Una foto. Lo scatto di un attimo, un’istantanea nel mare di molte esistenze, che però ha il magico potere di raccontare una storia. Grand Prix Criquielion, a Lessines, una delle tante piccole classiche di primavera. La volata premia Matteo Moschetti, per la prima volta vincitore sulle strade belghe. Terzo arriva Giacomo Nizzolo, suo compagno di squadra, anche lui punta della Q36.5 per gli arrivi in volata. E quel gesto spontaneo che i due replicano inconsapevolmente dopo l’arrivo racconta non solo il presente, ma anche il passato di due corridori le cui strade professionali si erano già incrociate in passato, ma in maniera molto diversa.
Il primo incontro da stagista
Bisogna andare indietro di qualche anno. Era il 2017, Moschetti si stava affacciando nel ciclismo che conta, lo chiamarono per uno stage alla Trek-Segafredo come stagista, mentre Nizzolo era, anche allora, il velocista di punta: «Mi è spiaciuto, allora, non poter condividere qualche gara con lui, anche l’anno successivo quando mi richiamarono. Non avemmo modo di correre insieme, per me che ero ancora agli esordi era un riferimento. E’ uno che ha vinto tantissimo, il suo palmarés parla da solo. Poi siamo arrivati qui per strade diverse».
Nizzolo però quel ragazzo, milanese come lui, lo aveva notato: «Un’estate ci trovammo in ritiro insieme e anche le origini contribuirono ad avvicinarci. Si vedeva il suo interesse, la sua determinazione anche se Matteo non è uomo di tante parole. Poi io andai alla Vuelta e le nostre strade si divisero, non ci ritrovammo più insieme fino allo scorso anno, quando approdai alla Q36.5».
Uniti dalla sofferenza e il sacrificio
Oggi il diverso peso specifico di allora non c’è più, siamo in presenza di due corridori pienamente fatti: «Lui però è nel pieno della maturità, io ho ormai un po’ d’anni sulle spalle» afferma Nizzolo con Moschetti che rilancia: «Quel che ci unisce è che entrambi abbiamo avuto una carriera travagliata dagli infortuni. Ognuno di noi sa che cosa significa soffrire in bicicletta, affrontare la lunga risalita dopo una caduta. A febbraio abbiamo fatto un ritiro insieme, anche con Parisini e ci siamo confrontati sulle nostre storie trovando molti punti in comune. Non c’è rivalità, anche se siamo due velocisti diversi».
Fatte le debite proporzioni, potremmo rivedere quel che sta avvenendo all’Alpecin, con Groves al servizio di Philipsen? «Perché no – risponde Nizzolo – poi dipende molto da come si mettono le corse, dalle opportunità che si vanno costruendo avvicinandosi al traguardo. Ognuno di noi è disponibile, per far ottenere il massimo alla squadra».
Sprint diversi, puntando al massimo
«Quella belga è stata una volata strana – racconta Moschetti – avevamo una sola svolta, verso destra, negli ultimi 3 chilometri, una discesa su strada larga e rettilinea, poi gli ultimi 800 metri al 3-4 per cento di pendenza. Ho visto che Giacomo aveva perso posizioni per una caduta davanti a lui, ma un rallentamento ha permesso di recuperare anche se lo ha costretto a lanciare lo sprint da lontano. Io nel frattempo avevo trovato un varco sulla destra e ho potuto rimontare. Ognuno ha fatto il suo sprint, alla fine siamo stati entrambi bravi dando un bel bilancio al team».
Per Moschetti questa è la seconda vittoria stagionale. Che cosa è cambiato rispetto al 2024 quando tra tanti piazzamenti, il successo era rimasto sconosciuto? «Non è cambiato molto, neanche con l’avvicendamento del preparatore. Mattia Michelusi è andato alla Cofidis ma siamo rimasti in ottimi rapporti. Al suo posto è arrivato Theo Ouvrard che per ora non ha cambiato quasi nulla nella mia tabella, affidandosi ai lavori che sono solito fare già da qualche anno a questa parte».
Un podio in Belgio non si butta mai…
«Io credo che molto dipenda dall’atmosfera che si respira in squadra – sentenzia Nizzolo – è chiaro che lì davanti, come obiettivo c’è l’ingresso nel WorldTour, ma non ci poniamo l’assillo. Lavoriamo bene tutti insieme, anche la vittoria di Matteo sabato è stata frutto dell’impegno di tutti. Per ora andiamo avanti gara per gara, a giugno faremo il punto della situazione. Io da parte mia sono abbastanza soddisfatto di questo inizio stagione, in Oman ho colto una piazza d’onore dietro Kooij e un’altra Top 10, poi un podio in Belgio non si butta mai, perché il livello è sempre alto e un risultato simile non è mai banale. Tornando al dopo gara, mi è venuto naturale esultare per la vittoria di Matteo, per fortuna l’ho fatto dopo il traguardo…».