Da Sestriere a Roma, Verre e quel colpo di coda da cui ripartire

05.06.2025
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Anche se la carovana del Giro d’Italia è sempre quella e per 21 giorni – in realtà, tra riposi e vigilia si arriva a 28 – viaggia tutta insieme, non sempre ci si incontra tanto è grande e tanti sono gli impegni. E noi Alessandro Verre lo abbiamo finalmente incrociato giusto la mattina di Verres (il gioco di parole è del tutto casuale!).

Un ragazzo che conosciamo da tempo, che abbiamo visto crescere, che abbiamo seguito persino nella più bella nazionale under 23 di Marino Amadori: quella che lottava con Filippo Zana all’Avenir e vinceva il mondiale a Leuven con Baroncini. E così il piacere è stato reciproco.

Quanto calore per Verre, eccolo firmare uno striscione che riprendeva il noto slogan di un liquore lucano… come lui (foto @sof.flum)
Quanto calore per Verre, eccolo firmare uno striscione che riprendeva il noto slogan di un liquore lucano… come lui (foto @sof.flum)

Quella voce impressionante

E’ stata la stessa voglia di Alessandro Verre di confidarsi. «Quando sono stato male, ragazzi. La mattina di Bormio, sul bus avevo il fiatone solo a prepararmi – raccontava il lucano della Arkéa-B&B Hotels – non riuscivo proprio a respirare. Ho pensato: oggi non la finisco. E quindi che sarei tornato a casa».

Mentre Alessandro parlava ci dirigevamo insieme verso la partenza della tappa. Lui verso il gruppo, noi verso la nostra macchina, entrambi in direzione Sestriere. Parlava, ma la sua voce era quella tipica di chi ha un raffreddore importante, una voce nasale. Non il suo solito timbro. Ecco perché fino a quel momento il lucano si era visto poco in corsa. Aveva fatto più cicli di antibiotici.

Ma da lì a poche ore la sua corsa rosa sarebbe cambiata. Avrebbe preso tutt’altro indirizzo, passando da un Giro “anonimo” – almeno per chi non sapeva – a un Giro da combattente vero.

Per due terzi di Giro Verre ha avuto a che fare con raffreddore, tosse e antibiotici. Anche per questo è stata importante la sua reazione (foto Instagram)
Per due terzi di Giro Verre ha avuto a che fare con raffreddore, tosse e antibiotici. Anche per questo è stata importante la sua reazione (foto Instagram)

Verre presente

Verre va in fuga. Sulle salite della 20ª tappa il gruppo si assottiglia fino a scatenare la bagarre definitiva sul Colle delle Finestre. Scappano in due: lui e Harper. Poi l’australiano prenderà il largo. Dietro Wout Van Aert prima e Simon Yates poi riprenderanno tutti i fuggitivi, tranne loro due.

All’arrivo, quel pianto liberatorio e forse anche delle risposte che sono arrivate proprio in extremis. E che vi abbiamo raccontato in presa diretta mentre tutti davano l’assalto a Simon Yates, re del Giro, e a Isaac Del Toro, il grande sconfitto.

«Abbiamo sparato le ultime cartucce – diceva Verre – le ultime energie che c’erano. Anche se non è una vittoria, per me vale come una vittoria. E anche per la squadra: tutti sanno il periodo difficile che stiamo vivendo in Arkea-B&B Hotels». Con grandi probabilità la squadra bretone sarà costretta a chiudere i battenti. Sembra addirittura che il team manager Huber abbia dato il via libera ai suoi corridori in vista del 2026.

«Questa bella prestazione – riprende Verre – perciò va a tutti: alla squadra, alla mia famiglia, ai miei amici. Quel mio pianto era dunque di rabbia».

Verre (classe 2001) all’arrivo del Sestriere
Verre (classe 2001) all’arrivo del Sestriere

Una salita durissima

«Prima del Colle delle Finestre mi sentivo benissimo, solo che questa salita non è stata adatta a me.
E non tanto per lo sterrato (Verre viene dalla mtb, ndr) ma perché era davvero troppo lunga. Non sono abituato a salite di un’ora e passa.

Nonostante tutto avevo un po’ di fiducia, ma negli ultimi metri sull’asfalto ho capito che si sarebbe fatto difficile. Ho cercato subito di prendere il ritmo di Harper. Poi, quando ho visto che stavo per andare in crisi, ho cercato di gestire e salire al mio ritmo. Ma in quegli ultimi dieci chilometri la salita era interminabile. Infinita».

Al netto delle difficoltà della Arkéa, Verre sarebbe stato comunque in scadenza di contratto. Pertanto, essersi messo in mostra in una frazione tanto dura e sul palcoscenico del Giro è stato importante. Ma soprattutto quell’azione gli ha dato la fiducia anche per la seconda parte di stagione.

L’arrivo in parta di Roma con un poliziotto in moto da una parte e l’ex compagno di fuga, Martin Marcellusi, dall’altra

Da Sestriere a Roma

E guarda caso, il giorno dopo lo abbiamo ritrovato in fuga persino nel circuito di Roma, non certo il suo terreno, visto che parliamo di un atleta che sfiora i 60 chili ed è uno scalatore. Ma quando poi la testa si sblocca, anche le gambe si sbloccano… specie se il peggio del raffreddore e degli antibiotici inizia a essere alle spalle. Quel tentativo ci è piaciuto da matti. Una gran bella reazione.
E’ stato come dire: «Io ci sono. Io sono questo, non quello delle tappe precedenti».

«Quello del Sestriere – dice Verre – è stato il mio primo podio tra i professionisti. Se penso che qualche giorno prima volevo andare a casa…».

«La fuga di Roma? E’ stata più per divertimento e anche per confermare quanto avevo fatto il giorno prima. Chiaramente sapevamo che il gruppo non ci avrebbe lasciato troppo spazio, però è andata. Nella riunione sul bus, quasi quasi sono stato io per primo – e poi i miei compagni – a proporla. Ho visto che stavo bene e ci ho provato».

In questi giorni Verre sta proseguendo la sua fase di recupero. Niente bici. Poi inizierà il lavoro verso il Tour de Suisse e il campionato italiano… magari per dare una mano, insieme a Giosuè Epis a Luca Mozzato.

Inaugurato a Reggio Emilia il primo Merida Store in Italia

05.06.2025
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Il mondo delle due ruote segna una tappa importante in Emilia-Romagna con l’inaugurazione del primo Merida Store ufficiale in Italia, avvenuta lo scorso martedì 20 maggio a Reggio Emilia. Non si tratta soltanto di un nuovo punto vendita, ma di un vero e proprio hub dedicato al ciclismo, pensato per accogliere, ispirare e connettere la community locale. A due passi dalla sede italiana del brand, lo store si propone come spazio espositivo, luogo di ritrovo e centro pulsante per eventi, incontri e pedalate di gruppo.

L’inaugurazione si è svolta in concomitanza con un evento ciclistico davvero prestigioso: il passaggio del Giro d’Italia a Castelnovo ne’ Monti, rendendo la settimana particolarmente simbolica per gli amanti delle due ruote. La serata ha richiamato decine di appassionati, atleti professionisti e ambassador del marchio, trasformando così l’evento in una vera e propria festa del ciclismo.

Ad accogliere il pubblico è stato Paolo Fornaciari, CEO di Merida Italy, che ha evidenziato quanto l’apertura di questo store rappresenti una scelta strategica in un territorio fortemente legato alla cultura ciclistica. A Fornaciari ha fatto eco Paolo Ferretti, sottolineando come, in un momento delicato per il mercato del ciclo, Merida scelga di investire e rilanciare con un messaggio positivo e concreto.

L’inaugurazione del Merida Store di Reggio Emilia è avvenuta il 20 maggio
L’inaugurazione del Merida Store di Reggio Emilia è avvenuta il 20 maggio

Testimonial d’eccezione e storie di ciclismo

L’evento ha visto la partecipazione di nomi di spicco del panorama ciclistico: Alessandro Vanotti, ex professionista su strada, ha condiviso emozionanti aneddoti sulle tappe del Giro; la pluricampionessa mondiale di XCE Gaia Tormena, testimonial Merida, ha raccontato la sua esperienza, esponendo anche la sua BIG.NINE personalizzata con l’iride, in bella vista all’ingresso. Presenti anche Alessia Mancini, triatleta fiorentina già campionessa europea, Bruno Zanchi, ex campione del mondo di downhill e oggi team principal del Team Fristads Comes Merida, il colombiano Diego Arias (Metallurgica Veneta MTB Pro Team), e l’altoatesina Eva Lechner, che ha recentemente concluso proprio pedalando una Merida una carriera straordinaria durata 25 anni (tutti gli atleti e gli ambassador sono insieme nella foto di apertura).

Il taglio del nastro e il brindisi finale hanno poi chiuso la serata in un’atmosfera di entusiasmo, condivisione e voglia di pedalare insieme.

Lo store è anche un luogo dove ammirare le novità del brand e tutte le bici realizzate: dalla strada alla mtb
Lo store è anche un luogo dove ammirare le novità del brand e tutte le bici realizzate: dalla strada alla mtb

Uno spazio moderno e funzionale

Il nuovo Merida Store di Reggio Emilia si estende su circa 300 metri quadrati e si caratterizza per un design pulito e moderno, con ampie vetrate che valorizzano ogni dettaglio dell’esposizione. L’allestimento è concepito per guidare il visitatore tra le varie discipline del ciclismo, evidenziando la versatilità della gamma Merida.

Sul lato sinistro, i riflettori sono puntati sull’universo delle e-bike “off-road”, con protagoniste come la eONE-SIXTY, seguite dalla gamma gravel Silex, anche in versione elettrica. Dalla parte opposta, dominano le mtb con le varie declinazioni della BIG.NINE, per poi arrivare all’eccellenza della strada, rappresentata dalle linee Scultura e Reacto. Non manca poi un’ampia sezione dedicata all’abbigliamento tecnico Santini, partner esclusivo del punto vendita.

A guidare i visitatori nella scelta del mezzo più adatto c’è Mattia Setti, store manager con una solida esperienza nel settore, sempre pronto a consigliare la bici giusta per ogni esigenza.

Il Merida Store non vuole essere solo uno spazio commerciale, ma un luogo di incontro per chi vive il ciclismo come stile di vita. Nei prossimi mesi sono in programma eventi, presentazioni, test bike e uscite di gruppo, pensati per alimentare la connessione tra i membri della community ciclistica di Reggio Emilia e non solo.

Merida

La Lidl-Trek del Giro: Guercilena e lo spirito di squadra

05.06.2025
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La Lidl-Trek ha appena concluso un Giro d’Italia davvero memorabile nella storia della squadra. Sei vittorie di tappa con tre corridori diversi, 17 piazzamenti nei primi dieci, cinque giorni in maglia rosa e una maglia ciclamino dominata fin dal primo giorno con Mads Pedersen.

Quello che però ha colpito è stato anche lo spirito di squadra che hanno dimostrato durante le tre settimane. Ciccone in testa nelle tappe di pianura, il campione del mondo di Harrogate che si metteva a disposizione dei compagni nelle tappe più impegnative, e molto altro. Come si costruisce una coesione simile? L’abbiamo chiesto a Luca Guercilena, direttore generale della squadra.

Luca Guercilena, direttore generale della Lidl-Trek
Luca Guercilena, direttore generale della Lidl-Trek
Luca, quello appena concluso è stato il vostro miglior Giro di sempre?

Altre volte abbiamo vinto delle tappe e anche la maglia a punti, ma mai dominandola così. Questa volta poi le tappe vinte sono state 6, obiettivo che non avevamo mai raggiunto non solo al Giro d’Italia, ma in generale in nessun Grande Giro. Il fatto poi che siano arrivate con 3 corridori diversi rende tutto ancora più straordinario.

E in tutto questo avete perso per strada Ciccone, che sembrava avere finalmente l’occasione per puntare ad una buona (ottima?) classifica. 

Quello è un grande rimpianto. Aveva superato molto bene le due cronometro e c’erano molte salite adatte a lui nella terza settimana, quindi è chiaro che è un dispiacere che non abbia potuto sfruttare questa possibilità. Il Giro sembra stregato per Giulio, per un motivo o per l’altro non è mai riuscito a dimostrare le sue potenzialità, e quest’anno aveva dimostrato di essere nella posizione e nella posizione migliore. Ma ci riproverà, ci riproveremo.

Pronti via e subito tappa e maglia rosa per Pedersen e la sua squadra
Pronti via e subito tappa e maglia rosa per Pedersen e la sua squadra
Il vostro spirito di squadra è parso subito qualcosa di speciale.

Direi che è da sempre una nostra caratteristica. Ci sono squadre che fanno risultati con un solo atleta, noi invece abbiamo cercato di essere un gruppo che si aiuta a vicenda. Poi avere Mads ci ha fatto un salto di qualità, è ovvio che una squadra competitiva si compatta, perché vincere aiuta a vincere. La vittoria di Hoole invece si costruisce nel tempo, con la ricerca sui materiali e con il lavoro specifico per le crono. La tappa conquistata da Verona dimostra il suo grande carattere, ha fatto vedere come fossimo pronti ad sostenere Giulio nelle tappe più dure.

Come si crea questo spirito, è un indirizzo dello staff oppure nasce spontaneamente dai corridori?

Da noi non c’è un grandissimo turnover, tanti corridori stanno per molti anni col team e quindi si riesce a costruire un rapporto solido, poi viene tutto più facile. Nelle ultime stagioni abbiamo aumentato i ritiri prima delle gare, quindi i ragazzi condividono molti giorni assieme, l’hanno fatto anche prima del Giro. Poi in una gara di tre settimane i problemi ci sono sempre, ma con un gruppo affiatato si risolvono molto meglio.

Nella frazione con arrivo a Siena, Vacek (qui in seconda posizione) è stato protagonista di un grande rientro su Del Toro e Van Aert
Nella frazione con arrivo a Siena Vacek (qui in seconda posizione) è stato protagonista di in grande rientro su Del Toro e Van Aert
Abbiamo già accennato ai vincitori di tappa e a Ciccone, ma anche il giovane Vacek ha fatto bella mostra di sé.

Mathias è un atleta che rientra nel gruppo delle classiche, che ha condiviso con Mads. E’ giovane e deve ancora prendere le misure, ma credo che in questo Giro abbia dimostrato le qualità che ha. Nella tappa di Siena per esempio, o anche in quella di Vicenza, ha fatto dei numeri incredibili. Con l’esperienza diventerà un punto di riferimento.

Solo per le classiche o in futuro anche in ottica classifica generale?

Per il ciclismo di oggi, almeno in questo momento, è un atleta che può fare bene nelle classiche o in alcune tappe. I migliori si aggirano sui 65-67 kg, mentre Vacek è sopra i 70 kg quindi viene più difficile pensare alla classifica. Con il tempo e con un’altimetria particolare, mai dire mai. Per ora lo vedo per le singole tappe e per le classiche.

Pedersen si è spesso speso in prima persona per i compagni, come nella tappa degli sterrati
Pedersen si è spesso speso in prima persona per i compagni, come nella tappa degli sterrati
La tappa vinta da Verona ha emozionato tutti. Com’è stata viverla da dentro?

Anche per noi è stata un’emozione grandissima. Carlos si è sempre dedicato agli altri, si è sempre speso per il leader e noi abbiamo cercato di esaltare le sue qualità. Il giorno prima avevamo il morale sotto le scarpe per il ritiro di Ciccone e quella mattina i ds avevano cercato di motivare al massimo i ragazzi. Carlos è riuscito a trasformare quel momento in una grandissima prestazione, sia fisica che di carattere, in una tappa molto impegnativa. Il fatto poi che abbia dedicato quella vittoria a Giulio, avendo anche ad aspettarlo al traguardo tutta la famiglia, è sicuramente una delle cose più belle di questo Giro.

E poi c’è Pedersen, che corre e si comporta come un leader carismatico.

Mads può essere paragonato ad una bandiera della squadra, è passato nel WorldTour con noi e rimarrà con noi. La sua peculiarità è che nonostante sia un campione di livello assoluto, si spende sempre moltissimo. E’ una persona di carisma e gli altri lo prendono come riferimento, perché dà sempre l’anima. Sostiene la squadra e i compagni, quando è il momento di tenere i piedi per terra li tiene, quando invece bisogna spostare l’asticella verso l’alto è il primo a farlo. E’ uno che preferisce dimostrare in prima persona e poi chiedere agli altri, è un grandissimo esempio. E in più gli piace anche scherzare, come si è visto nella scommessa fatta con Mosca.

Ciccone all’arrivo di Gorizia, scortato da tre compagni: ad aspettarli dopo il traguardo c’era tutto il resto della squadra
Ciccone all’arrivo di Gorizia, scortato da tre compagni: ad aspettarli dopo il traguardo c’era tutto il resto della squadra
Infatti forse l’unica a non aver beneficiato di questa compattezza di squadra è forse Elisa Longo Borghini, che si è vista tornare a casa il marito con un taglio di capelli non preventivato…

Forse sì, ma Elisa è stata con noi diversi anni, quindi capisce bene cosa significa fare parte di un gruppo simile, qualcosa che va oltre la performance. L’immagine più bella di questo Giro, non a caso, è quando tutti hanno aspettato Giulio Ciccone il giorno della sua caduta. Un gesto che vale più delle vittorie, perché siamo tutti professionisti, ma per noi l’aspetto umano conta ancora di più.

Ursus apre le porte della sede di Rosà al Team Picnic PostNL

04.06.2025
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In occasione della seconda giornata di riposo del Giro d’Italia, lunedì 26 maggio, lo stabilimento Ursus di Rosà (Vicenza) ha ospitato una visita d’eccezione. A varcare i cancelli dell’azienda vicentina, riferimento tutto italiano operativo nella produzione di ruote ad alte prestazioni, è stata la formazione WorldTour olandese Team Picnic PostNL. Un momento carico di significato tecnico e simbolico, che testimonia il consolidarsi di una partnership di alto profilo e proietta entrambi i protagonisti verso ambiziosi traguardi futuri.

Il legame tra Ursus e il Team Picnic PostNL è relativamente recente, ma si è già rivelato estremamente proficuo. La collaborazione, nata all’inizio della stagione, rappresenta la prima alleanza World Tour per l’azienda veneta, e ha dato vita a uno scambio virtuoso di “know-how”, performance e sviluppo tecnologico. Il simbolo più evidente di questa sinergia è rappresentato dalle nuove PROXIMA Team Edition, le ruote ufficiali utilizzate dalla squadra olandese e già protagoniste di risultati di prestigio.

Durante la visita, guidata dal CEO di Ursus Mirko Ferronato, i corridori Romain Bardet, Casper Van Uden – vincitore della quarta tappa del Giro a Lecce – e Max Poole, insieme al resto della squadra e allo staff tecnico, hanno avuto modo di immergersi nel cuore produttivo dell’azienda. Il tour ha incluso la linea di montaggio, i laboratori di test e ricerca, e l’area dedicata alla progettazione, offrendo agli ospiti un’esperienza completa all’interno di una realtà che da oltre cinquant’anni è sinonimo di innovazione meccanica nel mondo del ciclismo.

Ecco i ragazzi del Team Picnic PsotNL guidati in azienda dal CEO di Ursus Mirko Ferronato
Ecco i ragazzi del Team Picnic PsotNL guidati in azienda dal CEO di Ursus Mirko Ferronato

Un dialogo tecnico costante

«È stato un momento inaspettato e molto gradito – ha commentato Mirko Ferronato – solitamente siamo noi a recarci presso il ritiro dei team durante le corse. Stavolta, invece, sono stati loro a chiedere di conoscere da vicino l’origine dei loro strumenti di lavoro. Un gesto che dimostra interesse e rispetto per il nostro lavoro, ma anche un segnale di quanto la nostra collaborazione sia già diventata solida. La curiosità e l’attenzione con cui hanno seguito ogni fase della produzione ci ha davvero colpiti».

Il confronto diretto tra atleti, ingegneri e tecnici ha evidenziato l’importanza del dialogo continuo tra chi corre e chi costruisce i materiali. Non si è trattato solo di una visita formale, ma di un momento di crescita reciproca. La PROXIMA Team Edition, infatti, è frutto di un lungo processo di test sul campo, con dati scientifici e sensazioni condivise tra gli ingegneri Ursus e i corridori del Team Picnic PostNL.

Gli atleti del team WorldTour olandese hanno sbirciato il processo produttivo dal quale nascono i prodotti usati poi in gara
Gli atleti del team WorldTour olandese hanno sbirciato il processo produttivo dal quale nascono i prodotti usati poi in gara

Innovazione, dedizione, fiducia

«La collaborazione con un team World Tour ci offre l’opportunità di migliorare costantemente i nostri prodotti – ha aggiunto Ferronato – rivelandosi un banco di prova unico, che ci consente di affinare le nostre soluzioni tecniche secondo standard altissimi. E il fatto che una squadra di questo livello scelga di venirci a trovare in una giornata di pausa dalla Corsa Rosa, ci conferma che siamo sulla strada giusta».

La visita del Team Picnic PostNL allo stabilimento Ursus non è stata solo un evento simbolico, ma il riflesso di una partnership che si fonda su valori comuni: innovazione, dedizione, fiducia. Un incontro che racconta il presente e anticipa il futuro, dove tecnologia e passione pedalano fianco a fianco verso nuovi obiettivi.

Ursus

Il primo Giro di Busatto, fra mal di gambe e la scoperta di sé

04.06.2025
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ROMA – Il primo Giro di Francesco Busatto, nel suo secondo anno di WorldTour, ha il buon sapore del quarto posto di Tirana nel giorno del debutto, accompagnato anche dal primo cartellino giallo. In quei giorni di inizio corsa è stato come se i giudici preposti alle ammonizioni abbiano voluto far capire chi comandasse e poi, una volta fatto passare il messaggio, si siano chetati. A 22 anni e con un trolley pieno di speranze, il vicentino è partito per la corsa rosa senza sapere più di tanto cosa aspettarsi, ma con la curiosità di scoprirlo.

Che cosa ti aspettavi dal primo Giro?

In realtà già finirlo era sarebbe stato buon obiettivo. Essendo il primo, sono arrivato in corsa con la prospettiva di uscirne meglio e secondo me è andato molto bene. Sono riuscito a fare un buon risultato nella prima tappa e poi mi sono messo un po’ in evidenza nell’ultima settimana. Mi sono anche un po’ sorpreso che comunque, essendo veramente stanco, avessi ancora le gambe per farlo. Ma alla fine è così per tutti, però personalmente non lo avevo mai provato.

Come descriveresti la fatica di svegliarsi ogni giorno, fare i conti col mal di gambe e cercare degli obiettivi?

Diventa quasi una routine. Sono le prime pedalate a inizio tappa quelle in cui si sente veramente un gran mal di gambe, però sei obbligato a seguire gli altri e poi, chilometro dopo chilometro, cominci a stare sempre meglio. Alla fine scopri che le gambe le hai, quindi è una fatica comune a tutti quanti ed è davvero una gran fatica (sorride, ndr).

Per un giorno in maglia bianca, ecco Busatto nella crono di Tirana, dopo il quarto posto della prima tappa
Per un giorno in maglia bianca, ecco Busatto nella crono di Tirana, dopo il quarto posto della prima tappa
C’è stato un momento in cui stavi per mollare?

No, però c’è stato un momento in cui ero parecchio in difficoltà dopo la seconda caduta. Non ho fatto tanta fatica a finire le tappe successive, diciamo quelle subito dopo. Però ho iniziato a dormire male, riposarsi bene è diventato parecchio impegnativo e lì lo sforzo è stato soprattutto mentale. Però sono riuscito a passare anche questo e qualora dovesse ricapitarmi una cosa di questo genere in futuro, saprei di dover tenere duro, perché un Grande Giro è lungo e può succedere di tutto.

Con i compagni si crea un rapporto speciali in questi 21 giorni?

Il Giro unisce. Siamo una squadra e siamo tutti nella stessa barca, la fatica è per tutti. Ci aiutiamo a vicenda e questo crea un bel clima di amicizia.

C’è stato un giorno in cui durante il Giro hai visto un bel Busatto?

Sicuramente nella prima tappa, in cui ho ritrovato un buon livello che nelle settimane precedenti facevo fatica ad avere. Insomma, dopo un inizio di stagione difficile, quel quarto posto mi ha dato molta motivazione e la consapevolezza che sono periodi che si attraversano continuamente. Per cui non bisogna cedere di testa, ma bisogna tenere duro perché prima o poi se ne esce.

Piazzola sul Brenta, a pochi chilometri da Bassano. Piove, ma a Busatto arriva il calore di casa
Piazzola sul Brenta, a pochi chilometri da Bassano. Piove, ma a Busatto arriva il calore di casa
Ad aprile non eri parso molto ottimista sul tuo futuro immediato, è bastato riallenarsi bene per riprendere il filo?

Penso che finalmente abbiamo trovato il giusto bilanciamento tra allenamento e riposo e questo mi ha dato tutta un’altra gamba. E poi ho fatto un bel periodo in altura a Sierra Nevada, dove non ho mai avuto alcun tipo di acciacco, nessuna influenza. E’ andato tutto liscio e questo mi ha permesso di trovare anche un’ottima condizione.

Quindi è vero che il Grande Giro fa crescere il motore?

Secondo me sì, sia per una questione fisica sia per una questione mentale. Ci si abitua a fare fatica ogni giorno.

Si dice che per tenere botta così a lungo serve evitare gli inutili sprechi di energia: è davvero così?

In realtà non penso di aver mai fatto niente di estremo. Alla fine si va sempre a tutta e ogni tappa sembra una corsa di un giorno, come se non ci fosse un domani. Per cui quello che fanno gli altri, lo fai anche tu perché sei obbligato. In questo modo inizi a prendere anche un certo modo di correre che non è proprio al risparmio, diciamo, però ti dà sicuramente un’altra condizione.

Cesano Maderno, Busatto 13°: si piazza secondo nello sprint del gruppo alle spalle di Denz che ha vinto
Cesano Maderno, Busatto 13°: si piazza secondo nello sprint del gruppo alle spalle di Denz che ha vinto

Il programma prevede ora due impegni a metà giugno: il Grosser Preis des Kantons Aargau il 13 giugno e il Giro dell’Appennino del 24, poi si vedrà quali saranno gli effetti del Giro sul giovane bassanese. La sensazione, incontrandolo alla fine del viaggio, è che sia già un po’ più grande. Forse fra qualche mese Francesco scoprirà che sono cambiate anche le gambe, ma intanto lo sguardo e l’essenzialità delle parole dicono che il ragazzo si sta facendo grande. E forse per tornare a ottenere i risultati di quando era un under 23 serviva proprio una fatica così grande.

Lo scopritore Rodriguez e la corsa (quasi) perfetta di Del Toro

03.06.2025
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ROMA – Alejandro Rodriguez è forse colui che conosce meglio Isaac Del Toro. E’ il tecnico messicano che tanto si è battuto – e si sta battendo – per i giovani ciclisti del suo Paese. E’ in Italia ormai da diversi anni e dirige la Monex Pro Cycling, squadra under 23 sia maschile che femminile. Ed è anche grazie a lui se al Giro d’Italia abbiamo avuto questo grande protagonista.

Tanto entusiasmo, ma anche un po’ di delusione visto l’epilogo di Sestriere. «Non so cosa sia successo – ci dice Rodriguez all’ombra dei pini di Caracalla – davvero. Forse un po’ la tattica, non so cosa gli dicevano dall’ammiraglia, devo ancora vederlo. Forse non aveva tutte queste gambe, anche se non credo, visto come è andato nel finale. Però è finita così, è successo. Ma sono certo che da questa esperienza, Isaac si riprenderà e tornerà più forte».

Al netto di quanto accaduto nell’ultimo tappone, Del Toro si era comportato alla grande e con Rodriguez abbiamo fatto un’analisi tecnica del messicano durante questo Giro. Quanto è cresciuto Del Toro? Come ha corso? In sala stampa, fra i giornalisti, si notava come il capitano della UAE Emirates sembrasse crescere di giorno in giorno. Anche davanti ai microfoni. Timido le prime volte, più a suo agio poi.

Per un attimo dunque, mettiamo da parte il patatrac di Sestriere che, pur avendo condizionato la sua corsa, resta una parentesi in una competizione di 21 giorni vissuta al top.

Alejandro Rodriguez con i suoi ragazzi della Monex
Alejandro Rodriguez con i suoi ragazzi della Monex
Alejandro, come lo vedevi dalla TV?

Mi sembrava un ragazzo molto sveglio che sa correre, ben più maturo della sua età. Di certo non ho visto il ragazzino che era da noi. Ha fatto tante gare in Italia e iniziare a conoscere queste strade per me ha significato tanto per lui. L’altro giorno a Champoluc ha riconosciuto le salite e le discese che aveva percorso durante il Giro della Valle d’Aosta e per me era fiducioso. Sapeva cosa aspettarsi e cosa fare.

Ma quanto è cresciuto davvero?

Ha corso come un giovane, anche se attento, ma si vedeva la sua voglia di fare. Ha anche sprecato un pochino, ma in questa ultima settimana è davvero cresciuto, dev’essere cambiato qualcosa. Si vede che è diverso. Dobbiamo ricordare che la sua prima vittoria è stata quella al Col de la Loze all’Avenir 2023: prima di allora aveva fatto solo piazzamenti, secondo, quinto, terzo, quarto… Si vedeva che aveva qualcosa in più, eppure non aveva mai alzato le braccia. Questo perché non era preciso: commetteva sempre qualche errore tattico, di gestione dello sforzo o di posizione.

E come ti spieghi dunque questo cambiamento?

Credo sia semplice: fa parte della squadra migliore al mondo, la UAE Emirates. E ha vicino gente con tanta esperienza, uno su tutti Rafal Majka, col quale vedo che parla spesso. E poi si confronta molto con Piotr Ugrumov (tecnico della nazionale messicana, ndr). Lo segue dal 2021 ed è anche lui un uomo di esperienza. Non a caso, ho scelto l’Italia per correre coi giovani proprio perché qui s’impara molto.

Del Toro ha seguito moltissimo Majka durante questo Giro
Del Toro ha seguito moltissimo Majka durante questo Giro
Ti sei emozionato vedendolo in maglia rosa?

Eh – sospira Rodriguez – quando vinse l’Avenir, successo storico per noi, mi chiedevano perché non fossi emozionato. E io, come allora, rispondo che queste immagini nella mia testa le avevo già vissute. Me le immaginavo. Sapevo che prima o poi le avrebbe fatte e vissute. Magari non subito in questo Giro, ma ci sarebbe arrivato. Quindi in qualche modo non ho questo stupore, non sono del tutto sorpreso.

Un momento chiave è stata la reazione a Bormio. Il giorno prima si era staccato, poi ha risposto con una vittoria. E’ emersa la forza mentale del campione?

Quel giorno a Brentonico aveva perso del tempo, non so per quale motivo perché non mi intrometto, ma si è ripreso subito. E si è ripreso perché è giovane, perché Isaac ha un grande recupero. Posso immaginare che gli altri, che sono più esperti, abbiano gestito meglio il giorno di riposo (Brentonico veniva dopo il riposo, ndr), ma dopo quella faticaccia tutti si sono ristabilizzati e Isaac ha ripreso le sue forze. I livelli sono tornati quelli di prima del riposo.

Un punto di vista molto interessante…

Magari 20 anni fa non era possibile che un giovane facesse un Giro simile e che recuperasse così bene dopo una debacle, ma guardiamo anche a Giulio Pellizzari. Oggi con tutte le attenzioni che ci sono, i giovani rendono al meglio.

Del Toro e Pellizzari all’Avenir 2023. Quanto sono cresciuti da allora… (foto Tour Avenir)
Del Toro e Pellizzari all’Avenir 2023. Quanto sono cresciuti da allora… (foto Tour Avenir)
Torniamo alla tattica: hai citato l’esperienza di Del Toro al Giro della Valle d’Aosta. Anche lì salì sul podio, ma non vinse. Però un giorno recuperò oltre 4’ a Rafferty e ai primi…

Come ho detto prima è migliorato anche perché ha corso tanto in Italia. Voi stessi lo avete visto in azione in quel Valle d’Aosta. Era il più forte, ma non il più intelligente. Dormì un po’ quando partì la fuga buona. Adesso è stato spesso un gatto.

Magari è anche merito tuo se ora è migliorato, no?

Anche di Ugrumov… Diciamo che siamo soddisfatti. Ma la sua crescita non è finita. Ci fa sognare. E non sapete cosa significa per il Messico un atleta così. Il nostro Paese ha bisogno di eroi. Isaac ora è un punto di riferimento non solo per il ciclismo, ma per lo sport intero. Noi della Monex cerchiamo di far crescere i ragazzi, è il nostro DNA. Se poi ti capita un Del Toro capisci che puoi fare davvero qualcosa di buono. Non so cos’altro dire… (e qui traspare un po’ di orgoglio da parte di Rodriguez, ndr). Un anno prima dell’Avenir, Isaac aveva il femore rotto. Questa sua reazione racconta di una persona che sa superare le difficoltà e può essere un esempio per i ragazzi messicani.

Insomma, Alejandro Rodriguez se lo aspettava un Del Toro così?

Questo è il carattere di Isaac. Ricordo quando aveva 15 anni e reagiva con piglio alle difficoltà. E’ un leader e un leader sa leggere queste situazioni nella vita. Il giorno dopo che ha perso terreno rideva, perché sapeva che dentro di sé stava sfruttando una situazione positiva per lui. Ho pensato che era pazzo, ma evidentemente lui sapeva che si sarebbe ripreso e mi ha fatto capire che aveva qualcosa in testa… No, non credevo che avrebbe vinto il giorno dopo, ma sapevo che avrebbe fatto qualcosa. Quando ha detto: «Non ho niente da perdere», ho capito che avrebbe fatto bene. Perché chi non ha niente da perdere non ha limiti. E invece da perdere aveva la maglia rosa… Ma come ho detto, lui era così da quando era ragazzino.

Quattro minuti di sorrisi e promesse correndo accanto a Pellizzari

03.06.2025
4 min
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ROMA – Il popolo che si stringe attorno a Giulio Pellizzari è composto da persone che ne apprezzano la semplicità e la grinta. Solo che rispetto allo scorso anno, si tratta di un popolo ben più numeroso. E così camminare e parlare con il marchigiano della Red Bull-Bora dopo l’arrivo dell’ultima tappa del Giro d’Italia significa essere investiti da continui richiami, complimenti e applausi. Lui sorride a tutti e intanto racconta, con quel sorriso luminoso che ha mostrato dopo ogni arrivo: anche i più duri.

Lo abbiamo già detto: al Giro non doveva neppure esserci. Poi dalle parole del coach Artuso abbiamo scoperto che le sue prestazioni erano parse già così buone al Catalunya da aver persuaso la squadra a valutare l’opzione rosa. Felice come un bimbo, Giulio si era perciò presentato al via da Tirana, orgoglioso e motivato dall’idea di aiutare Roglic. Quando poi lo sloveno è caduto e si è fermato, la squadra ha dovuto resettare le impostazioni di partenza e lui ha raccolto con motivazione lo scettro di Primoz. Il bello, il segno del riconoscimento da parte dei compagni è stato nel loro votarsi alla causa. Anche Martinez, secondo nel 2024, e come lui Aleotti, che dopo quel Giro andò a vincere il Giro di Slovenia. Pellizzari capitano non è parsa un’idea balorda. E lui, stringendo i denti, in cinque tappe si è arrampicato dal diciottesimo al sesto posto generale.

Questa intervista è stara realizzata camminando accanto a Pellizzari subito dopo il traguardo finale di Roma
Questa intervista è stara realizzata camminando accanto a Pellizzari subito dopo il traguardo finale di Roma
Quanto è stato difficile cambiare il chip in questo giro?

Credo – sorride – che quella forse è stata la cosa meno dura di questo Giro. Alla fine ho fatto quello che avevo fatto anche nelle prime due settimane, sono stato sempre davanti con Primoz. Solo che nella terza settimana non c’era lui, ma ero solo.

Nel giorno in cui lui si è fermato, tu sei arrivato terzo a San Valentino. E’ vero che eri più dispiaciuto per lui che soddisfatto della tua prova?

Abbastanza, è vero. Quando ho realizzato che non avremmo vinto il Giro con lui sono rimasto parecchio male. E’ stato un dispiacere. Però alla fine ho visto che lui era sereno e contento che continuassimo e mi sono buttato nella terza settimana come meglio ho potuto.

Hai dovuto fare i conti con un ruolo nuovo per te, con un intero squadrone che ti ha eletto leader. Come è stato?

Alla fine mi sono divertito. Sono convinto che in futuro si potrà fare e questa è la consapevolezza maggiore che mi porto a casa dal Giro d’Italia.

La maglia bianca l’ha vinta Del Toro con 5’32” di vantaggio, a Pellizzari la palma di miglior giovane italiano
La maglia bianca l’ha vinta Del Toro con 5’32” di vantaggio, a Pellizzari la palma di miglior giovane italiano

Pellizzari-Caruso: gregari diversi

Lo chiamano per nome. Lo incoraggiano. Lo sospingono. Per qualche secondo ci fanno cogliere il privilegio di essere accanto a raccogliere le sue parole. Nel Giro in cui Caruso è stato il primo degli italiani, Pellizzari ha acceso la fantasia con un attacco che ne lasciava presagire altri. Li avevamo accomunati in un singolare articolo che li dipingeva come gregari diversi – Caruso per il giovane Tiberi, Giulio per l’esperto Roglic – ed entrambi sono diventati leader delle loro squadre.

La differenza rispetto al Pellizzari dello scorso anno sta nel fatto che la doppia scalata del Monte Grappa fu il gesto di un giovane fuori classifica, lasciato andare e poi sbranato da Pogacar. Gli attacchi di quest’anno sono venuti dal gruppo dei migliori e la differenza non è certo banale.

Insieme sul traguardo di Sestriere, a 7’10” da Harper. Fra Pellizzari e Del Toro rivalità e amicizia
Insieme sul traguardo di Sestriere, a 7’10” da Harper. Fra Pellizzari e Del Toro rivalità e amicizia
Che effetto fa sentirti chiamare così?

E’ un’esperienza, un’emozione unica. E speriamo che siano sempre di più.

Dopo San Valentino pensavi fosse più facile, ammesso che sia mai stato facile?

Lo ammetto, credevo che avrei avuto altre possibilità e che sarebbe stato più facile, ma forse è stata solo l’emozione del momento. Perché la gamba di San Valentino non l’ho più avuta. Sono andato bene sul Mortirolo, ma se avessi avuto la gamba dei giorni precedenti, avrei guadagnato di più.

Ugualmente, se prima del via ti avessero detto che avresti chiuso il Giro al sesto posto, come avresti risposto?

Impossibile (ride di gusto, ndr).

Qual è stato il momento più duro?

Quando dopo la tappa di Siena, Primoz ha perso due minuti e mezzo. E’ stato il primo giorno in cui ho creduto che forse non ce l’avremmo fatta a vincerlo.

E il più bello?

Sempre dopo la tappa di Siena, quando ci siamo fermati in Autogrill a prendere delle birre e abbiamo festeggiato il giorno di riposo…

EDITORIALE / Giro finito, resta qualche domanda sulla UAE

02.06.2025
6 min
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ROMA – In ordine sparso, prendendosi anche del tempo supplementare per una passeggiata in centro, a partire da stamattina e fino a sera, corridori, giornalisti, donne e uomini della carovana del Giro riprenderanno la via di casa. Alcuni ne hanno approfittato per farsi raggiungere dalle famiglie e trascorrere un paio di giorni a Roma, che ieri si è mostrata sfavillante e bella al mondo del ciclismo. Ma del Giro di Simon Yates si continua a ragionare e, non ce ne voglia il lettore, anche in modo irrituale.

Quando stamattina abbiamo iniziato a fissare il primo caffè, è tornata alla memoria una considerazione che si faceva anni fa parlando di mountain bike, telai e sospensioni. E quando si arrivava al dunque e si diceva che nel disegnare gli schemi per le bici si prendeva ispirazione dalle moto, l’obiezione di quelli più pragmatici giungeva puntuale come una sentenza. Puoi anche farlo, dicevano, ma ricordati che la moto ha il motore: basta dare gas e ti porta fuori da ogni situazione critica. La bicicletta il motore non ce l’ha e di lì partiva la spiegazione.

Roma ha mostrato il suo volto più bello al mondo del ciclismo: tifosi e corridori non hanno nascosto la meraviglia
Roma ha mostrato il suo volto più bello al mondo del ciclismo: tifosi e corridori non hanno nascosto la meraviglia

Senza il motore Pogacar

Secondo noi nel disegnare la squadra del Giro, la UAE Emirates ha dato poca importanza all’assenza del motore, vale a dire Tadej Pogacar. Se qualcuno pensava che bastasse indossarne la maglia per averne i superpoteri, avrà avuto un brusco risveglio. Il modo di correre nelle tre settimane è stato uguale a quello di sempre: la corsa tenuta saldamente in mano con la squadra davanti e poi l’ultima accelerata, per consentire al leader di fare la sua parte.

Ma Ayuso non è Pogacar e tantomeno per ora gli si avvicina Del Toro, il cui Giro è stato davvero un capolavoro splendido, inatteso e prodromo di una grande carriera. Sarebbe ingiusto pretenderlo da entrambi, dato che Tadej sarà probabilmente raccontato come uno dei corridori più forti della storia. Questo lo sanno quasi tutti nel team di Gianetti e nel “quasi” probabilmente si nasconde la radice della sconfitta di Sestriere.

Giusta la scelta di Baldato di dare via libera a Del Toro verso Siena. Poi però è iniziata la confusione
Giusta la scelta di Baldato di dare via libera a Del Toro verso Siena. Poi però è iniziata la confusione

Fra Del Toro e Ayuso

A Siena si è aperta la crepa che ha minato le sicurezze di Ayuso: Del Toro che scappa con Van Aert e conquista la maglia rosa ha messo infatti in discussione l’autorità del leader. La squadra ha fatto bene a lasciare spazio al messicano, ma è andata in confusione quando ha dovuto gestirne il primato.

In alcune situazioni infatti Del Toro non è stato trattato da leader e si è trovato da solo a fronteggiare gli attacchi, mentre la squadra dietro faceva quadrato attorno allo spagnolo. E’ difficile credere che un tecnico esperto come Baldato non abbia notato il dettaglio, eppure la tattica non è cambiata e viene da chiedersi se sia stata sempre condivisa. Isaac ha speso più del necessario, mentre con il giusto sostegno forse sarebbe arrivato ai giorni conclusivi con forze migliori.

Tutti, giornalisti e i suoi stessi dirigenti, hanno notato che nella conferenza stampa di Cesano Maderno, il messicano abbia cambiato modo di parlare, mostrando una sicurezza da vero leader. Forse non è casuale che ciò sia accaduto proprio nel giorno del ritiro di Ayuso.

Del Toro in rosa ha mandato in tilt Ayuso: la sfortuna ha fatto il resto e lo spagnolo ha lasciato il Giro
Del Toro in rosa ha mandato in tilt Ayuso: la sfortuna ha fatto il resto e lo spagnolo ha lasciato il Giro

Un uomo in fuga

Quando si è consapevoli di avere un leader attaccabile, occorre mettere in atto delle contromisure. La UAE Emirates, che nel giorno chiave della corsa aveva sull’ammiraglia il presidente del team Al Yabhouni Matar, respinge l’osservazione per cui sarebbe stato utile mandare un uomo in fuga nella tappa di Sestriere, affinché la maglia rosa trovasse un appoggio dopo il Colle delle Finestre. Yates ha trovato Van Aert e le trenate del belga hanno chiuso il discorso. Non si tratta di una tattica geniale, anzi è piuttosto elementare ed è anche semplice da smontare: basta non lasciar allontanare la fuga. E’ tuttavia geniale quando funziona.

Nella 20ª tappa della Vuelta 2015, Giuseppe Martinelli mandò in fuga Luis Leon Sanchez. Tom Dumoulin era leader, Aru lo seguiva a 6 secondi. Così quando Fabio attaccò e si trovò davanti il passistone spagnolo, se ne servì come di un treno e strapppò la maglia a Dumoulin, che andò a fondo. E’ una tattica che ben si presta per l’attacco, ma che funziona anche in difesa.

Il Giro si è chiuso a 2 km dalla vetta del Finestre, quando si è lasciato andare Yates aspettando che fosse Carapaz a chiudere
Il Giro si è chiuso a 2 km dalla vetta del Finestre, quando si è lasciato andare Yates aspettando che fosse Carapaz a chiudere

Neutralizzare Van Aert

Se non si può mandare nessuno in fuga per scelta tattica, allora si usano gli uomini per non far allontanare troppo la fuga con Van Aert, in modo da smontare l’iniziativa della Visma-Lease a Bike. Li tieni a 3 minuti e quando inizia il Finestre, basta metà salita per prenderli e lasciarli indietro. Invece la fuga ha guadagnato i minuti necessari e quando la Ef Education ha attaccato il Colle delle Finestre ad andatura folle, i cinque compagni di Del Toro si sono staccati e la maglia rosa è rimasta isolata. Forse in quel momento qualcuno si è mangiato le mani, mentre Del Toro si è trovato a gestire da solo una situazione troppo grande per i suoi 21 anni.

Pogacar se la sarebbe cavata da solo, per il messicano serviva predisporre una vera tattica. Gli è stato detto di seguire Carapaz e a un tratto i due sono arrivati a 7 secondi dal chiudere su Yates. Non si può sempre stare a ruota, toccava a Del Toro, ma non lo ha fatto. Qualcuno gli ha detto che spettava a Carapaz o lo ha pensato lui? Con eterna gratitudine, il britannico ha gestito la salita con astuzia: aveva l’uomo davanti e ha fatto scattare la trappola.

Nell’ammiraglia UAE verso Sestriere c’era anche il grande capo Al Yabhouni Matar
Nell’ammiraglia UAE verso Sestriere c’era anche il grande capo Al Yabhouni Matar

Il cinismo di Carapaz

Del Toro era in crisi di gambe oppure ha ricevuto ordini che lo hanno messo in confusione? Questa è una risposta che potranno dare soltanto lui e la squadra, ma è chiaro che qualcosa non sia andata come volevano e che la gestione di quella fase sia stata confusa. Simon Yates e la sua squadra invece sapevano di non poter schiacciare i rivali e hanno corso con intelligenza, dosando gli sforzi e sparando tutto nella tappa più adatta.

Carapaz ha provato a far saltare il banco ed è comprensibile che da un certo punto in avanti abbia smesso di farlo, negando collaborazione alla maglia rosa. Non si collabora con l’avversario, se non si hanno interessi in comune. Poco cambiava per Richard fra il secondo e il terzo posto. La crudeltà della tattica lo avrebbe visto attaccare nuovamente dopo aver costretto Del Toro a seguire Yates. Ma lui non lo ha fatto: non aveva le gambe o era in confusione. Se non interessa a te difenderla, ha pensato Carapaz, perché dovrei farlo io?

Finestre e Del Toro: pasticcio o gambe finite? Parla Majka

02.06.2025
4 min
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ROMA – Nello sguardo di Rafal Majka c’è la delusione di chi era a un passo dalla vittoria e si ritrova con un pugno di mosche. Quello che è successo sabato sul Colle delle Finestre continua a suonare strano. L’apparente disinteresse di Del Toro nel difendere la maglia rosa dall’attacco di Yates ha lasciato molto con dei punti di domanda. Stamattina al bus della squadra circolava l’ammissione che ci fosse poco da inventare tatticamente, poiché il messicano non aveva gambe per fare altro. Ma per una sconfitta del genere ci saremmo aspettati una resa più combattuta.

Isaac Del Toro ha conquistato il secondo posto in classifica generale e la maglia bianca di miglior giovane
Isaac Del Toro ha conquistato il secondo posto in classifica generale e la maglia bianca di miglior giovane

Del Toro all’improvviso

L’immagine più eloquente ritrae Majka in testa al gruppo inseguitore, con la saliva secca intorno alla bocca, cercando di compiere l’ennesimo miracolo da grande gregario. Del Toro non doveva essere lì, quasi fermo in mezzo alla strada per Sestriere. Doveva essere davanti con Carapaz e Yates a difendere la maglia rosa, invece no. Hanno provato a rilanciarlo, ma la frittata era fatta. Majka racconta, lo vedi che c’è rimasto male. Forse più di Del Toro, che dalla sconfitta dovrà trarre un prezioso insegnamento.

«Quando lo abbiamo raggiunto, era tardi – dice – era già successo tutto negli ultimi 2 chilometri della salita del Finestre. Altro non si può dire, se non che eravamo a un passo dal vincere il Giro d’Italia. Secondo me però queste lezioni gli faranno bene. Dagli sbagli, si gettano le basi per vincere».

Tutto intorno il Giro si sta avviando alla conclusione. I giorni di Tirana sembrano lontani degli anni: le pagine che sono state scritte da allora saranno il motivo per i nostri approfondimenti. E’ stato davvero un viaggio intensissimo, a partire da quando Siena ha incoronato la giovanissima maglia rosa.

Majka e Del Toro, l’abbraccio dopo l’arrivo di Sestriere è quasi una resa
Majka e Del Toro, l’abbraccio dopo l’arrivo di Sestriere è quasi una resa
Del Toro ha solo 21 anni, dicono tutti che il tuo ruolo al suo fianco è stato preziosissimo.

Mancava un po’ di esperienza, ma tutta la squadra ha lavorato veramente bene per 20 giorni. Mi sembra che solo la UAE Emirates abbia veramente controllato la corsa. Nessun altro poteva tenere la corsa sulle salite, come abbiamo fatto noi. Però abbiamo perso tutto l’ultimo giorno, ma questo è il ciclismo e Isaac ha solo 21 anni. Ha un grande futuro e speriamo che vinca presto il Giro. Con lui ho dovuto lavorare un pochino di più, perché è giovane e io ho l’esperienza di cui ha bisogno. Il buono è che è un ragazzo d’oro, speriamo.

Può essere stato un problema di nervosismo?

E’ normale che sei nervoso quando hai la maglia l’ultimo giorno. Volevamo che tutta la squadra fosse con lui, perché tutti volevamo vincere. Ma è successo così e non possiamo cambiare niente. Non so dire se sia stato più un problema di testa o di gambe, bisognerebbe chiederlo al ragazzo. Io non l’ho chiesto e non ho voluto farlo. Quello che so è che lavori tre settimane, controlli tutta la corsa e non è facile perdere l’ultimo giorno.

Ieri mattina c’era fiducia di vincere?

Sì, volevamo vincere e pensavamo di poterlo fare. L’avversario che avevamo individuato era solo Carapaz e normalmente saremmo riusciti a tenerlo. Solo che secondo me è stato uno sbaglio quando lui ha iniziato la salita così forte, perché loro sono rimasti in tre davanti e noi in cinque dietro. Ma questo è il ciclismo, non puoi fare niente.

Secondo Majka, Del Toro ha perso il Giro negli ultimi 2 km del Finestre
Secondo Majka, Del Toro ha perso il Giro negli ultimi 2 km del Finestre
Quanto tempo hai impiegato ieri sera per capire come è andata a finire?

Non ho ancora capito bene. Ho vinto Giro e Tour con Pogacar e anche la Vuelta con Contador. Puntavo anche a vincere una tappa al Giro, perché ancora mi manca. Però mi sono messo a fare il gregario per il giovane e alla fine va bene. Bello il secondo posto, però la vittoria ci manca.

Stavi bene?

Stavo molto bene. Come l’anno scorso con Tadej, ho preparato il Giro nei dettagli. Stavo veramente bene, però mi tocca ripeterlo ancora: questo è il ciclismo, ragazzi.