tanta attesa per la prova dell’olandese iridato su strada, da aver dimenticato che in questo ciclismo così specializzato, la mountain bike non fa certo eccezione. E se Ganna potrebbe aver avuto problemi nel passare dall’inseguimento alla crono, figurarsi se in sei giorni e senza una preparazione specifica, Van der Poel avrebbe potuto lottare ai massimi livelli nel fuoristrada.

Al via non hanno guardato in faccia più nessuno: la partenza è stata data ieri alle 15,30
Al via non hanno guardato in faccia più nessuno: la partenza è stata data ieri alle 15,30

Dalla quinta fila

La norma “salva star” che ha consentito a Pidcock, Van der Poel e Sagan di partire dalla quinta fila, ben più avanti di quanto il loro ranking avrebbe consentito, è servita quindi soltanto al britannico, che comunque ha dovuto inseguire per un bel po’ prima di arrivare in testa alla gara. Pensando ai tentativi della Ineos Grenadiers di farne un uomo da Tour e a quanto questo gli pesi, si capisce che il luogo della spensieratezza per Pidcock sia questo e nessun altro.

«I primi 4-5 giri sono stati velocissimi – ha commentato il fresco vincitore – è stato difficile tornare davanti dalla posizione mi trovavo. Un percorso super duro. Ma lo sapevo dall’anno scorso: il mondiale ha un livello diverso rispetto alle gare di Coppa del Mondo».

Sagan non ha fatto mancare le sue acrobazie, ma alla resa dei fatti ha pagato il conto in salita
Sagan non ha fatto mancare le sue acrobazie, ma alla resa dei fatti ha pagato il conto in salita

La regola riscritta

Il fatto, in breve. Per agevolare la partecipazione delle tre star della strada, l’UCI ha modificato il regolamento, consentendo loro di partire a ridosso delle prime file. Un bel vantaggio, se ricordiamo ad esempio la rimonta cui fu costretto Sagan alle Olimpiadi di Rio, quando partì dall’ultima fila. Uno strappo alla regola piuttosto evidente: basti pensare che nei giorni scorsi Viviani non ha potuto partecipare all’individuale a punti al posto dell’infortunato Consonni, perché non aveva i punti per farlo. Nella mountain bike hanno fatto finta di niente.

E così in un giorno luminoso e polveroso a due ore e mezza da Glasgow (dove non ha fatto che piovere), i nostri eroi sono partiti con grande enfasi. E mentre Sagan si è prudentemente defilato (chiuderà al 63° posto, a 7’14” da Pidcock), Tom ha dimostrato di sapere il fatto suo, mentre Van der Poel è caduto a una delle prime curve.

Vam der Poel è partito come Sagan e Pidcock dalla quinta fila, ma ha sbagliato per la foga di rimontare
Vam der Poel è partito come Sagan e Pidcock dalla quinta fila, ma ha sbagliato per la foga di rimontare

Imbarazzo Van der Poel 

Seduto davanti al camper della squadra olandese, l’iridato della strada è parso piuttosto scocciato e anche in imbarazzo. Dopo aver dichiarato per giorni di non avere un reale interesse per la mountain bike, la sua reazione e le sue parole hanno fatto pensare all’esatto opposto.

«La vittoria di domenica scorsa – ha detto, con una ferita sul viso e una sul ginocchio – è una bella consolazione, ma questa caduta toglie l’euforia e penso che sia la vergogna più grande. Ho battuto sulla stessa parte della gara su strada, quindi la ferita si è riaperta. Tuttavia questo è secondario: penso che la delusione superi il danno fisico. Mi è scivolata la ruota anteriore e ho fatto tutto da me. Sono piuttosto incavolato con me stesso, è stato uno stupido errore in una delle parti più facili del percorso. Continuare non era un’opzione, la botta è stata troppo forte. Parigi 2024? Sicuramente non smetterò di andare in mountain bike, ho notato in questa settimana quanto mi piaccia. E se andrò alle Olimpiadi, devo ringraziare Tom Schellekens, che sabato ha conquistato un posto per l’Olanda. Quindi sono stato fortunato».

La sicurezza di Van der Poel non trova grande corrispondenza nelle parole del tecnico olandese Gerben de Knegt: «Abbiamo visto che se Mathieu vuole trovare il tempo – ha detto a Het Nieuwsblad – può farcela. Ma deve essere in grado di dedicare del tempo al suo programma e questo è il più grande punto interrogativo. Non andremo a Parigi per finire decimi, sia chiaro. E un risultato migliore qui avrebbe comunque aiutato».

Guai per Pidcock

Intanto Pidcock, che alla fine di tutto ha dato un abbraccio di grande complicità alla compagna di club Ferrand-Prevot che si è ripetuta fra le donne, tira un sospiro di sollievo e sta alla larga da polemiche e rimostranze. Anche perché lui è il meno alieno fra gli ammessi in extremis, avendo già vinto due mondiali, gli ultimi campionati europei a Monaco ed essedo campione olimpico in gara.

«Alla fine della gara – ha detto visibilmente sollevato – si deve essere allentato qualcosa nel cambio, tanto che se forzavo, avevo continui salti di rapporto. Non sapevo se fermarmi e stringerlo di nuovo, perché temevo che la mia gara potesse finire da un momento all’altro. Non potevo andare a tutto gas per non sollecitare troppo la trasmissione, devo dire che gli ultimi giri sono stati parecchio stressanti».

Braidot si è piazzato settimo all’arrivo: lui è poco soddisfatto, ma alla base ci sono stati problemi tecnici
Braidot si è piazzato settimo all’arrivo: lui è poco soddisfatto, ma alla base ci sono stati problemi tecnici

L’onestà di Braidot

Migliore degli italiani è stato Luca Braidot, settimo all’arrivo, con un distacco di 1’41” che fa pensare comunque a una condizione molto buona.

«Sono un po’ deluso – ha detto – ma la gara è andata così, molto veloce. Ho avuto un piccolo problema tecnico al secondo giro e ho dovuto gestirla sino alla fine. Sono rimasto nel secondo gruppetto e nell’ultimo giro sono riuscito a staccare i 3-4 che erano con me e a guadagnarmi la 7° posizione.

«Riguardo la polemica sull’ordine di partenza dei tre stradisti, non trovo corretto che l’UCI abbia cambiato le regole all’ultimo giorno, però è un onore correre con questi atleti. E’ importante che vengano a correre da noi e sono felice della loro presenza. Pidcock è rientrato su di me veramente forte, aveva la gamba per vincere e l’ha dimostrato».

Iride U23 alla Francia. Milesi prova, gli altri cadono

12.08.2023
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GLASGOW – A Loch Lomond la pioggia ha dato tregua giusto il tempo che gli under 23 partissero, poi sul penultimo mondiale di questa rassegna così enorme si è abbattuto il diluvio universale. E lo scenario, anche quello tecnico, è cambiato dal giorno alla notte. Per questo, quando Milesi ha visto partire una fuga più numerosa di altre, si è infilato dentro e ha preso il largo. Non si poteva prevedere, ma certo immaginare in che razza di toboga si sarebbe trasformato con l’acqua il circuito finale. E’ bastato metterci sopra le ruote e tutti i piani sono saltati.

Milesi si è giocato la corsa: è arrivato quinto, ma ha avuto a lungo una medaglia nel mirino
Milesi si è giocato la corsa: è arrivato quinto, ma ha avuto a lungo una medaglia nel mirino

L’attacco e la borraccia

Tre ore e mezza dopo, il cielo di Glasgow è ugualmente grigio, ma per fortuna ha smesso di piovere. Il mondiale degli under 23 è andato nelle mani di Axel Laurence, compagno di squadra di Van der Poel, che per vincere ha scelto un attacco simile, ma da più lontano. C’era anche lui nella fuga del mattino assieme a Milesi e sarebbe forse ingeneroso nei suoi confronti dire che per staccarli di ruota ha aspettato il momento in cui l’italiano si spostava dalla fila su Montrose Street per prendere un rifornimento. L’attacco lo ha raggiunto come un colpo sotto al mento e per qualche centinaio di metri non è stato in grado di reagire.

«Diciamo che in quel momento – spiega trafelato Milesi dopo l’arrivo – stavo prendendo la borraccia. Lui ha attaccato sulla sinistra e ho perso un attimo. E se concedi quei 2-3 metri e sei già al limite, rientrare diventa dura. Ho rischiato 5-6 volte di cadere, ho scodato un po’ dappertutto, però vabbè, ci sta: era uguale per tutti, quindi va bene così».

Il tempo che il gruppo mettesse le ruote nel circuito (questa è Montrose Street) e la corsa è esplosa
Il tempo che il gruppo mettesse le ruote nel circuito (questa è Montrose Street) e la corsa è esplosa

In fuga da lontano

Laurence corre con la Alpecin-Deceuninck Development Team e non è un ragazzino qualunque. Quest’anno ha vinto tappe al Circuit des Ardennes e al Tour of Alsace, gare di classe 2, ma lo scorso anno, quando ne aveva 21, ha avuto la… sfrontatezza di arrivare secondo dietro Van Aert a Plouay.

«Non era nei piani attaccare dal mattino – dice della sua presenza nella prima fuga – ma a causa della pioggia la corsa è diventata dura e nervosa in ogni curva, così ho deciso di seguire un gruppo. Alla fine è stato meglio essere davanti e mantenere il mio ritmo. Ho aspettato a lungo per attaccare e sapevo che la differenza era costantemente di circa 40-50 secondi. Sono stato in grado di salvare le gambe il più possibile e quando da dietro sono arrivati i primi inseguitori, io me ne sono andato. Dovevo provarci e le gambe sono andate bene».

Tutti giù per terra

Il primo dei nostri a cadere è stato Belletta che ne esce con due punti sul ginocchio, a causa del taglio rimediato: il rischio concreto è di non andare al Tour de l’Avenir. Nella stessa caduta sono andati giù anche Busatto, Buratti e Romele. I nostri avevano un piano che prevedeva la superiorità numerica, invece in pochi giri gli azzurri si sono ritrovati uno per angolo, senza la possibilità di comunicare fra loro.

«Milesi – racconta Amadori davanti al pullman – era nell’azione giusta al momento giusto. Sapevamo che in un percorso del genere, specialmente se pioveva e la strada era bagnata, chi si trovava davanti, faceva meno fatica di quelli dietro. Con Milesi dovev esserci anche un altro, ma va bene così. Invece quello che è successo dopo non è dipeso da problemi fisici, ma da incidenti e cadute. Romele è stato eliminato. Buratti è stato eliminato. Busatto e Belletta, la stessa storia. Se questi ragazzi fossero rimasti in gara, nel finale con Svrceck e Morgado ci sarebbe stato anche uno di loro veniva tutta un’altra corsa».

«Questi mondiali li abbiamo preparati tantissimo. Abbiamo fatto altura, abbiamo fatto una corsa in Francia proprio in preparazione. Abbiamo lavorato tantissimo a questo mondiale perché ci credevamo e avevamo dei corridori adattissimi a questo tipo di percorso e l’hanno dimostrata. Peccato, perché purtroppo contro la sfortuna possiamo fare ben poco».

Attacco per il podio

A questo punto del discorso, Milesi fa fatica a sentirsi deluso. Gli scoccia il modo un po’ frettoloso con cui ha gestito il finale, tirando quasi la volata agli altri, ma mettendo sulla bilancia la vittoria nel mondiale a cronometro, questo quinto posto è un podio sfumato, ma anche la conferma della condizione e della consistenza.

«C’è un po’ di disappunto per come me la sono giocata alla fine – ammette – però ci ho provato ed è andata come è andata. Non posso essere deluso. Due giorni fa ho vinto la crono e non posso dire che fosse un discorso scontato. Ero venuto per provare il podio, ma non puoi mai sapere come andrà a finire. Oggi ho fatto quinto: una medaglia era meglio, ma sono contento.

«Era difficile fare diversamente. Ho provato ad attaccare sull’ultimo strappo per provare a prendere il francese, ho visto che c’era un piccolo buco e ho deciso di tirare dritto per fare almeno il terzo posto. Invece hanno chiuso. Se si poteva prendere prima? Quando sono rientrati da dietro, potevano benissimo lasciarci lì, allora ho fatto un po’ il furbo e dopo un po’ che tiravano i livelli si sono avvicinati e ce la siamo giocati quasi alla pari».

Ha visto le stelle

Lo scorso anno, come molti, Laurance è rimasto senza squadra per lo scioglimento della B&B Hotels-KTM. Per questo si è accasato nel team belga, correndo a metà fra la continental e la WorldTour. La sua scelta di partire in contropiede ha pagato, anche se il suo vantaggio è rimasto sempre intorno ai 15 secondi e la sensazione che potessero riprenderlo non se ne è andata se jon sul traguardo.

«Sapevo che su questo percorso era possibile fare qualcosa del genere – dice – ma non ci ho creduto fino agli ultimi 500 metri. Ero completamente al limite. E’ incredibile, ho dato tutto e nell’ultimo giro ho visto le stelle».

Sul podio l’hanno raggiunto i genitori, in uno di quei fuori programma cui fi fa fatica a credere trattandosi di un mondiale. Quella foto la terranno sul camino per il resto dei loro giorni. Anche se la qualità del ragazzo fa pensare che altre vittorie di certo verranno.

Cattaneo, la roulette del vento e quegli ultimi 100 metri

12.08.2023
4 min
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STIRLING – Quando ti fermi a pensare che soltanto sette campioni al mondo sono stati più forti di te nel massimo evento della crono, magari ti accorgi di aver fatto davvero una gran cosa. Per questo c’è da capire che dopo l’arrivo ieri Mattia Cattaneo sprizzasse felicità. Soltanto Italia, Belgio e Gran Bretagna sono riuscite a mettere due atleti nei primi dieci, segno che sul fronte delle crono non siamo messi poi tanto male, avendo vinto quella degli under 23, preso il bronzo fra le donne junior e centrato un bel sesto posto con gli juniores.

«Sono super contento – ha detto appena tagliato il traguardo – ho trovato il percorso molto lineare, con il vento che ha dato fastidio. All’inizio è di fianco, poi giri a destra e diventa a favore, poi giri a sinistra e torna di fianco, infine giri a sinistra e te lo trovi in faccia. Quindi è stato un continuo cambiare impostazioni sulla bici. Non so se si potevano scegliere altri materiali. Quelli che io chiamo “gli scienziati” hanno studiato e stabilito che le ruote che ho usato fossero le più veloci, quindi probabilmente è stato così».

Un tatuaggio che invita al buon umore: sorridi sempre, ottima massima di vita
Un tatuaggio che invita al buon umore: sorridi sempre, ottima massima di vita

Di mattina su strada

In mattinata, mentre Ganna ha preferito restare sui rulli, Cattaneo ha scelto di andarsi a fare un giretto su strada, poi insieme sono arrivati al bus Vittoria che erano le 14. Qualche autografo e ne sono scesi per scaldarsi sui rulli un’ora prima delle rispettive prove, separate fra loro da appena venti minuti. Gli auricolari nelle orecchie, l’asciugamano sulla ruota anteriore, Mattia ha iniziato a pedalare intorno alle 14,50, in un momento in cui sul piazzale ai piedi del castello di Stirling batteva un bel sole caldo e il vento continuava a far sventolare le bandiere. Il gilet ghiacciato lo ha fatto rabbrividire, ma gli ha consentito di scaldarsi mantenendo costante la temperatura corporea.

I meccanici avevano già preparato le tre bici: quella da gara, quella da riscaldamento e quella di scorta. Per ciascuna hanno ripassato la pressione delle gomme, per essere certi che non vi fossero differenze. In queste giornate attorno al bus della nazionale c’è un andirivieni di figure di ogni genere: dal metodologo alla psicologa, gli addetti ai social, il fisioterapista, ovviamente i meccanici, qualche giornalista e per finire le autorità federali

Archetti, Catabiani e Cornacchione al capezzale della ruota anteriore di Cattaneo
Archetti, Catabiani e Cornacchione al capezzale della ruota anteriore di Cattaneo

L’arrivo sullo strappo

La grossa incognita della crono, tolto il vento, era il muro finale, che ha tenuto banco nell’osservazione delle altre crono per la scelta dei rapporti migliori.

«Me lo immaginavo – ha spiegato Cattaneo – come uno sforzo molto più prolungato. Quando arrivi dopo una cronometro così impegnativa, uno strappo così ti sembra che duri 5 minuti. Invece in realtà è stato molto veloce fino agli ultimi 100 metri e poi da lì è stata solo sofferenza. Fra i 15 e i 20 secondi, non so neanche io quanti ne siano passati per arrivare al traguardo. Però in realtà credevo che fosse molto più lungo».

Mattia Cattaneo ha corso la crono a 50,081 di media, chiudendo a 1’57” da Evenepoel
Mattia Cattaneo ha corso la crono a 50,081 di media, chiudendo a 1’57” da Evenepoel

Venti watt in più

Non c’è stato neppure il tempo per Cattaneo di dare qualche indicazione a Ganna, dato che si sono ritrovati sul percorso contemporaneamente. E così il bergamasco è arrivato al traguardo con una ottima prova fra le mani che premia gli sforzi fatti nella specialità con il supporto della squadra. Sin da quando volò a San Francisco con lo stesso Evenepoel per il primo passaggio in galleria del vento, passando poi per ottime prove al Tour, i podi al campionato italiano, infine la vittoria di pochi giorni fa al Tour de Pologne.

«Eravamo troppo vicini perché gli dessi indicazioni – ha spiegato – così ho fatto la mia bella prova e l’ho tenuta per me (ha sorriso, ndr). Non ho rimpianti. Dico solo che ho fatto 20 watt in più medi di quelli che erano nel mio programma, quindi me ne vado da questo mondiale con ottime sensazioni e la soddisfazione di aver fatto un ottimo investimento sulla cronometro».

Remco, dov’eri domenica scorsa? L’analisi di Bartoli

12.08.2023
5 min
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Ieri è stato incoronato campione del mondo a cronometro. Una settimana fa a Glasgow è stato il grande assente tra i big. Da campione in carica ha dovuto inchinarsi allo strapotere che Mathieu Van der Poel ha dimostrato sul circuito infernale scozzese. Ed è proprio su quelle curve che Remco Evenepoel non si è fatto trovare così lucido e brillante come è suo solito quando ha un obiettivo in testa. 

Le dichiarazioni del giorno prima di suo padre e di Lefevere, un mondiale non così nelle sue corde, una giornata storta, insomma, le considerazioni che si possono fare a una settimana distanza sono molteplici. Per fare chiarezza e capire meglio quali siano le possibili cause della sua mancata riconferma ci siamo affidati al parere esperto e tecnico di Michele Bartoli.

La tecnicità del circuito e la pioggia sono due cause che hanno tagliato fuori Remco dai giochi
La tecnicità del circuito e la pioggia sono due cause che hanno tagliato fuori Remco dai giochi
C’è una foto emblematica (utilizzata in apertura) dove ci sono Van der Poel, Van Aert, Pedersen e Pogacar pronti a giocarsi il mondiale. Sono tutti dei corridori molto potenti, “disegnati” per quel percorso, a parte Pogacar…E Remco dov’era?

Tadej lo puoi mettere dove vuoi che va forte. A parte quello, sì, diciamo che è un po’ la fotografia a tutti gli effetti di quella giornata. Remco non c’è stato.

Partiamo dalla sua posizione in corsa. Lo stare sempre defilato in un percorso così tecnico, ha inciso?

Secondo me, questa è un’analisi giusta. Lui in altre gare come la Liegi è stato bravo a limare, attaccare e stare davanti. La Liegi era a inizio stagione ed era al 100% della condizione. Probabilmente domenica scorsa può aver influito anche una forma non ottimale. E’ chiaro, quando uno non ha come punto di forza la posizione, se gli mancano un po’ di energie, perde lucidità e perde tutto. In un mondiale del genere è chiaro che si è tagliati fuori. Secondo me però, è una somma di cose. Se fosse stato in una giornata d’oro, questo suo “problema” non avrebbe inciso. Perché sarebbe venuta fuori la condizione e sarebbe rimasto nel gruppetto con i primi. Però è chiaro che ha influito la sua scarsa abilità nel posizionamento.

Un altro spunto può essere la caduta di Narvaez che ha rotto il gruppo e lui è rimasto dietro?

Sarebbe stato tagliato fuori ugualmente. Si vedeva che ha provato anche una volta o due a fare un attacco, ma non era pungente come al solito. Erano allunghi su momenti in cui il gruppo calava la velocità. Non era esplosivo.

Alla Liegi Remco Evenepoel ha sbaragliato ogni avversario anche con la pioggia, arrivando da solo
Alla Liegi Remco Evenepoel ha sbaragliato ogni avversario anche con la pioggia, arrivando da solo
Tre tentativi dove ha provato e lo hanno chiuso subito. Al di là del fatto che era l’osservato speciale perché era campione in carica, non hai visto una convinzione, una brillantezza da mondiale?

No, secondo me non era nella sua giornata. Percorso a parte, perché poi anche quello ha influito, però secondo me non ha trovato una super condizione quel giorno.

Hai citato il percorso. Non era per Remco secondo te?

E’ un corridore totalmente inadatto a un percorso del genere. Poi non è detto che un domani se ritroverà un percorso così, non possa vincere, perché i fenomeni possono fare tutto. Poi, soprattutto quando ha iniziato a esserci la strada umida lo è stato ancora meno nelle sue corde. Si sa che nonostante sia migliorato molto, il suo punto debole è sempre stata la capacità di guida. Ha iniziato a correre da grandicello quindi la sensibilità sul mezzo se inizi da ragazzino la acquisisci in un modo, invece nel suo caso un minimo di difficoltà gli rimarrà sempre.

Gli attacchi di Remco Evenepoel non hanno convinto e sono stati subito rintuzzati
Gli attacchi di Remco Evenepoel non hanno convinto e sono stati subito rintuzzati
Oltre al lato tecnico non era nelle sue corde anche da un punto di vista fisico?

Dal punto di vista degli sforzi muscolari non era affatto male per lui. Perché comunque quando ci sono un rilancio dopo l’altro, Evenepoel ha dimostrato di essere forte. Però è stata proprio la difficoltà tecnica nel guidare la bici che lo ha molto penalizzato secondo me. Non credo onestamente che la durezza o la particolarità del percorso abbia influito negativamente su di lui. E’ riassumibile in un problema di planimetria più che di altimetria. 

Invece staccandosi dal lato tecnico e affrontando quello della motivazione. Lui ha dimostrato qualche segnale di nervosismo prima della partenza per quello che han detto suo padre e Lefevere. Credi che anche quello possa avere inciso?

Secondo me un po’ sì. Non ho mai visto un corridore vincere un mondiale se non è veramente a posto sotto tutti i punti di vista. Questa guerra interna è normale che un po’ ti condizioni. Anche se non vuoi pensarci incide ugualmente.

Remco Evenepoel con la nuova maglia di campione del mondo a cronometro
Remco Evenepoel con la nuova maglia di campione del mondo a cronometro
L’avevamo visto anche al Giro essere nervoso in alcuni frangenti, subire questi momenti. E’ un punto su cui deve lavorare?

Secondo me sì, deve lavorarci. Ma non è neanche un aspetto così negativo, anzi gli può servire molto per le classiche.  Lui è un tipo adrenalinico, lo abbiamo visto ieri nella crono. Sembra a volte anche scontroso con gli avversari, ma nel modo giusto. Anche perché non bisogna essere troppo delicati in queste dinamiche. A me piace la gente tosta come lui. Però per i grandi Giri questo ti penalizza perché diventi troppo teso e spendi energie anche mentali. Quando sei sempre lì con la tensione a fior di pelle, recuperi anche di meno. Lui deve cambiare sistema, ma secondo me non lo cambierà, perché così si nasce. Dimostra che il campione, il fuoriclasse, vince anche quelle corse che non sono propriamente nelle sue corde. Ha già vinto una Vuelta e se saprà bilanciare questi lati del suo carattere potrà migliorare ancora tanto.

Abituato a dominare ha trovato una giornata storta e si è lasciato affondare. La forma però l’ha confermata nella cronometro vinta ieri. Come lo vedi per il finale di stagione?

Sì, la forma c’è sicuramente e l’ha fatta vedere. Per il finale di stagione dipende come si risolve anche la situazione di squadra. Se lo renderà felice l’eventuale cambiamento, avrà anche stimoli maggiori. Se invece, per un qualche motivo, sarà costretto a seguire una strada per interessi societari, ordini che non lo soddisfano, è chiaro che può incidere anche per il prossimo anno. È per questo che secondo me converrebbe a tutti trovare una soluzione dove anche Remco sia più tranquillo.

Alle origini di Milesi, nei racconti del primo presidente

12.08.2023
5 min
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«Ma quale sorpresa! Noi un po’ ci speravamo, il percorso era adatto a lui”. Marco Taddeo è il presidente della Ciclistica Trevigliese, la società bergamasca (di Treviglio, appunto) che per due anni è stata quella di Lorenzo Milesi, fresco vincitore del campionato del mondo under 23 a cronometro, che stamattina correrà anche la prova in linea.

Campione italiano

Con quella squadra, Lorenzo vinse il campionato italiano di specialità a Orsago, categoria juniores (in apertura, sul podio con il compagno Piganzoli giunto terzo, immagine photors.it). Un bel biglietto da visita, ma guardando la lista dei partenti a Glasgow, per lui c’era poco spazio. Outsider, poco di più. 

«Per noi che lo conosciamo bene invece – sottolinea Taddeo – quel tracciato poteva esaltare le sue caratteristiche. Poche curve, grande velocità, ma soprattutto quello strappone finale che portava all’arrivo che avrebbe messo in luce la sua esplosività e le sue doti in salita, vuoi anche per le sue origini di San Pellegrino».

Già, San Pellegrino, la sua culla e la culla di famiglia, un’oasi di benessere, fiore all’occhiello della Val Brembana e base strategica per affrontare alcune delle salite più belle ed impegnative della bergamasca. Non è un caso che Ivan Gotti, vincitore di due Giri d’Italia, sia di lì.

In azione a Orsago, Milesi conquista il tricolore crono juniores del 2020 in maglia Trevigliese
In azione a Orsago, Milesi conquista il tricolore crono juniores del 2020 in maglia Trevigliese

Il calcio e la caviglia

Insomma, a Treviglio (luogo dove invece non si fa fatica a macinare chilometri in pianura), lo sapevano, ma da buoni bergamaschi stentano a dirlo chiaro e tondo. Anche se, a posteriori, hanno tutte le carte in regola per farlo. Al di là di ogni predizione, è sempre curioso scavare nella gavetta di un corridore affidandosi a chi lo ha visto pedalare da giovanissimo.

«Ce lo avevano segnalato i nostri amici del Pedale Brembillese – ricorda il presidente Taddeo – e noi lo abbiamo accolto come scommessa. Sapevamo della sua storia da calciatore, interrotta a causa di un infortunio serio alla caviglia, ma avevamo visto dei numeri in lui. Nella sua prima gara si era piazzato venticinquesimo (si trattava della Gazzaniga-Onore, roba da scalatori puri ndr.) poi nelle altre tre era finito a terra perché in gruppo non sapeva ancora starci. Ma da quel momento in poi ha imparato e i risultati sono stati importanti. Con noi è rimasto i due anni da juniores, tra i 17 e i 18 anni. Nel primo aveva già fatto vedere buone cose e nel secondo ha vinto il campionato italiano che per noi è stata una gioia immensa: la prima maglia tricolore della nostra società».

Nel 2021 al primo anno da U23, Milesi ha corso alla Beltrami, senza ottenere risultati. Poi è passato alla DSM
Nel 2021 al primo anno da U23, Milesi ha corso alla Beltrami, senza ottenere risultati. Poi è passato alla DSM

La Roubaix e la Liegi

Un passo avanti, accarezzando l’iride, per capire che tipo di corridore possa diventare Lorenzo. «E’ particolarmente portato per la cronometro – spiega Taddeo – in salita non molla, è un atleta completo. Credo sia un corridore da corse di un giorno. A lui piace molto l’idea delle classiche del Nord, ne abbiamo parlato spesso, sognando, scherzando…».

Impossibile non chiedere al suo ex presidente a quale classica potrebbe puntare: «Una Parigi-Roubaix – ipotizza – una Liegi, corse che a lui piacciono molto. Lo vedo adatto anche al ciclismo moderno, dove si può scattare in ogni momento. Lui ha quei numeri e una volta che parte poi, da buon cronomen, sa mantenere un suo ritmo».

Lo scorso anno Milesi ha vinto l’ultima tappa al Tour de l’Avenir, battendo lo stesso Alec Segaert della crono di Stirling
Lo scorso anno Milesi ha vinto l’ultima tappa al Tour de l’Avenir, battendo lo stesso Alec Segaert della crono di Stirling

Paragoni importanti

Taddeo lo dice sorridendo, con l’emozione e la commozione ancora in corpo. Non gli sembra vero di parlare di un suo ex atleta, oggi campione del mondo. Dice che la sua storia da ex calciatore e da giovane promessa venga accostata per similitudini a quella di Remco Evenepoel. Sorride, per non mettere pressione al suo ex ragazzo e passa agli auguri.

«E’ un ragazzo davvero serio – dice – con la testa sulle spalle, semplice, ben voluto da tutti e anche molto competitivo. Gli auguro che questo sia solo l’inizio».

Dalla crono alla strada: oggi Milesi correrà la prova in linea degli U23, poi andrà alla Vuelta (foto FCI)
Dalla crono alla strada: oggi Milesi correrà la prova in linea degli U23, poi andrà alla Vuelta (foto FCI)

Occhio a Romele

Oggi però c’è la corsa in linea e allora non possiamo non chiedere a Taddeo cosa dobbiamo aspettarci da Lorenzo. Pronta, arriva la mano da presidente delle giovanili che prova a chetare le acque.

«Me lo chiedono in tanti dopo il successo di mercoledì. Io credo che Lorenzo abbia già speso molto nella cronometro – ammette il presidente della Ciclistica Trevigliese – per cui punterei su altri. Già che ci sono, faccio un nome: Alessandro Romele. E’ un altro nostro ex allievo, so che ha lavorato tanto per questo mondiale per cui tutti noi faremo il tifo per lui. Non sono un tecnico, ma conosco molto bene i miei ragazzi».

Lo sguardo dolce, ma convinto con cui fornisce il pronostico è rassicurante, come una borraccia passata dall’ammiraglia al momento giusto. Parola di presidente, c’è da crederci.

L’occhio di Malori: «Evenepoel un mostro e Tarling cresce bene…»

11.08.2023
5 min
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La cronometro individuale di Glasgow si è conclusa da una manciata di ore e non poteva mancare il commento di Adriano Malori, ormai nostro specialista contro il tempo. E anche stavolta “Malo” va subito a dama. «La sorpresa è lo juniores (Joshua Tarling di 19 anni, ndr), ma la notizia è che Remco Evenepoel è un mostro. In un anno ha vinto un mondiale, la Vuelta, la Liegi e ora di nuovo questo mondiale. Per me lui e Pogacar sono i corridori più forti del momento. Non ho messo Vingegaard perché non è così completo».

Come abbiamo visto e appena letto Remco Evenepoel ha vinto la crono iridata, alla sue spalle un Filippo Ganna a 12” e terzo questo diciannovenne inglese Joshua Tarling a 48”, che l’anno scorso ha vinto la crono iridata… ma tra gli juniores!

Tarling (classe 2004) è arrivato terzo. Molto bene fino alla fine
Tarling (classe 2004) è arrivato terzo. Molto bene fino alla fine
Adriano, un quasi juniores tra i pro’. In realtà poteva correre tra gli under 23…

Indubbiamente è stata una grande sorpresa. Mi ha colpito la sua gestione dello sforzo. Okay, ha vinto il titolo nazionale a crono e sappiamo che in Inghilterra non è una cosa banale, visto il tempo che vi dedicano, ma questo era un altro palcoscenico. Pippo deve sapere che per il futuro ha un rivale che sta per arrivare.

Adriano, tu stesso ci dici spesso di quanto conti l’esperienza nelle crono lunghe e ma i numeri parlano chiaro: 47 chilometri e 19 anni.

Vero. E come ho detto sono colpito. In particolare dal suo strappo finale. Era una crono vera più questo strappo: non era semplice unire le due cose. I corridori arrivavano stravolti, lui invece era in spinta, ha ben gestito le forze. Si vede che è nella Ineos-Grenadiers. Così come Pippo, Bigham, Thomas…

Correndo in casa per te conosceva meglio degli altri il percorso?

Assolutamente sì. Si vedeva che lo aveva provato e riprovato. In alcune curve, specie quella dopo l’intermedio è emerso questo aspetto. Lui l’ha fatta in pieno restando in posizione. Remco ha tolto le mani dalle protesi e Ganna ha avuto una piccola incertezza. E lo stesso l’ultimo strappo. Devi essere “presente” per farlo in quel modo. Specie sul pavé.

Per Malori Ganna ha lottato col vento (notate l’erba). Il cx migliore di Remco ha fatto la differenza?
Per Malori Ganna ha lottato col vento (notate l’erba). Il cx migliore di Remco ha fatto la differenza?
Passiamo ad Evenepoel. Il belga, come Ganna ed altri, aveva la radio sul petto. Una scelta aero?

Una scelta aero e anche di utilità al tempo stesso. Questi body infatti sono strettissimi e sulle spalle, la parte più larga, tirano moltissimo. In quel punto, sul petto, la radio è un po’ più comoda. I corridori fanno le loro prove e se non gli dà fastidio nella respirazione la posizionano lì.

Remco e quel gesto rivolto all’ammiraglia: come è andata?

Remco è molto sicuro di sé, ma perde anche le staffe. Dopo il primo intermedio (in cui era dietro a Ganna, ndr) dai loro rilevamenti avevano visto che era in vantaggio e per radio gli avranno detto qualcosa e lui gli ha voluto dire di stare calmi: «Ci penso io». Ma tali gesti per lui non sono nuovi. Ricordate all’europeo 2021 quando gli rimase alla ruota Sonny (Colbrelli, ndr)? Quando la gara non va come dice lui perde le staffe.

E per il resto?

Il mio grande favorito era Ganna. Era la sua crono, non è andato piano neanche sullo strappo finale dove è stato solo un filo più lento di Evenepoel (2″, ndr) nonostante la sua stazza, ma gli è mancato il resto. Io credo che nella sua prestazione abbia inciso un po’ il vento. Per lunghi tratti era laterale, si vedeva da come pedalavano i corridori e da come si muovevano le loro bici. Ma se “sbacchettava” la bici di un Remco che è piccolo, figuriamoci cosa deve aver passato un Ganna che è altro più di un metro e 90 (e anche di Tarling: 194 centimetri, ndr).

Van Aert è partito sottotono. Nel finale è stato l’unico a recuperare su Remco, ma ormai era tardi
Van Aert è partito sottotono. Nel finale è stato l’unico a recuperare su Remco, ma ormai era tardi
Rapporti tutti fra 58 (Kung, Pogacar) e 60 (Bissegger, Evenepoel), mentre Van Aert aveva il 56…

Alla fine i rapporti sono fini a se stessi. Bisognava spingere. Non credo abbia influito quello in Van Aert. Anzi per certi aspetti è anche più leggero rispetto alla media dei passistoni da crono. Credo che Wout abbia dimostrato quello che abbiamo visto già domenica scorsa e cioè che non aveva le gambe. Uno come lui, su un percorso che è un ciclocross asfaltato, non può farsi umiliare così da Van der Poel. Poi può anche perdere: nel finale, sull’ultimo dentello, in volata… ma non che non riesca a rispondergli.

Nella crono di oggi per te ha inciso il Tour?

Tantissimo. E infatti gente come Kung o Pogacar sono stati subito fuori gioco. E ha inciso soprattutto per chi ha disputato anche la prova in linea iridata. Da quel che ho letto e ho saputo, i corridori hanno detto che è stato un massacro. Se poi parliamo di Kung, lui ci ha messo di mezzo anche il team relay… Se sei stanco e devi provare a vincere il mondiale nella crono individuale quella gara non la fai. Ma queste sono scelte loro.

E ad Adriano Malori cosa è piaciuto di questa prova?

Che è stata, finalmente, una crono vera. Lunga. Una crono da spingere, giusta per un mondiale. Come se ne dovrebbero vedere di più. Anche nei grandi Giri.

La festa di Remco e i pensieri di Ganna: dove si può migliorare?

11.08.2023
7 min
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STIRLING – Remco Evenepoel si è preso un’altra maglia iridata. E visto che quella della strada ha dovuto consegnarla a Van der Poel giusto domenica scorsa, ha allungato le mani su quella della crono, guastando la serata a Pippo Ganna e a tutto il clan azzurro che sperava di essere sulla porta di un altro oro. Che magari sarebbe anche arrivato se il piemontese avesse potuto recuperare dalla pista nel tempo necessario. Oppure qualcuno ha pensato che assemblando i due mondiali, gli atleti avrebbero reso al top come se la fatica non si sommasse? Comunque c’è l‘argento per un atleta che torna a casa con tre medaglie: una per ogni gara disputata. E l’argento è il metallo meno prezioso che ha conquistato. Cerchiamo di capirci…

Il riscaldamento di Ganna ha seguito un copione già visto molte volte: attorno a lui c’era fiducia
Il riscaldamento di Ganna ha seguito un copione già visto molte volte: attorno a lui c’era fiducia

Montecchi e Capuleti

Da un lato del podio, poggiati alle transenne c’erano Giovanni Lombardi e Marco Ganna, il papà di Filippo. Giusto di fronte, accanto a chi scrive, c’era invece Oumi: la signora Evenepoel, elegante e contenta. I 12 secondi che alla fine del mondiale della crono hanno diviso Remco e Filippo – gli stessi dall’inizio alla fine – sono uno spazio esiguo come la distanza fra queste due famiglie, destinate a dividersi a lungo gli allori delle prove contro il tempo.

Remco dall’alto del podio non ha fatto che scambiare sguardi e messaggi con la moglie, giocherellando con il peluche di mucca delle Highlands e indicando la masnada di tifosi assiepati su una tomba del cimitero monumentale inneggiando al suo nome.

«Ho sentito – ride – che sono il primo belga in assoluto a diventare campione del mondo a cronometro e anche che sono il più giovane. E’ fantastico. Questo era uno dei miei più grandi obiettivi della stagione. E’ bello essere riusciti a vincere su un percorso così duro, che forse non era neanche perfetto per un corridore del mio peso. Credo di aver vissuto una giornata super buona».

Evenepoel ha detto di aver trovato il giorno perfetto, spingendo anche più watt di quelli stabiliti
Evenepoel ha detto di aver trovato il giorno perfetto, spingendo anche più watt di quelli stabiliti

Sotto controllo

A un certo punto è parso che fosse lui a mettere un freno agli incitamenti che arrivavano dalla macchina alle sue spalle, ma di certo i suoi intermedi sono sempre stati migliori rispetto a Ganna. Pippo ci ha provato, ma la sensazione è stata quella di un gap minimo e incolmabile fra due atleti che si stavano spingendo al massimo.

«In questi giorni che potremmo definire perfetti – spiega Evenepoel – non voglio troppe indicazioni dalla macchina: gli stavo dicendo questo. Mi bastano i dati sulle traiettorie, non le indicazioni sul ritmo da tenere. A essere onesti infatti, sono stato in grado di andare ancora più veloce rispetto al piano che avevamo stabilito. Sono stato in grado di aggiungere altri 10-15 watt e dopo trenta minuti ho sentito che non ero ancora al limite. Al secondo intermedio sapevo anche di essere più veloce di Pippo (Filippo Ganna, ndr) e questo mi ha dato una spinta, soprattutto perché stava arrivando un tratto che andava su e giù bruscamente. Sapevo che avrei perso qualcosa nel tratto finale in discesa per la differenza di peso, ma anche che avrei riguadagnato sull’ultima salita. E’ stata un coltello nelle gambe, ma la nostra strategia è stata perfetta».

Ganna dice di aver fatto una crono al massimo delle sue possibilità: di più non poteva
Ganna dice di aver fatto una crono al massimo delle sue possibilità: di più non poteva

I limiti da superare

Ganna lo dice chiaro: più di questo non posso andare, servirà trovare una soluzione legata ai materiali o all’aerodinamica. Il pensiero è legittimo, se la differenza è la stessa dai primi chilometri e rimane invariata quasi a parità di spinta.

«Remco è giovane – dice Pippo – è il futuro, ma anche il presente. E’ colui con cui dovrò fare i conti se vorrò vincere ancora la maglia iridata, ma penso che migliorare nella performance sarà dura. I numeri sono già alti. Abbiamo due strutture completamente differenti, per cui credo che si dovrà provare a lavorare sull’aerodinamica. La mia strategia di gara era chiara. Dovevo cercare di stare vicino alla soglia il più a lungo possibile e credo alla fine di non aver mai fatto una crono di questo livello in vita mia. Devo proprio trovare una soluzione per la mia aerodinamica».

Dopo l’arrivo, con Velo che commenta la sua prestazione e i distacchi sempre costanti
Dopo l’arrivo, con Velo che commenta la sua prestazione e i distacchi sempre costanti

Tre gare, tre medaglie

E’ stanco, anche un po’ deluso, ma ha lottato da guerriero: possiamo solo dirgli grazie. Durante il riscaldamento è parso sereno, come in mattinata confermava anche Piero Baffi che si prende cura delle sue gambe. Lo dipingeva sereno, alla vigilia di una delle tante crono, con la differenza che avrebbe avuto davanti il meglio al mondo. Anche se poi sono bastati pochi chilometri per capire che il nemico da battere sarebbe stato proprio Evenepoel.

«Sono stanco – dice Ganna – sono qui da due settimane, prima per la pista e ora per la crono. Certo l’oro è meglio dell’argento, ma dalla pista sono uscito con un oro e un argento e qui ho preso un altro argento. Non mi posso lamentare. Remco è stato più forte, ma non so quanti in questi mondiali siano andati a medaglia in ogni gara che abbiano fatto. E’ duro fare pista e strada in cinque giorni. Passare da gare di quattro minuti a gare di un’ora. E ora devo recuperare per la Vuelta. La squadra mi ha voluto per la prima cronosquadre e non so in quali condizioni sarò dopo altri venti giorni di gara. Cercherò di stare vicino a Thomas…».

Il vento e le ruotone

Da una maglia iridata all’altra, Evenepoel ha risposto al passaggio a vuoto dopo il mondiale su strada, in cui era fra i più attesi e che invece ha lasciato con un bilancio passivo peesantissimo.

«E’ un peccato che quel giorno siamo arrivati secondi con Van Aert – risponde – ma per me quella gara è stata troppo dura, troppo esplosiva. Avevo buone gambe, ma non era il mio tipo di corsa. Oggi lo è stato molto di più (ride, ndr). Ci siamo concentrati su questo appuntamento per molto tempo, sono felice che tutte quelle ore di lavoro siano state ripagate. L’unico problema che ho avuto è stato il vento. Ho usato le ruote più alte con cui mi ero allenato per tutta la settimana. La bicicletta era perfetta, solo sarebbe servito che pesassi qualche chilo di più (ride di nuovo, ndr)».

Poche feste

Remco è prevedibilmente di buon umore, ma ha un timbro di voce calmo e riflessivo. Racconta che il suo prossimo traguardo è la Vuelta, ma che nel suo mirino prima o poi finiranno anche il Giro e il Tour, per i quali dovrà migliorare ancora. E semmai si lamenta che non potrà festeggiare come vorrebbe.

«L’anno scorso vinsi la Vuelta – racconta e ride – e mi toccò fare solo una piccola festa, perché poi bisognava partire per la trasferta australiana che era complicata. Adesso non vedo l’ora di ripartire e trascorrere qualche giorno a casa con mia moglie e la mia famiglia, che non vedo da tanto. Poi tornerò in altura e da lì andrò alla Vuelta».

I suoi tifosi sono ancora fuori che lo reclamano in questa serata che avrà immancabilmente il sapore della birra al pari del giorno, nell’esplosione di grida lungo il percorso e di urla selvagge al suo indirizzo quando è salito sul podio. In questa serata di festa, annotiamo che Remco non ha voluto rispondere alla domanda sul suo futuro alla Ineos. Ha guardato fisso il giornalista che gliel’ha fatta, poi si è rivolto alla moderatrice della conferenza: «Next question». La prossima domanda.

Quei tandem azzurri che puntano forte al tetto del mondo

11.08.2023
5 min
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GLASGOW – C’è perfetto equilibrio. Quelli del tandem sono due atleti che devono spingere insieme, oscillare insieme, crederci insieme. Uno vede e di conseguenza guida. L’altro non vede, per cui si affida e spinge ugualmente forte. Non funziona che più è forte il velocista davanti e più si va forte: se non c’è intesa, non si va lontano. Perciò quando nel velodromo di Glasgow ci troviamo di fronte Stefano Meroni e Francesco Ceci (in apertura, foto SW Pix), la sensazione è quella di avere davanti un equipaggio completo e forte, che si compensa abbattendo le differenze. 

«La coppia con questo ascolano – sorride Meroni, 35 anni di Lurago – si è formata in fretta, quasi in laboratorio, ma sta dando grandi soddisfazioni. Perché funzioni deve scattare la consapevolezza di cosa si sta facendo, perché lo si sta facendo, capire l’importanza e la bellezza di questo sport. A quel punto le gambe si sintonizzano in automatico. L’intesa personale deve diventare intesa fisica. Io devo sentire dai pedali cosa succede, cosa sta per fare Francesco da ogni suo movimento. Nello stesso istante, lui sente come mi muovo io. Bisogna capire, leggersi e imparare a leggere qualsiasi cosa fa il corpo dell’altro».

Ceci e Meroni vanno insieme sul tandem da febbraio: un tempo brevissimo che fa pensare ad ampi margini
Ceci e Meroni vanno insieme sul tandem da febbraio: un tempo brevissimo che fa pensare ad ampi margini

La guida di Ceci

Non esiste una ricetta per dire in quanto tempo nasca questa alchimia così esclusiva. I due azzurri, guidati da Silvano Perusini, lavorano insieme appena da gennaio, per cui se da un lato i risultati cronometrici e la medaglia ottenuti in questi mondiali sono una vera iniezione di fiducia, dall’altro sanno benissimo di dover lavorare ancora molto per l’obiettivo olimpico.

«Queste gare sono proprio convulse – prosegue Meroni – sono nervose e penso che anche Francesco possa confermare che abbiamo fatto tutto quello che lui aveva in mente. Penso di essere riuscito a seguirlo e assecondarlo. Francesco non è bravo, Francesco è il migliore, sono due cose diverse…». 

L’intesa è la chiave di volta del tandem, tra Ceci e Meroni c’è già un’ottima intesa (foto FCI)
L’intesa è la chiave di volta del tandem, tra Ceci e Meroni c’è già un’ottima intesa (foto FCI)

Senza parole

Ceci ascolta e sorride, con l’orgoglio che torna a galla. Le parole di Ivan Quaranta nei giorni scorsi hanno confermato che il suo livello prestativo e la sua esperienza farebbero ancora comodo al gruppo azzurro, ma adesso la sua pista è questa e la rivendica con orgoglio.

«Il primo giorno che siamo entrati in pista – sorride con una punta di ironia – c’erano le gare del team sprint dei ragazzi di Quaranta e Perusini mi ha chiesto quanta voglia avessi di salire anche io in pista con loro. Mi conosce e mi ha capito, ma io ho capito che anche così possiamo avere la nostra occasione. Questi mondiali sono il punto di partenza, ci siamo ritrovati di punto in bianco a imparare tutto da capo.

«Nella prima batteria ho avuto qualche difficoltà di guida. Poi abbiamo fatto qualche modifica tecnica e nelle ultime prove ho visto una sintonia completa. Ci siamo capiti così bene che solo una volta ho dovuto urlare di andare a tutta e non sono neanche certo che mi abbia sentito. Le altre coppie le vedo parlare molto di più».

Francesco Ceci è tornato ad allenarsi a gennaio. Ha vinto il titolo italiano del chilometro e ha sposato il tandem (foto SW Pix)
Francesco Ceci è tornato ad allenarsi a gennaio. Ha vinto il titolo italiano del chilometro e ha sposato il tandem (foto SW Pix)

Due impiegati

Di Ceci abbiamo detto e del suo lavoro come agente di Polizia Penitenziaria, da quando le Fiamme Azzurre lo hanno rimosso dal gruppo sportivo. Di Meroni sappiamo decisamente meno, a parte il buon umore che trasmette col suo sorriso e il suo entusiasmo.

«Sono un funzionario pubblico dei tributi locali – spiega – e fortunatamente grazie ai colleghi e alla turnazione del lavoro ho molto tempo per allenarmi. Quindi riesco a far convivere serenamente le mie due vite parallele. Siamo più o meno nella stessa posizione, anche lavorativa. Siamo due timidi impiegati, che poi vanno in pista e si trasformano…».

Anche Bissolati e Colombo collaborano da soli due mesi e mezzo e hanno preso un argento
Anche Bissolati e Colombo collaborano da soli due mesi e mezzo e hanno preso un argento

Obiettivo Parigi

Infatti Ceci ha già fiutato la preda e punta forte sulla possibilità di arrivare alle Paralimpiadi, coinvolto da Silvano Perusini in questo progetto pista che in pochi giorni ha portato all’Italia un interessante messe di risultati, a partire dalle medaglie di Claudia Cretti.

«Si può solo migliorare – dice – anche considerando che io ho ripreso gli allenamenti a gennaio e ci siamo visti per la prima volta a febbraio. La prima volta abbiamo usato il suo tandem, poi abbiamo cambiato tutto e i materiali nuovi li abbiamo avuti tutti a disposizione proprio qui. Gara dopo gara ci rendiamo conto che l’affinità cresce. Quello che abbiamo fatto qui è il minimo sindacale, non tanto nella velocità, quanto nel chilometro da fermo. Ci siamo resi conto che abbiamo perso nel primo giro i due secondi che ci dividono dalla medaglia d’argento e almeno un secondo e mezzo nel primo mezzo giro. Quindi sappiamo dove lavorare, considerando che invece nell’ultimo giro abbiamo recuperato quasi mezzo secondo sui primi tre tandem».

Nella velocità a squadre, per l’Italia un argento che vale, festeggiato con il presidente Dagnoni (foto FCI)
Nella velocità a squadre, per l’Italia un argento che vale, festeggiato con il presidente Dagnoni (foto FCI)

La medaglia d’argento

Nell’ultima serata di gare, per l’Italia dei tandem è venuto l’argento nella velocità a squadre, in cui le due coppie – femminile (Elena Bissolati e Chiara Colombo) e maschile (gli stessi Ceci e Meroni) – partono insieme e quando le ragazze si spostano, sta agli uomini fare gli ultimi giri e fermare il tempo. Eravamo contrapposti ai britannici e alla fine abbiamo dovuto piegarci.

«Sono molto soddisfatta – ha detto Chiara Colombo, al battesimo mondiale – veramente tantissimo. Non mi aspettavo un risultato come questo in così poco tempo, abbiamo iniziato a lavorare insieme da due mesi e mezzo. Abbiamo lottato per l’oro, non certo una cosa di ripiego. Spero sia stata la prima di tante occasioni, da qui si può solo crescere e magari un giorno anche noi prenderemo quella medaglia d’oro».

Da Imola a Stirling, Dygert ha chiuso il cerchio

11.08.2023
7 min
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STIRLING – Dopo essere rimasta seduta ben più di un’ora sulla hot seat con il miglior tempo della crono, Chloe Dygert e la sua voce molto roca hanno fatto tappa davanti ai giornalisti per riallacciare il filo che si era spezzato nel 2020 in una discesa della crono di Imola. I capelli legati sopra la testa, lo sguardo scintillante.

Era campionessa del mondo in carica per aver battuto Van der Breggen e Van Vleuten l’anno precedente, quando perse il controllo della bici in un tornante in discesa e finì contro il guard rail, che come una lama tagliò i muscoli della sua gamba sinistra.

Tre anni molto duri

La rincorsa richiese tempo e pazienza. E se già l’americana commosse tutti vincendo il campionato nazionale della crono nel 2021 poi strappando il settimo posto nella gara olimpica di Tokyo, il vero ritorno è datato 2023. Nel mezzo infatti, una bruttissima mononucleosi e un intervento al cuore hanno azzerato il 2022.

«Sì, arrivare sin qui – ha detto ieri pomeriggio – è stata sicuramente una strada difficile. Sono stati tre anni molto duri. C’erano momenti in cui non mi importava più della mia vita. Pensavo che non sarei stata mai più bene. Dopo l’incidente di Imola, ho perso 3 pollici di circonferenza della mia gamba sinistra e per ora è ancora un pollice più piccola. A tratti ho ancora dolore, ad esempio alla schiena, quando il mio corpo inizia a compensare».

Dygert è partita fra le prime, poi è rimasta in attesa per oltre un’ora
Dygert è partita fra le prime, poi è rimasta in attesa per oltre un’ora
Come sei riuscita a superarlo?

Ancora una volta, non l’ho affrontata da sola. Ho un’enorme rete di supporto che mi circonda, dallo staff tecnico della mia squadra e della nazionale, alla mia famiglia. Devo molto a tutti loro. All’inizio della stagione era in discussione se avrei corso di nuovo, perciò se sono qui sulla sedia del vincitore è anche grazie al grande supporto di tutti quelli che ci sono dietro di me. Questo significa molto per noi. Abbiamo creduto nel piano di Dio e per questo sono davvero grata».

Perché era in discussione se avresti continuato?

A novembre ho dovuto operarmi al cuore per un’aritmia che mi toglieva tranquillità. L’intervento ha aiutato, ma ci sto ancora facendo i conti. Ci sono alcuni momenti mentre pedalo, in cui sembra che il problema voglia presentarsi di nuovo. E’ uno spavento. Se succede durante un momento importante di gara, devo fermarmi e lasciarlo passare, perché a quel punto ci sarebbe in gioco la mia vita.

A quel punto però sei potuta ripartire?

Un mese dopo l’operazione sono stata malata per circa quattro settimane. Quindi ho avuto un incidente durante un training camp con la squadra e mi sono strappata un muscolo della gamba già infortunata. Quindi tecnicamente non ho iniziato ad allenarmi prima di marzo. Sono andata a farlo nello Stato di Washington, dove già in precedenza avevo vissuto la mia preparazione. Ho fatto un mese di lavoro molto intenso e poi sono venuta in Europa e ho iniziato con la Vuelta, la mia prima gara dell’anno, poi Burgos, London Ride Classique e il Giro d’Italia. Di solito le corse così lunghe non mi piacciono, ma mi hanno permesso di trovare un’ottima condizione.

Al Giro d’Italia Donne 2023 Dygert ha portato a casa due podi
Al Giro d’Italia Donne 2023 Dygert ha portato a casa due podi
Perché sei senza voce?

Sono stata a lungo nel velodromo e penso che là dentro ci fossero tante malattie in corso. Sono stata solo sfortunata a prendermi qualcosa. Oggi è il quinto giorno di questo raffreddore, se la crono ci fosse stata un giorno prima, non credo che sarei stata in grado di correre.

Perché?

Quando corro, ho bisogno di sentire l’odore della gara. E’ stato un grande vantaggio per me stamattina quando mi sono svegliata, poter annusare un po’ l’aria. Così sono salita sui rulli, ho pedalato per 30 minuti e le gambe mi sono sembrate decenti. Nell’ultima settimana, non ho mai pedalato per più di un’ora, quindi mentalmente ho cercato di capire se avrei avuto o meno le forze per la crono. Per fortuna ho avuto qualche giorno di recupero in più.

Perché distanze così brevi?

Avevo fatto solo i lavori della pista, per cui questa crono è stata decisamente 16 chilometri troppo lunga (le donne elite hanno corso sulla distanza di 36,2 chilometri, ndr). Da un certo punto in poi, non riuscivo a recuperare il respiro e ho iniziato a sentire la fatica.

A Glasgow, Chloe Dygert ha conquistato il quarto iride nell’inseguimento col tempo di 3’17″542
A Glasgow, Chloe Dygert ha conquistato il quarto iride nell’inseguimento col tempo di 3’17″542
E come l’hai gestita?

Ero nervosa. Sapevo che Grace Brown stava per arrivare e che il finale era molto adatto a lei. Sapevo che sarebbe stata una di quelle da guardare. Ho fatto tutto il possibile per arrivare al traguardo. Sono davvero fortunata che sia bastato addirittura per vincere.

La tua storia può essere di ispirazione, secondo te?

Forse sì, ma è difficile dirlo per me vivendoci dentro. Sto solo cercando di essere una persona migliore, ogni giorno, dentro e fuori dalla bici. Spero solo che si sappia tutto quello che faccio e come agisco.

Domenica punterai alla gara su strada?

La crono era il mio obiettivo principale. Se non mi sentirò al 100 per cento per la gara su strada, non toglierò spazio alla squadra. Prenderò la decisione nei prossimi giorni per vedere se avrò recuperato. Ma se mi sento bene, allora sì, penso che sarà una bella gara. Sarà dura e non vedo l’ora, perché abbiamo una squadra davvero forte.

L’infortunio del 2020 è avvenuto durante una crono, ma qui prima hai vinto l’inseguimento. Quale vittoria ti ha dato più emozioni?

Questa è una bella domanda. Ogni volta che indossi la maglia iridata, ogni volta che ascolti il tuo inno nazionale, è un onore assoluto perché lavoriamo tutti per questo momento. Io ho una storia. Ho degli infortuni che ho dovuto superare. Ho dovuto lavorare sodo come tutti gli altri per arrivare a questo momento. E alla fine della giornata, non mi sentirei di cambiare qualcosa di tutto quello che ho vissuto. Tutti abbiamo degli ostacoli da superare. Perciò non so dire se sia stato meglio vincere l’inseguimento o questa crono. Penso che alla fine sia un onore assoluto poter indossare questa maglia.

Possiamo dire che il momento nero sia alle spalle?

Sono tre anni che cerco di tornare e sento che questo è stato il primo tentativo riuscito. Sono davvero grata e felice. Non sono ancora al 100 per cento, ma sono in buona salute. Non vedo l’ora che arrivi la fine dei mondiali per vedere a che punto sarà la mia forma fisica.