La tendinite non è mai per caso: ecco perché

03.02.2021
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Sono lontani i tempi in cui ci si ritirava dalle corse per la tendinite: lontani ma non per questo scongiurati. Si è fermato ufficialmente per una tendinite Visconti all’ultimo Giro d’Italia (in apertura l’illustrazione dell’infiammazione al ginocchio by Project Invictus) e non è infrequente che soprattutto dopo tappe con la pioggia, qualcuno inizi a essere fasciato da bendaggi vari, che servono a tenere in asse le articolazioni sofferenti per scongiurare infiammazioni. Dell’argomento abbiamo parlato con Francesco Maria Guerrini, fisioterapista, laureato in Scienze Motorie, che opera presso il Centro Fisioradi di Pesaro.

«La tendinite – dice – è processo infiammatorio acuto a carico di un tendine causata da un sovraccarico funzionale dovuto a ripetute micro-sollecitazioni».

Visconti ha lasciato il Giro nel giorno dello Stelvio per il male al ginocchio
Visconti ha lasciato il Giro nel giorno dello Stelvio
Può esserci in qualche modo una predisposizione congenita?

Possono essere congenite le cause della tendinite, come un ginocchio valgo o un piede piatto e quindi una qualsiasi errata postura, che porti ad un sovraccarico tendineo.

Come si combatte contro la tendinite?

Innanzitutto con la prevenzione e una corretta valutazione dell’attrezzatura sportiva. In caso di diagnosi di tendinite, la cura prevede un trattamento antinfiammatorio, ghiaccio locale e trattamento fisioterapico con terapia fisica strumentale (Tecar, laser alta potenza, onde d’urto…), abbinata a terapia manuale ed esercizio terapeutico.

La miglior cura è la prevenzione, valutando la posizione in bici e quella delle tacchette sotto gli scarpini?

Sicuramente la posizione in bici va sempre controllata, non solo al momento della comparsa della tendinite, ma costantemente. Soprattutto quando si cambiano i materiali (telaio, sella, scarpini, tacchette…) per cercare di prevenire il problema. Le tacchette sono un cardine fondamentale che va sempre controllato, sia come posizionamento sia come usura.

La tendinite achillea può dipendere anche dalla minore irrorazione del tendine (foto Resegup)
Ecco un esempio di tendinite achillea (foto Resegup)
La ripresa dell’esercizio dopo la tendinite avviene soltanto a recupero completo? 

Assolutamente no, in quanto come già detto precedentemente, l’esercizio è parte integrante della terapia, come dimostrato da studi scientifici fatti da una nota Università Australiana. Tuttavia una ripresa prematura dell’attività potrebbe causare una ricomparsa dell’infiammazione con conseguenze ben più gravi per il tendine.

Un’altra tendinite classica del ciclista, sia pure spesso dovuta a errato posizionamento o sovraccarico, è quella del tendine d’Achille: la grandezza del tendine rende più difficile il recupero?

Dall’esperienza di tanti anni pensiamo che non sia la grandezza del tendine che incide sul recupero. Potrebbe incidere il fatto che sia un tendine meno vascolarizzato di altri e sottoposto ad un maggior stress meccanico.

Taping e rimedi esterni favoriscono il recupero oppure consentono di convivere con il problema?

Favoriscono molto il recupero poiché aiutano a ridurre il dolore e a far lavorare meglio l’articolazione diminuendo le sollecitazioni a carico del tendine infiammato.

Foto ginnastica propiocettiva (foto Fisioterapiaitalia)

Bacino rotto, da Remco alle persone… normali

17.12.2020
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La frattura del bacino è diventata attuale quando Remco Evenepoel è stato estratto ancora vivo dall’orrendo volo nella discesa dal Muro di Sormano. Era il 15 agosto. La diagnosi per il giovane belga fu proprio questa. Frattura del bacino e forte contusione del polmone destro. Considerato che aveva rischiato di morire, Remco tirò un sospiro di sollievo e tornò in Belgio ad aspettare, poi lavorare. Quando meno di un mese dopo, il 13 settembre, lo vedemmo di nuovo su una bicicletta, si capì che il ragazzo ha numeri da fuoriclasse e che quel tipo di frattura, se ben seguito, non è poi un monte insormontabile.

Per saperne di più, abbiamo tuttavia fatto qualche domanda a Marco Filippini, fisioterapista del Centro Fisioradi di Pesaro ed esperto di Rieducazione Posturale Globale.

Il tremendo volo del Lombardia ha provocato la frattura del bacino a Remco Evenepoel
Per Evenepoel al Lombardia, frattura del bacino
Dottor Filippini, di che guaio parliamo?

Le fratture del bacino sono il tipico infortunio da trauma. Sono caratterizzate dalla rottura di uno o più ossa (in apertura l’anatomia della zona nell’illustrazione FisioterapiaItalia, ndr). In base al numero dei punti di rottura vengono classificate in Fratture Stabili o Instabili. Tutte le fratture composte o minimamente scomposte, contraddistinte da un unico punto di rottura, sono stabili. Mentre se sono presenti più punti di frattura, scomposti, la frattura è instabile. Talvolta le fratture instabili possono essere di tipo aperto, ovvero quei casi dove un frammento dell’osso fratturato protrude la pelle.

Hanno sempre origine traumatica?

Negli sportivi o nei soggetti con osteoporosi, si può verificare anche una frattura da avulsione, cioè una lesione in prossimità dei tendini e dei legamenti dove questi si inseriscono. Queste non sono facili da diagnosticare perché avvengono senza trauma diretto nella zona.

Il solo rimedio è l’immobilità?

Nelle prime settimane dopo il trauma è consigliato rimanere sdraiati a letto, in quanto l’immobilità facilita la formazione del callo osseo. Ma dopo questo periodo è fondamentale intraprendere un percorso riabilitativo.

Ecco l’anatomia del bacino. La frattura si classifica in base al numero di ossa coinvolte
La frattura del bacino si classifica in base alle ossa rotte
E’ una frattura che può prevedere un intervento chirurgico?

Molto raramente e quando necessario serve per ridurre la frattura stessa.

La saldatura è sempre precisa?

Se la frattura è scomposta, ma non è necessario l’intervento chirurgico, può accadere che la saldatura della frattura non sia perfettamente precisa. Tuttavia questo non preclude la possibilità di tornare a svolgere le attività della propria quotidianità in modo normale. 

Quali sono i passaggi della guarigione?

I passaggi della guarigione partono, come già detto, da un periodo di immobilità. Segue un percorso che prevede all’inizio esercizi in scarico da svolgere sia letto che in una piscina riabilitativa, per poi proseguire in palestra. L’obiettivo è di recuperare le attività della vita quotidiana e il ripristino di un corretto schema motorio del passo. Se risulta necessario l’intervento chirurgico, il tutto sarà ovviamente anticipato dall’operazione che riallineerà i vari segmenti di frattura.

Durante la rieducazione si va incontro a rischi di compensazione che possono compromettere la simmetria fra gli arti inferiori?

Più è grave la frattura, più è probabile l’insorgenza di un’asimmetria degli arti inferiori. Se durante la rieducazione il paziente non viene stimolato nel modo corretto, il rischio che la simmetria degli arti inferiori venga compromessa è concreto.

Che tipo di riabilitazione si consiglia?

Nella fase di immobilità potrebbe essere molto utile un ciclo di magnetoterapia per velocizzare la calcificazione. Superato questo periodo, il paziente inizierà un percorso riabilitativo. Esso comprende l’utilizzo di tecniche di terapia manuale da parte del fisioterapista per migliorare le disfunzioni del movimento. Poi sedute di massoterapia per trattare tutta la parte muscolare che sarà sicuramente contratta. Spesso, in queste settimane, si effettuano anche trattamenti di Tecarterapia e laserterapia ad alta frequenza. Questi mirano alla biostimolazione e alla riduzione del dolore e dell’infiammazione dei tessuti molli colpiti dal trauma. 

Ginnastica in acqua, frattura del bacino (foto Poliambulatorio Fisio)
La rieducazione in acqua è un passaggio fondamentale (foto Poliambulatorio Fisio)
Ginnastica in acqua, frattura del bacino (foto Poliambulatorio Fisio)
La ginnastica in acqua riduce la gravità (foto Poliambulatorio Fisio)
Quale ginnastica si fa durante la riabilitazione?

In un primo momento l’idrokinesiterapia, in acqua, che permette di lavorare anche in assenza di carico per recuperare più velocemente lo schema motorio e il tono muscolare. Questo aspetto velocizza anche la successiva fase riabilitativa, da svolgere in palestra con il fisioterapista, per il completo recupero del tono muscolare dei muscoli del tronco, del bacino e degli arti inferiori. Sono molto importanti gli esercizi propriocettivi che stimolano il recupero della coordinazione e della capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio. Durante la fase in palestra, si consiglia anche un ciclo di rieducazione posturale per combattere tutti i compensi che l’infortunio e l’immobilità hanno creato.

Quali sono i passaggi prima di poter tornare in bicicletta?

Terminare il periodo di immobilità. Ottenere l’okay del medico per tornare a caricare dopo il consolidamento della frattura. Aver recuperato il ROM dell’articolazione dell’anca (Range of Motion, la flessibilità articolare, ndr). A quel punto si può ricominciare a pedalare. Nel caso in cui il paziente abbia timore di una nuova caduta si consiglia di riprendere con cyclette, spin bike o rulli. Per chi pratica ciclismo, sarà fondamentale un riposizionamento in sella da parte del biomeccanico. Il trauma infatti potrebbe aver variato alcuni parametri.

Si torna prima a pedalare o a camminare bene?

Sicuramente a pedalare, basti solo pensare che già in fase riabilitativa la cyclette è un “esercizio” per il paziente.

La frattura del femore (il calvario di Froome)

07.12.2020
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La lenta ripresa di Froome dopo la frattura del femore. Il britannico cadde nel giugno del 2019 e dopo mille sforzi e senza badare a spese, alla Vuelta del 2020 ha ritrovato sensazioni accettabili. Frattura esposta del femore, del gomito e di alcune costole. Chris non è il primo ciclista a incappare in uno stop così lungo e doloroso: il femore finisce spesso agli onori della cronaca. Ma il fatto che il suo ritorno all’efficienza sia stato così lungo dimostra che non si tratta di un problema di poco conto. Anche se, come ci ha raccontato Salvatore Puccio, a rallentare il suo ritorno all’efficienza è intervenuto anche lo stop dovuto al Covid.

Del femore e della sua frattura parliamo con Francesco Maria Guerrini, fisioterapista e laureato in Scienze Motorie, che presta la sua opera presso il Centro Fisioradi di Pesaro.

Il recupero di Froome dopo la caduta del 2019 si è concluso di fatto un anno dopo
Froome, un anno per recuperare dalla brutta frattura
Dottor Guerrini, in quanti modi si rompe il femore?

I tipi di frattura sono molteplici, in quanto si tratta di un osso molto lungo e anatomicamente complesso. Per semplicità possiamo classificare le fratture in 4 diverse tipologie. La prima è la frattura della diafisi: quando è coinvolta la parte lunga del femore (nell’apertura in un’immagine Inran, ndr). Poi c’è la frattura sottocapitata: quando si localizza subito al di sotto della testa del femore. La terza è la frattura del collo: quando si localizza in un punto del collo del femore. Quindi la frattura trocanterica: quando coinvolge uno o entrambi i trocanteri (le sporgenze, grande e piccola, nella parte superiore del femore, ndr).

La frattura dell’acetabolo rientra nella casistica?

E’ meno comune delle fratture della testa del femore. La frattura acetabolare è quasi sempre frutto di eventi traumatici. Si verifica in caso di impatto violento della testa del femore contro l’acetabolo. Questa tipologia di frattura però non rientra tra le fratture del femore bensì tra le fratture dell’anca.

Un anno dopo, il britannico fa ancora fatica a camminare, ma ha finito la Vuelta
Un anno dopo, Froome ha concluso la Vuelta ma ancora zoppica
La frattura del femore presuppone un urto violento oppure, essendo un osso lungo, basta anche un colpo non violentissimo?

Il femore è l’osso più lungo del corpo ed è anche il più resistente. Quindi si presuppone che necessiti di un urto molto violento per causare una frattura. Purtroppo però, soprattutto in soggetti anziani, la frattura può avvenire senza nessun incidente a causa della condizione osteoporotica. 

Si opera in tutti i casi? 

E’ molto improbabile che una frattura di femore possa guarire senza intervento chirurgico che, tra l’altro, deve essere eseguito entro 24/48 ore dalla diagnosi. In caso di impossibilità di intervento chirurgico, l’unica soluzione è, come in tutte le fratture, l’immobilizzazione dell’arto e l’assoluto divieto di carico fino al consolidamento osseo. 

La frattura del femore può danneggiare anche il muscolo intorno?

Purtroppo in caso di frattura esposta, quindi quando la struttura ossea lacera i tessuti, possono verificarsi lesioni a livello dei muscoli adiacenti all’osso interessato. Un caso eclatante è quello avvenuto recentemente a Chris Froome, che a causa di un grave incidente ha riportato, oltre ad altre fratture e contusioni, la frattura esposta del femore destro con perdite ematiche ingenti. A causa di questo grave incidente la carriera del corridore inglese è parsa fortemente a rischio, ma la sua forza di volontà e il suo ottimo recupero fisico gli hanno permesso di rientrare all’attività agonistica. Seppure al momento senza riuscire a tornare ai livelli precedenti

Il collo del femore può subire una frattura vera e propria o una frattura pertrocanterica
Il collo del femore può subire 2 tipi di frattura
Fatto l’intervento, si può cominciare subito con la rieducazione?

La rieducazione deve essere iniziata nel minor tempo possibile dall’intervento. La prolungata attesa può ritardare i tempi di recupero e aumentare il rischio della formazione di trombi. La rieducazione avverrà gradualmente. Prima con mobilizzazioni passive. Successivamente con esercizi isometrici, in scarico e con carico progressivo sino alla completa autonomia del paziente. Con l’obiettivo di tornare alla performance sportiva nella migliore condizione possibile. 

Quanto tempo di stop assoluto si impone? 

Non esiste un tempo assoluto, può variare in base all’entità della frattura e in base all’attività che dovrà svolgere il paziente. 

Dopo quanto tempo si può cominciare a caricare l’arto? 

La concessione del carico purtroppo dipende dal tipo di frattura e conseguentemente dal tipo di intervento eseguito per la sua riduzione. E’ molto importante il confronto tra il professionista della riabilitazione e l’ortopedico che ha eseguito l’intervento. La rieducazione non termina con la ripresa dell’attività sportiva. E’ la corretta valutazione posturale e biomeccanica che permette il recupero completo del gesto atletico.

posizioni aerodinamiche

Telai standard e posizione ideale: sfida delicata

03.12.2020
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Come ci ha detto anche Dario Cataldo oggi siamo nel ciclismo dei dettagli. Tutto è ponderato al millimetro, specie nell’argomento che trattiamo in questo articolo! Parliamo infatti di posizione in bici, di biomeccanica, di materiali.

Oggi rispetto ad una volta i telai su misura sono praticamente spariti. Anche ai professionisti arrivano i telai con misure standard, centimetri e soprattutto angoli sono quelli per tutti ed è il corridore che vi si deve adattare. Alessandro Mariano, posturologo di Fisioradi da oltre 30 anni al seguito dei pro’, ci aiuta a capire.

Come si fa oggi a trovare la giusta posizione? E’ l’atleta che deve adattarsi alla bici?

E’ tutto più difficile per chi svolge il mio lavoro. Una volta c’era il progetto del telaio e l’atleta ci montava sopra. Oggi ci si arriva con i componenti. Si riesce comunque a raggiungere un buon equilibrio con le giuste compensazioni (attacchi, spessori, arretramento). Si parte da una base fissa, il telaio, e da lì si cerca il giusto equilibrio muscolare e osteo-articolare. L’intento però era, e resta, quello di non sovraccaricare muscoli e articolazioni. Noi per ovviare a questo rischio abbiamo anche fatto dei test con l’elettromiografo sotto forzo, anche su strada.

Elettromiografia
Elettromiografia: i sensori sulla schiena di Purito Rodriguez
Elettromiografia
Elettromiografia: i sensori sulla schiena di Purito Rodriguez
E cosa si vede?

Quali distretti muscolari sono maggiormente attivati se la sella è troppo avanti o troppo arretrata. Se lavora troppo il bicipite femorale o il quadricipite, se il polpaccio lavora troppo o è quasi del tutto “tagliato fuori”. In ogni caso il segreto è svincolare il più possibile la schiena. Questa deve essere scarica il più possibile, perché poi in salita o in uno sprint è chiamata a spingere e vengono coinvolti molto i lombari.

Insomma la parola d’ordine è equilibrio…

Esatto. Alla fine gli angoli, anche con i telai di oggi, riesci a riprodurli. L’apparato scheletrico non cambia, mentre il muscolo sì. Si modifica nel corso degli anni e persino durante una corsa a tappe. Andrebbe cambiata la posizione durante un grande Giro. Poi non lo si fa per tante altre questioni, ma in teoria tanti giorni di carico su determinati muscoli portano ad un affaticamento tale per cui si potrebbe coinvolgerne anche altri. Poi, sia chiaro, parliamo di pochi millimetri. La posizione della vita, anche per gli amatori, non esiste. Vi faccio un esempio.

Prego…

Avevo due atleti identici per statura e misure degli arti: Gotti e Abdujaparov: se avessi tenuto conto solo dell’aspetto scheletrico avrebbero potuto scambiarsi la bici, ma la muscolatura era diversa. Gotti aveva un telaio “seduto” a 71,5° e Abdu un telaio dritto a 76°. Oggi i triatleti a parità di statura con i ciclisti hanno posizioni differenti, in quanto hanno muscolature differenti. La loro posizione va pensata anche in base alla parte del nuoto e a quella della corsa.

I manubri integrati complicano le cose?

A livello di posizione no, alla fine attacchi e larghezze delle pieghe hanno misure diverse e si riescono a riprodurre le proprie quote. 

Tacchette non più in punta: la tendenza è quella?

Io le ho sempre messe un po’ più indietro rispetto alla media. Ho sempre fatto un’analisi del piede e del suo punto di forza che non corrisponde alla testa metatarsale, ma un po’ più indietro. Condivido pertanto questa tendenza.

telaio BMC
Un telaio (BMC) moderno: con le misure standard imposte soprattutto dai monoscocca
telaio BMC
Un telaio (BMC) moderno: con le misure standard imposte soprattutto dai monoscocca
Anche le pedivelle tendono ad “accorciarsi”…

Vero. Noi facciamo un esame che è un po’ come individuare la “coppia massima” della pedalata. Alla fine ne emerge che chi solitamente va agile dovrebbe usare la pedivella più corta e viceversa se va più duro. L’esempio estremo è Froome. Ha leve molto lunghe, ma va molto agile. Una volta gli avrebbero fatto usare pedivelle da 180 millimetri. La pedivella più corta, scelta in base alle proprie caratteristiche, ottimizza il consumo energetico.

Le selle 3D influiscono sulla posizione?

Conta più la larghezza. Oltre un certo limite il tuo bacino non va più indietro. Di solito la misura indicata, il famoso punto anatomico, corrisponde a 7,2 centimetri di larghezza. Però attenzione, è un dato statistico che va bene per tutti e per nessuno. In generale però più che i materiali io credo che le posizioni siano cambiate perché sono cambiate le preparazioni e di conseguenza le strutture degli atleti.

Un aspetto interessante. Spiegaci meglio…

Sono diversi morfologicamente. In generale i corridori sono più magri, più elastici e questo consente di estremizzare le posizioni. Basta guardarli giù dalla bici. Il peso incide molto e modella tutta la struttura. Tra i tanti che ho seguito, c’è stato Mario Scirea (corridore longilineo per antonomasia, ndr), oggi sarebbe un atleta grasso. 

Domenico Pozzovivo, gomito fratturato, Giro d'Italia 2020

Gomito rotto: si guarisce? L’esempio del Pozzo

02.12.2020
4 min
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«Quando sono in bici – ci disse Pozzovivo dopo i primi 10 giorni del Giro – stringo i denti. Il corpo tende ad adattarsi, ma se la sera non lavorassi a lungo con osteopata e massaggiatore, sarei nei guai».

Subito dopo la corsa rosa, tuttavia, il lucano che anche nel 2021 correrà nella Qhubeka-Assos, è dovuto correre a operarsi ugualmente al gomito sinistro. Al Tour infatti era caduto, battendo proprio quello già operato nell’estate del 2019. La sua diagnosi – parola più, parola meno – racchiudeva in un solo incidente fratture scomposte pluriframmentarie ed esposte e di ulna, olecrano e omero distale con perdita di sostanza.

Ma quanto fa male la frattura del gomito? Quanto è frequente? Come se ne esce? E poi torna tutto come prima? Abbiamo messo insieme le nostre domande e le abbiamo rivolte ad Andrea Gadda, fisioterapista, laureato in Scienze Motorie, che opera presso il Centro Fisioradi di Pesaro.

Frattura del capitello radiale (foto MSD)
La frattura del capitello radiale (foto MSD)
Frattura del capitello radiale (foto MSD)
Frattura del capitello radiale (foto MSD)
Dottor Gadda, quella del gomito è una frattura ricorrente in chi fa sport?

Può accadere in sport di contatto quali rugby, football americano e arti marziali. Ma risulta molto frequente anche nel pattinaggio, lo skateboarding e nel ciclismo.

Quale tipo di caduta la genera?

Tipicamente avviene per impatto diretto sul gomito o, con più frequenza, con la tipica caduta a terra “in protezione” sul palmo della mano, con il gomito in estensione.

E’ dolorosa come sembra?

Dipende dalla tipologia della frattura, la sua localizzazione articolare e dal grado di gravità.

Quanti tipi ce ne sono?

In effetti sono molteplici. Possiamo riassumerle in tre tipologie. Frattura composta/scomposta, poi chiusa/esposta e frattura completa/incompleta (infrazione, ndr). Mentre la gravità viene classificata in Tipo di frattura, da uno a tre. Infine si ragiona sulla localizzazione anatomica. E allora abbiamo la frattura sovracondiloidea dell’omero, frattura del capitello radiale, frattura dell’olecrano e frattura dell’epitroclea. Ma mi rendo conto che questi sono termini medici che al lettore potrebbero dire poco. Almeno se non ci è passato…

Riabilitazione frattura al gomito (foto Roberto Barbieri)
La riabilitazione va iniziata tempestivamente (foto Roberto Barbieri)
Riabilitazione frattura al gomito (foto Roberto Barbieri)
La riabilitazione deve essere tempestiva (foto Roberto Barbieri)
E’ sempre raccomandato l’intervento chirurgico?

Per la maggior parte delle fratture (quantomeno per quelle non scomposte) un gesso di almeno 30 giorni, che immobilizza la parte lesa, sarà più che sufficiente per recuperare in modo rapido ed efficace.

Allora quando si deve operare?

In caso di lesione epitrocleare o olecranica. Se un frammento di osso si è spostato in modo pericoloso, deve necessariamente essere fissato con l’ausilio di un chiodo metallico (nel caso della epitrocleare) oppure con un filo di Kirschner (per la olecranica). Il filo di Kirschner è una sottile asta di acciaio inossidabile, che può essere facilmente lavorata dal chirurgo con l’impiego di particolari pinze.

La funzionalità dell’articolazione può essere compromessa?

Potrebbe provocare dei problemi anche nel medio, lungo periodo. Parliamo di instabilità cronica, con il rischio di soffrire di fastidiose lussazioni. Artrosi, che può portare a stati degenerativi e dolorose infiammazioni. Rigidità della giuntura, che compromette la flessione e l’estensione del gomito.

Visto l’appoggio del braccio sul manubrio, quali sono i requisiti minimi per poter riprendere l’attività?

Sicuramente la ripresa della piena mobilità articolare e della forza muscolare.

In riabilitazione quali sono gli ostacoli più frequenti?

Il gomito è una delle articolazioni più complesse da trattare. La riabilitazione deve iniziare subito dopo la rimozione del gesso o l’eventuale operazione. La complessità sta nel calibrare la giusta intensità. Un approccio moderato può rallentare i tempi di recupero facilitando situazioni di rigidità. Un iter più deciso può allo stesso tempo agevolare la formazione di calcificazioni anomale con dolore.

Tutore per la frattura del gomito
In alcuni casi può essere necessario l’uso di un tutore
Tutore per la frattura del gomito
In alcuni casi, serve anche un tutore
Su cosa si lavora?

Su movimenti di flesso-estensione, fondamentale per i gesti della vita di tutti i giorni come mangiare, lavarsi le mani o pettinarsi. Poi la prono-supinazione importante per far sì che questi gesti siano armonici.

Quanto è dolorosa la riabilitazione?

Come detto prima, anche qui dipende dalla tipologia di infortunio e dal trattamento. Il dolore può variare, pur rimanendo soggettivo.

Quanto tempo serve per la calcificazione dell’osso e per riprendere la funzionalità?

Mediamente la riparazione di una frattura avviene tra i 20 e i 40 giorni. Detto questo, anche se la riabilitazione da frattura di gomito avviene immediatamente dopo l’immobilizzazione da gesso o nel post chirurgico, le tempistiche per la ripresa della funzionalità del gomito sono sicuramente più lunghe.

Quali precauzioni vanno comunque adottate, tipo tutori o protezioni, alla ripresa della attività sportiva?

Alla ripresa dell’attività sportiva, l’utilizzo di una protezione o di un tutore, aiuta più a livello psicologico che a livello pratico.