Vendrame, passaggio Jayco-Alula, manubrio

Materiali nuovi? Il manubrio fa la differenza: la scelta di Vendrame

10.11.2025
6 min
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Questo è il periodo dell’anno in cui gli atleti cambiano materiali o l’intera bici. Di conseguenza inizia una fase molto delicata, ma altrettanto affascinante: ritrovare la posizione giusta. Adattarsi. Scegliere le specifiche migliori. Un vero pianeta della tecnica, in cui però oltre ai numeri contano anche le sensazioni dell’atleta, soprattutto per quel che concerne la sella… ma ultimamente anche il manubrio.

Come “sentono” e individuano quello giusto? E anche gli altri componenti? Ne abbiamo parlato con Andrea Vendrame, uno degli atleti con “l’orecchio fine” e anche uno di quelli che sta passando da Van Rysel, la cui componentistica era Deda Elementi, a Giant con componenti Cadex. E proprio “Vendramix”, in questi giorni, ha un gran bel da fare… che ci racconta.

Dall’Alanera di Deda Elementi al Cadex Aero Integrated: due gran bei manubri per Vendrame
Dall’Alanera di Deda Elementi al Cadex Aero Integrated: due gran bei manubri per Vendrame
E quindi Andrea, come ti adatti ai nuovi componenti? Partiamo dal manubrio…

Venivo da una curva Deda Elementi e ora quella del manubrio Cadex che andrò a utilizzare è più ampia rispetto a quella che usavo in Decathlon-AG2R. Ha un reach più ampio, quindi con le mani sotto nella curva ti sembra di avere una posizione più alta, nonostante sulla bici sia abbassato totalmente come spessori. Proprio in questi giorni mi è arrivato a casa un nuovo manubrio che sto andando a far montare. Da come ho capito in quei giorni di visite a Torino, tutti i corridori avranno il manubrio integrato, quindi mi hanno inizialmente montato un classico set attacco + piega per farmi prendere confidenza, e ora arriva quello definitivo.

Perché allora provare un set classico se poi userete un manubrio integrato?

Perché la curva dovrebbe essere un facsimile del nuovo Cadex che uscirà con la nuova versione della bici. Quindi diciamo che al momento l’adattamento è dato soprattutto dall’altezza della curva. La differenza che ho trovato è questo discorso di curva più ampia nel Cadex rispetto al Deda Van Rysel. Per ora mi dà sensazioni diverse.

Immaginiamo sia differente proprio il disegno della curva, no?

Sì, il raggio della curva “stringe” diversamente rispetto al Deda.

Facendo spesso le volate (ma non solo per quelle) Vendrame ha voluto anche i comandi all’interno della curva manubrio (foto Getty)
Facendo spesso le volate (ma non solo per quelle) Vendrame ha voluto anche i comandi all’interno della curva manubrio (foto Getty)
Però una cosa ci è poco chiara. Tu dici che la curva è più ampia, quindi in teoria in presa bassa dovresti stare più basso, invece dici che ti senti più alto…

Vero, è strano. Ne parlavo anche con Baronti, che oltre a essere il mio preparatore il prossimo anno sarà anche il mio biomeccanico: non si capiva questa situazione. Anche perché sulla nuova Giant sono messo più basso rispetto alla bici precedente. Lui mi spiegava che il Cadex rispetto al Deda ha 3 millimetri in meno di reach e 5 millimetri in più di drop.

Okay, quindi il drop è maggiore… E invece hai operato altri cambiamenti, Andrea?

Cambiando squadra ho cambiato le pedivelle: da 170 millimetri a 165. E anche i pedali: da Look sono passato a Shimano, quindi ci sono più cose che dovrò valutare nel tempo. Tanti cambiamenti tutti insieme rischiano di fare caos se giudicati all’improvviso.

Restando sempre sul manubrio, in presa alta invece cambia qualcosa? Che sensazioni hai?

Fortunatamente già sul Deda non avevo problemi di angolazioni proibite per l’UCI, quindi ho mantenuto la posizione che avevo quest’anno. Al 90 per cento i corridori oggi vanno con le mani sui comandi, che è la parte dove viene regolata di più la bici per stare in una posizione comoda, efficace e anche aerodinamica. Abbiamo fatto anche degli studi con Van Rysel a inizio stagione su diverse posizioni di presa manubrio.

La Giant TCR che userà Vendrame. Ricordiamo che hanno a disposizione anche la bici aero Propel (foto Instagram)
La Giant TCR che userà Vendrame. Ricordiamo che hanno a disposizione anche la bici aero Propel (foto Instagram)
Come si svolgevano questi test?

Praticamente avevamo preso un chilometro di strada e si faceva avanti e indietro, avendo le stesse caratteristiche di vento e watt, per vedere cosa cambiava: quanto tempo impiegavamo. Un’altra particolarità: ho chiesto subito che il manubrio fosse integrato perché ha una guidabilità diversa. Lo sento più a contatto con il mio fisico, lo guido meglio in discesa, magari su tratti più tecnici dove devi guidare bene la bici. E poi ho chiesto anche gli shifter interni, soprattutto per le volate.

Beh, tu sei uno scattista e sei anche veloce: in effetti il doppio comando ci sta bene.

Esatto, proprio per questo motivo. E poi perché si va sempre più forte ed è un modo più rapido per cambiare in bagarre.

Quando un pro’ prova i nuovi materiali, le prime cose che va a cercare, restando sul manubrio, quali sono?

Se ti sei trovato bene vorresti avere le stesse sensazioni. Non pretendo di passare da Deda a Cadex e trovarmi lo stesso prodotto. Parto già con l’idea che ci sia una piccola differenza, però cerco di andare a riprodurre il più possibile le caratteristiche che ho utilizzato quest’anno. Poi se c’è qualche miglioria da fare, ben venga. Come per esempio i comandi interni.

Anche quando si va forte, oggi la presa prediletta è quella sulle leve. Lo dimostrano anche i numeri dell’aerodinamica
Anche quando si va forte, oggi la presa prediletta è quella sulle leve. Lo dimostrano anche i numeri dell’aerodinamica
Ti piace avere tutto vicino, a portata di mano nel vero senso della parola…

Dal mio punto di vista voglio che quando sono con le mani sotto nella curva abbia subito a contatto i freni, avendo mani non enormi. Preferisco avere subito le leve che riesco a toccare con due dita, soprattutto l’indice, che dà la possibilità di regolare la frenata. Con il freno a disco bastano due dita. La seconda cosa è il comando del cambio nella parte bassa del manubrio. Immaginiamoci una discesa tecnica piena di tornanti, dove devi rilanciare ogni curva e frenare: quindi freno e cambio sono le cose principali. Per il resto, per quanto riguarda la posizione sempre di manubrio e zona anteriore, la posizione in presa sulle leve deve essere più comoda possibile, non deve creare fastidi di formicolio nelle mani. Anche perché oggi i corridori sono molto avanzati in sella e caricano di più il peso nella zona frontale sulle leve. Braccia, mani e polsi vengono caricati di più, con tutti i nervi del palmo che risentono di buche, asfalto e tensione in gruppo.

Invece, per quanto riguarda la sella, come sta andando? Una volta era il vero cruccio del corridore che cambiava materiale…

Ci hanno aiutato molto in Jayco-AlUla: siamo partiti da un fac-simile della Fizik 3D, che utilizzavo in Decathlon. Non è la stessa e non è 3D, ma bene o male ha la stessa forma, specie nella zona perineale di scarico, che fa bene ed è importante. Devo essere sincero: sinora l’ho utilizzata poco, giusto per prendere confidenza e dare dei feedback al bike fitter. Ora che riprenderò con gli allenamenti più seriamente avrò un quadro più preciso. Come sella non ho mai avuto grandi problemi, quindi mi trovo abbastanza bene con tutto.

Vendrame è stato tra i primi professionisti ad usare una sella 3D
Vendrame è stato tra i primi professionisti ad usare una sella 3D
Negli anni abbiamo visto che una volta la sella era in bolla, poi si è abbassata sempre di più la punta. Anche per te vale questa regola?

Sì, sono più basso, appena di un grado, giusto per dare una leggera piegatura in avanti. Perché quando sei sotto sforzo tendi a rannicchiarti fisicamente e quindi ad avanzare in punta di sella. Questo mi permette di restare in una posizione comoda e performante, perché se spingi e ti raccogli in avanti tendi a portare tutto il peso davanti e sei più efficace rispetto a stare un po’ più alto.

E invece altezza di sella e distanza punta sella-manubrio?

E’ rimasto pressoché tutto uguale.

Giant TCR Advanced 1 KOM: leggerezza, agilità e tradizione

05.11.2025
6 min
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Il test della Giant TCR Advanced 1 KOM. Telaio in carbonio. Serie sterzo conica (OverDrive). Movimento centrale PowerCore. la tecnologia Variant Seatpost, con reggisella a sezione aerodinamica. Gruppo Shimano 105 Di2

La storia della Giant TCR affonda le radici nel 1997, quando questo modello rivoluzionò il mercato introducendo il concetto di telaio compatto, destinato a diventare un riferimento per il ciclismo moderno. Da allora la TCR ha saputo evolversi di generazione in generazione, mantenendo come tratti distintivi leggerezza, rigidità e aerodinamica. L’ultima versione, la Giant TCR Advanced 1 KOM, si inserisce in questa tradizione puntando a un equilibrio perfetto tra prestazioni e accessibilità.

L’abbiamo provata in prima persona. Ci hanno colpito immediatamente la facilità di guida, la maneggevolezza nelle fasi più tecniche e una leggerezza che ti accompagna con naturalezza in salita. Un pacchetto che riesce a coniugare un prezzo interessante con un allestimento pronto a soddisfare chi cerca una bici da corsa completa, performante e pensata per ogni terreno.

La Giant TCR Advanced: da questa stagione è disponibile anche nelle colorazioni Dreamy Blue (grigio) e Purple Haze (un blu elettrico)
La Giant TCR Advanced: da questa stagione è disponibile anche nelle colorazioni Dreamy Blue (grigio) e Purple Haze (un blu elettrico)
La Giant TCR Advanced: da questa stagione è disponibile anche nelle colorazioni Dreamy Blue (grigio) e Purple Haze (un blu elettrico)
La Giant TCR Advanced: da questa stagione è disponibile anche nelle colorazioni Dreamy Blue (grigio) e Purple Haze (un blu elettrico)

Geometrie e tecnologie

E’ sempre stato questo il punto forte della TCR: geometrie studiate al millimetro e soluzioni tecniche che anticipano i tempi. La versione Advanced 1 KOM è proposta con un telaio in carbonio realizzato con la fibra Advanced Composite di Giant. Si tratta di una tecnologia proprietaria che permette di mantenere rigidità torsionale elevata riducendo il peso. Il risultato è un telaio scattante, preciso in curva e stabile anche nei tratti più veloci. La forma dei tubi segue la filosofia “aero versatile”: profili tronchi che uniscono aerodinamica e leggerezza senza sacrificare la reattività.

La forcella interamente in carbonio lavora in sinergia con il telaio per garantire precisione di guida, mentre la serie sterzo conica (OverDrive) è un brevetto Giant pensato per aumentare la rigidità laterale. A completare il pacchetto c’è il movimento centrale PowerCore, compatto e solido, che assicura una trasmissione di potenza diretta ed efficace. Infine, la tecnologia Variant Seatpost, con reggisella a sezione aerodinamica, contribuisce al comfort senza perdere nulla in termini di performance. Tutti questi dettagli rendono la TCR Advanced 1 KOM una bici moderna e versatile. Una bici pensata per chi ama scalare, ma anche per chi vuole affrontare lunghe uscite con una sensazione di agilità continua.

Allestimenti intelligenti

Uno dei punti forti della TCR Advanced 1 KOM è l’allestimento, capace di offrire componenti di livello elevato a un prezzo competitivo. Il gruppo scelto è lo Shimano 105 Di2 a 12 velocità, soluzione che porta l’elettronico su una fascia di bici accessibile. La cambiata è fluida, rapida e precisa, mentre la frenata a disco con rotori da 160 mm garantisce potenza e modulabilità anche nelle discese più impegnative.

Le ruote sono le Giant P-R2 Disc, leggere e affidabili (e forse sin troppo economiche), con predisposizione tubeless: una scelta equilibrata per chi vuole un set versatile, adatto sia all’allenamento sia alle gare (granfondo). Le gomme di serie, le Giant Gavia Course 1 da 25 millimetri, offrono scorrevolezza e tenuta. Ma c’è la possibilità di montare coperture fino a 32 millimetri per chi cerca maggior comfort. A completare il pacchetto troviamo componentistica interamente Giant, dal manubrio Contact al reggisella Variant, segno della volontà dell’azienda di proporre un prodotto armonico e coerente.

Questa scelta di allestimento rende la TCR Advanced 1 KOM una bici capace di soddisfare l’amatore evoluto, ma anche il ciclista che vuole affrontare lunghe salite o avvicinarsi al mondo delle competizioni senza dover mettere mano al portafogli per futuri upgrade immediati. Il prezzo infatti è appena superiore ai 3.300 euro. Una cifra decisamente buona vista la qualità complessiva del mezzo il cui peso è di 8,1 chili compresi i pedali nella taglia M.

Su strada…

E’ qui che la TCR Advanced 1 KOM mostra davvero la sua natura. La leggerezza del telaio e l’equilibrio delle geometrie rendono la bici immediata, pronta e intuitiva. In salita si lascia condurre con naturalezza: la rigidità del movimento centrale e la precisione della trasmissione permettono di spingere senza dispersioni, trasformando ogni watt in velocità. Nelle accelerazioni si percepisce la reattività, mentre in discesa colpisce la sicurezza con cui la bici affronta le curve, complice la rigidità dell’avantreno. Un avantreno che ci è parso molto leggero, quasi troppo. Il che è perfetto in salita e nelle discese tortuose, un filo meno in quelle più veloci. Ma come abbiamo già detto, magari basta intervenire sulle ruote. In ogni caso la Giant TCR Advanced 1 KOM si mostra affidabile e stabile, non fraintendiamo…

Ma non è solo una bici da scalatore. Su percorsi vallonati e pianeggianti mantiene un’ottima scorrevolezza, con una posizione in sella che bilancia bene aerodinamica e comfort. Anche dopo diverse ore non si avverte mai rigidità eccessiva: il reggisella Variant lavora discretamente filtrando le vibrazioni, senza compromettere l’efficienza. Durante il nostro test, la TCR Advanced 1 KOM ci ha stupito anche per il comfort, nonostante montasse pneumatici da 25 millimetri. Questo grazie al reggisella appunto, ma anche alla forma tondeggiante dei tubi. Una forma che a nostro avviso “scaricano” molto, le vibrazioni passive (quelle delle asperità del terreno) e non disperdono quelle attive (la forza impressa dal ciclista)

Il rapporto tra prezzo, peso e prestazioni la rende una delle proposte più interessanti nel segmento medio-alto. Non è una bici che nasce per compromessi, ma per offrire al ciclista la sensazione di avere tra le mani un mezzo completo, pronto a spingere in salita, fluido in pianura e sicuro in discesa. In definitiva, la Giant TCR Advanced 1 KOM conferma la tradizione del modello: una bici per chi ama pedalare ovunque, senza rinunciare alla leggerezza e alla precisione che hanno reso la TCR un’icona del ciclismo moderno.

Giant Bicycles-Italia

Cadex AMP 3D, quando la sella diventa un plus

Cadex AMP 3D, quando la sella diventa un plus

25.10.2025
6 min
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AMP 3D è la sella top di gamma di Cadex. E’ un prodotto hors categorie in senso assoluto, sicuramente per la tecnologia 3D a supporto differenziato che porta in dote, ma anche per tutto quello che concerne la qualità della seduta e del sostegno.

Uno dei grandi vantaggi di questa sella è proprio il sostegno che arriva dallo spoiler posteriore. E’ un punto di appoggio estremamente sfruttabile in diverse situazioni, quando si spinge a testa bassa e quando si è più rilassati: un design che permette di sfruttare a pieno il foro centrale. L’abbiamo provata ed ecco le nostre considerazioni.

Cadex AMP 3D, quando la sella diventa un plus
Dietro c’è tanto appoggio per i glutei
Cadex AMP 3D, quando la sella diventa un plus
Dietro c’è tanto appoggio per i glutei

La tecnologia 3D secondo Cadex

Il supporto, il sostegno e la compattezza della copertura 3D della sella Cadex AMP si posiziona nel mezzo, tra chi propone selle 3D morbide e quei brand che utilizzano la tecnologia 3D sviluppando coperture piuttosto dure. AMP e la sua cover 3D sono una sorta di compromesso: un risultato che arriva da un blend di fattori. La copertura 3D è un blocco unico, ma le zone offrono un supporto differenziato. La scocca è in carbonio, è rigidissima e non mostra nessuna flessione verso il basso ed ai lati. Anche quest’ultimo aspetto è tutt’altro che banale, assecondato dal carro (in carbonio) che “quasi” avvolge tutta la sezione posteriore e la punta.

I due rail non sono innestati nella scocca, ma utilizzano una sorta di base più ampia che incrementa notevolmente la rigidità e la stabilità della sella. Non ultima, la forma della AMP 3D, con l’abbondante rialzo nella zona posteriore, aiuta tantissimo nelle fasi di appoggio e di ricerca di un punto sul quale fare forza. Ad esempio in salita quando si spinge a tutta da seduti.

I dettagli da considerare

Cadex AMP 3D è una sella corta con i suoi 245 millimetri di lunghezza ed è larga 145. Come accennato in precedenza, la scocca e i due binari sono completamente in carbonio, mentre la copertura 3D è ottenuta tramite la tecnologia G3D con materiale EPU. E’ un elastomero a base poliuretanica e combinato al lattice, offre enormi vantaggi in fatto di resistenza e distribuzione delle vibrazioni, è parecchio flessibile ed è eco-friendly. Per la sua lavorazione non sono impiegati solventi, ugualmente le sue proprietà tecniche hanno notevole durata nel tempo.

L’utilizzo della tecnologia 3D per la sella Cadex (combinata alla forma della scocca) ha permesso inoltre di sfruttare al massimo il disegno di una sella corta che lascia tanta libertà al gesto della pedalata e non interferisce con la sezione interna della coscia. Questo concetto di design trova ulteriori conferme nella forma della sella stessa, con una sorta di stacco netto tra la sezione posteriore più larga ed accentuata, rispetto alle sezioni mediana e anteriore più stretta. Da sottolineare anche lo stack ridotto (41 millimetri) della sella, sicuramente tra i più bassi della categoria: dettaglio tecnico che porta anche ad un abbassamento (rispetto ad una sella con spessore standard) del reggisella. Il prezzo della Cadex AMP 3D è di quelli importanti, 369,99 euro, comunque in linea con la categoria.

Cadex AMP 3D, quando la sella diventa un plus
Come d’abitudine, punto anatomico in bolla o scaricato in basso di un paio di gradi
Cadex AMP 3D, quando la sella diventa un plus
Come d’abitudine, punto anatomico in bolla o scaricato in basso di un paio di gradi

Le nostre considerazioni

L’abbiamo provata (anche) sulla nuova Giant TCR SL. A nostro parere la Cadex AMP 3D è una sella che offre dei vantaggi non secondari. E’ un prodotto molto tecnico e si rivolge ad un pubblico agonista attento a far collimare i diversi fattori per una performance di qualità elevata che arriva anche dal massimo sfruttamento dei componenti.

AMP 3D può essere una sella molto comoda e sfruttabile se posizionata nel modo corretto e quando si è capaci di sfruttare il prodotto nella sua totalità, dal fronte verso il retro e viceversa. Non è una sella piatta che non pone limiti a spostamenti continui durante la pedalata, ma predilige una seduta piuttosto composta.

Dottor Jekyll e mister Hyde

Quando si ricerca la massima aerodinamica e un setting molto ribassato sul manubrio, la sezione mediana sostiene e non ingombra e l’ampio canale di scarico è un vantaggio. I contorni dello stesso canale sono imbottiti il giusto, la copertura 3D supporta a dovere, ma il vantaggio più grande arriva dalla scocca super rigida. Non flette verso il basso, non crea depressioni svantaggiose alla posizione e non fa quell’effetto rebound, talvolta fastidioso e controproducente.

Quando si ricerca un setting più alto, meno compresso verso l’avantreno e si tende a spostare il peso del corpo verso il retro, il disegno a spoiler della sella è un valore aggiunto di grande caratura. Anche in questo caso la rigidità e la compattezza della sella sono un vantaggio. Altro fattore relativo alla tecnica e compostezza della AMP 3D è lo stack, per una sella con un profilo assai ridotto che obbliga ad abbassare il reggisella, rispetto al montaggio/utilizzo di una sella tradizionale, per restare con il medesimo valore tra punto anatomico della sella e movimento centrale. Tendenzialmente siamo intorno ai 5 millimetri. I più sensibili ed attenti potrebbero percepire una maggiore stabilità e una facilità di appoggio di polsi e mani sul manubrio, a parità di valori biomeccanici.

Cadex

TCR SL, abbiamo provato la bici simbolo di Giant

13.10.2025
7 min
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TCR SL, abbiamo provato la bici simbolo di Giant in un test curioso e fuori dai normali schemi. Una bici custom nell'allestimento. Veloce come una aero-bike, ma facile da manovrare. La salita è il suo pane quotidiano.

La prima parte del test della Giant TCR SL risale a più di un anno e mezzo fa, quando il marchio ha presentato ufficialmente la nuova versione a Taiwan. Oltre al primissimo approccio verso la bici, la sorpresa era riferita a quanta tecnologia, a quante competenze entrano in gioco, oltre alla quasi totalità del “fatto a mano” che riguarda proprio il top di gamma SL.

A distanza di oltre 18 mesi completiamo la nostra prova, sulle strade che normalmente solchiamo e con una bici che non rientra nel listino Giant. Alla base il kit telaio Giant TCR SL (taglia small), l’attacco manubrio full carbon Giant Contact SL (adatto ad interfacciarsi con il diametro maggiorato dello stelo della forcella), ma tutto il resto è custom, non presente nel listino Giant. Entriamo nel dettaglio di questa prova fuori dagli schemi.

Il primo approccio in Taiwan (foto Giant-Sterling Lowrence)
Il primo approccio in Taiwan (foto Giant-Sterling Lowrence)

Giant TCR SL, quella del test

Una taglia S (small), con la curva manubrio Zipp SL80 Race in carbonio e l’ultima versione dello Sram Force AXS (power meter Quarq incluso). Abbiamo montato il movimento centrale Bikone con sfere in acciaio, un componente molto buono, con involucro tutto in alluminio. Durante la prova abbiamo utilizzato tre setting differenti di ruote. Zipp 303SW, le nuove Mavic Cosmic SLR 45 e le DT Swiss ARC38, il tutto per avere riscontri differenti non solo in termini ambientali, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo. Un lavoro voluminoso e non semplice, ma questo ci ha permesso di estrapolare il reale comportamento di telaio e forcella. Abbiamo utilizzato una Selle Italia Flite Boost Kit Carbonio.

Per gli amanti dei pesi e dei numeri. Abbiamo rilevato un peso del telaio di 700 grammi (con viteria e componenti in alluminio montati, è da considerare anche il reggisella). Con le Zipp il peso della bici completa è di 7,1 chilogrammi (tubeless da 30), 6,75 con le DT Swiss (gomme da 28), mentre con le Mavic è di 7 chili (gomme da 30). Non potendo essere precisi a riguardo del prezzo, prendiamo in considerazione i 3699 euro del kit telaio chiesti dal costruttore.

Veloce e facileda sfruttare

Il compito principale della TCR SL è quello di accontentare un’utenza di agonisti che ama fare tanta salita e competere. L’ultima versione della TCR SL entra in quella schiera di bici che permettono di essere veloci anche in pianura e di farlo non necessariamente usando le ruote altissime. Il plus arriva da una bici tanto leggera, quanto reattiva e parecchio sostenuta sull’avantreno, in modo quasi inaspettato. Ha un ruolo davvero importante anche il reggisella integrato. Non è scomodo. Rispetto ad un reggisella tradizionale ha qualcosa in più in termini di resa tecnica diretta, pur non “picchiando” troppo sulla schiena. Può diventare un limite per chi aggiusta in continuazione l’altezza della sella (anche se il margine è ampio, oltre il centimetro e mezzo, grazie ad appositi spessori). Non è un compromesso e segue il fil rouge della bicicletta.

Qualcosa a proposito della geometria

E’ impegnativa e taglia per taglia mostra una bici corta, compatta sopra e sotto. E’ una di quelle che permette di sfruttare a pieno tutto il comparto centrale e l’avantreno del mezzo meccanico, ma ci vuole qualche ora di utilizzo per prendere la confidenza necessaria. Soprattutto l’angolo anteriore permette di avere la faccia quasi perpendicolare al mozzo della ruota (non è un fattore comune a tutte le bici).

In salita e in discesa

Gratificazione all’ennesima potenza. In salita ci si aspetta una performance del genere. La bici è leggera e tirata, perché l’impatto estetico parla da solo e trasmette molto del carattere della bici. Quando si percorrono lunghi tratti da seduti, la TCR aiuta, sembra offrire qualcosa in più. Merito del piantone allungato verso l’alto e di misure super compatte? E’ l’insieme, non è solo una cosa a fare la differenza. Di sicuro non ci sono flessioni, per una bici che offre dei vantaggi anche nelle fasi di rilancio dell’andatura, alle basse e alte velocità. Invita ad alzarsi in piedi e spingere.

In discesa ci vuole un po’ di manico, non è estrema ed è stabile (una di quelle bici che invita a caricare maggiormente l’avantreno). E’ una lama calda nel burro quando si tratta di stringere le traiettorie e gira in un amen, è molto sensibile agli spostamenti dei pesi del corpo. Non è di quelle bici che perdona l’errore, ma il vantaggio è proprio la grande stabilità, unita alla sua agilità. Pur essendo amanti dei tubeless da 28, abbiamo trovato nei 30 la soluzione più adatta per sfruttare al massimo le potenzialità della TCR SL nei segmenti più tecnici, guidati e veloci.

La salita, il suo pane a prescindere dall’allestimento
La salita, il suo pane a prescindere dall’allestimento

In conclusione

Ci sarebbe piaciuto mettere più pepe ed usare il manubrio Cadex integrato e le nuove ruote Cadex 40, due componenti tanto ambiti dai pro’ e dei quali se ne parla davvero bene. Tornando a noi. Giant TCR SL è una di quelle biciclette top di gamma, sviluppate per l’agonismo professionale che va ben oltre gli standard. Non è solo questione di un reggisella integrato ed uno stelo della forcella con diametro maggiorato. E’ stata una delle prime bici ad essere prodotta con la tecnica dei mandrini interni in PU. Il procedimento adottato da altri e per le bici alto di gamma, che ha permesso di ridurre drasticamente i pesi e l’impiego di resine.

Complice una geometria che mette sul piatto “una bici molto chiusa”, può essere una bici che non regala un feeling immediato. Una bicicletta da capire e deve essere cucita addosso all’utilizzatore, tenendo presente lo stile di guida e le capacità soggettive. TCR SL è tutt’altro che una bici impossibile. Le nostre considerazioni sono rivolte a massimizzare le possibilità di andare a tutta con una bici che ha fatto la storia degli ultimi 20 anni, la prima capace di proporre forme slooping e geometrie compatte poi mutuate da molti.

Giant

Rivet Mips, il nuovo casco da crono di Giant

27.05.2025
3 min
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Rivet Mips è il nuovo casco da crono di Giant, già visto in testa ai corridori del team Jayco AlUla in questo Giro d’Italia (in apertura Luke Plapp) . Da oggi è disponibile a chiunque voglia sfidare il tempo, siano essi cronomen oppure triatleti. I suoi punti di forza sono l’aerodinamicità e la leggerezza, combinate anche con tutta la sicurezza del sistema Mips.

Sono ben visibili le due prese d’aria al centro della calotta e molto ravvicinate, che assicurano il giusto comfort ed evitano l’appannamento della visiera
Sono ben visibili le due prese d’aria al centro della calotta e molto ravvicinate, che assicurano il giusto comfort ed evitano l’appannamento della visiera

Progetto in CFD rifinito in galleria del vento

La più importante caratteristica di un casco da crono è la sua capacità di offrire la minima resistenza all’aria. Per trovare la migliore soluzione in questo senso, in Giant si sono basati su dei modelli studiati in CFD (Fluidodinamica Computazionale) e perfezionati con test in galleria del vento. Queste ricerche hanno indirizzato i progettisti verso il caratteristico profilo del Rivet Mips, con una scanalatura centrale “a fossetta” che indirizza al meglio il flusso dell’aria.

Questo design porta un vantaggio – a detta dell’azienda – quantificabile in 6.4 watt rispetto al modello precedente. Sappiamo però che anche la ventilazione è un fattore fondamentale nella gare contro il tempo. Per questo il Rivet Mips è fornito di una coppia di prese d’aria al centro della calotta, poco sopra la visiera, in modo da alimentare costantemente il flusso d’aria all’interno del casco (regolando così la temperatura) senza compromettere l’aerodinamica.

Il nuovo Rivet Mips è stato perfezionato dagli atleti del team Jayco AlUla in galleria del vento (qui in foto Ben O’Connor)
Il nuovo Rivet Mips è stato perfezionato dagli atleti del team Jayco AlUla in galleria del vento (qui in foto Ben O’Connor)

Protezione Mips e visiera aero anti appannamento

Il casco Rivet Mips deve parte del suo nome all’integrazione del sistema Mips Air Node, il più leggero della gamma Mips. Si tratta di uno strato laminato a basso attrito fissato all’imbottitura, progettato per sganciarsi in caso di impatti angolati, contribuendo così a reindirizzare il movimento rotatorio e limitare i traumi.

La visiera è naturalmente aerodinamica, creando in questo modo un tutt’uno con la calotta. E’ anche rimovibile e dotata di protezione anti-UV, oltre che di un interessante quanto utile trattamento anti appannamento che sfrutta l’aria che entra dalle due prese d’aria frontali. In questo modo la visibilità è sempre garantita, anche durante gli sforzi più intensi.

La scanalatura “a fossetta” corre lungo tutta la parte superiore del Rivet Mips, incanalando al meglio il vento
La scanalatura “a fossetta” corre lungo tutta la parte superiore del Rivet Mips, incanalando al meglio il vento

Altri dettagli, peso e prezzo

La chiusura del Rivet Mips è affidata alla fibbia magnetica Fidlock che permette un fissaggio sicuro anche con una mano, e ad un sistema di cinghie personalizzato che assicurano una vestibilità perfetta. Le misure disponibili sono tre, S (51–55cm) M (55–59cm) ed L (59–63cm). Riguardo al peso, ecco alcuni numeri: in taglia M la bilancia si ferma a 503 grammi con la visiera e 423 grammi senza visiera. Il prezzo consigliato al pubblico è di 279,99 euro.

Giant Bicycles

Giant e Liv lanciano ufficialmente le nuove bici da crono

17.01.2025
7 min
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Giant Trinity Advanced SL e Liv Avow Advanced SL: si chiamano così le due nuove armi per le prove contro il tempo (e per il triathlon) messe a disposizione dei corridori del Team Jayco-AlUla e per le ragazze del Team Liv-AlUla-Jayco.

Arrivano i freni a disco (i pro li usano da 140 millimetri) e a parità di taglia i kit telaio sono più leggeri, con un rapporto rigidità/peso migliorato di quasi il 13%. La bici è anche più efficiente nei termini di pacchetto completo corridore/telaio/ruote. E poi le nuove Cadex da cronometro, che sono hookless. Vediamo le biciclette nel dettaglio, anche grazie all’aiuto di Mattia Romanò del dipartimento tecnico del team australiano.

Alcune fasi di test condotte da Plapp con la nuova Trinity SL (foto Giant)
Alcune fasi di test condotte da Plapp con la nuova Trinity SL (foto Giant)

Estate 2024, i primi test su strada

«Sotto il profilo tecnico e costruttivo – spiega il tecnico del team australiano – la Trinity di Giant e la Avow di Liv sono identiche, ovvero due monoblocchi in carbonio, la prima completamente dedicata agli uomini, la seconda specifica per le donne. Le differenze principali si riferiscono alle taglie. Hanno entrambe una sorta di filo conduttore che le collega con le bici della generazione precedente, ma in realtà sono molto diverse, a partire dalle forme delle tubazioni.

«Numeri della galleria del vento a parte – prosegue Romanò – è stato fatto un lavoro enorme per migliorare l’integrazione del comparto frontale e di tutto il supporto aerodinamico del manubrio. Ora vediamo, rispetto al passato, i corridori più alti sul davanti e con la schiena più dritta o se non altro perfettamente orizzontale. Gli studi che abbiamo effettuato in passato come team hanno permesso a Giant di migliorare tantissimo anche in quelli che consideriamo accessori, come manubrio, appendici e supporti. Tutto il posteriore è stato reso più efficiente, senza sacrificare il comfort e la guidabilità, pur avendo sviluppato delle bici nel complesso più rigide. I primissimi feedback degli atleti si riferiscono proprio ad una bici più agile e facile nei segmenti tecnici».

Lavoro sui materiali per ridurre il peso

La spiegazione di Romanò prosegue con un occhio di riguardo per le ruote, in cui la scelta di puntare sull’hookless racconta di un lavoro certosino e di estrema precisione.

«Rispetto al passato ci sono i freni a disco. Il lavoro sui materiali di costruzione e sul design complessivo è stato importantissimo, mirato a togliere tanto peso. E poi le ruote Cadex – prosegue Romanò – lenticolare posteriore, a 4 razze per l’anteriore, entrambe hookless e più leggere di 80 grammi, disegnate per interfacciarsi al meglio con le sezioni da 28 millimetri. L’utilizzo dei tubeless da 28 per le crono, conferma la tendenza generalizzata dell’aumento delle sezioni. Per le bici standard useremo tubeless da 30. I risultati giocano a nostro favore – conclude Romanò – e delle nostre scelte tecniche, considerando i titoli nazionali che abbiamo portato in bacheca in questo inizio anno».

Trinity, Avow e le nuove ruote Cadex

La nuova Giant e la nuova Liv da crono (e da triathlon) adottano il carbonio Grade Advanced SL di Giant e adottano l’ultima evoluzione delle resine prodotte con l’ausilio della nanotecnologia. Da qui anche il grande risparmio di peso. Inoltre, tutto il triangolo anteriore utilizza delle fibre di carbonio continue, non interrotte, soluzione che ha permesso di aumentare le performance (soluzione mutuata dalla Giant TCR SL). Il reggisella è stato sfinato e smagrito, regolabile in altezza. Ha un range di adattamento (avanti e indietro) di 51 millimetri, che anche in ottica triathlon porta dei vantaggi non indifferenti.

Tutto nuovo anche il sistema delle ruote Cadex, lenticolare il posteriore, a 4 razze l’anteriore. Sono completamente in carbonio e adottano la fibra 1K, entrambe hookless (con le pareti del cerchio spesse 3 millimetri) e con un canale interno da 22,4 millimetri.

La Cadex Max (lenticolare) si basa su una costruzione particolare, ovvero una raggiatura interna (i raggi sono in carbonio) che viene completamente coperta dalle cover, considerando inoltre che la costruzione è asimmetrica. Una soluzione che permette di avere una ruota super rigida, scorrevole e anche molto leggera. Un chilogrammo dichiarato, 150 grammi in meno rispetto alla precedente versione. Il mozzo porta in dote i cuscinetti ceramici.

Cadex Aero 4 è la quattro razze ed è disponibile per l’anteriore (50 millimetri) e anche per il posteriore (quest’ultima sviluppata per l’impiego triathlon e con un profilo da 65). La prima, usata nel World Tour ha un valore alla bilancia dichiarato di 880 grammi, la seconda di 1.047.

Una sbirciatina al triathlon

La collaborazione con il Team Jayco-ALUla ha portato Giant, come accennava in precedenza Romanò, a sviluppare un comparto manubrio completamente nuovo. Migliore sotto il profilo delle prestazioni, con un range di 24 posizioni diverse che vanno a coprire le diverse esigenze di altezza, profondità, reach e stack.

Si rinnova anche tutto quello che riguarda il sistema integrato di idratazione, con i due “serbatoi” da 850 e 700 millilitri. A parità di taglia (considerando il kit triathlon) la Giant è più leggera di 558 grammi, mentre la Liv di 433 grammi.

Taglie e prezzi

Giant Trinity Advanced SL è disponibile in quattro misure (XS, S, M e L). Ognuna di queste ha in comune il rake della forcella a 40 millimetri e la lunghezza di 405 millimetri del carro posteriore. La predisposizione è per le ruote da 700c (classiche da 28 pollici). Per L’Italia sarà disponibile la versione kit-telaio Tri-FF al prezzo di listino di 4.199 euro.

Liv Avow Advanced SL guadagna una taglia verso il basso e ne perde una tra le più grandi (XXS e XS, S e M). Anche in questo caso il progetto è totalmente dedicato alle ruote da 700c. Ognuna delle taglie ha un’inclinazione virtuale del piantone di 77°. Per l’Italia sarà disponibile il kit Tri-FF ad un prezzo di listino di 4.199 euro. Mentre le Cadex hanno dei prezzi di listino di 1.799 e 2.199 euro per le quattro razze (anteriore e posteriore), 2.799 euro per la lenticolare da TT.

Giant

Liv Cycling

Dumoulin cosa cerchi dopo il professionismo? La normalità

29.03.2024
5 min
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TAICHUNG (Taiwan) – Pedalare al fianco di Tom Dumoulin non è cosa di tutti i giorni. Lo abbiamo incontrato, prima alla presentazione ufficiale della nuova Giant TCR, nei giorni seguenti siamo stati in bici con lui, chiacchierando sulla vita, diversa, che si presenta dopo il professionismo.

Gli ultimi chilometri che portano alla foresta dei Ginger e ad uno dei templi che dominano Taichung, sono duri, costantemente sopra il 10 per cento di pendenza. Cerchi di parlare con Dumoulin, mostrandoti lucido e all’altezza, il Garmin segna 320/330 watt, costanti. Lui ti guarda, si alza sui pedali, sorride e dice: «Ehi italiano, dai andiamo». Da li capisci la differenza, perché dove una persona normale finisce, un campione di questo calibro inizia, anche se non è più un professionista!

Sempre sorridente e pronto alla battuta (foto Le Cycle)
Sempre sorridente e pronto alla battuta (foto Le Cycle)
Rimpiangi la vita da professionista?

Assolutamente no. Non mi manca, anche se non posso dire che fosse un brutto vivere. Tuttavia avere un focus costante, degli obiettivi costanti che si susseguivano, uno dietro l’altro, sempre, tutto l’anno, in ogni periodo della vita… Chi non ha provato una cosa del genere non può capire!

Anche la ricerca di un limite sempre maggiore?

Quello era un obiettivo e anche uno stimolo, ma la sofferenza per raggiungerlo e superarlo, per poi averne un altro e un altro ancora, era un’altra cosa.

Quando apre il gas fa un altro sport (foto Sterling Lorence-Giant)
Quando apre il gas fa un altro sport (foto Sterling Lorence-Giant)
C’è qualcosa che ti manca di quei periodi?

Viaggiare. Andare in posti diversi dall’Olanda e dall’Europa in genere è una cosa che ora mi manca. Nonostante lo stress e le giornate tutte schedulate, riuscivo costantemente a ritagliarmi dei piccoli spazi per vedere il mondo oltre il professionismo. Ho ripreso a fare qualche trasferta nell’ultimo periodo grazie all’attività di ambassador di Giant ed i prossimi 10 giorni saranno intensi.

Farai attività di promozione?

Si, della nuova TCR. Giappone, Korea, Cina e altre parti dell’Asia. Una presentazione e un altro viaggio, una presentazione e un altro viaggio e così via. Poco in sella, ma non è un problema, vedrò gente nuova e questo mi piace.

Dumoulin durante la presentazione della nuova TCR (foto Sterling Lorence-Giant)
Dumoulin durante la presentazione della nuova TCR (foto Sterling Lorence-Giant)
Una cosa che invece ti portava quel senso di malessere?

Stare lontano da casa per lunghi periodi e quasi isolato, magari quando c’era da preparare un grande Giro, oppure un obiettivo più importante di altri. E poi il cibo. Mangiare le solite cose, non poter sgarrare e prendersi una piccola soddisfazione per il palato. Quello mi faceva impazzire.

Sei un mangione?

Non lo sono, non amo le grandi quantità, mi piacciono il gusto, la gratificazione e la soddisfazione che arriva quando mangi un buon piatto italiano, magari con un bicchiere di vino.

Sei rimasto magro e tirato!

Dici? Forse perché sono alto e ho le gambe lunghe. Da quando ho smesso ho preso 8 chili.

«Dopo le gare non mi sono più rasato le gambe», così ci ha risposto Dumoulin (foto Sterling Lorence-Giant)
«Dopo le gare non mi sono più rasato le gambe», così ci ha risposto Dumoulin (foto Sterling Lorence-Giant)
Non si direbbe!

Potrei arrivare anche a 10 chili in più, rispetto a quando avevo il picco di forma, ma è una cosa che non mi preoccupa, l’importante è stare bene ed essere a posto con me stesso. Sono tranquillo, sono sempre in attività e quando esco in bici, anche 4 o 5 volte a settimana, per me l’importante è farlo divertendomi, senza imposizioni. Ho voglia di dare un po’ di gas, lo faccio. Ho voglia di andare a spasso e prendere la bici per andare a prendere un caffè? Lo faccio. Se non ho voglia di andare in bici, resto fermo oppure faccio altro.

In quegli 8 chili ci sono anche i peli delle gambe!

Quando sei professionista – ci ha risposto dopo una risata di qualche secondo – ci sono tre buoni motivi per rasarsi le gambe. Il primo è legato all’aerodinamica. Il secondo è limitare le infezioni quando si cade. Il terzo sono i massaggi, che mi mancano. Per il resto mi tengo i peli sulle gambe e mi faccio prendere in giro dagli amici.

Al termine della mezza maratona di Amsterdam (foto Instagram)
Al termine della mezza maratona di Amsterdam (foto Instagram)
Cosa hai provato a fare altro?

Ho ricominciato a correre a piedi. Lo scorso ottobre mi sono tolto lo sfizio di fare la mezza maratona di Amsterdam, un’esperienza che mi è piaciuta e tutto sommato sono andato anche bene.

Quanto hai impiegato?

Un’ora e 10 minuti. Non mi sono alzato dal letto per i due giorni successivi e per due settimane ogni volta che provavo a camminare mi faceva male ovunque, ma alla fine è stato divertente.

Amstel Gold Race 2023, con Sam Oomen
Amstel Gold Race 2023, con Sam Oomen
Hai mantenuto le vecchie amicizie?

I miei amici sono quelli con i quali ho condiviso sofferenze e momenti di felicità. Sono corridori che hanno smesso come me e quelli che sono ancora di attività. La mia vita è stata quella. E’ vero, ho voltato pagina, ma non voglio dimenticare nulla di quello che è stato e che ho fatto.

Cosa è successo quel giorno prima del Passo Umbrail?

Avevo mangiato troppo, ma non è stata solo la combinazione dei gel e degli zuccheri come spesso si racconta, credo un insieme di cose. La tensione e l’emozione della maglia rosa che diventava sempre più una realtà, ma creava anche stress. Mangiare qualcosa in più ai pasti con l’ottica di avere benzina nel motore, ovviamente anche tanti zuccheri dall’assimilazione veloce. Il mix è stato esplosivo.

Cadex Max 40: cresce la famiglia delle ruote high performance

27.02.2024
4 min
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Cadex è parte integrante del portfolio Giant e rappresenta l’apice della tecnologia di sviluppo, produzione, in fatto di prestazioni elevate e di cura estetica.

Cadex Max 40 nascono per gli scalatori e sono già state utilizzate da diversi corridori del Team Jayco-AlUla. I numeri di queste ruote sono molto interessanti, a partire dal valore alla bilancia, dichiarato a 1.249 grammi la coppia. Entriamo nel dettaglio.

Cadex è sinonimo di carbonio e alta efficienza
Cadex è sinonimo di carbonio e alta efficienza

Quella mania per il carbonio

La particolarità di queste ruote è la costruzione, del tutto accostabile a quella delle 50 Ultra Disc, già testate in precedenza, ma anche delle super performanti AR35 da gravel. Hanno un cerchio completamente in carbonio da 40 millimetri di altezza (hookless e con un canale interno di 22,4 millimetri) e 28 di larghezza totale, con i raggi in carbonio, così come le flange di entrambi i mozzi (il corpo è in alluminio). I mozzi si chiamano R3 (anteriore) e R3-C48 (posteriore). Si basano su un sistema interno con una ruota dentata che si innesta nel cricchetto del mozzo a 48 denti e molle oversize che danno una pressione costante per un ritorno delle forze e un ingaggio sempre equilibrato. I cuscinetti sono ceramici.

Si tratta di ruote estremamente rigide e reattive, con una tensione dei raggi sviluppata in modo specifico per garantire stabilità in curva. I raggi sono piatti, con un profilo e uno spessore continuo che prende il nome di Super Aero.

I dettagli e il valore

La ruota anteriore è dotata di 16 raggi, mentre quella posteriore ne ha 24. Non ci sono nipples esterni (a vista) nel punto in cui il profilato si innesta nel cerchio. Qui il raggio assume una forma arrotondata. Il profilo del cerchio è studiato per supportare pneumatici con sezioni che vanno dai 25 ai 32 millimetri. Il cerchio è rinforzato nei punti strategici con un tessuto ad elevata densità, che arricchisce il layup del carbonio.

Le grafiche delle ruote sono lavorate direttamente sul carbonio, soluzione che permette di risparmiare peso e di aumentare la longevità anche sotto il profilo estetico. Gli spazi per l’ingresso dei perni passanti sono tradizionali, 100×12 l’anteriore, 142×12 il posteriore. La ruota libera è disponibile per Shimano, Sram XDR e Campagnolo N3W. Previa registrazione, la garanzia delle ruote Cadex è a vita. Il prezzo di listino è di 3.598 euro.

Le nuove gomme Race di Cadex
Le nuove gomme Race di Cadex

Nuovi anche gli pneumatici

Al pari delle nuove Cadex Max 40, sono stati sviluppati i Cadex Race GC, ovvero dei tubeless dal peso ridotto. Si tratta di gomme con 240 TPI (240 fili per pollice quadrato) e con un valore alla bilancia dichiarato di 279 grammi. Hanno una mescola denominata RR-S con una base di silice ad elevata scorrevolezza.

Il design arrotondato è voluto per garantire un’elevata scorrevolezza e aderenza in curva. Al centro lo pneumatico si presenta slick, mentre ai lati ci sono degli intagli differenziati. Tra la carcassa ed il battistrada è presente una membrana di rinforzo in Kevlar. I nuovi tubeless sono disponibili in un’unica sezione da 28, in modo da essere perfettamente compatibili con tutti i cerchi tubeless e hookless del mercato.

Cadex-Cycling

Nuova Giant Defy, rivoluzionato il concetto di comfort

03.01.2024
5 min
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Giant Defy Advanced, bici sì da endurance, ma dalle performance importanti. Abbiamo avuto il piacere di provarla per un certo periodo, testandola su percorsi differenti e spesso dissestati.

Solitamente quando si dice che una bici è comoda come prima caratteristica per definirla, è perché probabilmente o le manca qualcosa o si tratta di una bici poco reattiva, almeno inquadrandola da un punto di vista della prestazione. Ebbene, questa massima non va bene per la nuova Giant Defy Advanced, bici sì endurance, ma dalle performance importanti.

Endurance e performance

Abbiamo avuto il piacere di provarla per un certo periodo, testandola su percorsi differenti e spesso dissestati. Questo mettere sotto torchio la Defy ci ha però dato un quadro completo di questa bici. Una bici importante sotto ogni punto di vista. Una bici performante.

La versione da noi provata tra l’altro non era neanche la top di gamma, vale a dire la Sl, bensì la Pro 0. Stesse geometrie, stesse misure, unica differenza il carbonio del telaio. Quello della Sl un po’ più pregiato e un paio di etti più “magro”.

Superato l’impatto visivo, la seconda cosa che si fa quando si ha di fronte una nuova bici è quella di prenderla in mano e sollevarla per saggiarne subito il peso. Quando lo abbiamo fatto con la Defy siamo rimasti stupiti.

«Ma come – ci siamo chiesti – una endurance, tra l’altro neanche nella versione del telaio più leggera, che pesa così poco?». Eravamo sul filo degli 8 chili, con gomme da 32 millimetri e pedali inclusi.

Linea filante e leggera per la Giant Defy Pro
Linea filante e leggera per la Giant Defy Pro

Come va?

Già questo ci ha colpito. La prova su strada ha fatto il resto. La prima sensazione avuta è stata quella di una bici molto scorrevole, fluida e neanche così lenta a fronte dei 420 millimetri di carro.

La Defy Pro 0 dà sempre una bella risposta nel suo insieme: sia nelle accelerazioni da seduti, sia nei più classici rilanci in piedi. E, aspetto non trascurabile, specie per una bici endurance, è che non si spendono troppe energie per mantenere le alte velocità quando si viaggia regolari in pianura.

Anche l’handling, la manegevolezza, in salita ci è parsa molto buona. La Defy resta leggera sempre e asseconda molto i movimenti del ciclista. Probabilmente anche in virtù di un buon setup e di un’ottima componentistica.

Infine la discesa. Lo abbiamo detto nel video, lo ribadiamo nell’articolo: la Defy è mostruosa. Ti perdona tutto, soprattutto in discesa. Con questa bici si ha talmente tanto margine che ci vuole un po’ prima di capire che si può osare di più.

Noi per esempio l’abbiamo provata su strade che conosciamo a menadito, ebbene a metà curva ci rendevamo conto che potevamo mollare di più. Merito delle geometrie? Molto probabile. Merito delle gomme da 32 millimetri? Sicuro. Merito del passo abbondante? Senza dubbio.

D-Fuse, vibrazioni addio

Ma entriamo nei dettagli tecnici. A dominare la Defy 2024 è la tecnologia D-Fuse, che forse sarebbe meglio definire una filosofia, visto che la si ritrova sia sul tubo di sterzo, che su reggisella, manubrio… E infatti in Giant stessa dicono: “I nuovi componenti D-Fuse lavorano insieme”: definizione affatto banale.

In pratica i tubi non sono dritti. La loro sezione forma una sorta di “D”, che serve ad attutire le vibrazioni. E funziona…

Quando trovavamo tratti di strada rovinata, non ci perdevamo nei meandri di quelle stesse buche, ma ne uscivamo con un certo comfort e anche una buona velocità. Ma in tal senso una grossa fetta del merito, a nostro avviso andava dato al set delle ruote: i cerchi Giant SLR 1 36 Carbon Disc e le gomme Giant Gavia Fondo 0, tubeless chiaramente.

Il serraggio del reggisella, come molte bici attuali, non è super comodo. Ma almeno stringe bene
Il serraggio del reggisella, come molte bici attuali, non è super comodo. Ma almeno stringe bene

Avantreno curato

Una delle maggiori chicche della Giant Defy Advanced 2024 è il set manubrio. Si tratta della piega
Giant Contact SLR D-Fuse e dell’attacco manubrio Giant Contact SL Aero Light.
Quest’ultimo in particolare è nuovissimo. Due pezzi che fanno perfettamente pendant con sé stessi, ma anche con il resto della bici.

E lo fanno sia per il discorso delle vibrazioni, che delle performance come dicevamo prima: leggerezza, prese comode e aerodinamica. E’ da dettagli come questi che si fa fatica a capire che la Defy non è una “race bike”, ma una endurance. Senza parlare della pulizia estetica.

Buon prezzo

Per il resto, ci si è affidati alla certezza che dà il gruppo Shimano Ultegra Di2 e alla sella Giant Fleet SL.

Solo un appunto a cui prestare attenzione. Giant, come molti altri brand, tende a fornire per questo tipo di bici attacchi manubrio piuttosto corti. La nostra per taglia, una S, aveva l’attacco da 90 millimetri. Questo perché si pensa che essendo la Defy una bici endurance si tenda a stare più dritti, il che è anche vero. Però occhio, perché è facile ritrovarsi “troppo corti”. Soprattutto in presa bassa può esserci qualche problema, andando a sovraccaricare polsi, avambracci e spalle. In fase di ordinazione pertanto valutate bene questo aspetto.

Il prezzo della versione da noi provata, Giant Defy Advanced Pro 0, è di 6.399 euro. La colorazione è unica per ogni versione. Ci sono anche la Pro 1 e la Pro 2, entrambe con gruppo Shimano 105. La prima è bianca e nera, la seconda nera e rossa.

Giant