Il 2023 sarà l’anno del gravel? I confini si allargano

26.01.2023
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E’ innegabile che il mondo gravel sia in continua espansione. Se da una parte il calendario della strada si è ormai lanciato con prove in contemporanea in ben 3 continenti, quello del gravel attende ancora il suo inizio e perché ciò avvenga si dovrà aspettare la primavera: il 23 aprile con La Indomable di Berja, in Spagna, inizieranno infatti le World Series, il principale circuito della specialità, che rispetto allo scorso anno mostra profondi cambiamenti.

Il circuito voluto dall’Uci aumenta notevolmente il suo numero di prove. Nel 2022 erano state 11, quest’anno si passa a 17, con la penultima, il 2 settembre, che si svolgerà in Italia, La Monsterrato di Quattordio in Piemonte, che di fatto chiuderà il periodo di qualificazione per i mondiali della specialità che com’era avvenuto lo scorso anno si svolgeranno in Veneto, per la regia apprezzatissima di Pippo Pozzato, prima di passare la mano a Flanders Classics nel 2024.

Le World Series si comporranno di 17 prove. I mondiali saranno il 7 e 8 ottobre sempre in Veneto
Le World Series si comporranno di 17 prove. I mondiali saranno il 7 e 8 ottobre sempre in Veneto

In programma ben 7 novità

Il calendario che il massimo organo internazionale ha voluto quest’anno ha un baricentro maggiormente spostato nella vecchia Europa. E’ stata tolta la gara filippina che aveva inaugurato il circuito mentre una delle prove australiane, la Gravelista è stata posizionata dopo i mondiali e varrà come evento qualificativo per il 2024.

Su 17 gare solo 5 escono dal Vecchio Continente, appunto le due gare australiane (l’altra è la Seven del 13 maggio), la Swartberg 100 del 29 aprile in Sud Africa, la Blue Mountains Gravel Fondo dell’11 giugno in Canada e la riconfermata Highlands Gravel Classic negli Usa, in quella Fayetteville diventata un tempio del ciclocross, prevista per il 24 giugno.

Il problema delle concomitanze

Andando da fine aprile a inizio ottobre, con 17 gare, non mancano le concomitanze. Una scelta che fa storcere un po’ il naso ai puristi, ma rispecchia proprio i fini che l’Uci ha previsto, quello di consentire attraverso ogni prova di staccare il biglietto per i mondiali veneti. A tal proposito il regolamento parla chiaro: per qualificarsi è necessario arrivare nel primo 25 per cento dei classificati della propria categoria di appartenenza. Non c’è una classifica generale come ad esempio per la Coppa del Mondo di ciclocross, sono tutte prove a sé stanti, magari in attesa che anche nel gravel venga costruito un ranking.

Il calendario

23 aprileLa IndomableESP
29 aprileSwartberg 100RSA
30 aprileGravel Fondo LimburgNED
6 maggioGravel Challenge Blaavands HukDEN
13 maggio3RIDES Gravel RaceGER
13 maggioSevenAUS
20 maggioThe GrallochGBR
4 giugnoHutchinson Ranxo GravelESP
11 giugnoBlue Mountains Gravel FondoCAN
18 giugnoWish One Millau Grands CaussesFRA
24 giugnoHighlands Gravel ClassicUSA
15 luglioGravel One FiftyNED
22 luglioGravel AdventurePOL
19 agostoGravel Grit ‘n GrindSWE
26 agostoHouffa GravelBEL
2 settembreLa MonsterratoITA
15 ottobreGravelistaAUS

Un circuito per specialisti?

Analizzando i risultati delle gare dello scorso anno emergono alcune considerazioni interessanti. Va innanzitutto detto che quello che si è visto nel corso dell’anno è profondamente diverso dai risultati emersi dal mondiale: nei primi 10 è comparso solo uno specialista vero (o meglio uno che si divide davvero fra strada e gravel), il danese Andreas Stockbro vincitore della Gravel One Fifty in Olanda e finito 10° in Veneto. Neanche una fra le donne e questo significa che la specialità deve ancora assumere una propria connotazione, per ora è terreno di conquista per chi viene principalmente dalla strada (soprattutto con il mondiale posto a fine stagione) e dalla mountain bike.

E’ anche vero però che ci sono specialisti che interpretano queste World Series in maniera molto professionale. Un esempio è Adam Blazevic, vincitore delle due gare australiane, ossia quelle di casa ma che nel corso dell’anno ha collezionato molte Top 10 in giro per il mondo. Ma quando sono entrati in campo gli stradisti come ad esempio l’olandese Niki Terpstra alla Wish One Gravel Race in Francia oppure l’iberico della Movistar Carlos Verona alla Ranxo in Spagna, non ce n’è stato per nessuno.

Adam Blazevic ha trovato nel gravel la sua dimensione: 2 vittorie nelle World Series 2022 (foto Noéko/Seven)
Adam Blazevic ha trovato nel gravel la sua dimensione: 2 vittorie nelle World Series 2022 (foto Noéko/Seven)

Si parte dall’Andalusia

Non è neanche un caso che l’Uci abbia deciso di far partire la nuova stagione con una raffica di novità. Si comincia il 23 aprile con La Indomable, nel sud dell’Andalusia. Sei giorni dopo l’appuntamento sudafricano con la Swartberg100 su un percorso che gli organizzatori preannunciano molto tecnico, con alternanza di tratti in pavé ad altri su sterrato tipico da gravel e l’ultima aspra salita a 20 chilometri dal traguardo. Comunque chi vorrà evitare la lunga trasferta potrà dirigersi verso Valkenburg, con la Gravel Fondo Limburg che partirà addirittura dal mitico Cauberg e la scalata del Keutenberg prima dell’arrivo in centro città.

Il 6 maggio si va in Danimarca, sulla costa occidentale con la Gravel Challenge Blaavands Huk disegnata prevalentemente attraverso piccoli villaggi sul lungomare con molti tratti in spiaggia. Una settimana dopo si va ad Acquisgrana per la 3RIDES Gravel Race a cui è abbinato un grande expo ciclistico. Poi nel corso della stagione sono previste altre novità come The Gralloch, prima sfida gravel in Gran Bretagna, in Scozia per la precisione e la Blue Mountains Gravel Fondo in Canada.

Verona nel 2022 ha vinto la Ranxo, ma al mondiale è stato solo 26° (foto organizzatori Ranxo)
Verona nel 2022 ha vinto la Ranxo, ma al mondiale è stato solo 26° (foto organizzatori Ranxo)

Arriva un certo Tom Boonen…

Inoltre c’è un altro aspetto che emerge da queste settimane di lento riavvio della stagione ciclistica (ciclocross a parte): l’estremo interesse che il gravel riscuote in misura sempre maggiore fra campioni attuali e passati. Molti hanno già aggiunto nella propria agenda l’appuntamento mondiale di ottobre, come ultimo squillo di una stagione lunghissima, una sorta di ciliegina sulla torta cambiando bici.

Ma c’è anche chi pensa di ritornare a pedalare, ad esempio un certo Tom Boonen, uno dei più grandi cacciatori di classiche che ha annunciato di volersi cimentare in qualcuna delle prove del calendario internazionale. Quelle dove di professionisti attuali non ce ne sono, salvo sorprese…

Carlos Verona, dalla Vuelta al mondiale gravel

09.10.2022
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Protagonista oppure no, Carlos Verona è un altro stradista che ha risposto presente al primo mondiale gravel UCI. Lo abbiamo incontrato e pedalato con lui.

Una Canyon Grail CF SLX in taglia large presa in mano dopo la Vuelta, con la trasmissione elettronica e la corona singola davanti. Ma vediamo le curiosità principali della bici del corridore iberico.

Abbiamo intervistato un Verona entusiasta di essere al Mondiale Gravel
Abbiamo intervistato un Verona entusiasta di essere al Mondiale Gravel

Con la bici e un po’ di normalità

«Dopo la Vuelta – dice – mi hanno consegnato la Canyon Grail, ho speso qualche giorno per sistemarla al meglio in base alle mie caratteristiche. Ho utilizzato la bici gravel anche per scaricare un poco l’impegno della Vuelta. Normalmente sono concentrato solo sulla bici da strada e sulla crono. In questo ultimo mese non ho mai abbandonato la bicicletta, ma è pur vero che mi sono goduto la famiglia e anche un po’ di normalità, che per noi corridori è sinonimo di bella vita».

«Se alla partenza riuscirò a stare con i migliori allora mi impegnerò fino al termine della gara, se invece soffrirò e farò fatica, come è probabile che avverrà, allora mi farò da parte e mi godrò la giornata in uno scenario che mi piace molto. Correre in Italia mi stimola e mi da sempre emozioni particolari e, questo è il primo mondiale gravel».

La Grail CF SLX nel dettaglio

Verona ha mantenuto il cockpit integrato full carbon double-deck, quello con la doppia barra orizzontale. C’è una trasmissione Sram Red eTap AXS, con 12 rapporti posteriori (i pignoni sono XPLR) e una monocorona (piena) da 46 denti. C’è il power meter Quarq. Una particolarità: Verona ha voluto i due pulsati aggiuntivi per cambiare, posizionati su una delle due barre dritte del manubrio.

Le ruote sono le Zipp 303 Firecrest con i tubeless Continental da 40. Nel corso della pedalata, dopo il primo tratto, quello più tecnico del tracciato, l’atleta si è fermato per abbassare la pressione, portata intorno alle 2,5 bar posteriori e 2,2 anteriori.

La sella è una Fizik Terra Argo con rails in lega. Il reggisella è il Canyon full carbon con lo stelo sdoppiato, flessibile e smorzante.

Stradista con scarpe da offroad

Al contrario di molti suoi colleghi stradisti, l’atleta della Movistar ha montato dei pedali off-road e relative calzature Fizik dedicate al fuoristrada.

Roglic è tornato, cresce a vista d’occhio e adesso sorride

12.06.2022
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Roglic, in maglia gialla al Delfinato, non vede l’ora di mettere mano anche all’ultima tappa, oggi appunto, per capire se potrà portarsi a casa la classifica finale. E se ieri Carlos Verona è riuscito a resistere alla sua rincorsa, sarà difficile che sia il compagno Vingegaard a impensierire lo sloveno, che sta lentamente tornando ai suoi livelli. Anche se proprio Roglic, prima di salutare i giornalisti, ha voluto schiudere una porta su questa eventualità.

Il Galibier in avvio ha persuaso i corridori a riscaldarsi a lungo sui rulli prima della partenza
Il Galibier in avvio ha persuaso i corridori a riscaldarsi a lungo sui rulli prima della partenza

Rispetto per Verona

Difficile dire se ieri non abbia spinto a fondo per lasciare la vittoria allo spagnolo della Movistar, di certo la sensazione è che non lo abbia mai neppure visto. Oppure, memore della crocifissione per aver ripreso e battuto Mader lo scorso anno alla Parigi-Nizza, Roglic potrebbe aver semplicemente evitato di spingere al massimo.

«Ovviamente volevo vincere la tappa – ha detto dopo l’arrivo – ma non era quello l’obiettivo principale. L’obiettivo principale era riprendere il ritmo. Anche la squadra è stata super forte. Alla fine ci siamo andati molto vicini, ma Carlos Verona si meritava di vincere».

All’arrivo lo ha abbracciato a lungo. E lo scuotere del capo di Vingegaard sul traguardo, dopo il duro lavoro per lanciare il capitano, fa pensare che una vittoria non sarebbe dispiaciuta.

Avvicinamento complicato

L’avvicinamento non è stato dei migliori, lo abbiamo già detto. Il ginocchio lo ha fatto tribolare, tanto che il suo allenatore è stato ben attento ad evitare interviste, rispettando la cortina di silenzio imposta dal Team Jumbo Visma. Tuttavia a partire dal ritiro di Sierra Nevada le cose hanno ripreso a girare nel modo giusto.

Durante la tappa lo si è visto provare la gamba e persino fare quelli che in certi momenti sono parsi dei lavori di forza. Di sicuro, quando il suo gruppo è arrivato all’attacco della salita di Vaujany, la pedalata è tornata agile e potente in tempo per l’attacco.

«In realtà – ha proseguito Roglic – mi sono davvero divertito. Ero già stato qualche anno fa da queste parti e vinsi una tappa. Ora siamo passati dall’altra parte della stessa valle e m’è sembrata ugualmente dura. E’ stata una bella prestazione. E’ andata bene, ho ritrovato le sensazioni giuste». 

Resa Van Aert

La staffetta in casa Jumbo Visma era prevedibile, anche se Van Aert ha provato a tenere duro fino alla Croix de Fer, almeno fino a quando il ritmo in testa al gruppo lo ha fatto la sua squadra. E di colpo tanti ragionamenti sulle sue attitudini in salita sono tornati nei vari cassetti.

«Quando la Groupama ha iniziato ad accelerare – ha dovuto ammettere il campione belga – per me è diventata dura. Sapevo dal via che se avessi avuto difficoltà sulla Croix de Fer, non avrebbe avuto senso lottare alla morte per difendere la maglia, perché in ogni caso mi sarei staccato sulla salita finale. Così non ho neanche cercato di limitare i danni. Penso che ora dovremo cercare di ottenere la vittoria assoluta con Primoz. Ci vorrà molto impegno, ma saremo tutti con lui».

L’attacco di Roglic è stato tardivo, ma più che alla vittoria mancata, lo sloveno pensa all’ottima prova
L’attacco di Roglic è stato tardivo, ma più che alla vittoria mancata, lo sloveno pensa all’ottima prova

Sponda a Vingegaard

A questo punto non resta che aspettare il tappone di oggi, che chiuderà la corsa. E capire se i 44 secondi che dividono Roglic da Vingegaard siano un tesoretto che lo sloveno difenderà o se invece, non volendo forzare troppo i tempi della ripresa, potrebbe lasciare via libera al danese in caso di difficoltà.

«Oggi il più forte ha fatto girare la squadra – ha detto ieri a proposito del compagno – e possiamo essere leader sia io che Jonas. Più forti siamo, più forte è il team. Tutti possiamo trarne vantaggio. Resta la tappa regina. Me ne sono successe tante nelle tappe finali negli ultimi anni, vedremo come va. Finché la maglia gialla rimarrà nella nostra squadra, saremo tutti contenti. Io sono venuto qui per riprendere fiducia ed è stato importante. Mi sento sempre meglio ogni giorno, anche durante la cronometro. Dopo una settimana così intensa, sarò pronto per il Tour de France».

La maglia gialla a due settimane dal Tour è per Roglic una grande infusione di fiducia
La maglia gialla a due settimane dal Tour è per Roglic una grande infusione di fiducia

Il suo rivale dichiarato, il connazionale Pogacar, ha scelto di arrivare al Tour passando per la corsa di casa: il Giro di Slovenia che inizierà mercoledì prossimo. E se non ci sono dubbi che vi arriverà bene, la tappa di ieri al Delfinato ha fugato dubbi importanti sulla consistenza di Roglic. Che aveva già previsto di correre meno a primavera per arrivare più fresco alla sfida di luglio, ma forse nemmeno lui pensava che ci sarebbe arrivato con più giorni dello scorso anno e finalmente senza dubbi sulle sue capacità.

La storia di Carlos Verona e del suo amore per i Masai

28.04.2022
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«Grazie a @bikes4masai speriamo che presto questa immagine diventi realtà nella savana. I bambini delle nostre scuole a volte devono camminare più di 2 ore per arrivare in classe. Per loro la bicicletta non è un giocattolo. La bicicletta è una possibilità per il futuro. Le mamme Masai camminano interminabili giorni per raccogliere l’acqua, una bicicletta per loro sarà una liberazione. Le ragazze non dovranno lasciare la scuola per andare a prendere l’acqua. Pensiamo che portare le bici nella savana significhi cambiamento e rispetto per l’ambiente. Asante sana @verona92 @estherfcasasola @martamchef6 @barbssanchezz».

Il post sulla pagina Facebook “Amigos de Ositeti” si conclude con un ringraziamento in swahili: asante sana, grazie mille. Dell’impegno di Carlos Verona per i Masai avevamo letto qualche tempo fa nella rubrica Industry, in un pezzo che raccontava il supporto fornito al corridore della Movistar da La Passione, che da quest’anno veste il team spagnolo. Ma volevamo saperne di più, così alla prima occasione abbiamo raggiunto Verona. E l’occasione è la presentazione delle squadre il giorno prima della Liegi.

Abbiamo incontrato Verona, primo da destra con Van Vleuten e Valverde, alla presentazione delle squadre della Liegi
Abbiamo incontrato Verona, qui con Van Vleuten, alla presentazione delle squadre della Liegi

I corridori della Movistar sono tutti lì aspettando che Valverde termini con le interviste e probabilmente Verona non si aspetta la domanda. «Ci racconti come sono nate le tue attività benefiche in Africa, a sostegno dei Masai?».

Due viaggi in Kenya

Lo spagnolo cambia faccia. Si gira di scatto e gli si illumina il volto. La mascherina abbassata, perché in Belgio si respira un’altra percezione del Covid e nelle strade nessuno più si protegge bocca e naso. Green pass per entrare nei posti al chiuso non lo chiede mai nessuno.

«Ho fatto due viaggi in Kenya – inizia a raccontare a una velocità pazzesca – entrambi per vacanze. Lì ho conosciuto uno spagnolo che gestisce il Camp Enkewa nella Riserva del Masai Mara, si chiama Jose e collabora con delle scuole. Nel secondo viaggio ho avuto più tempo per farmi un’idea della situazione. Volevo capire come fare qualcosa che li aiutasse a cambiare. Quando sei lì, la pensi in modo differente».

Il World Bicycle Relief

A forza di pensare, l’attenzione si ferma sul punto forse per lui più scontato. Carlos infatti si rende conto che biciclette in giro se ne vedono poche e si chiede perché.

«Mi hanno risposto – dice – che la gente non le usa perché poi non è in grado di ripararle, altrimenti sarebbero un mezzo di trasporto sostenibile, che potrebbe cambiare in modo sensibile la quotidianità delle persone».

Così scatta la ricerca. Prima provano con diversi produttori di bici, poi affinano l’indagine e arrivano alle Buffalo Bike, le stesse che già vengono messe a disposizione da altre realtà, fra cui ad esempio Qhubeka.

«Buffalo Bike – prosegue Verona – fa parte del World Bicycle Relief, che a sua volta appartiene al nostro sponsor SRAM. Attraverso loro abbiamo trovato il contatto della sede in Kenya, che si trova a Kisumu nel Lago Vittoria. Ci hanno detto quello che dovevamo fare, cioè trovare come minimo 100 biciclette per una scuola. E a partire da lì ci siamo messi al lavoro. Abbiamo messo all’asta e in vendita delle maglie. E finora abbiamo raccolto 25 mila euro, supportati anche da La Passione che con la sua azione ne ha raccolti 10 mila. Sono super contento perché possiamo comprare le bici per una scuola che si chiama Embiti che si trova ai margini del Masai Mara e a maggio finalmente arriveranno le prime».

Un fatto di felicità

Ciò che sembra interessante è capire come mai questo ragazzo di 29 anni e sua moglie Esther provino questa grande attrazione per l’Africa. Nel suo profilo Instagram non sono infrequenti foto con persone che operano in Kenya in supporto delle famiglie locali. 

«Ci torno ogni anno – dice – sono partito per una vacanza e adesso, se non facessi il corridore, penso che vivrei laggiù. L’anno scorso non ci sono andato per la pandemia, ma nell’ultimo inverno sono andato per tre settimane. Per passarci del tempo e studiare questo progetto. Alla fine laggiù incontri modi di vivere diversi da quelli che abbiamo qui in Europa. Possiamo aiutarli a svilupparsi, ma da loro possiamo anche imparare tanto. Capire come con molto meno si possa essere ugualmente felici. Anche loro hanno diritto ad avere un po’ di benessere, la qualità della vita che non hanno. E lavorandoci un po’, sarà possibile farglielo avere».

Verona ha chiuso la Liegi al 38° posto, nello stesso gruppo di Caruso, Landa e Gilbert
Verona ha chiuso la Liegi al 38° posto, nello stesso gruppo di Caruso, Landa e Gilbert

Valverde ha concluso, Verona adesso non se ne andrebbe, ma a questo punto il pullman blu della Movistar ha acceso il motore e ce lo portano via. Carlos ha parlato in modo rapidissimo e per fortuna abbiamo registrato le sue parole. Ci vorrà un po’ per sbobinare tutto, ma intanto pensiamo che tutto questo sia splendido. La dedizione di questo ragazzo. E il potere della bicicletta, davvero in grado di cambiare vite e salvare il mondo.