Sulle vette dell’Himalaya spunta Rajovic, rinato alla Solution Tech

31.08.2025
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La Solution Tech-Vini Fantini ha finora collezionato 19 vittorie che non è certamente un numero di poco conto. Di queste, ben 13 arrivano da Dusan Rajovic, il campione nazionale serbo che sin dall’inizio di stagione ha messo la sua firma, dimostrando che l’investimento fatto su un corridore fuoriuscito dal WorldTour era stato indovinato.

La Trans-Himalaya Race alla fine ha premiato il bielorusso Tsishkou del Li Ning Star, con Rajovic quinto a 8″
La Trans-Himalaya Race alla fine ha premiato il bielorusso Tsishkou del Li Ning Star, con Rajovic quinto a 8″

Vittoria ad alta quota

Le ultime vittorie di Rajovic sono arrivate dall’altra parte del mondo, nelle ultime due tappe di una corsa che non è certamente comune, visto che si tratta della Trans-Himalaya Race. E il serbo quei successi se li porta nel cuore, perché conquistati in una terra dai mille significati.

«E’ stata piuttosto dura soprattutto a causa dell’alta quota. Si gareggiava sopra i 4.000 metri ed era davvero difficile per l’allenamento, la respirazione, il recupero dagli sforzi. Non è la classica altura alla quale siamo avvezzi. Siamo stati abbastanza fortunati perché c’erano tutte tappe abbastanza pianeggianti e infatti la classifica è stata molto racchiusa, ma portarla a termine non è stato facile».

Ultima tappa e secondo successo del serbo, primo alla fine nella classifica a punti
Ultima tappa e secondo successo del serbo, primo alla fine nella classifica a punti
Effettivamente non ci sono stati grandi distacchi, che tipo di corsa era e come ti sei trovato?

Non è stato ideale per me. Sono stati davvero quattro giorni difficili perché non era la mia prima volta che correvo in alta quota. Mi era già capitato in un paio di occasioni, ma questa è stata molto più dura delle precedenti perché la quota era molto più alta.

Quale delle tue due vittorie è stata la più difficile e importante per te?

La terza tappa. Era davvero bella, perché l’arrivo a Lhasa era di fronte all’ultimo tempio del Dalai Lama. Rimarrà sicuramente nella mia memoria per la luce che si vedeva, perché non capita tutti i giorni di vincere una tappa in Tibet, soprattutto di fronte al luogo speciale del Dalai Lama.

Il successo in volata nella capitale Lhasa, precedendo l’estone Laas e lo spagnolo Aberasturi
Il successo in volata nella capitale Lhasa, precedendo l’estone Laas e lo spagnolo Aberasturi
Che cosa ti ha colpito di più del luogo dove avete gareggiato e della popolazione locale?

Avevamo una guida locale che ci aiutava, era un ragazzo super gentile e la gente del posto era davvero incredibile per la sua disponibilità, per la gentilezza nei nostri confronti. Ci facevano sentire qualcosa di speciale. Poi ci sono la natura, le montagne, è uno spettacolo meraviglioso. Qualcosa di diverso che di solito non si trova in Europa. Sarebbe sicuramente bello se un giorno tornassi lì, raccogliere altri ricordi, anche se le difficoltà non sono mancate. Ma lo spettacolo dei luoghi ripaga delle fatiche…

Quest’anno hai ottenuto 13 vittorie. Pensi di aver raggiunto l’apice della tua carriera?

Non credo che sia la punta più alta, non mi nascondo che molte gare erano di categoria 2.2, è chiaro che il mio calendario, pur molto buono, non sia lo stesso di quello che facevo alla Bahrain Victorious. Ma io guardo le mie prestazioni e sinceramente penso di poter fare ancora meglio.

Quattro tappe tutte a quota 4.000 metri e oltre, anche se di salita ce n’era molto poca
Quattro tappe tutte a quota 4.000 metri e oltre, anche se di salita ce n’era molto poca
Quest’anno hai lasciato il WorldTour. Pensi che sia stata la scelta giusta?

E’ vero che sono rimasto fuori, ma fa parte del gioco. Non mi domando se ho fatto bene o male, io valuto semplicemente che in questa squadra trovo davvero un ottimo programma e un’atmosfera davvero piacevole. Sono abbastanza soddisfatto di esserci arrivato e anche che abbiamo un ottimo programma dove i confronti con le squadre della massima serie e soprattutto i grandi appuntamenti non mancano, vedi la Sanremo, il UAE Tour che s’inseriscono in un programma di gare di prima e seconda categoria. C’è tutto per fare bene, io da parte mia cerco di raccogliere il più possibile e finora devo dire che è andata bene perché è un programma che è proprio adatto a me.

Hai ambizione di tornare nel WorldTour?

Cerco di non pormi il problema, se capiterà l’occasione ci penserò. Per ora penso solo che mi piace molto questa squadra e siamo comunque a livello professional, quindi molto alto. C’ero già stato quando si chiamava Corratec: era stata una bella esperienza, ma all’epoca era una Continental, il che è abbastanza diverso come gare ma soprattutto come organizzazione.

Rajovic quest’anno ha vinto 13 corse tra cui il campionato nazionale serbo a cronometro
Rajovic quest’anno ha vinto 13 corse tra cui il campionato nazionale serbo a cronometro
Tra le tue 13 vittorie di quest’anno, qual è quella che pensi sia stata più importante?

E’ una domanda alla quale non saprei proprio come rispondere. Ogni settimana, ogni gara è davvero speciale. Non puoi sapere quello che ti riserva il domani. Io sono abituato a guardare tutto in maniera specifica e penso che ogni vittoria abbia un grande valore, a prescindere dalla categoria, da chi hai davanti, perché quel giorno sei stato il migliore e per me questo conta.

Ora che altre corse ti aspettano e dove pensi che potrai allungare la tua serie?

Andremo al Tour di Shanghai. Torno in Cina, dove ho già vinto quest’anno al Tour of Hainan, è un Paese in genere mi porta bene. Spero quindi di allungare questa stagione vincente con altri acuti.

Dal fallimento della Delko alla Bahrain. Rajovic dice grazie all’Italia

07.11.2022
4 min
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Con 7 vittorie in stagione, Dusan Rajovic ha visto schiudersi le porte del WorldTour, approdando alla Bahrain Victorious. Per il serbo rappresenta un passo importante, il chiudersi del cerchio che si era aperto un paio di anni fa, quando sembrava lanciato da buoni risultati nel Team Delko. Era tranquillo, Dusan, nel 2021, ma il fallimento della squadra professional francese lo ha improvvisamente gettato nella disperazione. Accettando il Team Corratec, ha fatto un passo indietro e sembrava che il sogno di diventare pro’ rimanesse tale. Invece è stata la scelta giusta.

Una delle 7 vittorie del serbo nel 2022, la volata vincente al Tour of Antalya
Una delle 7 vittorie del serbo nel 2022, la volata vincente al Tour of Antalya

Rajovic però ha imparato che non ci si può mai adagiare sugli allori, né sentirsi appagati e soddisfatti: «La stagione è andata bene – dice – sarebbe strano criticare ben 7 vittorie, ma sono convinto che potevo fare molto meglio. Dopo il problema avuto con il fallimento della Delko, è venuta fuori una stagione valida, grazie anche a un buon calendario in giro per il mondo. Purtroppo è finita presto, ad agosto ho preso la mononucleosi e ho dovuto chiudere la stagione anzitempo».

Che cosa rappresenta per te entrare nella Bahrain, c’è anche un po’ di rivalsa dopo la vicenda Delko?

E’ sempre stato il mio obiettivo entrare nel WorldTour e per com’erano andate le cose nel 2021 temevo davvero che rimanesse tale. Ho trovato un contratto con una delle squadre più forti del panorama mondiale, so che davanti a me ci sono le gare più importanti e questo mi dà molta voglia di rimettermi in gioco. Quello della Delko è stato un incidente di percorso che ha allungato i tempi: sono convinto che stavo ottenendo i risultati per proiettarmi nel “mondo dei grandi”, per fortuna ci sono riuscito altrimenti. Non posso però dire che sia una rivincita, piuttosto un filo che si è riannodato con il passato.

Nel 2021 Rajovic aveva “assaggiato” la Roubaix, chiudendola anzitempo
Nel 2021 Rajovic aveva “assaggiato” la Roubaix, chiudendola anzitempo
Tu hai vinto 7 corse, spesso allo sprint, ma dici di non essere un velocista. Che corridore sei allora?

E’ vero che molti pensano che sia uno sprinter, ma chi mi conosce e ha visto le mie gare sa che mi difendo bene in salita, in particolare su quelle corte e che la mia dimensione ideale è quando entro in una fuga con un gruppo ristretto, allora sì che posso far valere le mie doti veloci. Io penso di essere un corridore da classiche, anche abbastanza impegnative.

In Serbia le tue vittorie ti hanno reso popolare?

Il ciclismo dalle mie parti resta uno sport di nicchia. In Serbia da sempre si guarda agli sport di squadra: basket, calcio, quelli sono i più visti e l’obiettivo dei ragazzi. Poi c’è il tennis: da quando è arrivato Novak Djokovic tutti giocano a tennis e guardano le sue partite che hanno uno share enorme. Il ciclismo è uno sport piccolo anche se in ambito dilettantistico e giovanile e anche nella mtb c’è stato un aumento dei praticanti. Io non sono ancora molto conosciuto, le mie vittorie non hanno avuto grande risalto, spero però che le cose cambino presto…

Un giovanissimo Rajovic sulle strade serbe. Il ciclismo da quelle parti è ancora poco considerato
Un giovanissimo Rajovic sulle strade serbe. Il ciclismo da quelle parti è ancora poco considerato
Che cosa ti rimane dell’esperienza al Team Corratec?

L’ho detto, se sono passato pro’ è grazie al team italiano. Ho trovato un grande gruppo, persone eccezionali. In Italia mi sono fatto tanti amici, ho anche imparato un po’ la lingua insieme allo spagnolo e al francese. Mi è dispiaciuto lasciare quel gruppo, anche perché avrei voluto restare in Italia di più, ma con gli amici, gli altri corridori siamo rimasti in contatto, si è costruito qualcosa di duraturo.

Sappiamo che il tuo sogno è correre il Tour de France, che cosa rappresenta per te?

Il Tour è qualcosa di speciale perché nessun serbo lo ha mai corso. Da noi è visto come qualcosa di alieno, ma resta l’evento principale del ciclismo e io voglio davvero essere il primo del mio Paese a disputarlo e magari anche a lasciare il segno. In generale comunque voglio “assaporare” anche gli altri grandi Giri, spero di averne presto la possibilità.

La vittoria al GP E3 di Harelbeke junior nel 2015, quando Dusan si è innamorato delle corse belghe
La vittoria al GP E3 di Harelbeke junior nel 2015, quando Dusan si è innamorato delle corse belghe
La Bahrain è squadra molto forte nelle classiche. Ce n’è una che ti piace particolarmente e vorresti un giorno vincere?

Io credo che nel loro complesso le classiche belghe siano tutte abbastanza adatte a me. Le ho disputate da junior, ho visto quelle strade, ho anche vinto e soprattutto ho visto il calore della gente intorno. E’ un qualcosa di speciale, non nascondo che il primo pensiero che ho fatto approdando alla Bahrain Victorious è stato proprio quello delle opportunità che mi si aprono davanti per gareggiare da quelle parti. E magari fare anche qualcosa di importante…

Nuova Corratec fra le professional. Parsani, dicci tutto…

31.10.2022
5 min
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Il Team Corratec cambia faccia e dal prossimo anno entra a far parte delle professional. E’ un passaggio importante per la formazione guidata da Serge Parsani, che sta costruendo un’intelaiatura adatta alla nuova collocazione, perché passando di categoria molto cambia e soprattutto la crescita del livello degli impegni richiede una struttura adeguata.

Parsani nella sua vita, prima da corridore e poi da dirigente ne ha viste tante e sa bene che un minimo cambiamento (che poi tanto minimo non è…) provoca profonde mutazioni.

«Basti pensare – spiega – a quel che concerne l’aspetto economico. Per fare una continental di buon livello un milione di euro di budget è sufficiente, per una professional serve almeno il triplo. E non è facile, anche perché gli sponsor sono giustamente esigenti e vogliono di più, come visibilità attraverso i risultati. Dobbiamo presentare le fidejussioni, è un processo lungo e impegnativo che impegna molto le nostre giornate anche ora che le corse non ci sono».

Parsani con il suo team, in via di profondo cambiamento (foto Jorge Riera)
Parsani con il suo team, in via di profondo cambiamento (foto Jorge Riera)
La situazione cambia anche dal punto di vista numerico, ossia dei contratti da stipulare?

Sì, prima avevamo 16 corridori, ora dovremo superare la ventina. L’Uci ci ha dato il suo benestare, entro metà novembre dovremo presentare una base di 10 corridori e 6 componenti lo staff dirigenziale, entro la fine dell’anno completeremo il roster. Dobbiamo lavorare duramente per costruire una squadra all’altezza, considerando che cambierà molto il nostro calendario e ci confronteremo per la maggior parte delle occasioni con le formazioni WorldTour. Non sarà facile trovare spazi per emergere, ma vogliamo decisamente riuscirci.

Quanto cambierà nel nuovo team?

Contiamo di mantenere almeno 4-5 elementi del vecchio gruppo, pescando in particolare fra quegli under 23 che hanno mostrato voglia di lavorare e prospettive interessanti. Sicuramente rimangono nel nostro organico Stefano Gandin e il serbo Veljko Stojnic, come anche il giovane Matteo Amella. Per il resto siamo alla ricerca di corridori che ci diano garanzia di rendimento.

Come vi state muovendo?

Stiamo analizzando la situazione di svariate decine di corridori. Ci sono molti senza contratto, molti che vengono da un’annata difficile e cerchiamo di capire il perché e se possono attraverso di noi potersi riscattare. Dobbiamo però tenere conto che serve gente che sia all’altezza del calendario che andiamo ad affrontare. Non nascondo poi che siamo anche alla finestra per capire che evoluzione prenderà la squadra di Gianni Savio, nel caso non possa confermare molti dei suoi effettivi, vedremo di portarne alcuni da noi.

Stefano Gandin è stato il primo a essere confermato, grazie alla sua importante stagione 2022
Stefano Gandin è stato il primo a essere confermato, grazie alla sua importante stagione 2022
Quanti italiani contate di avere nelle vostre fila?

Almeno la metà del roster. Siamo una squadra italiana e ci teniamo a testimoniarlo anche con un nocciolo duro di corridori nostrani, considerando anche il difficile momento che il nostro ciclismo sta vivendo. A parità di rendimento preferiamo avere un corridore tricolore nelle nostre fila, è giusto cercare di fare quanto possiamo per dare sbocco alla passione di tanti ragazzi.

A tal proposito contate di avere una squadra giovane come età media?

Questo è sicuro, senza dimenticare che serve anche gente d’esperienza proprio visto il calendario che ci accingiamo ad affrontare. A noi preme prendere giovani e farli crescere fino ad arrivare a uno sbocco nel WorldTour, essere la chiave per realizzare i loro sogni. L’esempio di Rajovic (campione nazionale serbo, 7 volte vincitore quest’anno che approderà alla Bahrain Victorious, ndr) è un manifesto di quel che vogliamo e possiamo fare. Se un corridore passa di categoria, è una gratifica per il lavoro del team.

Tu hai una lunga esperienza nel ciclismo: raffrontando la situazione a quando eri tu dall’altra parte della barricata, come corridore, è più difficile oggi trovare spazio fra i professionisti?

Sì, per la semplice ragione che allora c’erano molte più squadre in Italia e trovare un team era più facile se avevi qualcosa da dare a livello di impegno, passione, voglia di dare tutto te stesso. Oggi è tutto più difficile, anche per gli stessi procuratori che vanno a prendere i corridori già da junior ma poi devono riuscire a piazzarli. E anche per noi non è facile, ma preferiamo muoverci cercando fra coloro che sono senza contratto se vediamo delle potenzialità inespresse.

Stojnic, qui vincitore di una tappa all’Uae Tour 2020, gode della fiducia del team
Stojnic, qui vincitore di una tappa all’Uae Tour 2020, gode della fiducia del team
La carta anagrafica è una discriminante?

Non in assoluto. Avremo un’età media bassa, ma questo non significa che non prenderemo anche atleti d’esperienza, anche corridori di 26-27 anni che non hanno ancora avuto la loro occasione. L’importante è che abbiamo “fame”, voglia di migliorarsi dando tutto loro stessi. Un giovane lo fai crescere, con un corridore già svezzato devi lavorare su quel che ha e può dare.

Che tipo di corridori cercate?

Gente come detto che ha voglia di mettersi in mostra. Non possiamo ad esempio cercare un giovane sprinter, perché non potremo mettergli un treno a disposizione. Dobbiamo prendere corridori che sappiano cercare il risultato in ogni situazione. Ci piacerebbe avere qualche corridore che ha già assaggiato l’alto livello, ma non possiamo permettercelo a meno che sia in cerca di rilancio e rientri nel nostro capitolo di spesa.

Sette delle 12 vittorie del Team Corratec nel 2022 sono opera di Dusan Rajovic, passato alla Bahrain
Sette delle 12 vittorie del Team Corratec nel 2022 sono opera di Dusan Rajovic, passato alla Bahrain
Seguirete il calendario italiano?

Sarebbe assurdo non farlo considerando che siamo una squadra italiana, ma guarderemo anche all’estero, stiamo selezionando gli inviti. Ad esempio esordiremo a gennaio con le gare sudamericane, la Vuelta al Tachira e la Vuelta a San Juan.

E se arrivasse un invito per il Giro d’Italia?

Non nascondo che ci speriamo, sappiamo che è difficile ma se l’Rcs ci aiuta… Noi però dobbiamo metterci del nostro, dimostrare che ne saremmo degni per prendervi parte non a solo titolo di presenza, ma per cercare di portare a casa soddisfazioni. Allora sì…

La storia di Rajovic, salvato da un’amicizia

15.02.2022
5 min
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I serbi sono gente tosta, basta guardarli in faccia e Dusan Rajovic non fa eccezione. Il corridore del Team Corratec avrebbe tutte le ragioni per essere arrabbiato, dato che il Team Delko lo ha lasciato a piedi come tutti gli altri nonostante avesse ancora un anno di contratto. Invece si è rimboccato le maniche, si è fidato di un amico – Veliko Stoinic – ed è ripartito dal team toscano, nato dalle ceneri e dalla struttura della Vini Zabù. Un passo indietro per un corridore che era ormai arrivato al professionismo, ma auspicabilmente una passerella verso un futuro più importante.

«Alla Delko – diceva qualche giorno fa Fedeli, passato alla Gazprom-RusVelo proprio dalla Delko – lo tenevano in considerazione, tanto che aveva ancora un anno di contratto. E non guardate il fatto che l’anno scorso abbia corso poco, abbiamo corso poco tutti…».

Nel 2021 ha corso la Roubaix, ma si è ritirato. La Delko era già in chiusura
Nel 2021 ha corso la Roubaix, ma si è ritirato. La Delko era già in chiusura

L’occhio di Bardelli

Rajovic aveva già vinto tra i professionisti, quando aveva la faccia da bambino e indossava la maglia dell’Adria Mobil, ma era passato inosservato. A dire il vero qualcuno si era accorto di lui già nel 2015, quando il serbo aveva 18 anni, ed è lo stesso Andrea Bardelli che in Italia avrebbe portato di lì a poco l’altro serbo Veliko Stoinic. Si compiono piccoli miracoli nella sede del Team Franco Ballerini. E come fu Stoinic a scegliere di vivere in casa con Martin Svrcek, slovacco, agevolandone l’inserimento in Italia, così è stato ancora lui a fare il nome dell’amico.

«Lo conoscevo perché l’avevo trovato da juniores al centro mondiale di Aigle – racconta Bardelli – e aveva vinto una tappa o aveva fatto secondo, non ricordo bene adesso. Io guardo tutto, spulcio gli ordini di arrivo e da allora l’ho sempre seguito. Quando ho preso Stoinic da dilettante, sono andato per una settimana in Serbia ai campionati nazionali. E poi parlando con Veliko, visto che lui ha imparato benissimo l’italiano e conosce i ragazzi di tutte le categorie, veniva sempre fuori il nome di Rajovic. Ma lui era già alla Delko e guadagnava anche bene. Quando poi la Delko ha chiuso, ha parlato con Veliko che qui si è trovato benissimo e ci ha messo una parola anche lui».

Questa foto così sgranata racconta però tanto: sono Rajovic e Stoinic in allenamento in Toscana prima del Tour of Antalya
Questa foto sgranata racconta tanto: sono Rajovic e Stoinic in allenamento in Toscana prima del Tour of Antalya

Una bella storia

Le foto lo ritraggono con Stoinic insieme agli juniores del team toscano, poco prima della partenza per la Turchia. Rajovic aveva già vinto la seconda tappa alla Vuelta al Tachira e di lì a poco avrebbe concesso il bis nella seconda di Antalya.

«Anche se a settembre sono andato a prenderlo all’aeroporto – prosegue Bardelli – sulla scelta della squadra non ci ho messo bocca, però il ragazzo è forte. Fa parte del mio passatempo scovare corridori senza procuratori fin dagli juniores. Ha deciso per l’amicizia con Stoinic e perché ha deciso di fidarsi. E’ una bella storia e conferma che quando giri, conosci. Quest’anno avremo un paio di stranieri che non hanno vinto 10 corse l’anno scorso, ma vedrete come vanno. Dusan è molto forte e molto giovane e gli auguro tutto il futuro».

Delko da dimenticare

Forti di queste informazioni, alla fine della corsa turca abbiamo parlato con il campione serbo, tipo di poche parole, ma molto chiare. I capelli cortissimi, fisicamente non dà l’idea del velocista, quanto piuttosto dell’uomo da classiche dotato di grande spunto.

«Quelli alla Delko – ci ha detto – non sono stati due anni belli, prima per il Covid e poi per la situazione della squadra. Non ho fatto molte corse e in quelle che ho fatto non ho avuto grandi opportunità. La verità è che l’esperienza non ha funzionato bene per me. Ora un po’ ho cambiato mentalità e un po’ sto trovando le cose più facili.

«Conosco Bardelli – conferma – lo conoscevo da prima, appunto perché Veliko Stoinic era con lui nella sua squadra di U23 e me ne parlava. Ho cominciato a correre nel 2011 a 14 anni. All’inizio era per divertimento, poi fra il 2014 e il 2015 ho cominciato a pensare di farne una professione. Non sono un velocista puro, tanto che la tappa che ho vinto aveva parecchia salita. I primi sono andati forte, ma non fortissimo, e io ho tenuto. E’ difficile dire quale tipo di sprint mi piaccia. Quello è stato molto lungo perché avevo perso molte posizioni e sono dovuto risalire». 

In festa con la squadra dopo la vittoria colta ad Antalya
In festa con la squadra dopo la vittoria colta ad Antalya

Scommessa con Parsani

Il resto è la storia di tanti ragazzi che dall’Est sono costretti a partire per trovare una squadra e scommettere su di sé.

«Sono partito da junior – conferma – e sono arrivato al centro Uci di Aigle. Poi sono andato in Adria Mobil continental e da lì alla Delko. Qua si scherza. E Parsani, il nostro capo, si è accorto che ho vinto la seconda tappa in Venezuela e la seconda in Turchia. Così ora si è messo a dirmi che dovrò vincere la seconda anche alla Coppi e Bartali e abbiamo scommesso. Per me va bene, ma quella tappa almeno avrà l’arrivo in volata? Per il resto andiamo avanti. Qualche sogno ce l’ho anche io ed è correre il Tour de France».

Era in una squadra francese, credeva di esserci vicino. Ora è in Italia, in una continental appena nata. Ricomincerà da capo. E se ha ragione Bardelli, magari una WorldTour o una professional arriverà prima o poi per portarselo via.