Le 8 meraviglie di Manenti. Ma l’ultima un po’ brucia

26.09.2025
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Otto vittorie quest’anno, ma quella di domenica scorsa a Lucca ha un retrogusto amaro che emerge solo dopo, riflettendoci. Per Marco Manenti è stata un grande momento, oltretutto vissuto davanti agli occhi dell’estasiato presidente del Team Hopplà Claudio Lastrucci, felice per l’impresa del suo pupillo, ma sapere che su quel percorso che il prossimo anno assegnerà la maglia di campione tricolore U23, lui non potrà giocare le sue carte non è piacevole.

L’arrivo trionfale al Trofeo Città di Lucca, sul percorso del tricolore 2026 (foto Fruzzetti)
L’arrivo trionfale al Trofeo Città di Lucca, sul percorso del tricolore 2026 (foto Fruzzetti)

D’altronde il suo è un cognome importante, addirittura olimpionico (Giuseppe era nel quartetto vittorioso a Los Angeles ’84) anche se con colui che per tanti hanno ha allestito la Granfondo di Bergamo e la GimondiBike non ha legami di parentela: «E’ un cognome molto comune tra Bergamo e Brescia. Io sono al primo anno elite, ho corso tutte le giovanili nella Ciclistica Trevigliese, un anno al GSMC, l’ultimo anno da juniores, l’anno del Covid, per poi passare al Team Palazzago al primo anno, la Solme Olmo al secondo e questo è il terzo anno che milito appunto nella Hopplà. Prima del ciclismo facevo atletica. Mi sono avvicinato alla bici perché è una passione di famiglia in quanto entrambi i miei genitori correvano in bici da giovani».

Quella di domenica è la tua ottava vittoria, come è arrivata?

Come dice sempre anche il nostro direttore sportivo, la somma delle doti personali non basta, è l’affiatamento a rendere forte e vincente una squadra. Noi siamo sempre stati protagonisti lungo tutta la stagione e anche domenica avevamo una buona formazione, con più punte. A essere sincero pensavo che andasse via una fuga lungo i quattro giri. Invece ogni tentativo aveva un margine ridotto, comunque sia con pochi corridori. L’unico che mi aveva un po’ preoccupato era l’attacco di tre corridori a 25 chilometri dall’arrivo. Lì senza i miei compagni che hanno chiuso, non avrei avuto più speranze. C’erano le maggiori squadre rappresentate davanti, mancavamo solo noi e la MBH Bank che non aveva uomini per poter chiudere.

Il podio di Lucca con Manenti fra Edoardo Cipollini e Dario Igor Belletta (foto Fruzzetti)
Il podio di Lucca con Manenti fra Edoardo Cipollini e Dario Igor Belletta (foto Fruzzetti)
Tu quando sei intervenuto?

Sull’ultimo strappo, abbastanza duro, Cipollini è scattato, ma io avevo battezzato la sua ruota, sapevo che lui e Belletta erano i favoriti e infatti erano davanti. A quel punto quando abbiamo scollinato abbiamo capito che il vantaggio era considerevole. Mancava anche poco all’arrivo, così abbiamo collaborato e allo sprint ho messo la ruota davanti. Devo ringraziare comunque Claudio Lastrucci e Stefano Roncalli, il mio direttore sportivo, che mi hanno guidato durante le fasi finali e motivato a impostare la volata, a essere freddo e cinico.

Quello è un percorso che l’anno prossimo assegnerà il titolo italiano under 23. Ti è venuto subito il pensiero che tu non ci potrai essere?

Sì, senz’altro, ma, io sono anche un ragazzo solare. Credo nel fatto che le cose succedono perché sono anche un po’ già scritte. Quindi se il destino ha voluto che organizzeranno il campionato italiano nel 2026 e io non ci potrò essere, non ci posso far nulla. Sicuramente è un bel percorso selettivo: affrontato nel mese di luglio dove le giornate sono più calde, sarà ancora più duro.

Manenti con i compagni del Team Hopplà dopo la vittoria nella prima tappa del Friuli (foto Instagram)
Manenti con i compagni del Team Hopplà dopo la vittoria nella prima tappa del Friuli (foto Instagram)
Tu sei arrivato a 8 vittorie quest’anno, solleticando l’interesse anche di altre formazioni E’ il momento per cercare anche nuovi lidi?

So che la mia posizione non è favorevole in quanto al giorno d’oggi gli élite sono considerati quasi “anziani”. Ma vedendo anche altre esperienze io mi auguro che nel mondo del ciclismo ci sia ancora qualcuno che possa dare una possibilità, una speranza a dei ragazzi come me. Degli approcci con altre formazioni ci sono stati e io mi auguro, con tutto me stesso, che ci sia appunto l’opportunità di realizzare il mio sogno. Non ho procuratore, voglio che a parlare siano per me i fatti, i risultati.

Successo anche in notturna per il lombardo, nella classica di Osio Sotto (foto Instagram)
Successo anche in notturna per il lombardo, nella classica di Osio Sotto (foto Instagram)
Tra le vittorie di quest’anno, qual è quella con la quale tieni di più?

Non ce n’è proprio una in particolare. La prima a Loreto l’ho dedicata alla mia nonna che è venuta a mancare circa due settimane prima, poi la seconda alla Pasqualando spiccava per il fatto che mi sono ripetuto per la prima volta, la terza alla Coppa Penna sono arrivato in parata con un mio compagno, anche quello non mi era mai capitato e mi sono goduto proprio gli ultimi chilometri con Andrea Alfio Bruno. Nella quarta, a Fiorano, ho vendicato il secondo posto del 2023 dietro Biagini e la quinta e la sesta, anche quelle hanno un valore speciale, perché una era una notturna e anche così non avevo mai vinto, l’altra ho fatto tutta la corsa in fuga.

Ma qual è stata la più emozionante?

La più emozionante anche per importanza è sicuramente la tappa al Giro del Friuli in quanto c’erano le migliori formazioni al mondo. Indossare la maglia di leader, anche solo per un giorno, mi ha dato emozioni uniche.

Il bergamasco è un passista veloce che ama fare selezione e portar via un gruppetto (foto Instagram)
Il bergamasco è un passista veloce che ama fare selezione e portar via un gruppetto (foto Instagram)
Si dice spesso che nel ciclismo le vittorie non dicono tutto su un corridore. Tu che tipo di atleta sei?

Penso anche io che le vittorie non siano uno specchio fedele del valore di un corridore. Sono convinto che si debba guardare anche la continuità. Oltre le vittorie io ho ottenuto 23 piazzamenti, il primo al 23 di febbraio, l’ultimo a Collecchio due giorni dopo Lucca. Sono un passista veloce che ha più carte da giocarsi, nel senso che sono un attaccante quando vedo la fuga, quindi ho una buona interpretazione di gara e se c’è poi un arrivo in un gruppetto ristretto posso dire sicuramente la mia. Sarà sufficiente per spingere qualche team a darmi una chance? Lo dirà solo il tempo…

Cipollini racconta gli ultimi mesi: la Work, suo padre e la Colpack

10.09.2023
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AMEGLIA – Sotto il caldo sole della Lunigiana passano i corridori per arrivare al foglio firma, raggruppati per squadre. La maglia bianca della rappresentativa toscana è una delle ultime che passa, a pochi minuti dal via. Edoardo Cipollini chiude il gruppetto dei suoi, distaccato e taciturno. Lo fermiamo per parlare con lui, nei giorni precedenti c’è stato l’annuncio che passerà alla Colpack-Ballan. Ci parla della scelta e della sua stagione non facile, a causa della scomparsa del padre di un mese fa. 

«La stagione è partita bene fin da subito – dice Cipollini – sono arrivato secondo in una delle prime gare, uno dei 7 secondi posti ottenuti quest’anno. Da lì raramente sono uscito dai primi cinque, ho ottenuto anche tanti piazzamenti e vinto 3 corse. Comunque una stagione, dal punto di vista dell’attività, che mi ha portato ad essere settimo in Italia per punti».

La crescita di quest’anno Cipollini la deve al passaggio con la Work Service Speedy Bike (photors.it)
La crescita di quest’anno Cipollini la deve al passaggio con la Work Service Speedy Bike (photors.it)
Qual è stata la crescita che hai sentito di più rispetto all’anno scorso?

La crescita la devo soprattutto al passaggio alla Work Service Speedy Bike, perché mi hanno rivoluzionato il modo di allenarmi. Fino allo scorso anno ero seguito da mio padre, che è venuto a mancare recentemente. Lui aveva una visione del ciclismo più classica, per cui mi faceva allenare solo due volte a settimana. Di conseguenza l’anno scorso non mi sono espresso moltissimo.

Quest’anno sei passato ad allenamenti più specifici?

Sì, e questo mi ha concesso un netto miglioramento. Lo devo alla squadra e in particolare a Matteo Berti e Fabio Camerin, che sono i miei diesse. 

Il contatto con la Colpack quando è arrivato?

Verso giugno-luglio, quando iniziavano a costruirsi le squadre per il 2024. Ho iniziato a guardarmi intorno, avendo fatto una buona stagione ho voluto puntare alle migliori squadre. Sicuramente la Colpack a livello italiano è tra le prime realtà e quindi sono andato a parlare con loro a Villa d’Almè.

Che cosa hai trovato?

Un ambiente bello, curato e molto competitivo. Ti fanno trovare tutto pronto, dando ai ragazzi il giusto modo di esprimersi. I loro atleti sono sempre andati forte, questo è stato un fattore che mi ha spinto a prendere questa scelta.

Come stanno andando queste ultime settimane?

Erano andate bene, perché una decina di giorni prima che se ne andasse mio padre avevo vinto tre corse. Il periodo era molto bello, poi è successo quello che è successo, ma il ciclismo mi ha aiutato molto. Mi ha dato una mano ad avere degli obiettivi in testa. Un grande aiuto l’ho trovato in mia madre e nei miei amici, specialmente con Cavallaro. Insieme abbiamo fatto primo e secondo al Giro del Veneto e per me lui è come un fratello. Mi ha aiutato molto: uscendo tutti i giorni, tirandomi su il morale. 

Quella che ha anticipato il Lunigiana è stata una settimana difficile, che ha dato una botta definitiva al morale già basso
Edoardo Cipollini, Giro della Lunigiana, Rappresentativa Toscana
Tu come stai?

Diciamo che sono riuscito a superare questo momento, nei primi giorni, pensando di correre per mio padre. Infatti due o tre giorni dopo che è scomparso sono arrivato terzo ad una corsa in Toscana, muovendomi bene. La settimana prima del Lunigiana però sono stato malato, con 40 di febbre e sotto antibiotico. Dal punto di vista morale è stata la mazzata definitiva, ci puntavo molto a questa corsa. Ci tenevo molto a fare bene qui, ho provato anche a fare qualcosa ma mi sono reso conto che sia il fisico che la testa non sono a posto

Quando la testa non c’è anche le gambe fanno molta più fatica.

Sì, nella seconda tappa ho provato ad andare in fuga (foto Fruzzetti in apertura) ma non ero in condizione. Infatti penso di essere arrivato ultimo. Peccato perché il mio allenatore, Matteo Berti, è di Massa e ci tenevamo a fare bene. Ma in queste condizioni era difficile riuscire ad esprimermi. Da qui a fine stagione dovrò trovare nuovi piccoli obiettivi. Il fatto di avere già una squadra per il prossimo anno potrà essere un aiuto.

Cavallaro, siciliano di Pisa che ama le corse a tappe

25.08.2023
5 min
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E’ noto come il ciclismo junior italiano sia fortemente improntato verso le corse in linea. Le prove di più giorni sono sporadiche, si contano sulle dita di una mano ed è difficile quindi scorgere nuovi talenti, gli eredi di Vincenzo Nibali nelle nuovissime generazioni. Per questo la vittoria di Alberto Cavallaro al Giro del Veneto ha fatto scalpore: il corridore della Work Service era già stato 5° al Giro del Friuli, mentre i suoi piazzamenti nelle classiche d’un giorno sono quantomeno sporadici.

Cavallaro sembra quasi una perla rara nel panorama nazionale, anche se considerando l’età e gli impegni affrontati, prima di parlare di lui come nuova speranza per i grandi giri ce ne corre… Intanto però merita di essere conosciuto più da vicino, perché la sensazione è che di lui si sentirà parlare ancora.

Il podio al Giro del Veneto: Cavallaro ha prevalso su Cipollini per 5″ e Cattani per 33″ (foto Instagram)
Il podio al Giro del Veneto: Cavallaro ha prevalso su Cipollini per 5″ e Cattani per 33″ (foto Instagram)

«Ho iniziato seguendo le orme di famiglia – racconta il corridore pisano, ma con forti radici siciliane – i miei sono di Paternò (CT), mio zio Salvatore è stato professionista dal 1985 all’89 (da dilettante vincitore del Giro dell’Umbria a tappe, buon sangue non mente, ndr) e si sono spostati in Toscana per lavoro e… per ciclismo. In Sicilia non c’era tanto movimento, qui invece la bicicletta è una cultura radicata».

Quando hai iniziato?

In bici ci sono andato subito, a competere dalla categoria G1. Correvo nella Vecchianese, la squadra del mio paese per poi approdare alla Work Service.

Cavallaro era già stato protagonista al Giro del Friuli, chiuso al 5° posto (foto Instagram)
Cavallaro era già stato protagonista al Giro del Friuli, chiuso al 5° posto (foto Instagram)
Entriamo subito nello specifico: come mai emergi nelle corse a tappe, molto più che nelle gare d’un giorno?

Le mie caratteristiche per ora sono quelle: mi ritengo abbastanza completo, vado bene sul passo e in salita, anche se soffro ancora un po’ quelle lunghe, mentre invece ammetto di non essere molto veloce e probabilmente anche questo influisce sul mio rendimento nelle prove singole. La cosa principale comunque è che ho un buon recupero: negli impegni del fine settimana, quando ci sono gare al sabato e alla domenica, vado sempre meglio il giorno dopo, è come se mi sbloccassi.

E’ per questo che nelle corse a tappe ti esprimi meglio?

Anche in Veneto si è visto: il primo giorno ho sofferto molto, il secondo sono andato benissimo, la differenza era evidente.

Cipollini e Cavallaro, amici da sempre, al Giro del Veneto sono finiti 2° e 1°. Aiutandosi (foto Scanferla)
Cipollini e Cavallaro, amici da sempre, al Giro del Veneto sono finiti 2° e 1°. Aiutandosi (foto Scanferla)
Alla fine ti sei ritrovato a giocarti la vittoria finale con il tuo compagno di squadra Edoardo Cipollini: come vi siete regolati?

Battaglia non c’è stata. Con Edoardo siamo prima di tutto amici, ci alleniamo insieme. Abbiamo deciso insieme come gestire la corsa, lui mi ha coperto nella frazione finale e io gli ho tirato la volata. Ho anche conosciuto suo zio, lo scorso anno a Lucca.

Come ti trovi alla Work Service?

Molto bene davvero. Apprezzo soprattutto il fatto che abbiano avuto pazienza. Lo scorso anno, al mio primo anno nella categoria, ci ho messo tempo per ambientarmi e imparare anche perché da allievo non è che mi allenassi tantissimo. Piano piano ho iniziato a sbloccarmi, non solo fisicamente perché soffrivo tantissimo le gare, avevo veri e propri problemi di ansia.

A 18 anni Cavallaro mostra già molte abilità di gestione, sia delle sue energie che della squadra (foto Instagram)
A 18 anni Cavallaro mostra già molte abilità di gestione, sia delle sue energie che della squadra (foto Instagram)
Come li hai affrontati?

Mi sono affidato a uno psicologo e i risultati si sono visti: lavoro con lui da qualche mese e inizio a uscirne fuori, a essere meno chiuso e introverso e questo si traduce anche in gara, soprattutto nell’approccio.

Il risultato al Giro del Veneto ti ha sorpreso?

Ho po’ sì, perché prima della corsa mi vedevo ancora un po’ al di sotto degli altri. Molti dicono che non c’erano i big di categoria, considerando che i più forti erano all’estero per preparare i mondiali, ma io dico che in fin dei conti non c’è questa grande differenza. Ora ho preso coraggio e ho maggiore autostima, credo che l’unica cosa che ci può distinguere è che alcuni corridori sono seguiti di più.

Il pisano ha corso l’Eroica junior finendo 53°, ma innamorandosi di quella gara
Il pisano ha corso l’Eroica junior finendo 53°, ma innamorandosi di quella gara
Ti stai guardando intorno per il cambio di categoria?

Ci sono contatti, soprattutto con alcuni team toscani, ma non ho preso alcuna decisione, voglio prima vedere come va quest’estate.

C’è una gara che sogni per il tuo futuro?

Sì, la Strade Bianche. Mi piace pedalare sullo sterrato e poi, volete mettere che cosa significa vincere nella classica di casa? Sarebbe magico…

Cipollini, di nome Edoardo: cresce il nipote del Re Leone

27.09.2022
5 min
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Quando hai un cognome come quello di Edoardo Cipollini e corri in bicicletta, è un fardello pesante, perché vuoi o non vuoi tutti guardano a chi quel cognome lo ha portato prima e lo ha trasformato nel sinonimo di vincente. Lo sa bene Axel Merckx, corridore di vaglia (addirittura bronzo olimpico) e diesse oggi tra i più apprezzati, eppure schiacciato dal mostruoso curriculum del padre. Edoardo è il nipote di Mario (senza dimenticare suo padre Cesare, olimpico a Montreal 1976 nell’inseguimento a squadre) e con quel fardello sta imparando a convivere.

Appena 17 anni nella carta d’identità, nato a Camaiore ma residente a Lucca, Edoardo è al suo primo anno da junior e ogni gara è una scoperta. Si potrebbe pensare che sia arrivato alla bici sulle orme dei parenti, ma non è propriamente così.

«Mio padre per la sua attività e passione – racconta – mi portava spesso alla Biciclette Poli, negozio che a Lucca è un’istituzione. Vidi una biciclettina e dissi che la volevo a tutti i costi, volevo pedalare anch’io. Così iniziai per gioco e per gioco mi feci da piccolissimo tutto il giro delle mura di Lucca, oltre 4 chilometri. A quel punto mio padre m’iscrisse alle gare, già da G1».

Il 17enne Edoardo fra papà Cesare olimpico a Montreal ’76 e Ivano Fanini
Il 17enne Edoardo fra papà Cesare olimpico a Montreal ’76 e Ivano Fanini
Sapevi chi era stato tuo zio?

Da piccolo no, ma ricordo che tanti mi chiedevano, mi parlavano di lui. Io ero troppo piccolo per avere vissuto le sue gesta. Crescendo ho cominciato a cercare in rete, a guardare le sue immagini, mi sono visto centinaia di volte i video delle sue vittorie. Mi dicevano che era stato il miglior velocista di sempre, ora so il perché.

Che cosa dice Mario della tua attività?

Mi ha sempre detto di andarci piano. Mio zio non ha un carattere facile, difficile sentirgli fare qualche complimento. Ma col passare del tempo, mi ha detto che potrei fare qualcosa in questo mondo e per uno come lui che pesa tanto le parole, è davvero il massimo. Dice che i numeri ci sono, ma che c’è tanto da lavorare. Ci alleniamo spesso insieme e mi sta insegnando tanto, a cominciare dal guardare i watt e saperli valutare.

Edoardo Cipollini vince spesso allo sprint, ma ha caratteristiche diverse rispetto allo zio Mario
Edoardo Cipollini vince spesso allo sprint, ma ha caratteristiche diverse rispetto allo zio Mario
Quel cognome ti pesa?

Inizialmente sì, ma proprio con il suo aiuto mi ha fatto capire che non devo guardarci. Da piccolo un po’ lo subivo, non capivo bene perché ero sempre paragonato a lui e glielo dissi. Il confronto mi ha fatto molto bene.

Che rapporto avete?

Molto stretto. Mi insegna davvero tantissimo, inoltre mi ha fatto avere la bici e tutti gli accessori e cura molto la mia impostazione tecnica, ma non solo. Spesso mi porta con lui a vedere le gare e ne parliamo. Mi racconta tantissimi episodi della sua carriera, come si gestiva e come dovrò fare io nelle varie situazioni. Inoltre mi ha messo a disposizione la palestra che ha a casa perché grazie a lui sto imparando anche quanto contano tantissime cose non strettamente legate alla bici, dagli esercizi all’alimentazione. Non sapevo quanto gli esercizi fisici potessero influire sulla nostra attività.

Tu d’altronde essendo adolescente hai un fisico ancora in formazione…

Io sono alto 1,81 per 59 chilogrammi, sono molto diverso fisicamente da lui, ma anche lui mi dice che devo ancora crescere. Abbiamo comunque una struttura diversa e infatti anche come caratteristiche tecniche siamo diversi. Io sono veloce, faccio le volate ma ho meno potenza (in apertura foto da profilo Instagram), in compenso tengo bene anche in salita. Ad esempio sono giunto 4° alla Coppa d’Oro che è una gara dura. In volata riesco a raggiungere i 1.500 watt, così lotto alla pari anche con corridori di 70 chili, ma non credo che sarò mai uno sprinter puro.

Vittoria al GP Nogaré 2021 con la maglia di campione regionale Allievi (foto Remo Mosna)
Vittoria al GP Nogaré 2021 con la maglia di campione regionale Allievi (foto Remo Mosna)
Sono valori importanti ma in evoluzione.

Mario mi ha fatto fare diverse visite mediche, il risultato è che muscolarmente sono ancora molto infantile, devo lavorare soprattutto su quadricipiti e polpacci. Per questo la palestra è importante se fatta bene.

Guardando le gare di tuo zio e quelle del ciclismo attuale, noti differenze?

Molte. Il ciclismo di una volta era più umano, non è che passavi di categoria e già lottavi in volata con i più forti. Oggi vedi gente come De Lie che appena approdato fra gli elite li mette tutti in fila e lo stesso avviene con altri specialisti, basta guardare quel che ha fatto Ayuso alla Vuelta. Una volta dovevi fare più gavetta per emergere, ora bisogna farsi trovare subito pronti. Comunque i velocisti di oggi sono forti, ma non sono al livello di Mario o anche di Zabel.

Cipollini Sanremo 2002
La vittoria di Mario Cipollini alla Sanremo 2002, la classica più amata (foto Ansa)
Cipollini Sanremo 2002
La vittoria di Mario Cipollini alla Sanremo 2002, la classica più amata (foto Ansa)
Tuo zio ti racconta come ci si preparava?

Sì ed era molto diverso. Si usciva, si facevano distanze, si provava qualche azione. Oggi è tutta matematica: fai 10 minuti a questa velocità, poi 40” a tutta, poi… Devi seguire tabelle minuziosissime. Mio padre spesso mi dice che i tempi che si facevano nel quartetto sono quelli che si fanno ora, ma a livello individuale.

Quali sono le corse che un giorno vorresti vincere?

Mi piacciono la Liegi per le mie caratteristiche e la Strade Bianche, che secondo me dovrebbe essere la sesta Monumento. E poi c’è la Sanremo, che a casa nostra è “la” gara. Quel giorno non si muove foglia e non si parla d’altro…