Idratazione e cadenza: i due cardini di Palzer su Zwift

04.04.2023
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Come altri team, vedi la Alpecin-Deceuninck, anche la Bora-Hansgrohe ha lanciato un programma di scouting per trovare una nuova generazione di ciclisti tramite Zwift, ma stavolta c’è il supporto di Red Bull.

Ed è da questa sinergia che nasce il progetto Red Bull Junior Brothers. In Bora-Hansgrohe c’è infatti il motto Band of Brothers (Banda di fratelli) e da qui si riparte.

I ragazzi della Auto Eder con il manager della Bora-Hansgrohe, Ralph Denk (foto Red Bull Content Pool)
I ragazzi della Auto Eder: gli aspiranti juniores passeranno per questa squadra e in due otterranno un contratto (foto Red Bull Content Pool)

Caccia ai talenti

Ma c’è anche la parola juniores e qui ci si rivolge ai ragazzi del 2006 e 2007, che il prossimo anno potranno essere inseriti nel Team Auto Eder, la squadra juniores appunto, legata al Team Bora-Hansgrohe.

Ma nello squadrone tedesco non è del tutto la prima volta che si prendono atleti in modo “anomalo”, se così possiamo dire. Un paio di anni fa c’è stato il caso di Anton Palzer. Ex scialpinista di vertice mondiale, il tedesco si è ben adattato alla strada e al termine della sua prima stagione ha concluso la Vuelta. Non poco…

Anton Palzer (classe 1993) è alla 3ª stagione da pro’, ma è già esperto. Preziosi i suoi consigli per i ragazzi del Red Bull Junior Brothers
Anton Palzer (classe 1993) è alla 3ª stagione da pro’, ma è già esperto. Preziosi i suoi consigli per i ragazzi del Red Bull Junior Brothers

I consigli di “Toni”

Proprio Anton Palzer qualche giorno fa, in un incontro web, ha elargito consigli preziosi su come affrontare al meglio i segmenti Zwift su cui si baserà il grosso della selezione del Red Bull Junior Brothers.  

Al suo fianco, tra gli altri, c’era anche Dan Lorang, performance coach della Bora-Hansgrohe, che ha allargato molto il discorso sulla preparazione.

In particolare Palzer si è espresso sul riscaldamento. «Mediamente – ha detto il corridore bavarese – prima delle mie sessioni su Zwift, mi riscaldo per venti minuti. Questo è un passaggio molto importante, anche nell’allenamento indoor. Venti minuti in cui cerco di non forzare troppo, di “assestarmi sulla bici”. Poi inizio a spingere».

Ed è molto importante anche l’idratazione. Palzer stesso ha detto di bere con molta frequenza. Anche un paio di borracce ogni ora.

«E’ poi importante capire la tipologia del segmento per riuscire a gestire lo sforzo al meglio, tanto più che sei solo. Su strada ci sono gli altri, c’è la velocità, la tattica… Quando sei indoor rischi di essere “troppo” concentrato e di spingere troppo», ha aggiunto Palzer.

Jay Vine è l’emblema del corridore arrivato tra i pro’ attraverso il concorso di ciclismo virtuale (foto Zwift)
Jay Vine è l’emblema del corridore arrivato tra i pro’ attraverso il concorso di ciclismo virtuale (foto Zwift)

Altri muscoli

Ma visto il concorso e i suoi segmenti, si è parlato parecchio dei distretti muscolari coinvolti. E dell’inevitabile paragone con il ciclismo su strada e quello sulla piattaforma Zwift. Non si tratta solo di wattaggi, che sono più bassi di circa il 10%, ma proprio di utilizzo dei distretti muscolari.

«In effetti i muscoli – ha detto in questo caso il coach Lorang – sono gli stessi ma usati in modo diverso. Già il fatto di non dover controbattere l’equilibrio comporta di per sé un utilizzo differente degli stressi distretti.  Sui rulli si tende ad utilizzare più la parte anteriore dei muscoli».

Il senso del discorso è che si svincolano un po’ di più la schiena e la parte posteriore. Specialmente quando ci si alza sui pedali. Anche la forza delle braccia in qualche modo viene “smussata”.

A tal proposito è molto importante mantenere alta la cadenza ed essere molto concentrati anche sui dati output della piattaforma. In questo caso, più che mai, le sessioni su Zwift diventano quasi una cronometro, questi numeri posso contribuire a fare la differenza. Anche se si è dei giovanissimi atleti…

Prima stagione da ciclista. Quanto è cambiato il fisico di Palzer?

26.11.2021
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Ricordate Anton Palzer? Il ragazzo che in primavera lasciò l’alpinismo, dove era un vero leader per affrontare la sfida del ciclismo? Ebbene con lui abbiamo fatto una “chiacchierata” tecnica di questo sua prima stagione da corridore.

Il tedesco ha vestito i colori della Bora-Hansgrohe. Ha faticato come pochi, è rimasto scioccato dalle dinamiche di gruppo. Ma già dopo pochi mesi è stato in grado di concludere un grande Giro: la Vuelta. Non è poco, specie nel ciclismo di oggi, del cui livello siderale non smetteremo di parlare.

Spesso Anton si è messo al servizio della squadra, specie in salita
Spesso Anton si è messo al servizio della squadra, specie in salita
Ciao Anton, prima stagione da ciclista professionista: cosa ti è piaciuto e cosa non ti è piaciuto?

La mia prima stagione da professionista è stata davvero fantastica. Ovviamente ci sono stati alti e bassi, in particolare alla Vuelta. Quella spagnola è stata un’esperienza estrema, in cui ho dovuto forzare i miei limiti. A distanza di qualche mese però, posso dire che è stata anche l’esperienza più importante. Mi ha dato lo stimolo necessario per adattarmi a questo nuovo mondo.

Sei molto tecnico: quanto è cambiato il tuo fisico nel corso dei mesi?

Negli ultimi anni facevo circa 5.000 chilometri in bici oltre agli allenamenti con gli sci e con la corsa a piedi. In questa stagione ho percorso circa 23.000 chilometri da marzo, da quando ho cambiato disciplina. In realtà ho preso un po’ di peso, soprattutto a fine stagione. Credo molti liquidi perché i carichi di lavoro sono stati molto alti e il mio corpo era davvero stanco. In generale però penso che il mio fisico non sia cambiato molto. Bisogna considerare che parliamo solo di un periodo da fine marzo ad ottobre.

Ci sono stati dei cambiamenti nella posizione in bici dalla primavera al post-Vuelta? Insomma, degli adattamenti?

Ovviamente ci sono stati degli adattamenti dal primo montaggio con Specialized fino ad oggi. Hai bisogno di tempo per capire cosa ti aiuta ad aumentare le prestazioni, ma allo stesso tempo sentirti a tuo agio. Ho fatto un passo alla volta. E anche le mie capacità di guida della bici sono migliorate molto durante l’anno.

Nel corso della stagione Palzer ha affinato anche la sua tecnica di guida, una delle difficoltà maggiori
Nel corso della stagione Palzer ha affinato anche la sua tecnica di guida, una delle difficoltà maggiori
Quali sono state le maggiori difficoltà nel passaggio da scialpinismo e skyrunner al ciclismo?

La differenza più grande è stata la quantità di gare. Ho fatto più di 50 giorni di corsa quest’anno, negli anni precedenti non ne ho fatti nemmeno la metà. Credo che questa sia anche la parte più difficile del ciclismo in generale: riposarsi e allenarsi a sufficienza tra una gara e l’altra per crescere come ciclista.

E quali sono stati i vantaggi?

Penso che i muscoli non siano così stressati quanto nello scialpinismo o nella corsa. Sì, si va in “profondità” nel ciclismo, ma non così tanto. Io penso perché le gare sono molto più lunghe e lo sforzo è gestito in modo differente. Nello scialpinismo la maggior parte delle gare dura forse un’ora o due. In allenamento è facile fare 30 ore a settimana in bicicletta, 30 ore di corsa sono un’altra storia. Mi piace allenarmi, quindi il ciclismo per me è un ottimo sport.

Cosa è cambiato in termini di cibo? Ci sono somiglianze tra ciclismo e scialpinismo?

Non c’è stato nessun grande cambiamento ad essere onesti. Fondamentalmente la mia alimentazione si basa su un alto contenuto di carboidrati e pochi grassi. Ovviamente la strategia di alimentazione nelle gare è totalmente diversa proprio in relazione alla lunghezza delle gare stesse. È molto importante assumere calorie a sufficienza, soprattutto in un grande Giro poiché un giorno influenza il successivo. Ma in generale penso che non sia mai stato un grosso problema per me. 

Tutto facile insomma?

Non sempre. Un giorno ho commesso un errore: non avevo abbastanza liquidi in corsa. Ma ho imparato la lezione! E ora sono sempre molto concentrato su questo aspetto.

Svolgi ancora le attività di corsa e scialpinismo (quest’inverno ovviamente)?

Non proprio. Voglio concentrarmi sul ciclismo. Durante la fase di stacco mi sono divertito a passare un po’ di tempo in montagna. Però non ho corso, ma ho fatto delle escursioni. Le montagne sono molto importanti per me e lo saranno sempre.

Hai già ripreso la preparazione? E come ti senti?

Sono tornato ad allenarmi da quattro settimane ormai. Dopo le mie ultime gare ho fatto due settimane molto facili (detraining, ndr) seguite da tre settimane di riposo totale. Al momento sono a Gran Canaria per un training camp di due settimane. Sento già una bella differenza rispetto all’anno scorso. Le gare fatte hanno sicuramente avuto un impatto positivo e riparto da un livello diverso.

I tuoi compagni di squadra ti hanno fatto delle domande curiose? 

Ovviamente ci sono alcune domande da parte dei compagni di squadra ma anche da parte di altri corridori del gruppo. Ho visto che ci sono molti atleti che fanno un po’ di scialpinismo in inverno e mi chiedono della mia esperienza.

E quest’inverno troverai qualcuno che farà sci alpinismo con te?

Sono sicuro che mi allenerò sugli sci in inverno con i miei compagni di squadra austriaci. Ma non c’è molto tempo perché la stagione ciclistica è molto lunga e inizia presto.

Un alpinista alla Vuelta. Caro Palzer hai stupito anche noi!

08.09.2021
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Sono passati sei mesi e una manciata di giorni da quando Anton Palzer, uno dei più grandi scialpinisti e trail runner in attività, ha deciso d’intraprendere la carriera di ciclista professionista.

Per chi scrive, appassionato di montagna, quello del tedesco non era un nome nuovo. Si sapeva che Anton fosse un grande atleta, ma “detta tra noi”, lo sponsor che porta sul casco ci sembrava il vero terminale di questa “manovra mediatica” fatta insieme alla Bora-Hansgrohe dell’istrionico team manager Ralph Denk. Insomma eravamo molto curiosi, facevamo il tifo per lui, ma eravamo anche un pizzico scettici. Lo ammettiamo.

Anton Palzer (con il casco RedBull) e il suo compagno Ben Zwiehoff
Anton Palzer (con il casco RedBull) e il suo compagno Ben Zwiehoff

Da zero a cento

Invece Palzer ci ha fatto ricredere. Dalla sua prima gara, il Tour of the Alps, ne ha fatti di progressi. Tanto da riuscire a concludere la Vuelta, il suo primo grande Giro. In questi cinque mesi di corse ha inanellato 6.944 chilometri e 45 giorni di gara senza mai un ritiro. Anton ha portato lo spirito di lotta, spesso estrema come poteva avvenire in qualche sua arrampicata, nel ciclismo. Si è messo giù a testa bassa. Ha cercato di apprendere il più possibile dalla squadra e dai ragazzi che gli sono stati vicino. 

Ma certo portare a termine la Vuelta dopo solo pochi mesi di attività è stata una vera impresa. Okay, anche dei neopro’ vengono ormai buttati nella mischia, ma loro hanno l’esperienza del gruppo e delle categorie giovanili. Anton invece partiva da zero. La sua consapevolezza è stata probabilmente la sua forza.

«Fare il mio primo grande Giro nel mio primo anno da professionista sembrava un po’ irreale – ha dichiarato Palzer – era un’avventura folle per me. Non avevo idea di cosa mi aspettarmi da una gara così. L’ ho presa vivendola giorno per giorno, sperando di riuscire ad arrivare a Santiago di Compostela».

Caldo, cadute, tenacia

E in questo periodo il tedesco ha imparato eccome. Ha spesso parlato di squadra, del lavoro fatto per la Bora e per il capitano Felix Grosschartner. Lui, abituato a ghiaccio e neve, in Spagna ha sofferto moltissimo le alte temperature. Tanto che spesso nei suoi post parlava del “dannato caldo”. E’ caduto. Si è rialzato. Si è stupito dei 53 chilometri orari di media in avvio di alcune tappe. Ha bramato i giorni di riposo. Ma ha mostrato sempre un atteggiamento ottimistico e tenace.

«La prima settimana – ha detto sulle sue pagine social – è stata difficile e stressante. Ero davvero ben preparato ma ho iniziato la Vuelta con molto rispetto. Il caldo, le cadute, le abrasioni che hanno reso le notti difficili… Dopo la mia caduta ho fatto davvero fatica. Sono stato felice di aver raggiunto il primo giorno di riposo. Lì finalmente ho avuto un po’ di tempo per riprendermi fisicamente e mentalmente. Dopodiché mi sono sentito meglio, ho avuto meno dolore e sono tornato a dormire bene. E sono molto contento di essere stato meglio nella terza settimana, la più dura con quasi 20.000 metri di dislivello. 

«Il ritmo è stato estremamente alto. Ogni giorno ad un certo punto arrivava un momento in cui iniziavo a soffrire. Ma ho sempre avuto in mente l’obiettivo di arrivare alla fine. Per questo ho cercato di risparmiare energie quando possibile e di non prendere troppi rischi. Sono state tre settimane difficili e istruttive. Tre settimane che non dimenticherò mai. Tre settimane di cui vado orgoglioso! Il 5 marzo 2021 è stato il giorno in cui ho fatto la mia ultima gara come atleta di scialpinismo. Ho avuto la possibilità di seguire un percorso completamente nuovo, di iniziare una carriera da professionista e perseguire un sogno che avevo in mente già da un po’. Dopo sei mesi dopo sono arrivato a Santiago di Compostela finendo il mio primo grande Giro».

Eccolo entrare a Santiago de Compostela: obiettivo raggiunto e sogno realizzato
Eccolo entrare a Santiago de Compostela: obiettivo raggiunto e sogno realizzato

Esperienza per il futuro

E adesso? Palzer ha un altro anno di contratto. La Bora che punta decisa verso i grandi Giri potrebbe ritrovarsi una pedina in più da affiancare ai nuovi e tanti capitani, specie dopo aver detto che nelle terza settimana Palzer si sentiva meglio. Un segno molto importante.

«Non ho potuto ottenere un grande risultato – ha dichiarato Anton in suo blog – ma ho attraversato tre settimane super dure di ciclismo ai massimi livelli. Ho provato sofferenze che non avrei nemmeno potuto immaginare. Salite ripide, incidenti, lacrime e lunghe lunghe giornate in sella

«E’ stata l’esperienza più importante della mia vita di atleta. Ho imparato tanto e fatto un grande passo avanti nel mio sviluppo come ciclista professionista. Adesso, dopo alcuni giorni di riposo farò delle corse in Belgio, altra esperienza che non vedo l’ora di fare e ad ottobre farà delle gare di un giorno in Italia».

Anton Palzer

Conoscete Palzer? Un alpinista nel WorldTour

13.12.2020
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Pronti per un pezzo un po’ insolito, come un “alpinista” nel ciclismo? No, non è un colpo di teatro è la storia di Anton Palzer, skyrunner e scialpinista. Atleta di spicco nel mondo degli sport di montagna, tanto da rientrare nella big family degli sportivi griffati RedBull, il vice campione del mondo ISMF vestirà la maglia della Bora-Hansgrohe. La sua stagione in sella scatterà a primavera, prima dovrà concludere quella invernale che appunto lo vede impegnato nella coppa del mondo di scialpinismo e nei mondiali che si terranno ad Andorra a febbraio.

Anton Palzer
Anton Palzer in una gara di scialpinismo
Anton Palzer
Anton Palzer in una gara di scialpinismo

Gli “antenati” del tedesco

Non è la prima volta che dal ciclismo arrivano corridori da altri sport. Restammo tutti incuriositi quando Miguel Martinez dopo aver vinto le Olimpiadi in Mtb passò alla strada con la Mapei. E parliamo sempre di ciclismo… Negli ultimi anni ce ne sono stati altri di atleti che hanno fatto il salto, ma tutti in età giovanile, su tutti Remco Evenepoel che addirittura era capitano del Belgio U18. E a proposito di salto, chi veniva da quello con gli sci è un certo Primoz Roglic! Un altro campionissimo (attuale) dello sci di fondo, Johannes Klaebo, correrà d’estate con i colori della Uno-X Pro Cycling, squadra Professional norvegese.

Le cronache non specializzate in Germania (e non solo) parlano di “alpinista nel WorldTour”. Questo è vero, ma vanno fatte delle precisazioni. Anton è iscritto alla DAV (Deutscher Alpenverein, il Cai tedesco) ma in realtà sul piano agonistico è un runner d’estate e uno scialpinista d’inverno. Mentre le azioni prettamente alpinistiche sono più… imprese per se stesso e gli sponsor. Insomma corda e piccozza stile Messner, Palzer li usa per “diletto”. Anton è abituato ad altri tipi di sforzi. Attività più legate all’endurance come appunto il running e lo scialpinismo (tra l’altro disciplina sempre più usata anche dagli stradisti d’inverno).

Alpinismo e ciclismo hanno qualche legame, ma è “debole” e non di natura agonistica. Hermann Buhl, che per primo scalò il Nanga Parbat per allenarsi (anni ’40-50) andava dalla sua Innsbruck alla base delle Tre Cime di Lavaredo in bici. E in tempi più recenti ci sono imprese che legano pareti e bici, una delle quali vede protagonista il grande Hans Kammerlander, però la cosa si ferma lì. 

Anton Palzer
Palzer detiene alcuni record di sky running
Anton Palzer
Palzer detiene alcuni record di sky running

Il sogno di Palzer

Nato a Ramsau bei Berchtesgaden, nell’estremo Sud della Germania, con un piede quasi in Austria, la vita all’aperto tra boschi e vette, era l’estensione naturale dopo essere stato a scuola per Palzer. Un tipico ragazzino vivace di montagna.

Anton però il ciclismo lo seguiva e ne era appassionato. La specialissima era sempre più parte integrante dei suoi allenamenti. Le skyrace estreme durano anche più di un giorno e lo scialpinismo impone forza e resistenza. L’impegno cardiovascolare (e in parte anche muscolare) è molto simile.

«Per me è una grande sfida – dice Palzer – un’incredibile opportunità per mettermi alla prova. E’ un capitolo completamente nuovo della mia vita. Diventare ciclista professionista faceva parte dei miei sogni più “selvaggi” già da un po’, ma era talmente impossibile che non ne parlavo quasi con nessuno. Poi ho contattato Ralph Denk – manager della Bora – e il sogno ha iniziato a diventare realtà. Sono consapevole che dovrò portare le borracce ai miei compagni! C’è molto da lavorare…

«Una decisione così non la prendi tutti i giorni. Ho passato notti insonni. Negli ultimi anni mi sono allenato molto in bici e ho fatto anche alcune gare amatoriali questo perché c’era anche una grande dose di passione».

Anton Palzer
Il 27 enne tedesco in una gara amatoriale
Anton Palzer
Il 27 enne tedesco in una gara amatoriale

In pista già al Romandia?

L’avventura di Palzer scatterà a fine aprile. Probabilmente inizierà con gare meno impegnative, sotto ogni punto di vista, sia tecnico che altimetrico, anche se Anton stesso ha detto che ama la salita e soffrire in montagna. Tuttavia sembra che la squadra abbia altri programmi per lui e tra questi ci sono le brevi corse a tappe. Facendo “due più due” (inizia a fine aprile) potremmo vederlo in gruppo al Tour de Romandie, chissà…

Intanto voci di corridoio dicono che la strada sarà sì intrigante, ma anche bella lunga. Per ora anche la posizione in sella non è il massimo. Sotto il manubrio ci sono fin troppi spessori e Anton ha difficoltà a stare in gruppo.

«Può sembrare un’impresa ardita – ha commentato Ralph Denk – e siamo consapevoli che ci sia anche un certo rischio, ma seguiamo Anton da molto tempo e siamo convinti delle sue capacità fisiche. Esempi come Roglic o Woods dimostrano che un simile esperimento può funzionare. Non voglio dire che correrà per vincere il Tour entro due anni, ma conosciamo i suoi valori e l’attitudine per la quota. All’inizio lo impiegheremo più spesso in gare di un giorno difficili e brevi corse a tappe. Deve imparare come funziona il ciclismo e, soprattutto, ad assumere compiti per la squadra».