Grosu riparte dalla Polonia tra sfortune e brutte storie

22.01.2023
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Nella tempesta che ha travolto e ha fatto chiudere la Drone Hopper di Gianni Savio, si è ritrovato anche Eduard Grosu. Il corridore rumeno, che ha corso in Italia per molti anni, ha perso tutto ad un tratto le certezze delle quali era circondato. La sua storia degli ultimi due anni è una spirale che lo ha portato sempre più giù, ma lui corridore dall’animo tenace, non si è fatto abbattere ed è ripartito. Con la speranza di rovesciare, a colpi di pedale ben assestati, questo trend negativo

Eduard si era ritrovato senza squadra anche nel 2021 con la chiusura della Delko
Eduard si era ritrovato senza squadra anche nel 2021 con la chiusura della Delko

Le speranze truffate

A sentire Grosu raccontare degli ultimi mesi si fa fatica a credergli, la cosa triste è che ciò che stiamo per scrivere è davvero accaduto…

«Sto bene – racconta da casa sua in Romania – per il 2023 sono riuscito a trovare la squadra, alla fine. Si tratta della Mazowsze Serce Polski, una continental polacca. Ho dovuto aspettare l’anno nuovo perché durante gli ultimi mesi del 2022 avevo firmato un contratto con una continental irlandese, la EvoPro Racing. Avevo firmato con loro perché doveva entrare un grande sponsor rumeno e la squadra avrebbe preso l’affiliazione nel mio Paese. Ero stato coinvolto in tutte le trattative e si era già arrivati a fasi estremamente avanzate. Il manager della EvoPro, Morgan Fox, era venuto in Romania ed aveva già il contratto per la fornitura delle bici.

«Ad un certo punto – continua a raccontare Grosu – quando l’UCI ha chiesto le garanzie allo sponsor rumeno, questo è sparito e non ha più risposto a mail o telefonate. La cosa peggiore è che, siccome si passava ad un’affiliazione rumena, io avevo contattato dei ragazzi del mio Paese per farli venire a correre in questa nuova squadra. Una volta che lo sponsor è sparito siamo rimasti tutti a piedi, dai ragazzi rumeni fino alla EvoPro, che ha dovuto chiudere il team».

Nel 2022 è ripartito con la Drone Hopper, una prima parte di stagione sfortunata ed un finale in crescendo
Nel 2022 è ripartito con la Drone Hopper, una prima parte di stagione sfortunata ed un finale in crescendo

Di nuovo a piedi

Nel 2022 aveva chiuso la Drone Hopper e con lo sfortunato episodio della EvoPro le cose si erano fatte nere per Grosu. La Mazowsze Serce Polski ha rimesso un po’ le cose in ordine e per il 2023 si prova a ricostruire qualcosa, con la speranza di far girare la fortuna dalla parte giusta. 

«La Drone Hopper – spiega il velocista rumeno – doveva rimanere aperta, almeno per quanto mi avevano detto i miei procuratori, i Carera, dopo il Giro di Romania (era ancora la prima metà di settembre, ndr). Nel frattempo ero entrato in contatto con un po’ di professional straniere ma con la situazione che si è venuta a creata con la EvoPro quelle piste si sono poi raffreddate. Il calendario che mi offre la Mazowsze Serce Polski è buono: faremo il Giro di Ungheria e quello di Danimarca più qualche corsa in Belgio e Francia.

«La cosa importante è avere le occasioni, penso che se saprò sfruttarle riuscirò a tornare in una professional. Non sono uno che si dà per vinto, non mi faccio abbattere, prendo le cose come vengono e cerco di trarne sempre il massimo. Se le offerte arriveranno, bene, altrimenti vorrà dire che non ho mercato e farò altro».

Con Savio si è cercato in ogni modo di salvare la squadra ma non ci si è riusciti
Con Savio si è cercato in ogni modo di salvare la squadra ma non ci si è riusciti

La situazione Drone Hopper

Vi avevamo raccontato degli umori dei corridori italiani della Drone Hopper qualche mese fa. Anche per Grosu il periodo non è stato semplice ma il suo per cercare di salvare la situazione lo ha fatto

«I miei ex compagni li sento ancora – dice – sono rimasto in buoni contatti con loro. Nel momento più difficile ho provato anche io in prima persona a muovermi per salvare la situazione, cercando qualche sponsor. Conosco molto bene il Ministro dello Sport rumeno: Edward Novak, ex atleta paralimpico, ma non siamo riusciti a trovare una soluzione. Sono rimasto comunque in contatto con Gianni Savio, è un uomo davvero buono, con il quale mi sono trovato molto bene e gli auguro il meglio».

Grosu con Giuliani in ammiraglia ai tempi della Vini Fantini, fu lui a portare il velocista rumeno in Italia
Grosu con Giuliani in ammiraglia ai tempi della Vini Fantini, fu lui a portare il velocista rumeno in Italia

Il deja vu con Giuliani

Ripartendo da una continental Grosu ritrova una situazione che gli pare simile al passato, come un deja vu. L’ultima volta che il velocista ha corso in una continental era il 2014 e si trovava alla Vini Fantini Nippo. Il suo diesse era Stefano Giuliani. Viste le parole di Dalla Valle a proposito del rapporto con quest’ultimo chiediamo a Grosu che ricordi ha lui, invece. E cerchiamo di capire come faccia Stefano a creare quell’armonia che aiuta i suoi corridori a ritrovare slancio. 

«La prima volta che ci siamo incontrati – racconta fermandosi un attimo per ricordare meglio – era il 2013. Eravamo al Giro di Romania, nel mese di luglio, e gli avevo chiesto se nella sua squadra ci fosse un posto libero perché volevo passare. Dopo un po’ di tempo, sarà stato dicembre, mi chiama per dirmi che avrebbe fatto la continental ed io sarei stato parte del team. Giuliani è una grande persona, dal cuore enorme che mi è stata sempre vicina. Per due anni ho vissuto a casa sua, ti donerebbe l’anima se potesse. E’ sempre riuscito a tirare fuori il meglio dai suoi corridori, per non fargli mancare nulla fa i salti mortali, penso sia questo il suo segreto, ti fa vedere lui in prima persona quanto ci tiene».

La Romania è cresciuta molto a livello ciclistico negli ultimi anni (foto Sibiu Tour, Tiberiu Hila)
La Romania è cresciuta molto a livello ciclistico negli ultimi anni (foto Sibiu Tour, Tiberiu Hila)

Il ciclismo in Romania

Grosu parla volentieri e risponde gentilmente alle domande, e così si finisce anche a parlare del ciclismo in Romania. Terra nella quale è nato e dove, come ci racconta lui, è tornato a vivere dal 2019. 

«Sono tornato a vivere qui da quando ho smesso di correre alla Nippo Vini Fantini (dice, ndr). A Zarnesti, a tre chilometri dal Castello di Dracula, mi piace stare qui e ci sto molto bene. Il ciclismo in Romania è in grande ascesa, se penso a cinque anni fa ricordo che avevamo solamente il Sibiu Tour. Ora i giorni di corsa UCI sul nostro territorio sono 17: tra Sibiu Tour, Tour Szeklerland, Giro di Romania e qualche gara di un giorno. Il merito è anche di Vlad Dascalu che corre in Mtb nel team Trek e nel 2019 è stato campione del mondo under 23. Quando un atleta raggiunge un traguardo del genere crea interesse nella disciplina, qualunque essa sia».

Dalla Romania torna Grosu: che ciclismo ha trovato?

15.09.2022
4 min
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Il Giro di Romania era per Eduard Grosu l’evento principale della sua estate e probabilmente di tutta la stagione. Il portacolori della Drone Hopper per l’occasione è tornato a casa, con l’ambizione di conquistare il successo pieno nella corsa alla quale è affettivamente più legato. Tornando nella sua Romania, ha potuto tastare con mano lo stato di salute del “suo” ciclismo, del quale si parla poco a differenza di altre realtà dell’est europeo.

Grosu ormai è di casa in Italia, tanto che il suo italiano è fluente come pochi. Alla fine la vittoria nella classifica generale non è arrivata, ma ha fatto sua la classifica a punti oltre a una tappa, il bilancio può quindi essere considerato positivo.

«Ho avuto una giornata storta proprio nella tappa decisiva – dice – l’unica con una salita lunga. Sono andato in crisi a 7 chilometri dalla fine, non avevo speranze di rientrare. Alla fine però posso dire di essere soddisfatto e orgoglioso della mia prestazione e devo dire grazie alla squadra che mi ha sostenuto alla grandissima».

La volata vittoriosa di Grosu nella terza tappa, battendo l’americano Rhym
La volata vittoriosa di Grosu nella terza tappa, battendo l’americano Rhym
Che tipo di corsa avete affrontato? Il profilo geografico del territorio rumeno non è molto simile a quello italiano…

Sì, ma le salite ci sono, anzi la tappa decisiva portava gli atleti oltre quota 2.000. Tutte le tappe avevano un dislivello complessivo di almeno 1.800 metri. Tutte le frazioni, salvo quella finale completamente pianeggiate, erano con salite di 3-4 chilometri, il tappone aveva invece la salita che ha fatto la differenza anche al Sibiu Cycling Tour.

Prendiamo spunto dalla gara per parlare del ciclismo del tuo Paese, a che livello è?

Sta crescendo, anche se non come potrebbe. Dal punto di vista organizzativo si disputano gare sempre più qualificate: il Sibiu Tour è quella più importante, ma anche il Turul Romaniei che è il nostro giro nazionale sta diventando sempre più qualificato. Il problema vero è a livello di squadre, guidate da dirigenti che sono signori che correvano tanti anni fa e che fanno tanta fatica ad adeguarsi al ciclismo moderno. Manca la mentalità giusta e questo rappresenta un ostacolo.

Il podio finale del Turul Romaniei con il britannico Stewart primo davanti a Raileanu (ROU) e Otruba (CZE)
Il podio finale del Turul Romaniei con il britannico Stewart primo davanti a Raileanu (ROU) e Otruba (CZE)
Considerando anche la crescita della vicina Ungheria…

Siamo lontani dai livelli magiari oppure polacchi. Deve cambiare qualcosa proprio a livello dirigenziale. Io curo con mio padre una squadra che ha 50 ragazzi nelle categorie giovanili, ma è difficile farli crescere ed anzi il nostro è un team fra i più grandi. Il problema è convincere i genitori a far fare questo sport ai propri figli, hanno molta paura.

Qualcosa che si vive anche dalle nostre parti…

Sì, ma in Italia ci sono le autostrade che attirano la gran parte del traffico così le strade secondarie sono più libere e ci si può allenare, pur con le dovute cautele. In Romania non ci sono e questo porta sempre molto traffico anche sulle strade provinciali. E’ uno sport rischioso e questo pesa. I genitori sono più propensi a portare i propri ragazzi a pedalare nei boschi, infatti la mtb è in pieno sviluppo. Ora c’è anche un campione da seguire, Vlad Dascalu che è stato iridato U23 e tanti ragazzi vogliono seguire le sue orme.

La Drone Hopper era, insieme alla Caja Rural, l’unica squadra professional al via
La Drone Hopper era, insieme alla Caja Rural, l’unica squadra professional al via
Dal punto di vista agonistico qual è la situazione?

I praticanti non sono tantissimi, ma stanno aumentando e questo è un bel segnale. Bisogna considerare che fino a 5 anni fa non si disputavano campionati nazionali al di sotto della categoria allievi. Per capire comunque il livello basti pensare che all’ultimo campionato nazionale elite eravamo una quarantina al via e in un Paese con 23 milioni di persone è davvero poco. Serve davvero una grande opera di promozione con idee nuove.

Grosu si era già messo in mostra al Tour di Limousin, finendo 2° a Liberac
Grosu si era già messo in mostra al Tour di Limousin, finendo 2° a Liberac
Ai mondiali sarete presenti?

In Australia dovrebbe andare il campione nazionale. A me avevano chiesto di partecipare, ma ho detto di no perché avrei precluso la seconda parte di stagione alla quale tengo tantissimo, con tutte le classiche italiane dove possiamo fare bene. Sono finalmente in una buona condizione e con la squadra che abbiamo può venire fuori qualcosa di molto buono, anche perché ho il contratto in scadenza e vorrei continuare con il team. Oltretutto gareggiare per la nazionale, nel mio caso rappresenta sempre un problema.

Perché?

A Monaco, agli europei, mi sono trovato a prendere parte alla gara senza uno staff. Non avevo né meccanico né massaggiatore. In gara ho forato a 7 chilometri dal traguardo ma non c’era un’ammiraglia che poteva aiutarmi a sostituire la bici. Che senso ha gareggiare così?

Grosu, l’uomo che finora era mancato alla Drone Hopper

12.07.2022
4 min
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Zarnesti è una cittadina della Romania. Poco più di 25.000 anime che vivono nel mito del Conte Dracula. E tra queste anime c’è Eduard-Michael Grosu, che non è un vampiro, ma un ciclista. E anche di quelli tosti.

Grosu veste i colori della Drone Hopper-Androni. La sua storia con il ciclismo è legata a doppio filo con l’Italia. Il suo fisico possente, unito con la nostra mentalità ne fanno un corridore scaltro, uno di quelli che sa il mestiere. Il guaio è che per una serie di acciacchi non ha potuto correre il Giro e la squadra ne ha sentito davvero la mancanza.

Eduard Grosu (classe 1992) con suo padre Viorel, anche lui corridore
Eduard Grosu (classe 1992) con suo padre Viorel, anche lui corridore

Figlio d’arte

«Vero – racconta Grosu fresco del suo Sibiu Tour – abito a tre chilometri dal castello di Dracula. Di solito sono in Romania, vengo in Italia quando ci sono le corse.

«Ho iniziato con il ciclismo perché mio papà Viorel è stato a sua volta un ciclista. E’ stato sei volte campione di Romania, ma essendoci il comunismo non poteva uscire dalla patria Lui ha messo su una squadra di ciclismo ed è lì che ho iniziato. 

«Da bambino facevo tanti sport. Anche box, sci… però alla fine ero sempre in bici».

«Sono arrivato in Italia la prima volta nel 2011 per la stagione del cross. Io cercavo squadra già da un po’. Ero stato in Svizzera, al centro Uci, da juniores ma poi ero dovuto tornare a casa. Si sapeva che cercavo squadra. Arrivai al Team Cerone, in Piemonte. Ero al primo anno da under 23.

«Su strada invece arrivai a metà dell’anno successivo. Arrivai alla Overall, grazie alle buone parole del diesse del Team Cerone».

Nel 2020 Grosu ha vinto la generale del Sibiu Tour, la più importante corsa in Romania dall’appeal sempre più internazionale
Nel 2020 Grosu ha vinto la generale del Sibiu Tour, la più importante corsa in Romania dall’appeal sempre più internazionale

Abilità di guida

Grosu mette subito in mostra le sue doti di abile pilota, buon velocista e una super grinta. Doti che già anni fa il suo primo tecnico tra i pro’ alla Nippo-Vini Fantini, Stefano Giuliani esaltò: «Ce ne sono pochi che guidano bene come Grosu».

«Forse perché in bici ho fatto un po’ di tutto da bambino – spiega Grosu – in Romania essendoci poche gare si faceva di tutto: ciclocross, mtb, pista, strada, i criterium E poi essendo un velocista mi piace l’adrenalina, devo essere abile. Se trovo spazio, in discesa metto sempre me stesso e gli altri alla prova».

 

«E credo che per questo motivo sappia leggere bene la corsa. Il ciclismo è cambiato, ma io mi sono sempre adattato».

Eccolo agli europei 2020 a Plovdiv dove è stato 9° nell’eliminazione (foto Instagram)
Eccolo agli europei 2020 a Plovdiv dove è stato 9° nell’eliminazione (foto Instagram)

Grinta Grosu

Un corridore così non poteva passare inosservato a Gianni Savio. Valori perfetti per una squadra che ha nella grinta e nell’attacco il suo Dna.

«Sono arrivato alla Drone Hopper-Androni quest’anno. La Delko chiudeva per mancanza di soldi e i miei procuratori, i Carera, mi dissero di questa offerta. Pensate che facemmo tutto in un giorno. Ero alle Olimpiadi di Tokyo e firmai il contratto online».

«Sono in una squadra nuova e ho messo la mia esperienza al servizio dei più giovani. E questo mi piace. Mi piace correre davanti, sapere sempre cosa succede e così poter guidare i ragazzi. Magari loro vedendomi possono imparare. Ed è per questo che sono stato preso: per loro e anche per fare qualche risultato ovviamente».

Eduard è molto veloce e sa destreggiarsi bene in gruppo
Eduard è molto veloce e sa destreggiarsi bene in gruppo

Chioccia e apripista

Ma uno dei ruoli fondamentali di Grosu era ed è quello di aiutare i velocisti. Lui stesso è molto veloce e con le sue caratteristiche può essere un ottimo apripista.

«Abbiamo – dice Grosu – corridori veloci come Marchiori. E anche Benedetti. il problema è che dall’inizio dell’anno, per un motivo o per un altro, ci siamo visti poco. Alla fine ho passato molto più tempo con “Natalino” (Natnael Tesfatsion, ndr), con Andrii Ponomar, con Santiago Umba e ultimamente anche con Andrea Piccolo. Con loro abbiamo fatto dei ritiri per conto nostro. Con Natalino e Andrii davvero ci ho passato un sacco di tempo.

«Con Piccolo ero in camera al Sibiu Tour e abbiamo parlato molto. Un ragazzo davvero forte».

«Per quanto riguarda Marchiori, spero che da adesso in poi potremo vederci di più. E spero di cogliere qualche risultato. Verrò in Italia per le corse di fine stagione. Sono affascinato dalla Bernocchi con il Piccolo Stelvio. Andai forte l’anno che vinse Nibali. E mi piace anche la Milano-Torino».

Sei ore con l’Androni, fra ragionamenti, risate e silenzi

16.12.2021
8 min
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Al chilometro 172 di allenamento, Grosu si avvicina all’ammiraglia, chiedendo un panino e una borraccia. Sul sedile posteriore, Sergio Barbero che da corridore ha fatto sicuramente più fatica del rumeno e oggi è meccanico alla Androni, gli propone invece un’arancia.

«Se c’è frutta anche meglio, grazie» dice il velocista, che poi prende il frutto sbucciato dal piemontese, afferra la borraccia d’acqua e si riaccoda al gruppetto.

Sono in bicicletta da sei ore circa. Alcuni passaggi sterrati hanno sporcato le bici, ma i corridori della futura Drone Hopper marciano di buona lena. Alle loro spalle, staccati di circa 15 minuti, i compagni del secondo gruppo di lavoro stanno percorrendo la stessa strada.

Distanza e test

Oggi distanza (ieri per chi legge). Sull’ammiraglia in cui viaggiamo, Giovanni Ellena dirige le operazioni. Sul sedile posteriore ci sono appunto Barbero, professionista alla Carrera e alla Mercatono Uno, e il preparatore Borja Martinez Gonzales, portato in squadra dal dottor Giorgi. Viene da Burgos, dopo la laurea ha studiato in Gran Bretagna e ora vive a Bologna.

Partenza alle 9,45, con undici gradi, mentre Benidorm si metteva disordinatamente in movimento. All’appello manca soltanto Chirico, reduce da un malanno, che dopo due giorni sui rulli, uscirà su strada per una sgambata.

Sul cruscotto, il tablet mostra la schermata di VeloViewer: un bel passo avanti rispetto a quando si girava con carte stradali da interpretare e si perdeva la metà del tempo in cerca del giusto incrocio. Il programma giornaliero prevede 185 chilometri con 3.200 metri di dislivello e tre test. Uno dopo 85 chilometri: 15 secondi di sprint in leggera salita. Uno dopo 90 chilometri, con 3 minuti a tutta. Il terzo dopo 110 chilometri, facendo 12 minuti al massimo in salita.

Quando c’era il Chiappa

Il navigatore mostra la posizione della macchina e quella dei corridori, che nel display del computerino hanno le indicazioni di percorso.

«Il nostro Gps – ridacchia Barbero da dietro – era Chiappucci. Si metteva davanti, concordava la solita strada con Quintarelli e si seguiva tutti lui».

Durante i primi chilometri, Rojas si è lasciato sfilare ed è venuto all’ammiraglia. Il ragazzo di 19 anni è uno dei tre, assieme a Diego Alba e Marti Vigo, a essere stato investito da un’auto giovedì scorso. Il colombiano è stato sbalzato sul parabrezza e adesso ha male al ginocchio sinistro. Il consiglio è di sfilarsi, di aspettare semmai il secondo gruppo e casomai di tornare in hotel. Non c’è motivo di rischiare, la stagione non è nemmeno cominciata.

Rojas combatte con il dolore al ginocchio dopo l’investimento
Rojas combatte con il dolore al ginocchio dopo l’investimento

Grosu già leader?

Stamattina anche Ponomar è andato al pronto soccorso per un dolorino al ginocchio. E intanto Ellena racconta delle mille precauzioni per far rientrare Tesfatsion dall’Eritrea e farlo vaccinare. E del fatto che a fine ritiro, Grosu rimarrà ad allenarsi qua. Farà venire la compagna e sta pensando di restarci fino alle corse di Mallorca, in cui potrebbe debuttare.

«Ha l’indole del velocista un po’ furbacchione – sorride con affetto il tecnico della Androni – ma quest’anno è motivatissimo e ci sta dando dentro alla grande. Lo vedo anche come un discreto trascinatore, perché gli altri mi pare che glielo riconoscano».

Ben 18 team in allenamento

Nel raggio di 5 chilometri incrociamo la Deceuninck, la Groupama, la Eolo, la Trek, la Cofidis e alcuni uomini della Ef. Ci mettiamo a contare e viene fuori che in questo periodo ci sono 18 squadre tra WorldTour e professional che si stanno allenando su queste strade.

Dopo 65 chilometri, sulla montagna davanti una serie di tornati arrampicati alla roccia lascia intravedere la salita su cui dovranno arrampicarsi. Speriamo che i corridori non se ne accorgano, diciamo, ma è tardi. Grosu davanti ha il dito puntato. Non gli sfugge niente.

«Venchiarutti l’avrei tenuto – dice Ellena mentre si parla dei corridori non confermati – perché sono convinto che dentro abbia dei numeri. Essere neoprofessionisti nel 2020 del Covid è stata una sfortuna per tanti. Poi si è un po’ abbattuto e alla fine non è stato confermato. Dovrebbe andare alla Work Service con cui abbiamo una collaborazione. E’ il modo di dire che non lo abbiamo mollato…».

Guance e gambe sudate

Arrivano sulla cima del Port la Valle d’Ebo, lungo la quale incontriamo i corridori della Eolo fare i test sul lattato. Per qualche secondo ci affianchiamo a Maestri, sudato e rosso in viso. Ricambia il saluto e si rimette a testa bassa.

Arrivati in cima, Borja scende per sentirli parlare. Nonostante l’aria sia fredda, gambe e guance dei ragazzi dell’Androni sono sudate.

A colazione hanno mandato già su sua indicazione 90 grammi di carboidrati. Le reazioni sono differenti e non tutte entusiasmanti.

«Mi sento così pieno – dice Bais – che non posso mangiare niente. Anzi, se ci penso sto male. Posso bere acqua, ma mi sento pieno».

«Ho anche io la stessa sensazione – conferma Marengo – tanto che mi viene da dire che potrei mangiare meno a colazione e cominciare a farlo subito in bici…».

Mentre prendono fiato e acqua, Sepulveda chiede notizie dei nuovi integratori. La squadra ha firmato con EthicSport e domani nel corso di una call, spiega Ellena, interverrà anche il responsabile dell’azienda, per spiegare i prodotti e le loro caratteristiche. Lo guardano con approvazione, poi ripartono…

La cura dei dettagli

Ravanelli ha una sporgenza sotto la manica sinistra. Chiediamo cosa sia, rispondono all’unisono Borja ed Ellena.

«E’ il rilevatore della glicemia – dice Ellena – il Super Sapiens. In corsa è vietato, ma è un bello strumento in allenamento».

Sulla salita, borracce e smanicati. All’ombra le temperature sono rigide
Sulla salita, borracce e smanicati. All’ombra le temperature sono rigide

Poi il tecnico racconta di uno studio già fatto un paio d’anni fa sulle ore di sonno. «Si trattava di mettere una sorta di orologio – racconta – che registrava la qualità del riposo. Alcuni corridori l’avevano presa male, quasi fosse una violazione di qualcosa. Così quando Borja l’ha riproposto, aveva quasi paura. Invece lo hanno spiazzato, chiedendogli se non potesse essere utile tenerlo anche di giorno. Ormai sono così attenti al dettaglio, che se non gliene proponi, passi per disorganizzato. Se invece hai mille attenzioni, loro ti seguono».

Ravanelli in panne

Ravanelli si ferma per l’ennesima volta e scherzando dice che a Bergamo per giornate come questa direbbero di starsene a casa. Questa volta c’è da sostituire la batteria del trasmettitore nella pedivella, perché non arriva segnale al computer. La prima volta invece gli sono spariti i dati. L’ammiraglia si ferma, Barbero inforca gli occhiali che ha cominciato a usare proprio oggi, scende ed effettua il pit stop.

«Il prossimo anno – dice Ellena – dovremmo cambiare computer e misuratori di potenza. Passiamo ai Dash di Stages Cycling con il rilevatore nella pedivella. Guarda però come si sta asciugando Ravanelli – aggiunge  mentre seguiamo il corridore bergamasco – sta davvero crescendo bene. Il primo anno con noi ha avuto problemi, nel 2021 è andato molto meglio, speriamo nel prossimo».

Cattiveria Grosu

Dopo una grande discesa c’è spesso una grande salita, ma quello davanti è un vero muro. I corridori hanno spesso fra i piedi i dilettanti della Drone Hopper, squadra di under 23 sponsorizzata dalla stessa azienda. Grosu per i primi metri procede zigzagando, ma quando arriva il momento di iniziare il test sui 12 minuti, tira su il 53 e attacca. Dietro anche gli altri si mettono faticosamente in movimento, mentre l’ammiraglia segue il velocista rumeno in maglia Delko. Ha la bocca aperta e la pedalata cattiva. Sui tornanti si volta per guardare ed è un continuo rilancio. Solo in cima lo aggancia Sepulveda, ben più scalatore di lui.

Grosu prima lo tiene, poi cede, ma quando la strada spiana mette le mani sotto e lancia una volata. Sta per prenderlo, poi si siede di schianto. I 12 minuti sono finiti, ma la sua azione ha colpito Ellena, che lo affianca e glielo dice.

Domani scarico

E’ tempo di rientrare. Benidorm si staglia all’orizzonte con il suo profilo di grattacieli non proprio bellissimi. La città del secondo iride di Bugno in breve inghiotte i corridori della Androni, che guadagnano placidamente l’hotel soddisfatti del lavoro svolto. Domani (oggi per chi legge) ci saranno un giorno di scarico e la plicometria.

Giuliani ci presenta Grosu: «Un vero duro»

22.02.2021
5 min
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Eduard-Michael Grosu è uno di quei corridori alla “carta vetrata”, un vero duro, uno che non molla un metro. Il rumeno quest’anno si è già fatto vedere al Tour de la Provence, quando è stato spesso all’attacco nelle tappe di pioggia e vento. Classe 1992, è una vecchia conoscenza del ciclismo italiano. A scoprirlo è stato Stefano Giuliani, oggi diesse della Giotti Victoria Savini Due. 

Raggiungiamo Giuliani al telefono mentre è in Turchia con i suoi ragazzi. Stanno facendo delle gare, andando a caccia delle volate.

«Abbiamo il treno più forte, ma non riusciamo a concretizzare (Guardini aveva fatto quarto, ndr). Siamo in quattro e se facessero la volata da soli arriverebbero tutti tra i primi cinque. E allora mi chiedo, e gli chiedo: possibile che non si riesca a fare un treno da veri professionisti? Gli ho dato una strigliata l’altro giorno… però poi la sera gli ho portato una birra. Il ciclismo, il mio almeno, deve essere anche divertimento. Il gruppo deve essere una famiglia».

Grosu con Giuliani in ammiraglia
Grosu con Giuliani in ammiraglia

Orso e cicloamatore

Con Giuliani, si passa a parlare di Grosu. Il tecnico racconta. E ascoltarlo è un piacere.

«Lo conobbi – racconta Giuliani – in una corsa di otto o nove anni fa (in realtà era il 2013, ndr). Non chiedetemi quale anno di preciso perché per me con le gare sono tutti uguali! Stavamo sistemando le bici, i materiali in questa pensioncina al Giro di Romania, quando da dietro mi sento chiamare: “buonasera signor Giuliani”, in un buon italiano. Mi volto e vedo questo ragazzo che sembrava un cicloamatore. Avete presente un orso? Gamboni grossi così, muscoli lunghi, bacino largo, barba scura. E anche qualche chilo di troppo a dire il vero. Io indaffarato com’ero non gli diedi troppa attenzione. Però mi fece subito una buona impressione. In quel giro vinse una tappa e si piazzò in altre. Lo tenni d’occhio».

Grosu conquista la quinta tappa al Giro di Croazia 2019
Grosu conquista la quinta tappa al Giro di Croazia 2019

Una grappa per guarire

Giuliani è fatto così: è diretto e le persone le sa leggere. Atteggiamenti, linguaggi del corpo, sguardi: Giuliani li capisce così i suoi atleti. E spesso ci azzecca.

«Il giorno di quell’incontro – dice il tecnico abruzzese – eravamo tra gli U23. L’anno dopo facemmo la continental con la Nippo Fantini e mi battei per prenderlo. Grosu si mostrò subito ambizioso e anche in gruppo era un “avvocato”, anche perché spesso doveva sfidare i pregiudizi degli altri atleti. In generale non ci stava a perdere.

«Una volta al Tour of Hainan cadde, ma cadde di brutto perché lui non si tira mai indietro quando c’è da lottare. A fine tappa gli mancavano i pezzi di carne. Io ero convinto che non sarebbe ripartito il giorno dopo. Stavo per cercargli un antidolorifico, quando mi fa: puoi trovarmi della grappa? E dove la trovo io la grappa in Cina? Fatto sta che alla fine la rimedio e gliela dò. Ne bevve qualche sorso come anestetico e poi se la buttò sulle ferite. Il giorno dopo ripartì e fece sesto. Capii che avevo di fronte un animale, nel senso buono del termine».

Giuliani poi racconta dell’amicizia e della rivalità con Grega Bole, dello smacco di aver perso la tappa al Giro d’Italia 2016 quando gli mancavano solo 400 metri dal traguardo. Della lotta per finire quel Giro nelle ultime frazioni, cosa che avvenne anche grazie all’aiuto di Stacchiotti… Insomma la storia di un “bello ma dannato”.

Con il tempo Grosu in Italia diventava sempre più corridore, grazie anche a Giuliani stesso. Si fece vedere e quando arrivarono i procuratori lo stesso Stefano lo segnalò ad Alex e Johnny Carera. Che poi lo fecero approdare alla Delko quando la Nippo Fantini chiuse i battenti.

Eduard Grosu vince il Turul Romaniei 2020
Eduard Grosu vince il Turul Romaniei 2020

Grosu da Roubaix

Grosu è un corridore completo secondo Giuliani. Di certo non è uno scalatore aggiungiamo noi.

«Ma se sta in giornata fai fatica a staccarlo anche in salita. Va molto forte con il freddo. Non si lascia intimorire dalle condizioni avverse come pioggia e vento, anzi… Non va male a crono (ha vinto due titoli nazionali, ndr). Io lo vedo come un corridore da Roubaix senza contare che è anche velocissimo.

«Per me – dice Giuliani – Grosu deve ancora scoprire realmente tutto il suo potenziale. Sono convinto che ne sentiremo parlare però deve anche smussare il carattere. Eduard è un po’ impulsivo, mentre di testa è un vincente e un leader. Se un giorno vorrà approdare in qualche WorldTour dovrà rivedere questo aspetto. Anche il fatto della barba, degli orecchini… sono cose che in qualche modo contano in quel mondo. E anzi che è migliorato sotto l’aspetto alimentare. E’ dimagrito e infatti va meglio. Credo che questa sua maturazione sia dovuta anche dal fatto che si sia sposato ed abbia avuto una bambina. Tra i tanti corridori che ho avuto lui lo sento mio. Anche se, devo ammetterlo, negli ultimi periodi non ci siamo più sentiti molto.

«Accadde un fatto in una corsa nella sua Romania, quando era già alla Delko. Anche in virtù della nostra tattica lui perse molti minuti e uscì di classifica. A fine gara mi disse che lo avevamo fatto perdere noi. In realtà noi facemmo solo la nostra corsa».

Per la cronaca, quella stessa competizione, il Turul Romaniei, Eduard Grosu la vinse l’anno dopo, nel 2020. Si portò a casa due tappe e la generale. Capito che caratterino?