EDITORIALE / La lezione degli juniores e il rischio dell’abitudine

28.03.2022
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C’era una volta un giornalista (in realtà c’è ancora e gode di ottima salute) che passava decine di giorni l’anno accanto ai corridori: sanamente invidiato da chi, scrivendo magari su un mensile, aveva meno occasioni di essere in giro e seguire corse diverse dalle solite. Con il passare degli anni tuttavia, iniziò a farsi evidente che, nonostante tanta assiduità, quel che scriveva tendeva a restare in superficie. E se inizialmente si pensò magari a un volersi tenere buoni i vari interlocutori, approfondendo il discorso fu chiaro che la consuetudine fosse diventata abitudine, facendo venir meno in lui la curiosità e dando per scontati aspetti che invece avrebbero meritato un approfondimento.

Mondo juniores

La stessa cosa potrebbe essere avvenuta nel mondo degli juniores. De Candido, che negli anni ha ottenuto ottimi risultati, forse negli ultimi tempi aveva ristretto il campo delle sue indagini, finendo per concentrare l’attenzione su un numero sempre più ristretto di nomi e team, basando osservazioni e convocazioni sugli ordini di arrivo. L’abitudine, appunto. Le discussioni dello scorso anno e le polemiche sulla formazione della squadra per Leuven, dove comunque gli azzurri corsero in modo eccellente, non sono state dimenticate.

L’arrivo di Salvoldi

In ogni caso, alla fine della stagione scorsa e non senza stupore, la categoria è stata messa nelle mani di Dino Salvoldi. L’incarico ha avuto una doppia lettura. La versione ufficiale vuole il tecnico lombardo come unica risorsa federale in grado di ristrutturare gli juniores, valorizzando i tanti talenti con un massiccio lavoro di ricerca e raccordo tra nazionale e società. I sostenitori della versione non ufficiale si dividono a loro volta in due partiti. Coloro che mal accettavano le pressioni cui erano sottoposte le atlete e altri a chiedersi ancora se abbia avuto senso togliere il ciclismo femminile dalla gestione del tecnico plurimedagliato a tre anni dalle prossime Olimpiadi. Le tre piste hanno tutte una base di verità.

Il cittì degli juniores Salvoldi ha passato l’inverno in giro per ritiri e società (foto FCI Sicilia)
Il cittì degli juniores Salvoldi ha passato l’inverno in giro per ritiri e società (foto FCI Sicilia)

Osservazione capillare

Salvoldi si è dedicato al nuovo incarico con l’impegno che nessuno ha mai messo in dubbio. E’ stato lontano dalle interviste finché non ha raccolto un congruo bagaglio di conoscenze e durante l’inverno ha fatto per due o tre volte il giro d’Italia, incontrando tecnici e atleti e seguendo i loro allenamenti. Non avendo riferimenti, non c’è stata abitudine a limitare il suo orizzonte.

«Ho trovato dei direttori sportivi molto più preparati e disponibili di quel che mi dicevano – ci ha raccontato alla Ballero nel Cuore della scorsa settimana – e con loro ho potuto ragionare di tutta una serie di tematiche».

«Mi sono basato – ha detto ieri sera a Filippo Lorenzon, dopo la vittoria azzurra alla Gand-Wevelgem juniores – sui risultati dei ragazzi del 2004 raccolti la scorsa stagione. Li ho incrociati con i discorsi fatti con i rispettivi diesse e sono andato a vederli in allenamento e in gara, anche se ho avuto una sola gara a disposizione».

Capra non c’era

Capra non c’era all’apertura toscana, avendo debuttato in Veneto al Circuito delle Conche, mentre l’anno scorso ha ottenuto 8 vittorie fra gli allievi. Chi si sarebbe mai sognato, al netto della sostituzione dell’ultima ora, di portare uno junior di primo anno alla Gand?

Ugualmente è finito nei radar del tecnico azzurro e ha vinto la classica di Coppa delle Nazioni, come anni addietro era riuscito a Samuele Manfredi. Se questo sarà ancora l’approccio di Salvoldi anche per il futuro (abbiamo pochi dubbi al riguardo, essendo Dino un tecnico vincente e poco incline all’abitudine), allora la scelta della Federazione sarà stata lungimirante oltre ogni altra ipotesi. In fondo sino a un certo punto, anche De Candido è stato spinto dalla stessa curiosità, poi fisiologicamente ha probabilmente perso un po’ della sua spinta. Come accadde a quel collega da cui il discorso ha preso il via.

L’abitudine è deleteria. Forse per questo sarebbe meglio dare il via a una rotazione organica dei tecnici, affinché essi stessi abbiano nuovi stimoli e dal trapasso di nozioni e dalla voglia di scoprire altri aspetti, spariscano i legacci e le consuetudini che inaridiscono il terreno. Non è forse vero che anche nei campi la rotazione delle colture è il modo migliore per avere costantemente ricchezza nel raccolto?

Capra come Girmay. Vince la corsa che non doveva fare…

28.03.2022
4 min
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La Gand-Wevelgem di ieri non stata solo quella di Biniam Girmay ed Elisa Balsamo. E’ stata anche quella di Thomas Capra, ragazzino della Assali Stefen Makro che vestiva i colori azzurri della neonata nazionale juniores di Dino Salvoldi.

E come spesso accade anche la sorte ci mette un po’ lo zampino. Sapete cosa hanno in comune Girmay e Capra? Oltre ad essere ciclisti, oltre a vincere in volata su un gruppetto ristretto, nessuno dei due doveva partecipare alla Gand inizialmente. E che volata.

«Ci ho provato anche a una ventina di chilometri dall’arrivo insieme ad un compagno – ha detto Capra – ma ci hanno ripreso. In volata ai 150 metri ho rischiato di restare chiuso alle transenne ma mi sono fatto spazio». Il che è più che plausibile visto il fisico possente.

Thomas Capra (classe 2005) veste i colori della Assali Stefen Marko
Thomas Capra (classe 2005) veste i colori della Assali Stefen Marko

Capra come Girmay

Salvoldi sta per rientrare in Italia con i suoi ragazzi quando riusciamo a parlarci. E’ felice. Il tono della voce non tradisce il suo stato d’animo. Anche se Dino mantiene la sua proverbiale compostezza. Non era facile mettere su una nazionale con una sola corsa nelle gambe dei ragazzi, visto che in Italia la stagione si è aperta solo domenica 20 marzo.

«Ho avuto una sola corsa per farmi un’idea – spiega Salvoldi – però ho girato tanto per l’Italia nei mesi precedenti, ma questa sola corsa quasi non mi è servita. Per regolamento infatti le iscrizioni chiudevano prima. Così mi sono basato sui risultati dei ragazzi del 2004 raccolti la scorsa stagione. Li ho incrociati con i discorsi fatti con i rispettivi diesse e sono andato a vederli in allenamento e in gara (era alla Ballero nel Cuore, ndr). Quindi ho portato tutti dei secondo anno. Tranne Capra che è un primo anno».

E qui si capisce perché l’eccezione conferma la regola e perché Thomas neanche doveva esserci. 

«Avevo a disposizione sei titolari e tre riserve. Al momento di partire c’è stato un positivo al Covid e così ho voluto fortemente Thomas Capra.

«E’ da questo inverno che lo vedo lavorare in pista. Un mese e mezzo in cui l’ho visto crescere, migliorare. E’ un ragazzo determinato e in condizione. Mi sono preso un rischio, ma lui è stato bravo. Però parlare dei singoli… non mi sembra troppo corretto: i ragazzi hanno fatto un ottimo lavoro di squadra».

I sei ragazzi azzurri schierati da Salvoldi alla Gand
I sei ragazzi azzurri schierati da Salvoldi alla Gand

Tutto secondo programma

E infatti se si va a ricucire il film della corsa si capisce perché Savoldi parli molto del team.

«Non è stato facile – dice Salvoldi – perché i miei ragazzi avevano una sola gara nelle gambe, mentre gli altri già correvano da un mese. Senza contare che erano alla prima esperienza in Belgio. Hanno seguito alla lettera le mie indicazioni. Gli ho detto di stare a ruota dei ragazzi delle squadre locali, Belgio, appunto, ma anche Olanda e Francia che sanno come si corre lassù. Avevo diviso i compiti in due terzetti. Dopo i passaggi sulle prime cotes ho visto che eravamo l’unica squadra con ancora tutti e sei gli uomini e così ho detto loro di entrare nelle fughe con uno degli atleti più veloci e di mantenerne uno in gruppo in caso di volata. E così è andata.

«Parlare dopo è facile, ma alla fine è andata come mi aspettavo e con lo stesso epilogo, più o meno, degli altri anni, vale a dire con un gruppetto che si gioca la volata».

Dopo tanti anni con le donne, anche le juniores, chiediamo a Salvoldi se ci sono analogie tra il ciclismo femminile e quello maschile degli juniores.

«Rispetto alle loro coetanee assolutamente no. Il livello medio del gruppo è molto più alto. Semmai si  sarebbe potuto fare un paragone con quello elite femminile, ma di qualche anno fa. Adesso le donne elite sono cresciute moltissimo e il loro ciclismo somiglia molto di più a quello maschile dei pro’».

Dalla moto, il cittì Salvoldi ha seguito i ragazzi alla Ballero nel Cuore
Dalla moto, il cittì Salvoldi ha seguito i ragazzi alla Ballero nel Cuore

Verso la Roubaix

E adesso si mette nel mirino la prossima classica: la Parigi-Roubaix, ma anche stavolta i giochi per Dino sono quasi fatti.

«Le iscrizioni per la seconda prova della Coppa delle Nazioni (la Roubaix appunto, ndr) chiudono domani, quindi di base sarà una nazionale costruita ancora sui dati del 2021. Me la dovrò studiare bene, anche perché la Roubaix è nuova anche per me. E’ un po’ una corsa a sé stante.

«Le cose – ha aggiunto il cittì – cambieranno dalle Ardenne, a primavera inoltrata, quando finalmente avrò l’occasione di vedere i ragazzi in gara. Perché è quando lo vedi in corsa, quando lo vedi relazionarsi con la squadra che capisci davvero il valore e la personalità di un atleta. Il mio obiettivo è quello di ruotare più atleti possibili, perché come ho sempre ritenuto, anche se vince uno solo, il ciclismo è uno sport di squadra».