Tiberi, lavori in corso e primi assaggi di Giro contro Ayuso

17.03.2025
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SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Al chilometro 103,4 dell’ultima tappa alla Tirreno-Adriatico si è verificato quello che Antonio Tiberi aveva intuito da tempo. Il solo modo per cui Ganna avrebbe potuto guadagnare il secondo che lo divideva dal secondo posto nella generale dopo l’arrivo di Frontignano era quello sprint. Il lavoro della Ineos Grenadiers lasciava presagire il piano. Sono cose che di solito non si fanno: l’ultima tappa si è sempre considerata inspiegabilmente una passerella. In nome di questo a Mikel Landa al Tour del 2017 fu impedito di attaccare il terzo posto di Bardet, da cui lo divideva appena un secondo. Il suo capitano Froome, che quel Tour lo stava vincendo, si espresse a favore del bel gesto. Invece Ganna non si è rassegnato, ha lottato ed è andato a prendersi il piazzamento.

Tiberi ha provato a difendersi. Ha chiesto a Pasqualon di impegnarsi nella volata e poi l’ha fatta a sua volta, piazzandosi al terzo posto dietro Ganna e Milan, subito prima del compagno che gli ha lasciato strada. Sul podio finale della Corsa dei Due Mari, dietro Ayuso si sono ritrovati così Ganna a 35 secondi e Tiberi a 36. «Diciamo che è quasi impossibile – dice dopo l’arrivo dell’ultima tappa – riuscire a difendere un secondo da un uomo come Ganna su degli sprint così. Anzi sono contento di essere riuscito a guadagnare un secondo, quindi alla fine sono contento».

Nella crono di Lido di Camaiore, Tiberi ha colto il 4° posto a 27″ da Ganna, solo 6″ peggio di Ayuso
Nella crono di Lido di Camaiore, Tiberi ha colto il 4° posto a 27″ da Ganna, solo 6″ peggio di Ayuso

La Tirreno del 2024

Il punto di partenza era il risultato dello scorso anno, il piazzamento a più di 8 minuti da Vingegaard. E’ innegabile che il 2025 abbia mostrato finora un Tiberi più solido, capace di assorbire meglio i carichi di lavoro e di prendere l’iniziativa.

«Avevo buone sensazioni e ambizioni per questa Tirreno-Adriatico – spiega – volevo fare bene. Non solo per la gara in sé, ma anche per le prossime. La gara ha seguito uno schema simile a quello dell’anno scorso, a partire dalla cronometro di apertura. L’anno scorso ho faticato più di quanto mi aspettassi, perché la Tirreno fu di fatto la prima gara della stagione dopo la cancellazione della Ruta del Sol. Questa volta, ho avuto un inizio migliore in Portogallo, sentendomi sempre meglio con il passare delle tappe».

Arrivo in salita di Frontignano, Tiberi arriva al 5° posto 20″ dopo Ayuso
Arrivo in salita di Frontignano, Tiberi arriva al 5° posto 20″ dopo Ayuso

Prestazioni in crescendo

Quarto dopo la crono di Lido di Camaiore, 28″ alle spalle di Ganna, appena 6″ alle spalle di Ayuso. Quinto a Frontignano, 20″ alle spalle di Ayuso. I due si ritroveranno al Giro d’Italia, in cui saranno entrambi leader delle rispettive squadre. Che cosa ha detto la Tirreno-Adriatico al corridore del Team Bahrain Victorious?

«Sicuramente il bilancio di questa Tirreno è positivo – spiega – soprattutto rispetto a come è andata lo scorso anno. Sono molto contento di come è iniziato il 2025, lo valuto in modo positivo in vista del Giro. La crono era lunga solo 10 chilometri, quindi è stata uno sforzo diverso rispetto a quello cui sono abituato. Ieri ho cercato di fare la salita col mio passo, per come è il mio stile. Rispondere agli scatti non è da me, perciò ho cercato di salire regolare e fare la mia progressione negli ultimi due chilometri per cercare di recuperare il più possibile e chiudere il gap che avevo con Gee. Mi sono sentito molto bene, ho sentito di avere un ritmo migliore nella fase finale, piuttosto che in avvio».

Il programma ora prevede un ritiro in altura e poi il Tour of the Alps sulla strada del Giro d’Italia. Si riparte dal quinto posto finale del 2024 e dalla maglia bianca dei giovani. Anche nell’ultima tappa della Tirreno, Tiberi ha indossato quel primato, ricevuto in prestito da Ayuso. I due si ritroveranno a duellare proprio nella corsa italiana di maggio. Ayuso è un avversario alla sua portata, non ci sarà l’alibi di un Pogacar imbattibile. L’occasione non va assolutamente sprecata.

Groves per Philipsen, un vero “pilota” da urlo

13.03.2025
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C’è voluto un po’ di tempo, per mandar giù quanto avvenuto alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne. Per Kaden Groves è stata una corsa dai due volti: prima la soddisfazione per il grande lavoro svolto per Jasper Philipsen (e su questo torneremo), poi la delusione e la rabbia per la retrocessione con multa annessa per aver esultato. Per carità, non sono certo i 500 franchi svizzeri ad avergli lasciato l’amaro in bocca, ma la sua voce si unisce a quella di tanti colleghi che non riescono proprio a capire come questo possa rappresentare un pericolo tale da essere sanzionati nella maniera più severa.

La foto incriminata con Groves che alza un braccio. Chiude 10°, ma verrà declassato e sanzionato (foto Getty Images)
La foto incriminata con Groves che alza un braccio. Chiude 10°, ma verrà declassato e sanzionato (foto Getty Images)

Primo cartellino giallo

Già, perché la giuria della classica belga gli ha comminato la sanzione più pesante, il classico “cartellino giallo” per “aver decelerato mettendo in pericolo gli altri corridori togliendo le mani dal manubrio” quando poi si vede dalla foto che la mano è una sola. Come noto, tre cartellini in un mese costano 14 giorni di squalifica, sei in una stagione sono un mese da scontare.

Groves si è messo a lavorare pensando al prosieguo della stagione, ma col tempo è riuscito a rivedere quella corsa e ad apprezzarne i contenuti. L’australiano si sta riscoprendo come un elemento prezioso all’interno dell’Alpecin Deceuninck e chi pensava a una sua rivalità interna con Philipsen ha dovuto ammettere che si sbagliava. «Con lui non c’è concorrenza – ha ribadito alla vigilia della classica belga ribadendo quanto aveva già affermato lo scorso anno – siamo velocisti diversi, io sono più portato per gli sprint ridotti. Io spero ardentemente che ci possa essere posto per entrambi e possiamo correre insieme, lo abbiamo già fatto e lo abbiamo fatto bene».

Groves si è molto ben adattato nel team e vuole esordire al Tour, anche come aiutante per Philipsen e VDP
Groves si è molto ben adattato nel team e vuole esordire al Tour, anche come aiutante per Philipsen e VDP

Un perfetto uomo squadra

Parole profetiche perché a Kuurne si è visto come l’australiano sia perfettamente in grado di coesistere con il belga, anzi possa essere un ideale ultimo uomo riuscendo a tenere velocità altissime: «A me avere un ruolo di supporto non dispiace – ha raccontato a Cyclism’Actuio conto di essere selezionato per la corsa francese perché la nostra squadra, che non ha un corridore che punti alla classifica, può dare tutto per i successi parziali e io posso essere di supporto sia a Van der Poel per le fughe, sia a Philipsen per gli sprint. Oltretutto sarebbe una soluzione tattica ideale per il team, perché in caso di qualsiasi problema ci sarei io a poter sopperire. Quel che deve essere chiaro comunque è che per me chiunque vinca del team va bene, lavoriamo tutti per una causa comune».

Il fatto che lui e Philipsen siano diversi è testimoniato anche dal lavoro specifico che Groves ha fatto e sta facendo da quando è approdato alla squadra belga. Gli effetti si sono visti ad esempio all’ultima Vuelta, con tre vittorie collezionate: «Ho dimostrato che se ho le gambe posso lottare per il successo anche in tappe che prima non mi erano per nulla congeniali. Ora posso lottare anche in corse dure, tenere in salita quando il gruppo perde pezzi. Ma i progressi non riguardano solo le mie prestazioni tecniche…».

Il 26enne australiano ha mostrato evidenti segni di progresso nella tenuta in salita
Il 26enne australiano ha mostrato evidenti segni di progresso nella tenuta in salita

Il metro di paragone? Van Aert…

Groves, proprio in occasione della Vuelta, aveva fatto intendere che quelle vittorie erano anche frutto di una crescita dal punto di vista tattico, o forse anche caratteriale, non sentendo più la pressione di certi confronti. Il fatto di aver tenuto testa a Van Aert, ad esempio, ha avuto un peso non indifferente. «Si è visto che posso lottare alla pari con lui che ha più esperienza e duttilità. Cambiando strategia. Prima tanti secondi e terzi posti erano frutto di scelte sbagliate del momento di partire, quando invece vedevo che altri, il belga più di tutti, sapevano scegliere l’attimo giusto in maniera sistematica e precisissima. Ora sto imparando e i frutti si vedono».

La stagione dell’australiano è iniziata tardi, anche con un sacrificio non da poco: «Mi sarebbe piaciuto essere a gennaio in Australia, correre gare del calendario nazionale e il Santos Tour Down Under, ma sapendo quel che ci aspetta avrebbe significato iniziare la stagione troppo presto e spendere energie importanti. Noi abbiamo nel periodo delle classiche di primavera un target fondamentale, dobbiamo essere al massimo per quelle, quindi dobbiamo essere più freschi».

Lo scorso anno ha vinto 3 tappe alla Vuelta. Al Giro ha già vinto nel 2023, ma vuole ripetersi
Lo scorso anno ha vinto 3 tappe alla Vuelta. Al Giro ha già vinto nel 2023, ma vuole ripetersi

Una primavera intensissima

Il corridore di Gympie sarà presente alla Classicissima, poi farà il Catalogna e poi la parte fiamminga delle classiche con l’aggiunta dell’Amstel. Corse (quelle d’un giorno) dove sarà l’evoluzione della gara a consigliare il suo migliori impiego. Poi ci sarà il suo primo vero obiettivo stagionale: «Sarò al Giro d’Italia dove lo scorso anno ho sfiorato la vittoria più volte senza mai agguantarla. Questa volta voglio conquistare almeno una tappa, ma poi spero di essere ancora in forma per andare al Tour e per esordire alla Grande Boucle sono più che disposto a un ruolo di supporto. Senza problemi».

La snervante attesa delle wild card. Bellini ne sa qualcosa…

11.03.2025
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Siamo all’11 marzo, eppure delle wild card per la prossima edizione del Giro d’Italia che partirà dall’Albania il prossimo 9 maggio, nessuna traccia. Mai in passato c’era stato così tanto da aspettare, così tanta incertezza sulle scelte degli organizzatori, che stanno spingendo in tutti i modi per poter allargare a 4 il numero di team professional da invitare. Uno “stato dei lavori” che certamente non agevola chi deve programmare non solo la partecipazione, ma l’intera stagione.

Marco Bellini, nei tanti anni trascorsi al fianco di Gianni Savio quando i loro team erano professional italiane, ha affrontato tante volte questa situazione, si può ben dire ad ogni stagione, e sa che cosa significa rimanere in quest’incertezza. Oggi, dopo la dolorosa scomparsa di Gianni, Bellini è a pieno titolo immerso nell’avventura della Petrolike e quindi guarda il tutto da lontano ma si sente, quando affrontiamo il discorso, che il legame con il ciclismo italiano, con quegli ambienti e quelle sensazioni è ancora vivissimo.

Marco Bellini, secondo da sinistra, al tempo dell’Androni Giocattoli: l’attesa per la wild card era sempre tanta…
Marco Bellini, a sinistra, al tempo dell’Androni Giocattoli: l’attesa per la wild card era sempre tanta…

«Una wild card può davvero cambiare tutto per una squadra professional italiana – dice – come anche per una spagnola nel caso della Vuelta. Il Tour è a sé stante, non va considerato neanche viste le caratteristiche del movimento locale, con molte squadre nel WorldTour. La partecipazione al Giro è, per un team italiano, una svolta soprattutto nei rapporti con gli sponsor, ma sono sempre stato dell’avviso che bisogna essere rispettosi di questi e quindi evitare di fare promesse. E’ chiaro però che per un’azienda sapere che la squadra parteciperà o meno alla corsa rosa cambia tutto».

Quanto incide nel budget?

In maniera direi quasi decisiva. Il sistema è questo, se non sei nel WorldTour ti dibatti con una base economica che non consente voli pindarici e trovare fondi è davvero difficile. Sapere che sarai presente alla vetrina più importante dell’anno apre porte importantissime, ma serve anche il tempo per farlo…

Che cosa significa secondo te arrivare all’11 marzo senza sapere ancora quale sarà il proprio destino?

E’ la testimonianza di quanto ho detto, ma io voglio spezzare una lancia a favore della RCS Sport che sta facendo di tutto per ottenere il quarto invito che metterebbe tutto a posto. Abbiamo due squadre italiane, Polti e VF Group che, diciamola tutta, tengono in piedi il ciclismo italiano, facendo correre tanti giovani nostrani e che avrebbero tantissimo bisogno di esserci. Ma dall’altra parte abbiamo due team come Q36.5 e Tudor che hanno budget importanti, che hanno costruito squadre di altissimo spessore ed è difficile tenerle fuori da un Grande Giro. Se non verrà accettata la proposta della quarta wild card, gli organizzatori si troveranno a fare una scelta comunque drammatica. Certamente però il tempo non aiuta chi è ancora in bilico. E parlo dei due team italiani ai quali va tutto il mio apprezzamento e rispetto.

Perdere una delle due squadre italiane sarebbe però un grave, ulteriore smacco per il nostro movimento…

Esatto e questa situazione deve far capire che il ciclismo, così com’è, non va. Bisogna cambiare alcune regole del gioco. L’UCI ormai gestisce un impero nel quale se non hai i soldi, fai un’enorme fatica a galleggiare. Rispetto ai tempi miei e di Gianni, la situazione è diventata molto più difficile.

Il richiamo di Pidcock alla corsa rosa è difficilmente accantonabile da parte di Rcs Sport
Il richiamo di Pidcock alla corsa rosa è difficilmente accantonabile da parte di Rcs Sport
Gli sponsor sono disposti ad aspettare?

Fino a un certo punto. Noi per nostra fortuna non ci siamo mai – e ribadisco mai – sbilanciati. Abbiamo sempre detto alle varie aziende che non potevamo garantire la partecipazione al Giro, perché tutte ce la chiedevano. Noi proponevamo una doppia soluzione economica, con o senza partecipazione alla corsa rosa. Era l’unica cosa da fare per non prendere in giro nessuno ed essere il più possibile trasparenti.

C’è la stessa attenzione, da parte di chi sponsorizza, per altre corse, magari sempre della RCS?

No ed è facile capire il perché. Il Giro d’Italia è una cosa diversa. Secondo me non è neanche un evento sportivo, o almeno lo è solo in parte perché parliamo di qualcosa che riguarda tutta la società italiana. Il Giro d’Italia lo vede il ragazzino come la massaia, lo trovi in tutti i media, non è un evento che riguarda solo chi è appassionato. Io non ho mai visto le scolaresche o gli abitanti di una piccola città scendere in strada per il Giro di Lombardia, ma il Giro d’Italia è un’autentica festa per ogni paese attraversato. Questo lo sa bene chi ti sponsorizza per vendere la propria immagine, per questo è tanto importante.

Alberto Dainese, una delle punte per la Tudor. Anche lui attende di sapere se sarà al via dall’Albania
Alberto Dainese, una delle punte per la Tudor. Anche lui attende di sapere se sarà al via dall’Albania
E’ un discorso che ormai ti vede solo semplice spettatore, almeno per ora. Ma un domani?

Noi con il nostro team abbiamo un progetto diluito nel tempo. Siamo una squadra continental e per ora questi discorsi non ci riguardano né ci interessano più di tanto. L’obiettivo del team è far crescere nuovi talenti sudamericani e arrivare con i passi dovuti a essere una squadra professional. Quando saremo strutturati e ci arriveremo, valuteremo anche la partecipazione a un Grande Giro. La nostra fortuna è non avere pressioni né dover andare a caccia di sponsor. Possiamo lavorare con calma, non invidio chi invece a quest’ora è ancora sulla graticola…

Il Giro torna in Valtellina, Gavazzi ci fa da Cicerone

09.03.2025
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Il Giro d’Italia torna in Valtellina anche quest’anno con arrivo di tappa a Bormio e la partenza del giorno successivo da Morbegno. Due momenti chiave per la Corsa Rosa, che sarà da poco entrata nella sua terza e fatidica settimana di fatiche. Nella frazione numero diciassette il gruppo partirà da San Michele all’Alpe e arriverà appunto a Bormio dopo 154 chilometri e tre gran premi della montagna rispettivamente di seconda, prima e terza categoria. 

Dalla provincia di Trento a quella di Sondrio passando da Brescia. La prima difficoltà di giornata sarà il Passo del Tonale e dopo una lunga discesa le biciclette dei corridori torneranno a guardare il cielo per scalare il Passo del Mortirolo. L’ultima difficoltà di giornata sarà rappresentata dal GPM de Le Motte, poi un rapida discesa fino al traguardo. 

L’ultima volta che il Giro è arrivato a Bormio, Landa e Nibali si giocarono la vittoria di tappa in volata, la spuntò il siciliano
L’ultima volta che il Giro è arrivato a Bormio, Landa e Nibali si giocarono la vittoria di tappa in volata, la spuntò il siciliano

La Corsa Rosa torna a Bormio

La voce tecnica per guidarci all’interno delle tappe valtellinesi del Giro è un ex-corridore del calibro di Francesco Gavazzi. Sedici anni da atleta e poi due stagioni vissute accanto ai ragazzi della Polti VisitMalta (ex Eolo-Kometa con la quale ha chiuso la carriera). Valtellinese DOC, nato a Morbegno, che su queste strade ha corso e si è allenato per tanti anni

«Quella che porterà il gruppo a Bormio – racconta Gavazzi – non è una vera e propria tappa di montagna di quelle dure da far paura, ma raccoglie tante insidie. Il profilo è interessante ma l’ultimo GPM impegnativo, che è il Mortirolo, si trova a poco meno di 50 chilometri dal traguardo. Pensare di vedere l’azione decisiva su quelle rampe è difficile, però il fondo valle è complicato. Credo sia la classica tappa con due gare in una, la fuga che si gioca la vittoria e dietro gli uomini di classifica».

La squadra può giocare un ruolo fondamentale nel tratto di fondo valle che porterà il gruppo fino a Bormio
La squadra può giocare un ruolo fondamentale nel tratto di fondo valle che porterà il gruppo fino a Bormio
Pronti via e il gruppo sale verso il Tonale…

Penso sia difficile che una squadra provi a tenere chiusa la corsa gestendo il distacco sulla fuga. Servirebbero corridori molto forti e nonostante tutto si rischierebbe di arrivare corti in cima al Mortirolo, finita la discesa inizia un’altra corsa.

Mortirolo che il gruppo prenderà da Monno, che salita è?

Una signora salita, con gli ultimi tre chilometri davvero impegnativi. Però non nascondiamoci, non è il lato più duro. La prima parte, che misura 8 chilometri, è regolare. Poi spiana per un paio di chilometri e infine arriva il tratto duro. Comunque non penso scollineranno più di 15 corridori. Vedere azioni personali è difficile anche perché in quei 25 chilometri di fondo valle fino a Le Motte e poi i restanti 9 per arrivare Bormio non sono semplici. 

Il Giro affrontò il Mortirolo dal versante di Monno anche nel 2022, in rosa c’era Carapaz
Il Giro affrontò il Mortirolo dal versante di Monno anche nel 2022, in rosa c’era Carapaz
Quali scenari si aprono?

Innanzitutto la differenza vera la faranno le condizioni del vento appena si scende dal Mortirolo. Appena si torna sul fondo valle le situazioni sono due: il vento è favorevole oppure contrario. Di solito nelle mie zone, a Morbegno che si trova una cinquantina di chilometri indietro, il vento la mattina va verso sud mentre al pomeriggio gira e spinge a nord. 

I corridori però scenderanno a Grosio…

Trovandosi già in alta valle le condizioni del vento sono più imprevedibili, basta poco affinché il vento cambi direzione. L’ultimo dubbio le squadre se lo toglieranno alla partenza, da lì capiranno che tattiche potranno mettere in atto. 

Uno dei più attesi quest’anno è Piganzoli, corridore di casa qui scortato da Fabbro proprio sul Mortirolo
Uno dei più attesi quest’anno è Piganzoli, corridore di casa qui scortato da Fabbro proprio sul Mortirolo
Raccontaci di questi chilometri nel fondo valle, come sono?

Tosti. Prima di Bormio c’è uno strappo molto duro, anzi due. Fare velocità è difficile anche perché la strada sale costantemente. Se la fuga rimane numerosa può arrivare al traguardo. Dietro i capitani dovranno stare attenti, avere un uomo al loro fianco sarà importante per non stare al vento a tirare. Saremo solamente all’inizio della terza settimana, buttare via energie inutili non avrebbe senso. 

Sappiamo che stai facendo il corso per il patentino di terzo livello, facciamo un gioco: da tecnico cosa diresti?

Di non attaccare mai sul Mortirolo, ma di seguire le azioni e lo sviluppo della corsa. Il vero trampolino di lancio sarà lo strappo de Le Motte, che misura due chilometri ma è impegnativo. Penso che non essendoci corridori del calibro di Pogacar la classifica sarà corta, quindi ogni secondo conta. Una bella azione può portare a guadagnare parecchio. 

Da Morbegno il Giro partì anche nel 2020, era la diciannovesima tappa, Kelderman era in rosa
Da Morbegno il Giro partì anche nel 2020, era la diciannovesima tappa, Kelderman era in rosa
E’ una tappa dove se qualcuno non sta bene può pagare tanto?

Quei 25 chilometri di fondo valle non perdonano e rischiano di sembrare infiniti. C’è un tratto, nella zona de Le Prese, dove la strada si impenna per un chilometro con punte fino al 16 per cento. Ricordo che anche in allenamento sembrava infinito: la strada è larga, sale e ti sembra di essere fermo. Dopo sedici tappe a qualcuno potrebbe anche arrivare il conto da pagare

Il giorno dopo, per la tappa numero diciotto, si parte da casa tua: Morbegno. 

Quella è una frazione molto più semplice, ma allo stesso tempo impegnativa. Sulla carta potrebbe esserci un arrivo in volata. Però i velocisti dovranno reggere nella parte centrale che è molto mossa ed esigente. Il vero obiettivo sarà capire che ritmo potrà tenere il gruppo perché se la fuga prende margine poi si hanno pochi chilometri per ricucire. Dall’ultima salita al traguardo ci saranno solamente 50 chilometri. Arrivare in volata non sarà scontato. 

Matxin: «Ayuso ora è pronto per vincere il Giro»

07.03.2025
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Juan Ayuso punterà al Giro d’Italia, lo spagnolo lo ha confermato nei giorni scorsi dopo la vittoria al Trofeo Laigueglia. Prima ci sarà il passaggio dalla Tirreno-Adriatico, nella quale lo scorso anno aveva conquistato il secondo posto alle spalle di Jonas Vingegaard. L’inizio di stagione del ventiduenne scalatore del UAE Team Emirates-XRG è stato folgorante: tre gare disputate con due vittorie all’attivo.

Dopo il podio alla prima partecipazione alla Vuelta del 2022, al quale era seguito un quarto posto l’anno successivo, nel 2024 era arrivato anche l’esordio al Tour de France. Un’avventura sfortunata, terminata con il ritiro a causa del Covid

Juan Ayuso fisicamente è cresciuto parecchio nelle ultime stagioni
Juan Ayuso fisicamente è cresciuto parecchio nelle ultime stagioni

Il rosa nel destino

Il 2025 per Juan Ayuso avrà il colore rosa, simbolo del primato al Giro d’Italia. Maglia già conquistata quattro anni fa al Giro Under 23 quando in maglia Colpack-Ballan aveva vinto tre delle dieci tappe. Ripensando al percorso di crescita dello spagnolo sembra arrivato il momento giusto per provare a vincere il suo primo Grande Giro, ma riuscirà a farlo con la stessa solidità che aveva contraddistinto i suoi anni da juniores e under 23?

Per rispondere a questa domanda ci rivolgiamo direttamente a Joxean Matxin, che il talento di Ayuso lo ha visto sbocciare e poi fiorire.

«Lo conosco da quando era allievo – racconta Matxin – e sono convinto che può essere un corridore in grado di vincere le grandi corse a tappe. E’ un atleta polivalente, sa andare forte a cronometro, in salita e in volata ha un ottimo spunto veloce. Quest’ultima qualità l’avete vista al Laigueglia nei giorni scorsi, la facilità con cui ha vinto quello sprint è un bellissimo segnale».

Lo scorso anno lo spagnolo è stato protagonista di una solida Tirreno-Adriatico, quest’anno torna per vincere
Lo scorso anno lo spagnolo è stato protagonista di una solida Tirreno-Adriatico, quest’anno torna per vincere
Avete lavorato tanto durante l’inverno?

Abbiamo fatto i passi giusti affinché Juan (Ayuso, ndr) riuscisse a migliorare ancora. Ha lavorato molto di più in palestra, perché nel ciclismo moderno non conta solo essere magri ma avere un giusto equilibrio tra peso e forza. Lui sul rapporto tra peso e potenza è sempre stato a livelli alti, mancavano alcuni tasselli e quest’anno li ha aggiunti. 

Da quando era allievo com’è cambiato?

E’ cresciuto anno per anno, non c’è stata una cosa nella quale è migliorato più di altre. Si è trattato di un passaggio naturale e lui è stato bravo a fare i passi giusti: prestazioni, numeri e professionalità. Ayuso ha sempre avuto la testa da corridore, ma questa è sempre andata di pari passo all’età anagrafica. Quando aveva 16 anni era in un modo e ora che ne ha 22 è in un altro. Sa cosa vuol dire essere un ciclista, lo ha sempre saputo. 

Questo ha permesso una progressione continua?

Ci siamo sempre impegnati affinché riuscisse ad avere un margine sul quale lavorare anno dopo anno, questo ci ha garantito tanti miglioramenti una volta passato professionista. 

Al Giro d’Italia U23 aveva dominato, indossando la maglia rosa per nove dei dieci giorni di corsa
Al Giro d’Italia U23 aveva dominato, indossando la maglia rosa per nove dei dieci giorni di corsa
Ha la solidità per poter vincere un Grande Giro?

Non ho nessun dubbio a riguardo. Quando aveva 20 anni alla Vuelta ed era il suo primo anno da professionista. Ora è pronto, ne sono sicuro. 

Cambiano però gli scenari…

Nell’anno in cui è andato a podio alla Vuelta aveva avuto il Covid ma poi il ritiro di Roglic gli aveva lasciato spazio per il terzo posto. Ma un corridore come Ayuso è in grado di fare bene ovunque e lo ha fatto vedere. In questo inizio di stagione ha vinto due gare su tre. Negli anni passati ha vinto il Giro dei Paesi Baschi, è arrivato secondo alla Tirreno e al Giro di Svizzera. 

Sapere che verrà al Giro ci fa tornare alla mente quando lo dominò al primo anno da U23, secondo te è possibile pensare a una tale forza?

Anche questo aspetto è cresciuto insieme a lui negli anni. Al primo anno da under 23 aveva esordito tra i professionisti facendo esperienza, poi nelle gare di categoria aveva dominato. Inizialmente avevamo pensato che il posto giusto per lui fosse la squadra di Axel Merckx, poi la scelta era ricaduta sulla Colpack. Facendo le nostre valutazioni avevamo capito che Ayuso avesse bisogno di correre in Italia.

Alla sua prima Vuelta Ayuso è salito sul podio alle spalle di Evenepoel e di Mas, la stagione successiva fu quarto a Madrid
Alla sua prima Vuelta Ayuso è salito sul podio alle spalle di Evenepoel e di Mas, la stagione successiva fu quarto a Madrid
Perché?

Da junior in Spagna partiva a quaranta chilometri dall’arrivo e vinceva da solo. Non si era mai messo alla prova nel lottare per le posizioni, trovare il giusto spazio in salita e in altri aspetti tattici. Anche in questi dettagli è migliorato anno dopo anno, lo vedo più sicuro e convinto dei propri mezzi. 

E’ il momento del salto definitivo…

Assolutamente, penso sia pronto. Anzi ne sono certo.

Tiberi torna in corsa: l’esordio e i passi giusti verso il Giro

01.03.2025
5 min
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La stagione agonistica è iniziata anche per Antonio Tiberi, il corridore della Bahrain Victorious ha esordito alla Volta ao Algarve. Un debutto che lo ha portato a confrontarsi subito con avversari di alto livello. La breve corsa a tappa portoghese è stata il primo, ponderato, passo verso il Giro d’Italia. Un cammino prestabilito e scelto per salire piano piano i gradini di una condizione che si sta costruendo. 

I riflettori

Il responso della Volta ao Algarve parla di cinque giorni di corsa per un totale di 748 chilometri. Nel primo arrivo in salita le gambe non hanno risposto alle sollecitazioni dei migliori, ma il terzo posto nella cronometro finale ha dimostrato che Tiberi c’è. Il ciociaro è tornato a casa per allenarsi e mettere un altro mattoncino, il telefono squilla e la coda per le interviste si fa sempre più lunga. 

«Starò a casa un pochino – attacca subito Tiberi – tanto interesse fa solo piacere e con il passare del tempo ci si fa l’abitudine. Tendo a non pensarci troppo e fare il mio nel miglior modo possibile. Nel 2024 facendo le cose al meglio sono riuscito a performare al meglio, questo mi ha dato tanto morale e la consapevolezza che lavorare bene mi permette di stare bene in bici e giù dalla bici».

Antonio Tiberi ha debuttato alla Volta ao Algarve assieme a Damiano Caruso
Antonio Tiberi ha debuttato alla Volta ao Algarve assieme a Damiano Caruso
Com’è andato l’esordio in Portogallo?

E’ andata bene, attaccare nuovamente il numero e riprovare le sensazioni che solo la corsa ti può dare è bello, mi era mancato. Ho avuto anche modo di stare con i miei compagni prima della corsa e divertirmi con loro. Respirare il clima della gara è sempre piacevole. 

In gara che risposte hai avuto?

Sono stato felice delle sensazioni provate e di quello che ho sentito. Arrivavo da due settimane di altura sul Teide. E’ stato il primo ritiro in quota e la prima gara, il riscontro finale è positivo. Mi è mancato un po’ il ritmo in salita ma me lo aspettavo, comunque quando si va in altura non si fa mai troppa intensità. La cronometro finale ha dimostrato che la gamba è buona ed è stata una conferma di quanto fatto

In salita è mancato un po’ il ritmo, ma dopo l’altura e alla prima corsa, non c’è da allarmarsi
In salita è mancato un po’ il ritmo, ma dopo l’altura e alla prima corsa, non c’è da allarmarsi
Con quale mentalità sei tornato in gara?

Serena. Volevo comunque godermi il momento con consapevolezza. Ad esempio: sapevo che la cronometro fosse adatta alle mie caratteristiche ma l’ho affrontata con la giusta testa. Era anche un test per vedere come reagiva il motore e capire se si fossero accese delle spie (ride, ndr). Invece è andata bene e questo mi ha dato morale. 

Come hai vissuto il confronto con gli altri scalatori?

Mi è piaciuto, ero curioso. Volevo vedere come mi sarei posizionato rispetto ad altri corridori forti come Vingegaard e Almeida, sapevo però che alcuni di loro erano già alla seconda gara dell’anno. Dopo il primo arrivo in salita, nella seconda tappa, ero un pochino preoccupato (dice con una risata, ndr). Ma la cronometro è stata la conferma che avevo solo bisogno di correre. 

E’ andata molto meglio nella crono di Malhao, con il terzo posto dietro Vingegaard e Van Aert
E’ andata molto meglio nella crono di Malhao, con il terzo posto dietro Vingegaard e Van Aert
Sei sui passi giusti verso il Giro?

L’Algarve era fin da subito il punto di partenza di questa stagione agonistica. Fin da novembre tutto è stato calibrato per arrivare pronto alla Corsa Rosa. Ora andrò alla Tirreno con la volontà di avere un miglior ritmo e fare qualcosa di più. Finita quella gara tornerò in altura per attaccare nuovamente il numero al Tour of the Alps. 

Con una condizione in crescendo?

Vorrei arrivare a queste gare per provare a fare qualche risultato e avere un riscontro sull’andamento generale e capire come sto lavorando, sempre con l’obiettivo di arrivare al Giro pronto e competitivo. 

Parlando con Lenny Martinez ci ha parlato di un progetto della squadra legato ai Grandi Giri, come ti coinvolge?

E’ una cosa che è inerente alla squadra nella quale ognuno di noi, ovvero Lenny Martinez, Santiago Buitrago e io, ha un progetto. La cosa bella è che quest’anno gli obiettivi sono già determinati visto che Lenny e Santiago saranno al Tour e io a Giro e Vuelta. 

Tiberi tra la Tirreno-Adriatico e il Tour of the Alps tornerà in altura per preparare il Giro (foto Charly Lopez)
Tiberi tra la Tirreno-Adriatico e il Tour of the Alps tornerà in altura per preparare il Giro (foto Charly Lopez)
Come vengono gestiti gli impegni?

Lo staff lavora globalmente affinché tutto sia gestito al meglio, il progetto si struttura di anno in anno e da inizio stagione sappiamo già come lavoreremo. Non ci sono obiettivi prefissati, io quest’anno sarò al Giro per confermare i progressi del 2024, ma non è escluso che la prossima stagione possa andare al Tour. 

Manterrai, come l’anno scorso il doppio Grande Giro, il progetto di migliorare sulle gare di un giorno è rimandato?

Per quest’anno sì. Fare due grandi corse a tappe non permette di lavorare su altri aspetti. L’aspetto mentale quando si vogliono fare due grandi giri in una stagione è importante, penso sia difficile andare al Giro e alla Vuelta per puntare alla classifica in entrambi. Più probabile che in Spagna abbia il ruolo di “battitore libero”. Con questo programma puntare alle corse di un giorno diventa un rischio, se nel 2026 dovessi fare il Tour allora si aprirebbero le porte per cambiare programma e metodo di lavoro. 

Narvaez torna in Europa, con le certezze dell’Australia

20.02.2025
6 min
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Una toccata e fuga. Jhonathan Narvaez ha esordito con la nuova maglia della Uae dimostrando subito di che pasta è fatto, conquistando al Santos Tour Down Under quel successo finale che gli era sempre sfuggito in una corsa di livello WorldTour. Già solo quel risultato porterebbe a dire che la scelta di lasciare la Ineos dopo ben 6 anni è stata giusta. Jhonatan è tornato in Ecuador, riconfermandosi campione nazionale e poi ha continuato ad allenarsi in altura, nella “sua” altura. Doveva venire in Europa per le corse iberiche, ma poi si è scelto di posticipare alle prime classiche belghe.

Per parlare con lui lo abbiamo praticamente buttato giù dal letto, fissando un appuntamento quando da lui erano le 7 del mattino. Eppure era già sveglio e pronto, davvero desideroso di raccontare la sua nuova dimensione e di riassaporare presto quel mondo messo solo provvisoriamente da parte.

Nella classifica del Tour Down Under, Narvaez ha prevalso con 9″ su Romo (ESP) e 15″ su Fisher Black (NZL)
Nella classifica del Tour Down Under, Narvaez ha prevalso con 9″ su Romo (ESP) e 15″ su Fisher Black (NZL)
Che cosa ha rappresentato per te la vittoria in Australia?

Per me è stata una vittoria importante perché è un appuntamento prestigioso. Ci tenevo particolarmente per dimostrare di essere un buon elemento per quel tipo di corse, lunghe una settimana. Sapevo che aveva le caratteristiche giuste, con salite non troppo lunghe. Lo scorso anno la vittoria finale mi era sfuggita per 9”, pensavo che dovevo solo fare le cose per bene e avrei colto il bersaglio grosso. Così è stato.

Qual è stato il momento più bello e quello più difficile?

Sicuramente il penultimo giorno, quello di Willunga perché c’era un vento molto forte che ha spaccato in due il gruppo e io mi sono ritrovato nella seconda metà. Ho pensato che non saremmo più riusciti a rimettere insieme i pezzi, che la corsa era ormai andata. Ma poi ho pensato anche che dovevo mantenere la calma, infatti sono rientrato e nell’ascesa finale ho messo insieme il tutto e ho vinto. Quindi nella stessa tappa c’è stato anche il momento migliore.

La volata vincente nella penultima tappa a Willunga Hill, battendo Onley e Fisher Black
La volata vincente nella penultima tappa a Willunga Hill, battendo Onley e Fisher Black
Le corse a tappe come il Santos Down Under sono la tua dimensione ideale come ciclista?

Credo di sì. Per me è una gara dura, ma non prevede lunghe salite da 20 minuti, quindi è adatta a me. Si tratta di fasi esplosive in cui bisogna essere veloci. Quindi posso dire che è una gara che si adatta alle mie caratteristiche. La cosa che mi dispiace è che di corse così, di una settimana intera, non troppo lunghe né brevi, non ce ne sono altre in cui potrò essere leader. Il che significa che avevo solo un colpo in canna…

Come ti sei trovato a fare il leader alla Uae?

E’ stato molto positivo, mi hanno dato fiducia sapendo che potevo essere un valido candidato al successo. Ho già fatto gare come capitano, gestendo la squadra, so come muovermi anche nei momenti difficili, ma il team mi ha dato molta sicurezza e soprattutto i compagni hanno lavorato in maniera splendida. Non dimentichiamo che era comunque una gara WorldTour, non si può mai dire come andranno le cose in un livello così alto.

L’ecuadoriano con compagni e staff ad Adelaide. Lo scorso anno aveva perso per appena 9″
L’ecuadoriano con compagni e staff ad Adelaide. Lo scorso anno aveva perso per appena 9″
Tu hai sorpreso tutti al Giro d’Italia battendo Pogacar il primo giorno: ripensa a quella tappa non come avversario ma come compagno di Pogacar, come potreste lavorare insieme nella stessa situazione?

Questa domanda non mi è mai passata per la testa, ma non so davvero cosa sarebbe successo in quello scenario, se lui fosse stato il mio socio e compagno di squadra. E’ un tema interessante, per trovare una risposta adeguata dovrei trovarmi a gareggiare insieme e non è ancora successo. Ho fatto solo dei training camp in cui abbiamo condiviso piccoli momenti in bici, in hotel e niente di più. Devo imparare a conoscerlo, sarà anche importante in vista del Tour.

Che tipo è e come ti trovi a essere un suo aiutante, magari proprio alla Grande Boucle?

Partiamo col dire che il Tour è un pensiero che mi entusiasma, perché non l’ho mai affrontato. Per me è molto importante portare a termine la gara. Ed è ancora più bello farlo in una squadra come la sua, accanto al campione in carica, quindi sarà una bellissima avventura e speriamo di arrivare in buone condizioni.

Appena tornato dall’Australia, Narvaez si è laureato campione nazionale, per la terza volta (foto Prensa Latina)
Appena tornato dall’Australia, Narvaez si è laureato campione nazionale, per la terza volta (foto Prensa Latina)
Le tue vittorie in Ecuador che risalto hanno avuto?

Ora il ciclismo sta crescendo poco a poco. Sia per quanto riguarda i giovani corridoi che per gli appassionati, c’è molto più fermento rispetto a sei anni fa, oggi il ciclismo è molto diffuso. Anche le corse sono molto più seguite. Le mie vittorie mi hanno reso piuttosto popolare, il successo in Australia ha avuto risalto. Prima non era così. Soprattutto nella zona in cui vivo, quella montuosa dell’Ecuador. Qui si va molto in bicicletta.

Tra poco torni in Europa: lasciare casa che sensazioni ti dà?

Non è tanto un peso perché viaggio sempre con la mia famiglia, ho mio figlio che ha un anno e quindi posso seguirlo insieme a mia moglie. Ci siamo adattati bene alla vita europea. Apprezzo i benefici della mia professione: tutta la mia vita è quasi organizzata e non mi costa nessuno sforzo tornare indietro. Ovviamente mi manca il mio Paese, poi in questo momento è bellissimo perché il clima è molto buono, ma fa parte del raggiungimento dei propri obiettivi professionali, è un sacrificio che faccio volentieri.

Il suo successo nel 2020 a Cesenatico, nel Giro d’Italia dove si è rivelato come ottimo finisseur
Il suo successo nel 2020 a Cesenatico, nel Giro d’Italia dove si è rivelato come ottimo finisseur
Tu farai tutto il periodo delle classiche, qual è quella che ti piace di più e con che ambizioni le affronti?

A me piacciono tutte molto, ma soprattutto quelle fiamminghe che meglio mi si adattano, ad esempio il Giro delle Fiandre. Ma anche quelle delle Ardenne mi piacciono molto. Le affronto tutte con molta ambizione, puntando a fare bene e portare a casa qualcosa, d’altronde un corridore non va avanti con l’ambizione. So che ci saranno gare dure, ma arriverò nelle migliori condizioni possibili, ho lavorato per quello.

Hai vinto due volte al Giro d’Italia: che differenza c’è tra il Narvaez del 2020 e quello dello scorso anno?

Ora riconosco di essere un corridore un po’ più maturo. Nel 2020 ho commesso ancora molti errori come professionista, forse un po’ di ignoranza su cosa bisogna fare in allenamento e a riposo. Negli ultimi anni ho lavorato meglio, sono stato più disciplinato con l’alimentazione, l’allenamento, il riposo e questo mi ha fatto fare un salto in avanti. Penso che la chiave sia cercare di fare le cose bene per poter emergere.

Regina è Official Sponsor (per il biennio 2025-2026) del Giro d’Italia

20.02.2025
4 min
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Regina, brand del Gruppo Sofidel, tra i leader mondiali nella produzione di carta per uso igienico e domestico, entra ufficialmente nel mondo dello sport, e del ciclismo in modo particolare, siglando una prestigiosa partnership con il Giro d’Italia. Il marchio, presente da oltre 35 anni nelle case degli italiani, e in continua espansione in Europa, è diventato Official Sponsor della Corsa Rosa per le edizioni 2025 e 2026.

Questa collaborazione unisce due icone che da sempre rappresentano qualità e tradizione. Il Giro d’Italia, oltre a essere una delle competizioni ciclistiche più seguite al mondo, celebra la bellezza del nostro Paese e ispira milioni di appassionati. Regina, dal canto suo, è sinonimo di durata e affidabilità, come dimostrato dal celebre slogan “I Rotoloni Regina non finiscono mai”, entrato nella storia della pubblicità italiana. Un concetto che si riflette anche nel “Trofeo senza fine”, assegnato al vincitore del Giro, una spirale dorata che ogni anno si arricchisce di un nuovo nome, perpetuando la storia e la passione per il ciclismo.

I fazzoletti tascabili Regina saranno distribuiti durante tutto l’arco del Giro d’Italia
I fazzoletti tascabili Regina saranno distribuiti durante tutto l’arco del Giro d’Italia

Benessere e ambiente

La partnership tra Regina e il Giro d’Italia trova un ulteriore punto di incontro nei valori della passione, dell’impegno e nella promozione di una mobilità sostenibile. La bicicletta, infatti, è sempre più scelta non solo come mezzo di competizione, ma anche per il benessere quotidiano e il rispetto dell’ambiente.

Protagonisti della sponsorizzazione saranno tre prodotti iconici: Rotoloni Regina, Regina Asciugoni e Regina Fazzoletti Tascabili, che per l’occasione vestiranno una “maglia speciale” con un pack in edizione limitata dedicato al Giro d’Italia, disponibile da metà aprile a metà giugno. Il marchio Regina sarà ben visibile lungo il percorso della Corsa Rosa attraverso archi, striscioni e gonfiabili brandizzati, oltre alla distribuzione di fazzoletti Regina lungo il tragitto della Carovana pubblicitaria. Inoltre, in tutte le città di arrivo tappa, il brand avrà un’area dedicata all’interno del Giroland, offrendo ai visitatori esperienze coinvolgenti.

La visibilità della partnership sarà amplificata anche grazie a una campagna pubblicitaria su TV e radio, che andrà in onda da inizio maggio a metà giugno. Regina sarà inoltre protagonista nel Fantagiro d’Italia 2025, coinvolgendo gli appassionati anche in ambito digitale.

La community del ciclismo

«Siamo entusiasti – ha dichiarato Francesco Pastore, Chief Marketing & Sales Officer di Sofidel – di annunciare questa collaborazione con il Giro d’Italia (nella foto di apertura è a destra con al suo fianco Roberto Salamini e Moreno Moser, ndr). Due icone che hanno saputo entrare nella storia e nella cultura del nostro Paese. Grazie a questa partnership, vogliamo rafforzare il legame tra il brand Regina e l’ampia community di amanti del ciclismo, che siano atleti professionisti o appassionati della bicicletta nel tempo libero».

Regina sarà presente anche in altre competizioni ciclistiche organizzate da RCS Sport & Events, tra cui la Strade Bianche, la Tirreno-Adriatico, la Milano-Torino, la Milano-Sanremo, il Giro d’Abruzzo, il Giro Next Gen e il Giro d’Italia Women, consolidando ulteriormente la propria presenza nel mondo del ciclismo.

Il Gruppo Sofidel, con sede a Porcari (Lucca), è tra i leader mondiali nella produzione di carta per uso igienico e domestico. Fondato nel 1966, è attivo in 13 Paesi, con oltre 9.000 dipendenti e una capacità produttiva di oltre 1,8 milioni di tonnellate all’anno. Nel 2023 ha registrato un fatturato consolidato netto di 3.129 milioni di Euro. Oltre a Regina, i suoi brand includono Sopalin, Le Trèfle, Hakle, Softis, Nalys, Cosynel, KittenSoft, Nicky e Papernet. 

Il gruppo è impegnato nel raggiungere l’azzeramento delle emissioni di carbonio nette (Net-Zero) entro il 2050, confermando il suo impegno verso la sostenibilità ambientale.

Sofidel

Dopo dieci anni torna il Giro e Vicenza fa le cose in grande

20.02.2025
4 min
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Il prossimo 23 maggio Vicenza tornerà ad ospitare un arrivo di tappa del Giro d’Italia dieci anni dopo l’ultima volta. Nel 2015 a vincere sul traguardo di Monte Berico (lo stesso di quest’anno) fu Philippe Gilbert che nel diluvio staccò di 3″ la maglia rosa Alberto Contador e Diego Ulissi (immagine di apertura). La tappa del 2025 prenderà il via da Rovigo e terminerà nella città del Palladio dopo 180 chilometri, gli ultimi 60 dei quali nello scenario dei Colli Berici, le colline a sud di Vicenza.

Una tappa da passisti veloci o da velocisti resistenti, con l’ultimo chilometro, quello che porta al Santuario di Monte Berico, che tira decisamente all’insù. Comunque andrà quest’anno, la città veneta si sta già preparando ad accogliere la carovana con il comitato di tappa della “Tappa dei Berici”, presieduto da Mario Carraro e di cui fa parte, tra gli altri, anche l’ex professionista Angelo Furlan. Abbiamo parlato con loro per farci raccontare quanto è importante un evento di questa portata per il territorio vicentino.

Vicenza è da sempre un grande territorio di ciclismo, con moltissimi praticanti e sede di tante importanti aziende (@laviadeiberici)
Vicenza è da sempre un grande territorio di ciclismo, con moltissimi praticanti e sede di tante importanti aziende (@laviadeiberici)
Carraro, abbiamo visto che il percorso abbraccia buona parte dei Colli Berici, ci racconta com’è nato?

Abbiamo lavorato assieme a Rcs Sport per massimizzare l’impatto scenografico, di concerto con i Comuni dei Colli Berici, per regalare ai tifosi delle immagini mozzafiato. Il grande successo è stato proporre un circuito che contiene alcune delle salite dei colli più amate tra noi amatori, come l’ascesa della Pila fino ad Arcugnano, che sarà l’ultimo trampolino di lancio prima del finale. Prima del circuito poi si farà la salita che da Barbarano porta a San Giovanni in Monte, il punto più alto dei Berici. Il circuito permetterà al pubblico di arrivare in gran numero, e noi contiamo di avere un’affluenza straordinaria. 

Quindi più del 2015?

Nel 2015, in un giorno di pioggia infrasettimanale, sono state stimate 200mila persone. Quest’anno puntiamo sicuramente più in alto, diciamo il doppio. Anche perché in quei giorni verrà organizzato un village in Campo Marzio con un megaschermo per tutto il fine settimana, che speriamo diventi un punto di riferimento per gli appassionati che arriveranno.

La tappa con arrivo a Vicenza attraversa nel finale i Colli Berici, frequentatissimi da ciclisti di ogni disciplina (@laviadeiberici)
La tappa con arrivo a Vicenza attraversa nel finale i Colli Berici, frequentatissimi da ciclisti di ogni disciplina (@laviadeiberici)
Vicenza è territorio di ciclismo e sono moltissimi i campioni nati in questa provincia: da Pozzato a Battaglin, da Rebellin ad Alessandra Cappellotto e Tatiana Guderzo, per non parlare di Tullio Campagnolo.

E non solo, anche Selle Italia e Royal e Wilier, e altri. Ma è sufficiente venire qui un sabato mattina, anche in inverno basta che ci sia il sole per vedere quanta passione c’è per il ciclismo. Una cosa che ci fa particolarmente piacere è che sta diventando anche uno sport molto femminile, un trend che è particolarmente visibile qui da noi soprattutto nel mondo del gravel, che permette di vivere tutti i benefici di questo sport lontano dai pericoli della strada.

Su queste stesse strade, assieme all’amico Pozzato che lo organizzava, due anni fa Angelo Furlan fece passare il primo mondiale gravel. Essendo stato corridore e continuando a pedalare come se lo fosse ancora, il vicentino è l’uomo giusto per entrare nei primi dettagli tecnici.

Angelo Furlan, da ex corridore e profondo conoscitore di queste strade, dove consigli di piazzarsi per godersi la tappa dal vivo? 

Un punto può essere sulla prima salita di giornata, quella della Scudelletta da Barbarano che porta in cima ai colli, un posto bellissimo anche paesaggisticamente. Poi nel circuito, dove ci saranno gli attacchi, magari a metà della rampa finale.

Monte Berico e i suoi portici: lassù Gilbert vinse la tappa al Giro del 2015
Monte Berico e i suoi portici: lassù Gilbert vinse la tappa al Giro del 2015
A proposito, com’è la rampa che porta all’arrivo?

E’ lunga 1,4 km al 5,7% di media. Quindi sicuramente non da velocisti puri, da corridori veloci che tengono sugli strappi, gente da classiche. Non a caso nel 2015 vinse Gilbert. Attenzione al giovane Busatto, lo conosco bene ed è vicentino, l’ho visto alla Veneto Classic e mi ha fatto una grande impressione. Non lo dico solo per essere di parte, è proprio un commento tecnico.

Il generale in percorso non sembra molto duro, per gli standard attuali

Non durissimo forse, ma che darà sorprese, perché è una tappa che si adatta ai colpi di mano. E’ a metà giro, i corridori inizieranno ad essere stanchi. La prima parte è tutta pianeggiante, a 50 km dall’arrivo invece cambia radicalmente. La prima salita non sarà di passaggio perché è corta e dura, e se qualcuno volesse alzare il ritmo potrebbero restare in pochi. Dalla cima il percorso poi non è lineare, è un saliscendi continuo, un toboga, non c’è più respiro anche dal punto di vista planimetrico. C’è spazio per gli uomini da fuga come per gli attaccanti, come anche perché i big si inventino qualcosa. Insomma gli scenari sono moltissimi, come non poteva che essere in un territorio variegato e ricco come quello dei Colli Berici.