Giro d'Italia 2016, Michele Scarponi

Michele Scarponi, profondo come una salita. Che libro…

20.11.2025
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Michele Scarponi rivive in uno splendido libro scritto da Alessandra Giardini che sembra nata per trasferire le emozioni nelle parole. “Michele Scarponi, profondo come una salita” è una storia di storie, voluta dalla Fondazione che ne porta il nome e si impegna per l’educazione al comportamento stradale, alla cultura del rispetto delle regole e dell’altro. «La strada è di tutti – questo il suo slogan – a partire dal più fragile». Noi abbiamo estrapolato 6 passaggi per invogliarvi alla lettura.

A casa di nonno Marino

Cantalupo è un bar, una balera, una scuola d’infanzia, una fabbrica tessile, una ventina di case, tanti tanti campi. Un po’ di fossi, qualche albero e tanto ciclo. Michele scorrazzava dappertutto, senza fermarsi un attimo. Era nato trascinatore. Quando la sera finalmente lo mettevano a letto, si spegneva di colpo, stremato. Gli altri cugini erano quasi tutti più grandi di lui. Simone aveva la sua età ma era più alto e grosso. Soltanto con Juri, l’ultimo nato di quella tribù di maschi – Silvia, Serenella e Sara sarebbero venute dopo – Michele poteva fare la parte del grande. Soltanto a Juri un giorno di maggio confidò il suo sogno.

Avevano pranzato nella cucina del garage come facevano sempre nella bella stagione, e poi nonno Marino aveva acceso la radio per seguire la tappa. A casa Scarponi il ciclismo scandiva la vita come le stagioni della terra, ma era il Giro d’Italia l’unica corsa che contava davvero. La Tirreno-Adriatico passava fin troppo vicino, le classiche erano troppo a nord – chissà se esistevano davvero – e del Tour Marino e i suoi figli se ne fregavano. II Giro invece era reale, lo potevi toccare, sentire, qualche volta passava addirittura sotto casa. Le salite le conoscevano tutti, magari soltanto per sentito dire.

E’ il 2004, terzo anno da professionista: vittoria di tappa alla Coppi e Bartali prima del 4° posto alla Liegi
E’ il 2004, terzo anno da professionista: vittoria di tappa alla Coppi e Bartali prima del 4° posto alla Liegi

Vincerò il Giro d’Italia

Michele non vinceva, non ancora: erano corse al massacro, tutte volate e spallate, e lui era troppo più leggero degli altri. Ma gli era bastata la prima pedalata per capire che quella sarebbe stata la sua vita. «Da grande voglio correre il Giro d’Italia, e vincerò io».

A casa Scarponi nessuno aveva mai immaginato di correre in bicicletta: erano appassionati, non corridori. Ma Flavia e Giacomo erano sempre stati convinti che uno sport bisognasse farlo, soltanto questo chiesero ai loro figli. Marco scelse il calcio e anche Silvia anni dopo avrebbe giocato a pallone fino alla Serie A.

Era stato un carabiniere, Mario Accorroni, a dare a Giacomo il consiglio giusto. Erano a Santa Maria Nuova, in piazza, Michele non era ancora stato fermo un secondo. «Mettilo in bicicletta, ‘sto monello».

Giro d’Italia 2011: Contador chiude in maglia rosa, ma con una squalifica pendente. La vittoria finale va quindi a Scarponi
Giro d’Italia 2011: Contador chiude in maglia rosa, ma con una squalifica pendente. La vittoria finale va quindi a Scarponi

La profezia di Bartali

Michele era sempre il più piccolo di tutti, fecero fatica a trovare una bici della sua taglia, eppure con quelle gambette pedalava come nessuno. Aveva talento, a dispetto di un fisico che lo svantaggiava rispetto ai suoi coetanei.

Il primo successo arrivò il giorno in cui Michele compiva nove anni, domenica 25 settembre 1988, a Tolentino. (…). Era un’epoca in cui ancora le gare si correvano nel cuore dei paesi, non come adesso nelle zone industriali, con il traguardo sotto il centro commerciale. Era un mondo antico, e Michele sembrava un corridore di una volta, venuto fuori dalle parole del nonno Marino. Ci sarebbe stato bene anche con Bartali, uno così (…).

Anche nella smorfia di Michele in salita non era difficile rivedere la tigna di nonno Armando. Se nonno Armando era la parte istintiva, nonno Marino era quella razionale (…). Una volta da giovanissimo, Michele andò a correre in Toscana e nonno Marino non perse l’occasione di presentarlo a Gino Bartali. Che lo guardò e non ebbe dubbi: «Ma questo ha le gambette da corridore!».

Giro 2016: Michele, fermato da Slongo, attende Nibali. L’emblema del grande cuore di Scarponi
Giro 2016: Michele, fermato da Slongo, attende Nibali. L’emblema del grande cuore di Scarponi

Il Giro 2011 e i gemelli

«Michele, il Giro l’hai vinto tu».

«Ma no che non l’ho vinto. Sul podio c’è andato lui (Alberto Contador, ndr), e in maglia rosa c’era lui».

«ll Giro l’hai vinto tu, Michele. Fattene una ragione».

Quando cominciarono a telefonargli Michele era al settimo cielo, ma la decisione del Tas non c’entrava affatto. Da qualche settimana lui e Anna avevano saputo che sarebbero diventati genitori, e adesso sapevano anche che avrebbero avuto due gemelli. Era un sentimento strano, che toglieva importanza a tutto il resto, e al contrario faceva sembrare tutto quanto amplificato. Ogni cosa era improvvisamente più forte, più veloce, più colorata.

A Michele continuavano a dire tutti di godersi questi mesi, ché poi con due bambini in casa la pace sarebbe finita, ma lui si sentiva come da piccolo alla vigilia della sagra delle noci di Storaco, quando faceva fatica ad addormentarsi per l’eccitazione di quello che lo aspettava il giorno dopo. Non vedeva l’ora che quei due nascessero, voleva toccarli, annusarli, vedere le loro facce, tenerli in braccio. E allontanarsi da Anna era diventato improvvisamente difficilissimo.

Cinque giorni prima dell’incidente in cui sarà ucciso, Scarponi conquista la tappa di Innsbruck al Tour of the Alps
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Giro 2016, cuore da gregario

«Ho capito Paolo, aspettiamo lo Squalo».
Lo disse con un sorriso. Era convinto che sarebbe bastato rallentare e aspettare il capitano. Ma Slongo fu più drastico. L’eventuale vantaggio di Nibali si sarebbe ampliato nel falsopiano che portava all’ultima salita. «Fermati. Prendi da mangiare e da bere per te e Vincenzo e riparti quando saranno vicini».

Michele non obiettò. Mise il piede a terra. Passarono alcuni corridori che Michele aveva staccato in salita prima, guardavano e non capivano. Scarpa fece l’occhiolino a Slongo: «Tra poco li riprendiamo».

Quando vide Nibali arrivare da lontano, Michele urlò: «Squalooooooo».

E riparti davanti al capitano. Lo guidò sul falsopiano e poi tirò ancora sull’ultima salita, fino a nove chilometri dal traguardo: uno sguardo d’intesa, poi toccò a Nibali. Quando arrivò al traguardo di Risoul, 6 minuti dopo il suo capitano, Michele sapeva che il Giro era riaperto. Guardò il tabellone con la classifica: Vincenzo era secondo a 44″ da Chaves. E le montagne non erano finite.

La quarta Liegi di Valverde arriva il 23 aprile 2017, all’indomani della morte di Scarponi, cui dedica vittoria e premi
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22 aprile 2017, l’ultima uscita

Martino lo chiamò quando era appena arrivato a casa, l’Operazione Giro d’Italia era partita e non bisognava trascurare niente.

«Martino, abbiamo fatto un clamoroso sbaglio».

«Quale sbaglio?».

«Non ho preso la bici da crono».

«Come faccio adesso a farti arrivare la bici da crono sull’Etna?».

«Sono sicuro che tu puoi».

E poi si buttò sul tappeto a giocare, i gemelli addosso a lui, con le maglie di leader del Tour of the Alps. Finalmente avevano visto il loro babbo vincere. Improvvisamente tutta la stanchezza passò,  suoi figli riuscivano a trasmettergli quell’energia che in loro sembrava inesauribile. Crollarono tardi, ridendo. Prima di addormentarsi disse ad Anna che la mattina sarebbe uscito presto, per fare un’ultima sgambata, poi sarebbe stato tutto loro.

Appena sveglio andò in garage, prese la bici appoggiata alla parete che Giacomo e Tommaso avevano decorato per lui con le loro impronte colorate. Uscì prima che loro si svegliassero senza far rumore.

Il libro è disponibile contattando la Fondazione Michele Scarponi: tel. 347 5929666 – mail info@fondazionemichelescarponi.com

Per informazioni e prezzi:

Fondazione Michele Scarponi 

Alka Lumi: il tessuto per ogni condizione di luce

17.07.2023
3 min
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Superare i propri limiti è nel DNA del ciclista e di conseguenza anche i capi d’abbigliamento devono essere all’altezza dell’obiettivo che ci prefiggiamo una volta saliti in bicicletta. Nulla può essere lasciato al caso, ed Alka Sport lo sa bene. Per questo motivo nel corso dei suoi 20 anni di storia ha progettato prodotti altamente tecnici. Stiamo parlando di capi legati a linee di abbigliamento che sono dedicate ai team ed ai privati.  

Tecnologie di ultima generazione e tessuti ergonomici per affrontare qualsiasi percorso per ottenere la massima performance. La personalizzazione va di pari passo con la tecnologia dei tessuti utilizzati da Alka Sport. Ogni capo è personalizzabile nei minimi dettagli, con le grafiche del vostro team, dal logo ai colori fino alle scritte. 

Il tessuto Lumi permette al ciclista di essere visto in ogni condizione di luce
Il tessuto Lumi permette al ciclista di essere visto in ogni condizione di luce

Il tessuto Lumi

La sicurezza e la visibilità in bici diventano ogni giorno sempre più importanti, nulla può essere lasciato al caso. Alka Sport in questo senso ha ideato un tessuto che unisce tecnica e sicurezza: si tratta dell’Alka Lumi. Composto da microsfere riflettenti, in grado di rendere visibile il ciclista anche in condizioni di scarsa luminosità. 

Non ci sarà più bisogno di decidere se e quando uscire, grazie al tessuto Alka Lumi si potrà pedalare in ogni condizione di luce, anche di notte. All’interno del tessuto viene infatti incorporato il materiale riflettente, mantenendo inalterate le caratteristiche di leggerezza, traspirabilità ed elasticità. La tecnologia Lumi è disponibile sia sullo store Alka che sui capi custom personalizzabili per il tuo team.

Accanto alla fondazione Scarponi

Uno dei motivi che hanno spinto Alka Sport ad investire e realizzare la tecnologia Lumi è il tema della sicurezza. Il tutto nato per il contatto continuo e costante con la fondazione Michele Scarponi. La onlus fondata per contribuire a rendere le strade un luogo sempre più sicuro per i ciclisti.

Acquistando il merchandising Alka Michele Scarponi, è possibile aiutare la Fondazione a creare progetti sull’educazione stradale, la cultura del rispetto e la mobilità alternativa. L’obiettivo è rendere la strada più sicura per tutti, a partire dal più fragile, il ciclista.

Alka Sport

Un libro, tante storie: caro Marco, sapevi tutto di Michele?

20.02.2022
7 min
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Un libro dedicato a Michele attraverso gli scritti di 55 persone del mondo del ciclismo, musicisti, suiveur e scrittori che l’hanno conosciuto. Così Marco Scarponi ha inteso ancora una volta ricordare suo fratello, affidando la redazione a Marco Pastonesi.

Quando ci è arrivato, avendone scritto un capitolo, abbiamo iniziato a leggerlo, rivivendo episodi di cui siamo stati testimoni e scoprendo sfumature inedite. E qui è scattata la curiosità: Marco Scarponi avrà imparato qualcosa di nuovo su suo fratello? Glielo abbiamo chiesto.

Con questo libro curato da Marco Pastonesi, la Fondazione Michele Scarponi ricorda il campione
Con questo libro curato da Marco Pastonesi, la Fondazione Michele Scarponi ricorda il campione

«Immaginavo e ho avuto la conferma – dice – che Michele comunque è sempre stato ed è una grande anima. Quindi dovunque si trovasse, dovunque si trovi porta sempre una bellissima atmosfera. Ma soprattutto ho scoperto che ha fatto delle cose stupende, dei gesti bellissimi. Il piede a terra che ha messo nel Giro del 2016 è stato solo l’apice di tanti gesti che lui ha fatto nella sua vita. Gesti di solidarietà, di amicizia, di bellezza. Quindi tramite questo libro, ne ho scoperti altri, ma tanti altri nel libro neanche ci sono».

Era amico di tutti…

Da queste pagine emerge il grande senso di Michele per l’amicizia. Il piacere di stare insieme agli altri. Già l’amicizia che ha con Luis Matè, oppure il rapporto che ha con tutti i direttori sportivi. E poi emerge tantissimo, secondo me, il suo lato sensibile. Michele in fondo è sempre stato visto come uno che scherza e basta, in realtà è una persona molto intelligente e molto sensibile.

Fai un esempio?

C’è un racconto di Davide Marta. Parla di quando lui riprende al Giro dell’Appennino dopo la squalifica. E lì si vede tutta la grande intensità di Michele, tutta la sua serietà e la grande voglia di ritornare a correre. Michele era molto concentrato, era molto serio su quello che faceva. Poi anche il racconto di Paolo Condò, ad esempio, quando parla della sconfitta contro Contador sull’Etna.

Nel 2011 sull’Etna, lottò contro Contador senza pensare mai di arrendersi
Nel 2011 sull’Etna, lottò contro Contador senza pensare mai di arrendersi
Cosa dice?

C’è un pezzetto in cui Michele, anche senza parlare, con quell’azione lì ci ha detto tante cose e ha fatto vedere quanto fosse grande in quello che faceva, anche nella sconfitta. «Un uomo che faceva i conti con se stesso, stremato oltre ogni limite eppure testardamente riottoso alla resa».

Ti aiuta averlo accanto?

Tantissimo. Sono passati quasi 5 anni e non è facile portare avanti il messaggio di qualcuno che non c’è più. Per me è un po’ più facile, perché Michele ha lasciato tantissimo. E’ ancora un testimonial importante per tutto quello che facciamo. A volte mi chiedono di cercare qualcuno da affiancargli, ma che senso ha? Quando vado nelle scuole, parlo coi bambini. Racconto la storia di Michele, arrivando fino alla morte. Prima gli faccio vedere le immagini e Michele diventa subito un protagonista che dà ancora tantissimo e loro se ne innamorano. In quello che faccio con la Fondazione, lui ci indica la strada.

Che cosa ha dato il ciclismo a Michele?

Noi ci diciamo sempre che il ciclismo l’ha salvato da una vita che poteva essere diversa. Nel senso che quando scelse di fare il ciclismo a 16-17 anni, quando decise di lasciare la scuola per seguire il suo sogno di fare il ciclista, ebbene lui lì ha messo tutto se stesso. Il ciclismo lo ha messo in condizione di esprimersi. Di tirare fuori tutto quello che aveva dentro. Non c’era un altro sport, dal mio punto di vista, che Michele potesse fare per rappresentare quello che sentiva. Noi non siamo una famiglia di ciclisti e lo sapete che spesso i ciclisti vengono da genitori già ciclisti, da nonni ciclisti.

Colle dell’Agnello al Giro del 2016, dopo la discesa Scarponi si fermerà ad aspettare Nibali
Colle dell’Agnello al Giro del 2016, dopo la discesa Scarponi si fermerà ad aspettare Nibali
Mentre voi?

Nella nostra famiglia non ci sono stati ciclisti, eravamo tifosi. Eravamo contadini e muratori di qui intorno, ma eravamo anche dei ciclisti e non lo sapevamo. Quindi l’unico modo per raccontare la nostra famiglia e quello che c’era dentro Michele, era fare il ciclista. 

Che cosa gli ha tolto il ciclismo?

Il ciclismo gli ha dato tanto, mentre gli ha dato molto meno non mandando messaggi come quello della sicurezza stradale. In tutte le squadre in cui è stato non ho mai visto un minimo di attenzione su questo. Ecco, questo è sorprendente, il solo dito che mi sento di puntare. Io sono entrato nel mondo del ciclismo con Michele, ma in maniera più diretta dopo la sua morte. Magari è difficile avvicinarsi a una famiglia come la nostra dopo quello che abbiamo vissuto. Molti lo stanno facendo adesso e io magari dopo un mese che era morto Michele mi chiedevo perché non si facesse sentire nessuno.

Che risposta ti sei dato?

Mi rendo conto che ci vuole tempo e molte persone fanno fatica. Spesso è capitato anche a me di andare da famiglie di vittime della strada e ho capito che non serve a niente andarci subito e che ci vuole il giusto tempo. Dal ciclismo mi aspettavo tanto, ma adesso mi aspetto un po’ meno.

Non passa corsa dal quell’aprile 2017, senza che sulla strada un cartello ricordi Michele
Non passa corsa dal quell’aprile 2017, senza che sulla strada un cartello ricordi Michele
Cosa ti aspettavi?

Mi aspettavo molto di più da qualcuno, certo. Però mi rendo conto che non siamo tutti uguali. Me ne faccio una ragione. Dopo quello che è successo, mi sarebbe piaciuto che si fossero un po’ tutti coalizzati e fermati. Perché è morto uno di noi. Qui invece non ci si ferma per niente. Lo sport deve continuare, come lo show…

Tu però vai avanti…

Io capisco che magari la mia figura a volte possa essere ingombrante o fastidiosa, però mi aspetterei più coinvolgimento. Ma si fa fatica, siamo sempre un po’ egoisti. Adesso stiamo cercando di mettere in piedi una scuola di ciclismo per bambini e tutti ne sono entusiasti. Poi ti volti e intorno non c’è nessuno che ti aiuti, mentre se c’è da fare una gran fondo sono tutti pronti.

La sicurezza stradale…

Anche se facciamo delle riforme, cadono nel vuoto e questa cosa è impressionante. In Italia vale il detto di Verga, che tutto cambia affinché non cambi nulla. In questi giorni si è parlato tanto delle morti degli studenti nell’alternanza scuola-lavoro, ma della sicurezza stradale non si parla. Nel suo primo settennato, il Presidente della Repubblica Mattarella non ha mai parlato delle morti sulla strada, eppure si parla di migliaia di giovani. Dicono che non ci sono abbastanza Forze dell’Ordine per far rispettare il codice della Strada, eppure per rincorrere la gente che durante il lockdown andava a camminare sulla spiaggia le hanno trovate.

Dietro quel sorriso bislacco, c’erano i pensieri di un uomo profondo e buono
Dietro quel sorriso bislacco, c’erano i pensieri di un uomo profondo e buono
All’estero si danno da fare…

In Inghilterra quel principio che c’è nel nostro slogan, per cui la strada è di tutti a partire dal più fragile, è diventato un principio che sta dentro il codice della strada. E’ vero che sulla strada dobbiamo tutti rispettare le regole, però è innegabile che l’automobilista abbia più potere e caratteristiche tecnologiche tali da renderlo più pericoloso. Non sono opinioni, è fisica. Ma da noi sembrano discorsi insostenibili. Evidentemente ci sono degli interessi troppo superiori…

In cosa Michele e Marco si somigliano?

Io rispetto a lui sono stato sempre indeciso, Michele era più determinato. Mio fratello sapeva quello che voleva e se lo andava a prendere. Michele era uno che sapeva fare le salite e ci ha detto: «Guardate, le salite si fanno così. Si deve fare fatica». E’ stato sempre deciso, io non sono stato mai così, io sono uno che rimanda. Però dopo la sua morte, in certo senso lo prendo un po’ come esempio e cerco di mettermi nella sua scia. E poi…

E poi?

Ho la stessa caratteristica di sdrammatizzare, di fare come lui, di buttarla un po’ in burla. Piace molto anche a me questo modo di fare, quella risata di Michele spesso simile alla mia. Però entrambi probabilmente veniamo però da un momento ben preciso, che è quello di sognare tanto. Siamo grandi sognatori e a tutti e due piace fare qualcosa, non semplicemente partecipare senza motivo. E poi non so quante altre cose ci accomunano e quante ci tengono distanti, è tutta da scoprire ancora ‘sta roba.

Marco Scarponi, sul podio della Tirreno-Adriatico 2019, con Lutsenko
Marco Scarponi, sul podio della Tirreno-Adriatico 2019, con Lutsenko
Ti sei reso conto che per tutto il tempo hai parlato di Michele al presente?

Io sono un familiare, ho perso un fratello. Quindi dovete capire che sono traumatizzato all’infinito e quindi per fare sì che questo per me sia una fonte di energia e un valore, devo essere convinto che Michele sia qui. Anche se so che probabilmente non è così ed è tutta una proiezione che ci facciamo noi vivi. Però il fatto di dire e pensare costantemente che Michele sia qui e viva in quello che sto cercando di fare, per me è la soluzione per andare avanti.

Flavia e il suo Michele: i ricordi di una mamma

Giada Gambino
22.04.2021
5 min
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Una madre conosce il proprio figlio come nessun altro, ne conosce i pregi e i difetti, ricorda aneddoti passati e apprezza quelli del presente. Proprio per questi motivi è Flavia a parlarci del figlio Michele, il grande Michele Scarponi… 

Come mai ha iniziato a fare ciclismo? 

A casa nostra non si praticava, ma si seguiva tantissimo. E’ nato tutto un po’ per caso. Per fare ciclismo si sarebbe dovuto spostare, perché qua a Filottrano non c’erano squadre e visto che sia io che mio marito lavoravamo era difficile per noi accompagnarlo. Un nostro amico, però, che spesso lo vedeva vicino casa andare in bici, ci diceva che era portato per questo sport. Così ci convinse e anche con l’aiuto di mio suocero che lo accompagnava agli allenamenti, ha iniziato

L’ultima festa, il 13 aprile 2017, per i 40 anni di matrimonio dei genitori (foto Facebook)
L’ultima festa, il 13 aprile 2017, per i 40 anni di matrimonio dei genitori (foto Facebook)
La sua simpatia…

Fin da bambino aveva un carattere allegro, scherzoso e giocoso. Da ragazzino raccontava sempre barzellette che facevano molto ridere. E’ nato con questa dote che non lo ha mai abbandonato. 

Da chi ha ereditato questo carattere? 

Forse dai nonni sia materni che paterni, sono persone molto allegre e aperte. 

Alle gare… 

Quando era ragazzino l’ho sempre seguito, finché mi è stato possibile, ma alle gare avevo sempre paura che cadesse, che si facesse male, soprattutto quando andava in discesa. Una paura che non è mai passata, ciò non toglie il fatto che mi piacesse il suo lavoro… Ma da madre si vive con ansia. Ogni volta che finiva una gara e lo vedevo oltrepassare la linea del traguardo, facevo un sospiro di sollievo. 

Riccardo Stacchiotti, Michele Scarponi, Valerio Conti, #NoiConVoi2016
Riccardo Stacchiotti, Michele Scarponi, Valerio Conti: era benvoluto da tutti
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La vittoria più bella? 

Ha iniziato a correre a otto anni, era piccolissimo. Fece la prima gara il giorno del suo compleanno e vinse. Quella vittoria se chiudo gli occhi ancora la rivedo, è stato davvero bello. Era ancora un gioco, ma forse lì c’è stato l’inizio di tutto

Com’era come papà?

Giocherellone, speciale. I bambini non se li godeva molto a causa del lavoro, ma per quel poco che c’è stato li faceva divertire e si divertiva insieme a loro. 

Quanto è stato importante questo sport per Michele? 

Il ciclismo è una donazione di vita. E’ stato importantissimo per lui, l’ha fatto crescere tanto forse anche grazie alla varie difficoltà che ha dovuto affrontare. Ci vuole carattere per fare questo sport. Da bambino è un gioco, ma durante l’adolescenza se non hai tanta volontà e forza mentale, se non sei circondato da persone che ti incoraggiano… molli! Se ti piace, se hai qualcuno che ti segue sempre, se hai carattere vai avanti, nonostante tutti i sacrifici e i divertimenti di cui devi privarti per allenarti o fare una gara. Non aveva amici che facevano il suo stesso sport, mollare sarebbe stato semplice. Ma lui ha avuto questa grande forza, che non è per nulla scontata (accenna un sorriso, ndr). 

Il ciclismo è sofferenza e fatica, spiega mamma Flavia, serve carattere
Il ciclismo è sofferenza e fatica, spiega Flavia, serve carattere
Come sono i due gemellini? 

Meravigliosi! Assomigliano tanto al papà, uno dei due poi… ha il suo stesso modo di scherzare, parlare, camminare. Anna, la loro madre, è una persona meravigliosa. Non gli fa mancare nulla, sono sempre felici e allegri. 

Nella 19ª tappa del Giro 2016, Michele fece qualcosa che pochi sarebbero disposti a fare…

Quel giorno ero lì con mio marito. Ero arrabbiatissima (ride, ndr), era in fuga e stava andando a conquistare la vittoria. Gridavo a più non posso: «Michele, devi vincere, non ti fermare, non ti fermare!». Ma lui è stato molto più bravo di me e si fermò. Volevo con tutta me stessa che vincesse, se lo meritava, ma è stata comunque bellissima quella tappa. Lui era così: forte e umile

Quel giorno, dopo il Colle dell’Agnello, Michele si fermò per aspettare il capitano Vincenzo Nibali che, grazie al suo grande lavoro, riuscì a vincere la tappa e ribaltare il Giro d’Italia. Un capolavoro a quattro gambe.

Michele è amato da molti.

L’anno scorso dalla Svizzera una signora con suo figlio passarono dalle Marche. Il ragazzo, autistico, era agitatissimo, ma hanno comunque continuato il viaggio per andare giù dai nonni. Lui amava tanto Michele, conosceva tutto di lui ed era agitato perché aveva capito di essere vicino a Filottrano e sarebbe voluto passare. Tempo dopo, effettivamente, sono venuti a trovarci ed è stato un bellissimo momento. In queste occasioni capisco quante cose belle ha lasciato mio figlio negli altri. 

Borselli
Sul pullman dell’Astana, il suo ricordo non manca mai
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Sul pullman dell’Astana, il suo ricordo non manca mai
Continuate a seguire il ciclismo? 

Se possiamo seguire qualche gara dal vivo andiamo, ma quando mio marito segue le corse in televisione, guardo qualche secondo e poi vado via. E’ uno sport che mi è sempre piaciuto, ma adesso… Mi interessa sempre, sì, ma nei limiti…


La Fondazione Michele Scarponi… 

Mi auguro che mio figlio sia d’esempio, grazie alla Fondazione, spero che le persone capiscano, inizino a ragionare e a stare molto più attenti in strada. Michele amava il suo lavoro, tantissimo, se non aveva la bicicletta era come se gli mancasse qualcosa. E quando qualcosa si ama, si tende a non vederne gli aspetti negativi, ma bisogna sempre stare attenti