Campionati Italiani Giovanili di cross, ecco perché piacciono

12.01.2025
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I campionati italiani di Follonica, un bell’esempio di promozione per il ciclocross e per il ciclismo giovanile in genere. Un plauso alla ASD Romano Scotti che arriva da più direzioni, non in ultimo da Fabrizio Tacchino (preparatore e anche tecnico federale) che abbiamo intervistato nel post evento. Fausto Scotti ed il suo staff hanno organizzato a Follonica la rassegna nazionale di ciclocross dedicata alle categorie giovanili.

Il ciclismo ha bisogno di tornare a crescere anche sotto il profilo della durezza, della tecnicità dei percorsi, ma sempre con le giuste proporzioni di sforzo legate alle categorie dei partecipanti, fattori che potrebbero riportarci al pari di nazioni che in questo periodo storico la fanno da padrone.

Fabrizio Tacchino con Nicolò Maglietti e Giovanni Bosio, campioni del team releay (foto Tacchino)
Fabrizio Tacchino con Nicolò Maglietti e Giovanni Bosio, campioni del team releay (foto Tacchino)
Ti sentiamo entusiasta dell’evento appena concluso!

Per me è stata una bellissima manifestazione, ben congegnata e ben fatta sotto tutti i punti di vista. Lo ritengo il sigillo di una stagione giovanile del ciclocross che è anche una sorta di rilancio vero e proprio. Un elogio a chi ha avuto il coraggio di organizzare un evento del genere, una manifestazione che diventa un’ottima base per una ricostruzione tecnica del ciclismo, a partire dai giovani.

Ti riferisci al percorso?

Anche. Di sicuro il tracciato è stato degno di una rassegna nazionale del ciclocross, impegnativo e tecnico per gli atleti, a tratti anche molto impegnativo, ma è giusto così. Comunque ben strutturato anche in base al modello di sforzo proporzionato all’età. Non bisogna dimenticare che hanno gareggiato le categorie esordienti e allievi. Un campionato nazionale non deve essere una gara fatta a caso. Bello per gli spettatori che hanno beneficiato di una panoramica di un tracciato come andrebbe fatto.

Tracciato completo, tecnico ed impegnativo, ma ben studiato per i ragazzi (foto ASD Scotti)
Tracciato completo, tecnico ed impegnativo, ma ben studiato per i ragazzi (foto ASD Scotti)
Per fare un paragone, un percorso degno delle gare del Belgio?

Con le dovute proporzioni e considerando che si tratta di categorie giovanili, direi di si. Anche se è necessario sempre fare delle considerazioni ben precise.

A cosa ti riferisci?

Spesso si celebrano, da una parte giustamente, i circuiti di Belgio e Olanda, ma è necessario considerare che in quelle Nazioni buona parte dei tracciati sono permanenti. Sono dei veri stadi e arene. In Italia questo non esiste, perché i percorsi da ciclocross vengono tracciati nei giorni antecedenti alla gara o comunque non sono permanenti. Non è una banalità, una variabile che influisce anche sulla tecnicità dei percorsi.

Ambire alla qualità dei tracciati?

Esattamente. In Italia dobbiamo tornare a disegnare, tracciare e far correre gli atleti all’interno di tracciati con una elevata tecnicità, partendo dalle rassegne nazionali ed eventi più importanti e poi a cascata un po’ ovunque. La semplicità non porta a nulla.

Una fase di partenza lungo il rettilineo che anticipava il tracciato vero e proprio (foto ASD Scotti)
Una fase di partenza lungo il rettilineo che anticipava il tracciato vero e proprio (foto ASD Scotti)
Un fattore che potrebbe aiutare a sfornare talenti?

Le gare facili abbassano il livello dei corridori o comunque non ci mettono al pari delle Nazioni che dominano. I percorsi tecnici divertono il pubblico ed i ragazzi, diventano al tempo stesso un’eccellente base di lavoro e per la guida. Fanno crescere il livello complessivo, danno motivazione. Un livello elevato permette di gratificare anche con la sola partecipazione. E’ un incentivo.

Pensi che abbiamo perso molte gare con un elevato tasso tecnico?

Sì e non solo in ambito ciclocross. Paradossalmente sono rimaste tante gare facili. I motivi sono diversi, sicuramente i costi recitano la parte del leone. Soprattutto a livello giovanile abbiamo perso, purtroppo, la maggior parte degli eventi che si svolgevano sui tre giorni. Manifestazioni che permettevano di fare una grande esperienza ai più piccoli, gare che invece sono un modello tanto utilizzato all’estero. Sono idee che andrebbero riprese, sicuramente ripensate in ottica più moderna, ma comunque utilizzate.

La rassegna di Follonica, un bell’esempio di organizzazione e promozione del ciclismo giovanile
La rassegna di Follonica, un bell’esempio di organizzazione e promozione del ciclismo giovanile
Si parla tanto di far pagare un biglietto, la ritieni una soluzione?

In Italia è difficile pensare di far pagare il biglietto ad una gara di bici, ma non è impossibile. Come accennato in precedenza, a mio parere, è giusto prendere spunto da quello che vediamo arrivare dalle nazioni trainanti, ma altrettanto giusto calibrare al contesto italiano. Gli eventi collaterali sarebbero una buona soluzione, solo per fare un esempio.

Follonica, festa tricolore del cross al sapore di futuro

06.01.2025
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FOLLONICA – Vedere aggredire, una dopo l’altra, le dure rampe di fango dai giovani atleti e atlete che hanno partecipato ai Campionati Italiani Giovanili di Ciclocross di Follonica è stato un piacere per gli occhi. La loro fame, la loro voglia di dare il tutto per tutto al di là della posizione di gara è il ricordo più vivido che ci portiamo dietro. 

Impeccabilmente organizzata dall’Asd Romano Scotti, la manifestazione ha richiamato nell’Arena Centrale (ex ippodromo) di Follonica oltre 500 ragazzi delle categorie esordienti ed allievi, provenienti da tutta la Penisola. Basti pensare che l’organizzatore, Fausto Scotti, ha voluto che a delimitare gran parte dei 2.700 metri del circuito ci fossero le reti rosse come nelle prove di Coppa del mondo. Il fatto poi che dalla parte collinare dell’anfiteatro fosse possibile ammirare la totalità del percorso (una rarità) ha aggiunto spettacolo allo spettacolo.

«Vedere questi giovani correre è un grandissimo piacere – spiega Scotti – sono sei anni che veniamo su questo tracciato quindi lo conoscono un po’ tutti. Quest’anno abbiamo voluto colorarlo un po’. E poi abbiamo avuto autorità importanti come il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani e il presidente federale Dagnoni».

Di madre in figlia

In questa cornice anche i genitori si sono sentiti maggiormente coinvolti, tanto che alcuni hanno rincorso ed incitato i propri figli spendendo forse più energie di questi ultimi. Come è normale che sia in un campionato italiano. «Prendi il gel!». «Scendi e sali a spinta!». «Fai una linea più larga in curva». Sono alcuni dei consigli che sono andati per la maggiore, fino al quasi commovente «Dai che è finita!» di una mamma super tifosa. Sua figlia tredicenne è stremata dall’acido lattico in cima ad una delle rampe finali dell’ultimo giro. Ci arriva piangendo, con la bici in spalla sfiorando le transenne e aiutandosi con un grido per superare l’ultimo metro.

E come non ricordare il baccano di campane e trombette o addirittura di un motore di motosega acceso a sgasare al passaggio dei propri beniamini? 

Il futuro del movimento

Sin dalla gremita riunione tecnica del sabato sera (che ha fatto seguito alle gare a staffetta del Team Relay) che si è svolta presso il Villaggio Mare Sì, i commenti dei direttori sportivi confermavano la durezza del percorso. Dopo le ricognizioni, invece, anche i ragazzi hanno ribadito la sua difficoltà. Con una parte più tecnica ed esigente, quella delle rampe naturali dell’arena, ed una in cui bisognava spingere di più, quella dei rettilinei nel tratto pianeggiante.

Sulle alture di Follonica gli spettatori erano chiamati dallo speaker gli “indiani”, per via delle loro silhouette che si stagliavano sul tracciato. Mischiato tra di essi abbiamo agganciato anche il tecnico della nazionale maggiore, Daniele Pontoni.

«Questi ragazzi delle giovanili – ci dice fra una prova e l’altra di Follonica – sono il futuro del movimento e qualcuno di loro li ritroveremo nelle nazionali maggiori. Molti li conosco, ma in questi giorni avrò modo di vederli più da vicino. Soprattutto per le categorie allievi c’è già da guardare e cominciare a programmare per le stagioni prossime».

Fra Borile e Careri

Le prove del mattino, quelle degli esordienti, si sono corse in una giornata quasi primaverile, ma il cielo di Follonica si è poi coperto portando per un breve momento anche una leggera pioggerellina fine che ha rappresentato un ostacolo in più per le categorie allievi. A proposito di ostacoli: l’organizzazione non ha previsto la presenza di quelli artificiali. Però la lunga scalinata posta nella seconda parte del circuito è stata per molti una rasoiata nelle gambe, dovendo ovviamente portare la bici in spalla.

Nel frattempo i ragazzi e le ragazze, sul fango e l’erba del circuito imbastito dall’Asd Romano Scotti, non si sono risparmiati. Va segnalata la battaglia curva su curva, rilancio su rilancio tra Alessio Borile e Michel Careri, con quest’ultimo a spuntarla nella categoria allievi 1° anno. Tra gli allievi 2° anno si è invece imposto il già campione europeo Tommaso Cingolani, davanti al fratello gemello Filippo. Nella categoria donne allieve di 1° anno ci ha colpito la vittoria di Matilde Carretta del Gs Mosole che ha preso subito il largo, particolarmente a suo agio sul percorso scivoloso, e ha condotto la gara in solitaria fino al traguardo. 

Per tutti gli otto vincitori che sono saliti sul podio ed hanno indossato la maglia verde bianca e rossa c’è stato l’onore dell’inno nazionale, un’emozione per molti inedita che ricorderanno a lungo.

EDITORIALE / Dal cross alla strada, un 2025 di sfide pazzesche

30.12.2024
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La televisione aiuta, ma non può sostituire l’ebrezza di vederli dal bordo della strada. Lo sanno bene gli appassionati di cross nei Paesi del Nord, che hanno la fortuna di assistere a giorni alterni a sfide esaltanti e rumorose, protagonisti a loro volta dell’esaltazione e del rumore. Lo sanno bene coloro che riescono a raggiungere le tappe dei Giri o il passaggio delle classiche e che magari subito prima li hanno attesi alla partenza, chiedendo una foto e sperimentandone l’umanità. Non lo sa il pubblico da casa, quello selezionato dalle dirette integrali.

La televisione aiuta, ma toglie le voci. Sono come motociclisti privi di battito cardiaco, beniamini o bersagli a seconda dei casi. Il commento dei telecronisti in certi casi è prevaricante, riempie ogni vuoto con osservazioni e battute che rendono la gara uno sfondo variopinto e muto. Potrebbe essere utile a volte abbassarlo e aprire i microfoni delle moto sulla strada per far respirare un po’ di quell’atmosfera che la geografia, i costi, il lavoro o la pigrizia rendono irraggiungibili. Forse il troppo annoia, non le imprese dei più forti. E il protagonismo da valorizzare è quello degli atleti e non di chi li racconta.

Coppa del mondo 2023 a Gavere, sul podio i tre giganti del cross: oggi c’è solo VdP
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Senza Van Aert e Pidcock

Il 2024 va in archivio e lo fa nuovamente nel segno di un dominatore. Van der Poel infatti ha ricominciato a macinare vittorie nel cross e questa volta il predominio è più netto del solito. Cinque vittorie su cinque gare, dal debutto a Zonhoven alla Coppa del mondo di ieri a Besancon. L’assenza di Pidcock e di Van Aert, ciascuno per motivi diversi, rende i suoi assoli meno coinvolgenti? Forse per questo, diversamente da quanto ha fatto nelle prime due esibizioni, il vantaggio con cui Mathieu ha regolato gli inseguitori è sempre rimasto al di sotto dei 30 secondi.

Bart Wellens, che commenta il cross sulle pagine di Het Nieuwsblad, lo spiega con una condizione non ancora eccezionale. L’alternativa è che l’olandese faccia il minimo indispensabile per portare a casa vittorie e ingaggi. A Besancon, classico percorso molto tecnico, Mathieu ha pensato soprattutto a non commettere errori: la battuta che circolava attorno al campo gara è che l’unico che avrebbe potuto seguirlo fosse probabilmente il drone della diretta televisiva.

«Se ci fosse stato al via anche Van Aert – ha commentato il padre Adrie – ci sarebbero stati tremila spettatori in più. La gente in Francia vuole vedere anche nel cross i campioni che hanno vinto tappe al Tour de France. In quel caso sei tenuto in grande considerazione e ti considerano una sorta di divinità del ciclismo».

Per il 2025 Van Aert punta alle grandi classiche: le tappe fanno numero ma pesano meno
Per il 2025 Van Aert punta alle grandi classiche: le tappe fanno numero ma pesano meno

Il duello (per ora) mancato

Ha fatto notizia per motivazioni totalmente differenti anche il ritorno in gara di Wout Van Aert a Loenhout. Per la prima volta da anni, il belga ha corso senza alcun tipo di pressione: ha dato la sensazione di essere tornato in gruppo per divertirsi e provare sensazioni che gli mancavano da tanto. Sarebbe anche arrivato sul podio se il contatto con uno spettatore non lo avesse fatto cadere. Nel cross può succedere anche questo.

Van Aert si è disinteressato del duello con il nemico di sempre (il quale tuttavia non ha lesinato sguardi torvi), consapevole di partire dalla base di un infortunio. A margine di ciò, osservare su Strava la mole di lavoro cui si sta sottoponendo, fa pensare che i suoi obiettivi siano più avanti e che Wout voglia arrivarci nel modo migliore. Forse evitare il confronto nel cross sapendo di essere in inferiorità è il modo migliore per non cominciare la stagione con il solito condizionamento psicologico. Eppure nel suo lottare anche contro l’evidenza abbiamo più volte riconosciuto una nobiltà sportiva fuori dal comune.

Il Tour del 2023, con Vingengaard vincitore, ebbe al via Pogacar reduce da infortunio
Il Tour del 2023, con Vingengaard vincitore, ebbe al via Pogacar reduce da infortunio

La buona stella

Il 2024 va in archivio nel segno dei dominatori e nei commenti sui social pieni della parola “noia”. Perché è noioso assistere alle grandi performance di Van der Poel, come quelle di Pogacar? Perché essere fuoriclasse è improvvisamente una colpa e non una benedizione? Forse la spiegazione di un così marcato predominio deve essere ricercata nell’assenza di rivali credibili. Sono talmente pochi, che se uno o due mancano, lo spettacolo ne risente. Come mandare un peso medio sul ring contro il campione dei massimi.

Quello che bisogna augurarsi per il 2025 è che le grandi sfide abbiano al via tutti i migliori attori. Con Van der Poel, Van Aert, Ganna, Alaphilippe, Milan, Philipsen, Pedersen, Mohoric, Pogacar ed Evenepoel nelle classiche. E poi Pogacar, Vingegaard, Roglic, Evenepoel, O’Connor e Tiberi nelle corse a tappe. A quel punto magari vinceranno sempre gli stessi, però il compito risulterà meno agevole. Il ciclismo si è sempre nutrito di grandi rivalità. Per questo la coppia Van Aert-Van der Poel funziona così bene. E per questo abbiamo tutti sentito la mancanza di Vingegaard nell’ultimo Tour.

Il nostro augurio per la stagione è che una buona stella porti i campioni più forti al via delle gare più belle. Che muova folle di appassionati sulle strade. Che faccia loro riscoprire l’umanità degli atleti. E ispiri a tutti noi che gli lavoriamo accanto un racconto migliore fatto dai campi di gara. I corridori se lo meritano. Sulla strada a fare fatica ci sono soprattutto loro.

Challenge, un’azienda internazionale con un cuore italiano

30.12.2024
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CADRO (Svizzera) – Il nostro ultimo appuntamento prima della pausa natalizia lo abbiamo dedicato alla scoperta di Challenge, marchio di riferimento nel mondo delle coperture strada, ciclocross e gravel. L’appuntamento era fissato per le 10.30 di un giovedì mattina particolarmente uggioso. Siamo a Cadro, a nord di Lugano, e ad accoglierci sono in ordine alfabetico Riccardo Brauns, Assistente amministrativo, Gianluca Modesti, Coordinatore tecnico e Responsabile delle sponsorship, Andrea Murianni, Sales Manager.

Siamo nell’ufficio commerciale di Challenge, in una delle sedi dell’azienda. Le altre sono in Thailandia, dove si trova la sede produttiva, a Montignoso, in provincia di Massa-Carrara, c’è la sede italiana, a La Spezia si trova il magazzino europeo, e infine in California gli uffici della sede americana.

La sede produttiva di Challenge si trova in Thailandia
La sede produttiva di Challenge si trova in Thailandia

I “primi” 25 anni

A rompere il ghiaccio è Riccardo Brauns che ci racconta le origine del marchio. A fondarlo nel 2000 è stato suo padre Alessandro, insieme ad un amico e socio scomparso purtroppo pochi mesi dopo. Nel 2025 l’azienda festeggerà un compleanno importante visto che saranno passati 25 anni dalla sua nascita. Al momento non sono previsti festeggiamenti o iniziative particolari per questa particolare ricorrenza, ma nulla però è da escludere.

Come anticipato, la sede produttiva si trova in Thailandia, esattamente a Ban Chang, nella provincia di Rayong. Qui alcune delle più importanti aziende che utilizzano la gomma naturale per la produzione di pneumatici per biciclette hanno la loro sede produttiva. Fin dalla sua creazione, la sede di Ban Chang si è caratterizzata per essere una fabbrica completamente elettrica dove non è previsto l’utilizzo di sostanze fossili e inquinanti per il suo funzionamento. Qui oggi lavorano più di 70 operai, anzi “artigiani”, come ci tiene a sottolineare Riccardo Brauns.

«Challenge è un’azienda familiare che si basa sull’operato di artigiani che realizzano con le loro mani prodotti estremamente performanti utilizzando materiali naturali di prima qualità».

Nella realizzazione dei pneumatici sono previsti dei procedimenti in cui la componente umana è ancora fondamentale e necessità di una maestria che non è assolutamente fuori luogo definire artigianale. Anche per questo a chi lavora in Challenge è riconosciuto un ruolo centrale nella sua crescita e sviluppo della stessa azienda.

Challenge si basa sull’operato di artigiani che realizzano i prodotti a mano
Challenge si basa sull’operato di artigiani che realizzano i prodotti a mano

Dal ciclocross al gravel

Challenge è da sempre legata al mondo del ciclocross. Tanti campioni hanno gareggiato e vinto utilizzando coperture Challenge. Negli ultimi anni l’azienda ha accompagnato Tom Pidcock in tutti i suoi trionfi, a partire dal titolo iridato ottenuto dal britannico negli under 23 fino alla maglia di campione del mondo elite vinta nel 2022 a Fayetteville.

Da sempre attenta alle evoluzioni del mercato, oggi Challenge ha deciso di entrare in maniera importante anche nel mondo del gravel, una disciplina in costante crescita, e l’ha fatto con una gamma di coperture estremamente performanti.

«Abbiamo deciso di trasferire nel gravel l’esperienza che abbiamo maturato in tutti questi anni nel ciclocross – ci racconta Gianluca Modesti – portando nel gravel lo stesso confort e la stessa affidabilità presente nelle nostre coperture da ciclocross, aumentando la protezione dalle forature. In questo momento stiamo lavorando per ampliare la nostra offerta in questo settore».

Il Natale del ciclocross

Il periodo natalizio è sempre un momento di grande festa per gli appassionati di ciclocross. Si è partiti sabato 21 dicembre con la coppa del mondo a Hulst in Olanda e si arriverà con un calendario fittissimo di appuntamenti fino al 5 gennaio con la prova di Derdemonde. In mezzo altre nove gare di ciclocross, fra coppa del mondo, Exact cross, Superprestige e X2O Trofee. Per chi non può essere in Belgio non resta che mettersi davanti alla TV per godersi lo spettacolo. 

Proprio il ciclocross ci offre lo spunto per parlare del rapporto fra Challenge e gli atleti sponsorizzati. Qui sale simbolicamente in cattedra Gianluca Modesti grazie al suo ruolo di  Coordinatore tecnico e Responsabile delle sponsorship. 

«Per noi è fondamentale il rapporto con gli atleti. I loro feedback sono estremamente importanti in fase di sviluppo del prodotto. Ad alcuni atleti selezionati forniamo in anteprima dei prototipi che vengono utilizzati anche in gara. Nulla è infatti meglio della gara per capire come una copertura risponda alle sollecitazioni. E’ avvenuto così anche per il Flandrien che abbiamo presentato in anteprima in occasione di Eurobike».

Il marchio Challenge è famoso nel ciclocross, quest’anno ha affiancato Thibau Nys in diversi successi
Il marchio Challenge è famoso nel ciclocross, quest’anno ha affiancato Thibau Nys in diversi successi

Tripletta europea

Tra i campioni di ciclocross che utilizzano coperture Challenge, e che l’azienda ritiene essere degli ottimi tester, vanno segnalati Pim Ronhaar, Annemarie Worst e Thibau Nys. Quest’ultimo è stato di recente  protagonista di una storica “tripletta Challenge” ai campionati europei di Pontevedra in Spagna. Nell’occasione Challenge ha accompagnato sul gradino più alto del podio lo stesso Nys nella categoria elite, il belga Jente Michels e la francese Celia Gery, entrambi nella categoria Under 23.

Uno dei nomi più in vista associati a Challenge è quello di Tom Pidcock, campione del mondo di cx nel 2022
Uno dei nomi più in vista associati a Challenge è quello di Tom Pidcock, campione del mondo di cx nel 2022

Presenza alle gare 

Challenge garantisce il suo supporto in gara agli atleti sponsorizzati. Nelle occasioni più importanti è l’azienda stessa ad essere presente in prima persona. Negli altri casi si avvale di collaboratori locali. Fra questi merita di essere citato l’ex crossista Vincent Baestaens, che fornisce il suo supporto tecnico agli atleti in occasione delle gare che si tengono in Belgio e Olanda.

Restando al ciclocross, segnaliamo che Challenge è stata protagonista nel ruolo di sponsor della gara in occasione della prova di coppa del mondo che si è svolta ieri a Besançon in Francia. Come ci hanno raccontato Riccardo Brauns e Gianluca Modesti, il mercato francese è decisamente molto importante per Challenge. A ciò si aggiunge il fatto che da anni la stessa Challenge collabora con la società che organizza la prova transalpina.

La nostra chiacchierata si conclude con gli immancabili auguri per le festività natalizie, ma soprattutto con la convinzione di aver conosciuto meglio un’azienda dal respiro internazionale ma con un cuore molto italiano, un concetto questo emerso molte volte in occasione del nostro incontro.

Challenge

Sardegna, cross annullato: cosa fa Lucinda Brand?

17.12.2024
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Dieci giorni dopo la prova di Coppa del mondo di cross a Oristano cancellata per il vento, restano storie stupende che vale la pena raccontare. Chi avrebbe mai detto che Lucinda Brand si sarebbe trasformata in istruttore d’eccezione per i bimbi del team locale? Si potrebbe pensare che le raffiche abbiano portato via tutto, invece non è andata così. Luca Massa e il suo fantastico staff di Crazy Wheels si sono caricati l’intera situazione sulle spalle e non si sono fermati finché ogni cosa non è andata al suo posto.

«Soprattutto il mio staff – sottolinea Massa – vorrei dire grazie a tutti. Negli ultimi mesi ho avuto i miei problemi di salute, per cui sono stato spesso assente. Loro hanno gestito benissimo la preparazione dell’evento e mandato avanti nel frattempo anche la scuola di ciclismo».

Riconosciuto il loro merito, con Luca iniziamo un racconto inatteso, fatto di umanità ed episodi che non sono stati raccontati, ma descrivono nel profondo l’umanità del ciclismo e dei suoi protagonisti.

Luca Massa aveva incontrato Mathieu Van der Poel ai mondiali di Tabor 2024
Luca Massa aveva incontrato Mathieu Van der Poel ai mondiali di Tabor 2024
Luca, maledetta sfortuna…

E’ andata così. Sul fronte della copertura delle spese, riusciremo a gestirla, bisognerà valutare il fatto di poter ripetere l’evento. Flanders Classics e le altre società che sono intervenute hanno avuto delle spese e hanno bilanci da far quadrare, non sappiamo come reagiranno. La cosa positiva è che hanno lasciato qui un pezzo di cuore. Abbiamo lavorato bene e creato delle ottime sintonie. Siamo rimasti in contatto. Lucinda Brand è rimasta qui in ritiro e ha fatto lezione ai ragazzini della nostra scuola di ciclismo.

Che cosa?

Arrivando da Dublino, le avevano perso le valigie, per cui non aveva i pedali e altre cose. Così glieli abbiamo trovati noi e lei e anche Daan Soete sono rimasti qui in ritiro. Lui si è fermato per 15 giorni ed è andato via venerdì scorso. E’ rimasto qualche giorno in più anche Vanthourenhout, ma per i fatti suoi.

Cosa ha fatto Brand con la vostra suola?

Prima abbiamo finito la diretta su Radio Corsa, poi abbiamo fatto vedere ai bambini un suo video dalla Coppa del mondo di Dublino. I più grandi iniziano a seguire le gare e quando abbiamo detto che Lucinda sarebbe venuta a trovarci, non ci credevano. Erano lì tutti seduti, quando lei è venuta fuori, vestita da gara e con la sua bici. Si è presentata e ha chiesto se fossero pronti per l’allenamento. Quindi li ha portati nel bike park e ha fatto qualche giro con loro. Poi sono si sono fermati e ha fatto delle lezioni di tecnica su come magari si prende la bici in spalla e dei giochi per l’equilibrio. La stessa cosa nei giorni successivi ha voluto farla Soete. Abbiamo legato molto, siamo stati a cena insieme e poi hanno voluto conoscere meglio il territorio.

In che modo?

Sono andati a fare delle uscite importanti con i nostri allenatori (Gabriele La Padula, Angelo Attene, Matteo Atzei, Luca Attene, ndr). Diciamo che degli aspetti positivi, malgrado la cancellazione, ci sono stati. Il sabato erano tutti contenti del percorso e il posto li ha lasciati senza fiato.

Dalle previsioni meteo era impossibile capire quel che stava per accadere?

Il meteo dava brutto tempo, ma non a quei livelli. Le raffiche a 130 all’ora non si erano mai viste, il mare a quel modo nemmeno. I ristoratori che lavorano su quella spiaggia da 25 anni avevano paura a tenere aperto, perché non avevano mai visto qualcosa del genere. E così come è venuto, il giorno dopo è passato tutto: lunedì in spiaggia si stava da Dio. Mi dispiace davvero per il mio gruppo di lavoro, meritavano altro riscontro.

Avete provato a partire ugualmente?

Domenica mattina, abbiamo chiesto ai commissari di poter ripristinare il percorso. Abbiamo tolto i teloni che avevano fatto da vela e risistemato le transenne, ma il vento non calava e alla fine l’UCI ha deciso che per la sicurezza degli atleti, che sono davvero dei peso piuma, la prova fosse da annullare. In più c’è stato il corto circuito nel bar che ha fatto bruciare metà della struttura in cui era stata messa la sala stampa. Ma anche quello lo abbiamo gestito.

Se si tornerà il prossimo anno, sarà sempre a Is Arutas?

La location è quella. Avremmo anche dei posti che somigliano al Belgio, ma Is Arutas è il nostro valore aggiunto. Non possiamo scaricare la colpa sulla location, perché un vento così non si era mai visto prima. Ci tengo a dire che era tutto organizzato alla perfezione.

Che cosa significa che avete gestito la situazione dell’incendio?

Non abbiamo mollato nessuno. Era prevista l’hospitality per le quasi 50 persone venute con i belgi e hanno consumato il bellissimo pranzo a base di pesce che era previsto. Abbiamo fatto tutto quello che si poteva, perché andassero via con un buon ricordo. E poi, dato che la parte bruciata sarebbe servita per far mangiare lo staff, abbiamo ricavano uno spazio dall’hospitality e anche i nostri fantastici ragazzi hanno potuto pranzare.

Vi siete sicuramente mostrati ospitali…

Non solo quello. I belgi hanno trovato persone serie e appassionate e anche loro si sono dimostrati tutti estremamente umani, un aspetto che dalle loro parti evidentemente ancora conta. Spero davvero che il prossimo anno avremo la possibilità di far vedere l’evento per come lo avevamo progettato.

Is Arutas, vince il vento. Gara addio, arrivederci Sardegna

08.12.2024
7 min
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CABRAS – Quello che si prospettava nelle ore precedenti alla fine è diventato realtà. La gara di Coppa del mondo di Cabras Is Arutas è stata annullata a causa del forte vento. Un vento teso, costante, rude… Le onde erano altissime e le loro goccioline venivano trasportate a distanza di decine e decine di metri. In pratica era come se piovesse, cosa che comunque a scroscioni si è ripetuta per tutta la giornata.

Noi stessi, stamattina, quando siamo arrivati sul posto di gara, abbiamo provato a scendere sulla spiaggia e non si riusciva letteralmente a stare in piedi. Anche i video che abbiamo girato per i social erano tutti tremolanti. E’ bastato aprire lo sportello (con difficoltà) per che capire che sarebbe stata dura. Molto dura.

Raffiche a 80 all’ora

Filippo Pozzato ci aveva detto che era difficile stare in piedi sulla collinetta a bordo mare. La situazione è apparsa subito complicata e, tanto per cambiare, quando le cose non devono andare per il verso giusto, c’è stato persino un incendio nel quartier generale della gara.

Fortunatamente, però, non ci sono stati grossi problemi né danni alle strutture. Era impossibile dare il via a un evento agonistico così importante, ma non solo importante: il vento era veramente tagliente, forte, teso e non mollava mai. E quando rinforzava, le folate ti sbattevano letteralmente a terra. Si stima abbiano superato anche gli 80 all’ora.

Le onde di questa mattina a Is Arutas
Le onde di questa mattina a Is Arutas

Atleti compatti

Abbiamo parlato anche con Eva Lechner, che è stata un po’ la nostra portavoce per quanto riguarda gli atleti. Tutti erano dispiaciuti, ma compatti nel dire che non avrebbero preso parte a questa gara.
La sicurezza veniva meno soprattutto nel lungo tratto rettilineo che costeggiava la spiaggia, quello più vicino al mare. Era impossibile stare in piedi, e anche nei tratti successivi la situazione non migliorava di molto.

«Oggettivamente – ha detto Eva Lechner dall’alto della sua esperienza – non si poteva correre con queste condizioni. Mi era già successo di gare annullate per il forte vento, persino in Belgio, ma credetemi non era così potente.

«Noi italiani eravamo tutti nello stesso hotel e parlavamo proprio di questo stamattina, già prima di venire al campo gara. La nostra giornata è stata, fino all’annullamento della gara, esattamente come se avessimo dovuto correre: sveglia, colazione, e tutto il resto. Poi, una volta arrivati, abbiamo parlato anche con gli altri atleti e tutti eravamo concordi sul fatto che non fosse possibile gareggiare. Tra l’altro, non siamo alla fine della stagione, rischiare di più non aveva senso. E poi, comunque, davvero non c’erano le condizioni».

I media belgi, accorsi in massa in Sardegna, hanno preso i microfoni e, più o meno tutti, hanno detto le stesse cose di Eva Lechner. Il via vai dei commenti è cominciato. «Penso – ha detto Michael Vanthourenhout – che la cancellazione sia stata l’unica opzione giusta. Non importa quanto sia difficile per gli organizzatori, e dispiace per loro, ma non si riusciva a tenere dritta la bici. Tra l’altro, c’è una bella differenza tra pochi chilometri nell’entroterra e qui sulla costa».

Ora per ora

Facciamo dunque una breve cronistoria. Già alla vigilia di ieri le previsioni non erano positive.
Si sapeva di questo forte vento. Stamattina, addirittura, le mappe del vento mostravano il lato occidentale della Sardegna, cioè quello su cui ci troviamo, colorato di viola scuro, a indicare la situazione più forte, più tesa, più pericolosa. Questo aveva allertato atleti, organizzatori e anche l’UCI.

Stamattina ci siamo svegliati con la notizia dell’incendio nel quartier generale, ma alla fine questo non si è rivelato un grande problema, né strettamente collegato all’evento.


Già prima delle 9 era chiaro e ufficiale che non si sarebbero disputate le prove del mattino. Poi si è atteso fino alle 12, entro le quali l’UCI avrebbe redatto il comunicato ufficiale. Comunicato che è arrivato puntuale alle 11,26, in cui l’UCI spiegava che, a causa del forte vento, non c’erano le condizioni per disputare la gara.
Dopo l’annuncio, gli atleti hanno cominciato a restituire i chip ricevuti il giorno prima. E a mano a mano hanno iniziato a tornare a casa.

Filippo Pozzato (classe 1981) di PP Events
Filippo Pozzato (classe 1981) di PP Events

Parla Pozzato

Abbiamo parlato anche con Filippo Pozzato di PP Events, organizzatore insieme a Flanders Classics, a Crazy Wheels e al Comune di Cabras, di questa terza tappa della Coppa del mondo nella splendida Is Arutas.

Filippo, com’è andata?

Come mi dicevano le persone del posto, questo è stato il secondo giorno di tutto l’anno che accade una cosa del genere. Siamo stati un po’ sfortunati. Dispiace, perché comunque Crazy Wheels, l’organizzatore locale, il Comune di Cabras e la Regione Sardegna hanno messo tutto l’impegno possibile. Un impegno anche economico. Un ringraziamento in particolare va a loro, ma soprattutto ai volontari che anche questa mattina erano già al lavoro per sistemare il percorso. C’erano 100 persone che hanno dato il massimo per rimetterlo a posto.

Cosa è successo alla fine?

Dopo aver visionato più stazioni meteo, abbiamo cercato di capire se ci fosse qualche speranza che il vento smettesse. Ci hanno detto che forse sarebbe calato un po’ solo dopo le 16, il che rendeva tutto impossibile, soprattutto da un punto di vista televisivo: il problema principale era la produzione.

E farla magari domani?

Noi eravamo anche disponibili a cambiare gli orari e magari anche a farla domani, ma purtroppo non è stato possibile. Ci sono questioni logistiche, soprattutto per la televisione, che aveva già programmato tutto da mesi. Anzi, oggi è un danno per tutti: nei palinsesti di tante televisioni non andrà in onda questo evento, quindi tutte le emittenti che avevano i diritti per trasmettere rimarranno con un buco. È un peccato per tutti. In più anche il rientro di mezzi e personale non sarebbe stato facile da rivedere.

In questa decisione avete parlato anche con gli atleti?

Sì, sì e una cosa bella, io guardo sempre il bicchiere mezzo pieno, è che in questi ultimi anno c’è un bel confronto fra le parti in causa: organizzatori, UCI, atleti. I corridori erano dispiaciuti ma era impossibile gareggiare. Li abbiamo ascoltati eccome. Io stesso stamattina alle 6,30 ero qui. In spiaggia, a piedi, il vento ti spostava facilmente. Ma ripeto: decisione giusta. Impossibile correre.

C’è la possibilità di riprovare in futuro?

Sì, sicuramente. Abbiamo un contratto di due anni con tutti gli enti coinvolti, quindi l’anno prossimo saremo di nuovo qui. Speriamo solo di avere una bella giornata, per poter far vedere a tutti la bellezza che la Sardegna ha da offrire.

Simone Masciarelli: il ritorno a Pescara, il cross e la famiglia

08.12.2024
5 min
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BREMBATE – Dall’Italia al Belgio e viceversa. La vita della famiglia Masciarelli l’abbiamo ascoltata tante volte. All’inizio per la novità che rappresentava il trasferimento di Lorenzo Masciarelli alla Pauwels Sauzen-Bingoal, nel 2021. Poi il ritorno in Italia, alla Colpack-Ballan nel 2023 con l’obiettivo di diventare sempre più un corridore su strada. In tutto questo Lorenzo Masciarelli e la sua famiglia hanno vissuto due anni a Oudenaarde. Cittadina fiamminga nella quale si erano costruiti una vita e un insieme di ricordi che si sono portati dietro una volta tornati a vivere a Pescara. 

Simone Masciarelli parla con Luca Bramati prima della ricognizione del percorso al Trofeo Guerciotti
Simone Masciarelli parla con Luca Bramati prima della ricognizione del percorso al Trofeo Guerciotti

Ricollegare il filo

Come sta ora la famiglia Masciarelli? Lo chiediamo ancora una volta a papà Simone, con il quale abbiamo parlato nella mattinata del Trofeo Guerciotti. 

«Diciamo che siamo stati fortunati perché con il gruppo Focus ho ritrovato un’amicizia profonda e consolidata. Adesso lavoro per loro da casa e nel mio negozio, riesco a stare comunque nell’ambiente e a fare ciò che mi piace. Anche mia moglie lavora nel negozio di famiglia e ci dà una mano. Tornare in Italia è stato bello, abbiamo trovato le porte aperte, come se non ce ne fossimo mai andati. E’ stato anche abbastanza facile, più del previsto, e siamo contenti perché i ragazzi stanno bene, l’importante è questo».

Lorenzo Masciarelli è alla sua terza gara di ciclocross quest’anno
Lorenzo Masciarelli è alla sua terza gara di ciclocross quest’anno
I rapporti con le persone in Belgio come sono rimasti?

Ottimi, perché con Mario De Clercq, il team manager della Pauwels Sauzen-Bingoal, si è creato un legame forte. E’ più di un amico per me. Sia io che Lorenzo lo sentiamo spesso.

Quanto sei felice del ritorno al cross di Lorenzo?

Tanto. Ora ci godiamo questa bella esperienza: una decina di gare come quando eravamo in Belgio. Io e lui. A Lorenzo è sempre piaciuta come disciplina e anche io mi sento felice nel ritornare a seguirlo. Certo l’ultimo periodo ero più libero nei weekend, ma rivedere il sorriso che ha quando corre è impagabile. E’ come un bimbo quando torna in un parco giochi, quindi sicuramente fa tanto piacere.

Il Trofeo Mamma e Papà Guerciotti è stata la sua prima prova internazionale, chiusa con un buon decimo posto
Il Trofeo Mamma e Papà Guerciotti è stata la sua prima prova internazionale, chiusa con un buon decimo posto
Il ritorno in Italia però è stato complicato…

C’è stato qualche problemino fisico di troppo (il riferimento è alla pericardite che ha fermato Lorenzo Masciarelli lo scorso anno, ndr). Adesso speriamo che si metta tutto alle spalle e che vada avanti sul suo percorso. Riprendere con il ciclocross penso sia stata una bella scelta. In squadra erano un po’ sorpresi, però credo anche loro siano contenti. 

Quanto è stato difficile, da padre, vedere proprio Lorenzo fermo senza possibilità di correre?

L’annata della pericardite un po’ l’aveva smontato, stare fermo quattro mesi durante l’estate senza poter pedalare è stato difficile. Aveva perso tanto e rientrare dopo un periodo del genere non è mai semplice. E’ sempre difficile rimettersi in gioco, ma alla fine con pazienza ci si riesce. Poi il ciclismo di oggi non aiuta, con questa fretta nel far passare i giovani ti trovi al quarto anno da under 23 con la pressione di cercare i risultati

Lorenzo Masciarelli con alla sua destra il fratello Stefano alla gara di ciclocross di Barletta, una delle poche corse insieme
Lorenzo Masciarelli con alla sua destra il fratello Stefano alla gara di ciclocross di Barletta, una delle poche corse insieme
Dopo due anni come hai ritrovato Pescara?

Per me Pescara è l’America, perché come si sta da noi… C’è tutto! Abbiamo la montagna, il mare, per allenarsi in bici è fantastica. Infatti i ragazzi per quanto riguarda gli allenamenti sono super contenti. Qualche giorno fa Stefano, il più piccolo dei due, è salito ai 1.500 metri di Passo Lanciano. 

Uno dei più contenti di tornare in Italia era proprio Stefano.

Era il più felice perché non si era mai abituato a vivere in Belgio. Però diciamo che è stata una bella esperienza anche per lui a livello umano, perché alla fine è tornato dalle Fiandre che parla due o tre lingue. Quindi quell’esperienza è servita a qualcosa.

Stefano Masciarelli è il fratello minore, classe 2006 passerà under 23 nel 2025 su strada (photors.it)
Stefano Masciarelli è il fratello minore, classe 2006 passerà under 23 nel 2025 su strada (photors.it)
Lorenzo ci diceva che a suo fratello il ciclocross non piace proprio. Sono davvero diversi…

Abbiamo provato a portarlo al Trofeo Guerciotti, ma non c’è stato modo, peccato perché sono entrambi under 23. Qualche settimana fa l’avevamo convinto a correre nella prova di Barletta, l’abbiamo fatto con l’inganno: gli abbiamo detto che avremmo fatto una bella cena. Ci è cascato, ma ha detto che non lo farà più (ride, ndr).

Stefano passa under 23 quest’anno, ha già trovato squadra?

Aveva abbastanza richieste, soprattutto perché ha fatto un bel mese di settembre. È stato visto e chiamato da parecchie squadre, anche dei devo team. Ma per noi la scelta migliore è farlo restare vicino a casa per fargli finire la scuola. E’ un ragazzo molto timido e andare via potrebbe essere un passo troppo grande. Fossimo rimasti in Belgio il discorso sarebbe stato diverso. Ora si è alla costante ricerca degli juniores, alla fine sono ragazzi che possono avere delle fragilità e vanno tutelati. Andare in bici deve rimanere sempre un divertimento.

Viezzi a “casa” Van Der Poel: «La scelta giusta per il futuro»

07.12.2024
5 min
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BREMBATE – Il sole cerca di salire alto nel cielo e scaldare le gambe e le guance dei corridori ma non ci riesce. E’ dicembre e al Trofeo Mamma e Papà Guerciotti, corso per la prima volta al Vittoria Park, il tempo è bello e freddo. Una vera giornata di ciclocross. I corridori, giunti in grande numero e chiamati a partecipare dal cittì Pontoni, cercano riparo sotto giacche a maniche lunghe e scaldacollo tirato su fino agli occhi. Si fa quasi fatica a riconoscerli, serve un secondo in più ma alla fine ci si riesce. Nell’arco dell’intera mattinata c’è tempo per girare tra camper e furgoni per parlare con tutti, tra curiosità e saluti ci imbattiamo in una figura alta e slanciata. Si tratta di Stefano Viezzi, campione del mondo juniores di ciclocross e da questo inverno passato under 23. Il talento del friulano ha attirato su di sé gli occhi della Alpecin Deceuninck, e dal 2025 sarà uno dei ragazzi del devo team

«La possibilità di andare a correre con loro – racconta – è arrivata alla fine della scorsa stagione di ciclocross. Tante erano le formazioni interessate ma l’unica, o una delle poche, che poteva offrirmi il binomio strada e cross era la Alpecin».

Per Viezzi futuro è chiaro: dal 2025 correrà nel devo team della Alpecin Decuninck (foto Billiani)
Per Viezzi futuro è chiaro: dal 2025 correrà nel devo team della Alpecin Decuninck (foto Billiani)

Non mollare il colpo

Sentire la voglia di Stefano Viezzi nel continuare la sua carriera sia su strada che nel ciclocross è una bella notizia. A qualcuno può risultare scontata, ma in questi anni tanti ragazzi hanno preferito smettere per dedicarsi alla strada. Vero che il talento dello spilungone friulano è indiscutibile, ma siamo certi che non tutti lo avrebbero premiato volentieri

«Per me il ciclocross è importante – continua – anche perché ormai lo faccio da un po’ di anni e penso che sia utile. Sia la strada per il ciclocross che viceversa. Sicuramente la Alpecin è un’ottima squadra, una delle top cinque, se non top tre al mondo. E’ un bel passo per la mia carriera e un grande salto di qualità che sicuramente mi aiuterà a crescere nel modo giusto». 

Viezzi al Trofeo Guerciotti ha colto un ottimo terzo posto tra gli elite
Viezzi al Trofeo Guerciotti ha colto un ottimo terzo posto tra gli elite
Correrai nello stesso team di Van Der Poel, anche se tu sarai nella development, che effetto fa?

Penso sia un buon segno perché lui è gestito dalla squadra e quindi anche io lo sarò. Da questo lato mi sento un po’ più sicuro, Van Der Poel è un grande atleta e negli anni hanno saputo come farlo rendere al meglio. Dagli allenamenti a tutto quello che ci sta dietro. 

E cos’è che ci sta dietro?

Delle piccole cose che a un certo livello possono fare la differenza, ad esempio avere la possibilità in inverno di fare dei ritiri in Spagna per farti salire di condizione è già un bel passo in avanti. 

La scelta di correre alla Alpecin Decuninck è dovuta al fatto di voler coltivare la multidisciplina
La scelta di correre alla Alpecin Decuninck è dovuta al fatto di voler coltivare la multidisciplina
Hai già parlato con il team per capire come lavorerai da gennaio? 

Mi faranno gareggiare e fare qualche gara in coppa con gli elite, di confrontarmi con una categoria superiore. Poi di farmi fare le gare più prestigiose e ovviamente c’è anche la questione nazionale. Ma in generale sono felice perché avrò parecchie chance. 

Com’è stato l’approccio con la categoria?

Sempre un po’ delicato perché affronto corridori con i quali non ho mai gareggiato e sono più grandi di me, anche di quattro anni. Un po’ me l’aspettavo, poi sto ancora recuperando dall’infortunio di questa primavera (il riferimento è alla frattura della clavicola all’Eroica Juniores, ndr). 

Viezzi correrà nello stesso team di Van Der Poel, un riferimento per il ciclocross
Viezzi correrà nello stesso team di Van Der Poel, un riferimento per il ciclocross
Quando è che fai il primo ritiro col team?

Prima del campionato mondiale di ciclocross (in programma il 2 febbraio a Liévin in Francia, ndr) in Spagna. Per una questione di allenamento andare al caldo aiuta a fare un carico di lavoro maggiore, sarà bello andare là e allenarmi come si deve. Avrò modo di conoscere la squadra, gli atleti con cui correrò e anche un po’ chi ci sta dietro.

Il primo ritiro con la squadra sarà incentrato sulla strada o sul cross?  

Sicuramente sarà un ritiro più bilanciato sulla parte del ciclocross perché a pochi giorni dal mondiale faremo una rifinitura così da arrivare al meglio. Ci saranno tutti i ragazzi della squadra, con grande probabilità ci divideremo a seconda degli impegni. 

Il friulano continuerà ad allenarsi in vista del mondiale di febbraio, per poi passare alla strada
Il friulano continuerà ad allenarsi in vista del mondiale di febbraio, per poi passare alla strada
Quando inizierai a correre su strada?

Si è parlato di qualche classica in Belgio, non penso di fermarmi ma di sfruttare la condizione fino a metà stagione. Poi inizieranno le gare a tappe. 

Grazie e in bocca al lupo! 

Crepi.

Toneatti corona il sogno: dal 2025 sarà WorldTour

06.12.2024
5 min
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La rosa dell’Astana Qazaqstan Team è ancora mossa dalle onde che hanno rivoluzionato il recente ciclomercato. Dai kazaki sono arrivati un’infinità di corridori, alcuni pronti e tanti altri da creare. L’impronta è pressoché azzurra, come la maglia del team, ma in questo caso si parla di Italia. Sono ben tredici i ragazzi italiani presenti nel team WorldTour. L’ultimo a inserirsi in questa lunga lista è Davide Toneatti: altro atleta che passa dal devo team alla formazione principale, con lui arriva anche Alessandro Romele

Toneatti è uno di quei corridori di talento in grado di affermarsi da giovane nel ciclocross. Poi, quando si è trattato di scegliere che via far prendere alla propria carriera si è asciugato il volto dal fango, ha ringraziato per i successi ottenuti e ha guardato dritto alla strada. In lui ha creduto, per l’appunto l’Astana Qazaqstan

Davide Toneatti è entrato nel devo team dell’Astana Qazaqstan nel 2022
Davide Toneatti è entrato nel devo team dell’Astana Qazaqstan nel 2022

Da zero al WorldTour

Con il team kazako è partito dal giorno zero di questa scelta. Dal 2 marzo 2022, giorno del suo esordio in Croazia, sono passati più di 2 anni e mezzo. Toneatti è cresciuto, si è fermato, è ripartito e ora vede il mondo aprirsi davanti ai propri occhi. Il passaggio nel WorldTour nel 2025 gli dà ragione, ha scelto la sua strada, l’ha percorsa e ora si trova dove avrebbe voluto essere. 

«Aver firmato per il passaggio nel WorldTour – ammette – è un bellissimo step per la mia giovane carriera su strada. Non ero sicuro sarei riuscito a passare qui, l’Astana ha fatto una grande campagna acquisti e ha preso tanti corridori. Ad un certo punto anche altre squadre si sono mosse nei miei confronti, ma dopo le ultime gare in Veneto, corse con la formazione principale, l’accordo è stato trovato facilmente.

«Questi tre anni – continua Toneatti – sono passati velocemente, ma ognuno di loro aveva obiettivi precisi. Il primo era dedicato al prendere le misure con le corse su strada, il secondo avrei dovuto dimostrare qualcosa ma non ci sono riuscito. E’ arrivato ben poco di quanto ci eravamo prefissati. Non è stato il percorso ideale, anche a causa di eventi esterni. La mononucleosi mi ha fermato per parecchi mesi e non è stato facile ripartire».

Nel 2023 ha trovato parecchi ostacoli lungo il proprio cammino di crescita (foto Nassos Triantafyllou)
Nel 2023 ha trovato parecchi ostacoli lungo il proprio cammino di crescita (foto Nassos Triantafyllou)

Il 2024

L’anno che ha poi confermato le aspettative, o comunque fatto vedere quanto sia cresciuto Davide Toneatti su strada, è stato il 2024. Sono arrivati la prima vittoria e tanti piazzamenti nelle diverse corse a tappe disputate

«Una delle grandi soddisfazioni del 2024 – spiega – è sicuramente la risposta che ho avuto dal mio corpo dopo lo stop forzato della passata stagione. Quest’anno sono stato costante, una cosa che ho notato anche alla ripresa degli allenamenti. Mi sento molto meglio rispetto all’inverno passato. Spero possa essere un segnale di ulteriore crescita. Alla fine ho avuto una stagione lineare e in crescita, dove ho messo insieme 66 giorni di gara. Non troppi ma nemmeno troppo pochi.

«La crescita maggiore – dice – l’ho sentita sulle salite lunghe e impegnative. Non che questo sia il mio punto forte. Al Giro del Friuli mi sono confrontato con dei giovani molto forti come Nordhagen, Pellizzari e Torres. Loro andavano molto più di me in salita. Mi sono reso conto di stare bene e di aver trovato il mio terreno nelle gare in Veneto che ho fatto con il team WorldTour. Su salite con sforzi da tre minuti sono a mio agio. Passando professionista troverò ben altri scenari, ma sarà bello capire a che punto sono».

Nel 2024 il friulano si è ripreso, conquistando la sua prima vittoria in maglia Astana alla Belgrade Banjaluka (foto organizzatori)
Nel 2024 il friulano si è ripreso, conquistando la sua prima vittoria in maglia Astana alla Belgrade Banjaluka (foto organizzatori)

Il cross

La nostra battaglia verso la salvaguardia della multidisciplina non vuole essere come quella di Don Chisciotte verso i mulini a vento. Il costante abbandono di ragazzi talentuosi a favore della strada è una costante in Italia. Anche chi era a livelli alti o comunque avrebbe potuto lottare per arrivarci ha preferito mollare, o è stato consigliato di farlo. I team non hanno interesse che un loro atleta continui a correre in una disciplina dove non appare la maglia, lo sponsor o altro.

La definizione che Toneatti ha dato di sé ci ha fatto venire però una domanda. Gli sforzi di tre minuti sono assimilabili a quelli che si trovano nel ciclocross, attività che lo ha accompagnato fin da giovanissimo. Continuare con quella disciplina non sarebbe stato utile per migliorare ancora? Definendo maggiormente quale tipo di corridore essere? 

«Gli sforzi brevi che si trovano nel ciclismo su strada – analizza Toneatti – arrivano alla fine di una corsa, quando si è in bici da 3, 4 o 5 ore. Serve maggiore fondo e io ho voluto concentrarmi su questo: migliorare la mia performance nell’ultima ora di gara. Lasciare il ciclocross la vedo come una scelta giusta da fare, sensata. Ovvio, se fossi andato a correre in una squadra belga o olandese magari avrei continuato anche nel fuoristrada. Ma in Astana questo interesse non c’era e anche io ero convinto di volermi concentrare su una sola disciplina».

All’inizio del 2023 Toneatti ha abbandonato il ciclocross per concentrarsi sulla strada (foto Billiani)
All’inizio del 2023 Toneatti ha abbandonato il ciclocross per concentrarsi sulla strada (foto Billiani)

Continuità

Il dibattito è sulla programmazione, certi corridori riescono a far combaciare l’attività su strada con quella fuoristrada. I mesi a disposizione per correre sono tanti, soprattutto da quando il calendario WorldTour e non si è ampliato tanto. Serve scegliere gli appuntamenti giusti e programmarli, allenandosi a dovere. Lo stesso si potrebbe fare con la multidisciplina, serve però l’intenzione di entrambi i soggetti coinvolti.

«Credo che nel 2024 mi servisse maggiore continuità su strada – conclude Toneatti – perché ogni anno mi sembra di migliorare, di mettere qualcosa. A inizio stagione sono in un punto e alla fine mi ritrovo in un altro, superiore. Certi atleti hanno una struttura alla base che permette loro di fare doppia attività in maniera continuativa e al meglio, scegliendo gli impegni. In certi team esteri come in Belgio e Olanda puoi fare il ciclocross per com’è lassù. Io avevo l’idea di impegnarmi su strada e ho voluto coltivarla e anche l’Astana non aveva interesse che continuassi nel ciclocross».